N.06
Novembre/Dicembre 1997

Preparare alla promessa di obbedienza i giovani studenti di un seminario diocesano

Scopo del Seminario, sia minore sia maggiore, è “prepararsi a seguire Cristo redentore con animo generoso e cuore puro” (O. T. 3).

I nostri Vescovi, negli orientamenti e norme per la formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana, e il Santo Padre Giovanni Paolo II, nella esortazione apostolica postsinodale “Pastores dabo vobis”, hanno dato indicazioni chiare e precise per la formazione umana, cristiana e vocazionale dei futuri presbiteri.

Il compito che come educatori ci prefiggiamo di realizzare è quello di calare nella realtà esistenziale degli adolescenti e giovani, figli del nostro tempo, che ci sono stati affidati le indicazioni provenienti dal Magistero per aiutarli a maturare integralmente e per consentire loro una sequela serena e convinta di Gesù Cristo, povero, casto ed obbediente.

Un aspetto fondamentale della formazione dei candidati al presbiterato è certamente l’acquisizione del valore soprannaturale dell’obbedienza. Infatti, i nostri Vescovi negli orientamenti e norme al n. 136 dicono testualmente: “I candidati al presbiterato imparino un’obbedienza autentica e responsabile, non come fatto puramente esterno ma come progressiva conformazione interiore a Cristo, quale deve essere quella di chi per amore fa dono della propria volontà nel servizio di Dio e dei fratelli”.

Il Santo Padre nella “Pastores dabo vobis” citando al n. 28 la “Presbyterorum Ordinis”, esplicita le caratteristiche peculiari di cui si riveste l’obbedienza nel caso della vita spirituale del sacerdote. Queste caratteristiche si riassumono nell’apostolicità, che riconosce, ama e serve la Chiesa nella sua struttura gerarchica; nell’esigere la comunitarietà in quanto non è l’obbedienza di un singolo che individualmente si rapporta con l’autorità, ma è invece profondamente inserita nell’unità del presbiterio; e infine nell’avere un particolare carattere di pastoralità, cioè è vissuta in un clima di costante disponibilità a lasciarsi afferrare, quasi “mangiare dalle necessità e dalle esigenze del gregge”.

Per aiutare gli adolescenti e i giovani a comprendere l’origine soprannaturale dell’obbedienza si parte dalla scoperta, per alcuni, o dalla riscoperta, per altri, dell’amore di Dio che chiama alla comunione con Sé. Scoprire che Dio ama di amore eterno e fedele comporta la risposta d’amore, perché all’amore non si risponde se non con l’amore. Ma la risposta non può essere un amore generico o sentimentale perché è Gesù stesso a dirci quali devono essere le sue caratteristiche: “non chi dice Signore, Signore, ama Dio ma chi fa la Sua Volontà” (Mt 7,2 1).

Il Passaggio successivo che si richiede al giovane è che scopra che Dio ha una particolare sua volontà su ciascuno e che si entra in comunione con Lui aderendo pienamente a ciò che Egli vuole, nell’attimo presente sia in maniera significata sia in maniera imprevista; l’esercizio spirituale e il relativo allenamento consiste nel sapere sapientemente armonizzare la volontà di Dio significata con la volontà di Dio di beneplacito.

Ma c’è una particolare volontà di Dio che caratterizza la vita del cristiano e che è rivelata da Gesù nel discorso di addio “vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi gli uni gli altri” (Gv 13,34). La vita di seminario in tutte le sue dimensioni è un continuo esercizio di apprendimento di questo comandamento; ogni seminarista impara che niente è piccolo se è fatto con amore. Ecco perché a ciascuno è affidato un piccolo incarico che, mentre lo allena al senso di responsabilità, lo fa sentire utile alla comunità nella quale intravede il volto di Gesù verso il quale si esplica il suo servizio.

Per acquisire il senso dell’obbedienza il giovane non può prescindere dallo scoprire il valore della sofferenza e del dolore, sull’esempio di Gesù che “nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche conforti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito perla sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5,7-9).

È indubbio che obbedire costa sacrificio, specialmente nell’età dell’adolescenza e della prima giovinezza quando la personalità si va stagliando ed affermando, e il desiderio di autonomia si fa più forte; il compito dell’educatore, in questa fase così particolare dell’educando, è molto delicato e rischioso. Occorre fare ricorso all’aiuto dello Spirito Santo per non rovinare l’opera che Dio va edificando con ciascuno dei giovani a noi affidati, ecco perché è necessario far comprendere che la sofferenza che comporta l’obbedienza, che è rinuncia alla propria volontà, è il mezzo di cui si serve il Signore per costruire personalità forti e generose.

Il modello di riferimento non può che essere la Santissima Trinità, dove nessuna delle tre Divine Persone vive perse stessa ma ciascuna vive in dono per l’altra. La pericoresi trinitaria diviene così la base per motivare la virtù dell’obbedienza che, insieme con la povertà e la castità, diviene il trampolino di lancio per la realizzazione del desiderio più profondo che è nel cuore di ciascuno: realizzarsi come persona. Ma, a differenza della logica del mondo, la vera realizzazione si ottiene rinunciando al proprio egoismo, non esistendo più perse stessi per lasciare agire Dio in sé.

A questo punto ci si potrebbe chiedere: come è possibile realizzare tutto ciò? Con quali mezzi?La risposta la dobbiamo trovare nella vita stessa del seminario. Essa è scandita da orari, impegni, appuntamenti che non possono essere elusi pena lo stravolgimento della finalità stessa del seminario.

Compito degli educatori sarà quello di aiutare i seminaristi, nel rispetto dei tempi di ciascuno, a saper cogliere il valore soprannaturale che sta alla base di tutta la vita del seminario: da qui scaturisce la fedeltà agli orari dei vari appuntamenti giornalieri che vanno dalla levata, alla preghiera, al pranzo, alla ricreazione. Anche gli impegni di studio vanno visti non solo come arricchimento culturale, ma come contributo per la propria formazione umana, cristiana e vocazionale. Frequentando al mattino le ore di lezione e applicandosi nel pomeriggio allo svolgimento dei compiti assegnati ci si allena per il consolidamento della propria capacità di obbedienza.

Il cammino da percorrere è lungo e non privo di difficoltà, ma ci sorregge la speranza che con l’aiuto di Dio e l’intercessione di Maria Santissima, la Vergine dell’obbedienza, si riuscirà a preparare i giovani a noi affidati alla “promessa di obbedienza” caratteristica fondamentale per un presbitero convinto collaboratore del Vescovo nell’annuncio del Regno di Dio.