N.05
Settembre/Ottobre 1997

Da consacrati nel servizio alla pastorale coniugale e familiare con carismi diversi e complementari

L’esperienza si riferisce a un gruppo di “Giovani coppie” che si è costituito all’interno di esperienze di servizio a portatori di handicap. Il gruppo ha maturato l’intendimento di approfondire le proprie motivazioni di vita personale e di coppia condividendo l’esperienza spirituale di alcune consacrate secolari, animatrici di strutture di servizio per portatori di handicap, secondo un proprio specifico carisma ispirato al Vangelo della Carità.

Il Gruppo “Giovani coppie” si incontra di norma con cadenza mensile, per una convivenza di fine settimana e per due/tre giornate in occasione di “ponti” o vacanze prolungate. Le coppie provengono da diverse località del Piemonte, della Lombardia, Veneto e Friuli e sono state inizialmente accomunate dall’interesse per l’impegno sociale che persegue il gruppo dì consacrate secolari che le ospita per i loro incontri.

Un sacerdote funge da guida, senza essere il punto focale di riferimento, in quanto il gruppo ama essere autogestito alla pari da tutti i suoi componenti, che si responsabilizzano nell’organizzazione e conduzione del gruppo. Il sacerdote si fa carico di ascoltare le problematiche di vita dei singoli componenti e/o delle coppie e di guidare il gruppo a “leggerle” attraverso il Vangelo. Vengono anche vissute liturgie (la S. Messa domenicale, la celebrazione della Liturgia delle Ore, secondo opportunità), cui partecipano attivamente anche i bambini.

A questi portatori di handicap o no, figli propri o adottivi o in affido familiare, viene riservata particolare attenzione, perché giochino un ruolo attivo nello svolgimento degli incontri. Ai bambini si fa riferimento nel relazionare sulle proprie esperienze, attese, progetti per il futuro, nel comunicare aspettative e problemi educativi, nel programmare la vita personale e di coppia, nel vivere nel quotidiano la propria esperienza di fede… Intorno a questi comuni interessi il gruppo “Giovani coppie” unisce in comunione di vita e di ricerca mariti e mogli, consacrate e giovani volontari, bambini, il sacerdote, il personale che presta il servizio di accoglienza: una grande famiglia eterogenea che ama chiamarsi “La Nostra Famiglia”, secondo l’ispirazione carismatica del Servo di Dio don Luigi Monza, Fondatore delle piccole Apostole della Carità.

In questa esperienza difficile è dire chi guida e chi è guidato, chi dà e chi riceve, chi ascolta e chi parla! La nostra è un’esperienza di comunione, guidata dall’alto e che sollecita risposte anche ardite. Già nel breve cammino percorso (poco più di tre anni), ben cinque coppie si sono aperte all’accoglienza di bambini in gravi situazioni di disagio familiare o sociale e spesso anche portatori di handicap, altre coppie si sono unite al gruppo, inizialmente di poche unità. Due coppie stanno ora progettando di trasformarsi in case famiglia per più bambini in difficoltà ed una ha maturato decisioni di fondamentale importanza per la propria vita matrimoniale e per quella dei figli.

Nessuna forzatura, nessuna pressione, soltanto la comune ricerca, scoperta e accoglienza del bene che ciascuno è e porta in sé e l’esplosione della carità che ne deriva. Tutti ci scopriamo potenzialmente ricchi: di umanità, di capacità di dono, di apertura, di amore. Tutti ci sentiamo bisognosi gli uni degli altri, in una reciprocità di carismi la cui unione crea una comunione che rende “bello e gioioso” stare insieme.

Francesca, la piccola neonata di Camilla e Marco, felice tra le braccia della mamma che la coccola ci è maestra di preghiera “Come un bimbo svezzato in braccio a sua madre…” Renzo, ci offre lo spettacolo della fedeltà che non conosce usura del tempo e degli eventi. È sempre teneramente accanto alla sua Maria, con la quale ha già condiviso un non facile cammino di vita: una figlia maggiorenne ha ormai realizzato una sua autonomia, il secondogenito, affetto da una sindrome e gravemente ammalatosi, è volato presto in Cielo; ora Alvi, portatore di grave handicap, “in affido familiare” a tempo indeterminato, “invade” con la sua instancabile iperattività ogni spazio della sua casa per esprimere la gioia di sentirsi amato e accolto… E pur mai dando tregua alla sua instabilità carica di significato la vita della famiglia che lo accoglie.

Luca insieme con la sorella Chiara ci dicono con tanta vitalità la gioia di crescere in una bella famiglia in cui ci si vuol bene e si trova spazio anche per altri. Hanno infatti accolto nella loro famiglia Giuseppe, ragazzo, ospite di un Centro per handicappati e lontano dai suoi, infantile nelle sue espressioni nonostante la sua mole fisica, ma buono e “capace di giocare come un bambino piccolo”. Anche Giuseppe è felice di avere una casa e una famiglia amica per i suoi week-end e vi ritrova spazi di espressione e di amore… che vivacizzano le sue risorse. E gli spazi della casa si sono dilatati, perché mamma e papà hanno scoperto di poter fare ancora di più.

Anche Paola e Stefano, ancora sposi novelli, incoraggiati dall’appartenenza al Gruppo, hanno scoperto la ricchezza del dono che è la loro vita e la loro unione: hanno accolto temporaneamente un piccolo che la spasticità e concomitanti problemi di crescita hanno mantenuto neonato, nonostante i sette anni di età. Lo hanno restituito alla gioia di vivere e al desiderio di comunicare, per poterlo affidare a una nuova famiglia che lo adotterà per sempre.

E, come queste, le storie di ciascuno e ciascuna coppia componente il gruppo, sono significative e singolari. E ciascuna è di esempio e di stimolo a tutte le altre e a tutti i partecipanti al gruppo.

Don Giorgio, attento, tranquillo, mai preoccupato di programmi o di quel che si farà dopo, ma solo di lasciar esprimere con magistrale arte maieutica, la ricchezza dei doni dello Spirito che è presente e opera in ciascuno, colloquia, sorride, gioca coi piccoli, discute, chiarisce e sollecita ad essere responsabili e creativi nel gestire la propria vita… Ministro di Dio, esprime in semplicità e verità questa sua pienezza di vita e riceve dall’esperienza occasione di ulteriore penetrazione nel mistero della vita, nelle sue più svariate sfaccettature.

Anche noi, piccole Apostole della Carità, portiamo all’interno del gruppo il nostro essere e cresciamo insieme a tutti. Qui siamo alla pari coi nostri compagni: adulti, bambini o volontari. Lo siamo nella gestione materiale di quello che occorre fare, nel mettere in comune le nostre esperienze di vita e spirituali e nel ricercare insieme come esprimere e manifestare la nostra pienezza di vita. Questa non è da meno rispetto a quella delle coppie e può dire molto anche ai volontari, ai bambini, ricevendone nel contempo stimolo e aiuto.

La nostra consacrazione al servizio del Vangelo non ci pone in situazione diversa, ma di pari dignità e responsabilità. Viviamola complementarità del nostro stato di vita con quello di chi cammina con noi: siamo tutti chiamati allo stesso Amore secondo carismi diversi. Reciprocamente offriamo e riceviamo: offriamo la testimonianza dell’essere donate e dedicate in modo totale e con cuore indiviso all’assoluto di Gesù Cristo e del suo Regno, ricordando a chi è sposato nel Signore che il matrimonio continua a rimanere grande e si qualifica come evento di salvezza perché e se rimane relativo al Regno e alla sequela di Cristo.

Offriamo la tensione e la testimonianza di vita realizzata nell’Amore, nella gioia e nella rinnovata creatività del dono, che donandosi si ricrea e trova spazi nuovi di comunicazione e di generazione di Amore. Riceviamo, dal confronto con la vocazione matrimoniale e dalla testimonianza concreta che ci viene data, aiuto e stimolo a fare della nostra vita verginale un autentico luogo di donazione, di amore e di fedeltà.

E così il nostro quotidiano vivere all’interno del nostro mondo si arricchisce di queste testimonianze cui sente di dover offrire quella propria: ciascuna vita è una chiamata all’Amore col dono di tutto se stesso, incondizionato e con cuore indiviso. Per rispondere a questa chiamata di tutti vi sono diverse sfumature di risposta, che ciascuno è chiamato a modulare giorno per giorno, creativamente, con la propria vita. Ma unica e grande per tutti è la chiamata.

Questo è il messaggio e la testimonianza che siamo chiamate a dare, seguendo le indicazioni del Fondatore sintetizzate nell’eloquente esortazione evangelica del “morire per portare frutto”.