Da una fiducia profonda all’azione dello Spirito Santo il coraggio esemplare della verifica
Ci sono occasioni nella vita in cui il poter affermare “io c’ero” riempie l’animo non solo di gioia, ma anche di un pizzico d’orgoglio. Una di queste è stata certamente la partecipazione al seminario sul tema “La pastorale delle vocazioni nella Chiesa italiana tra prassi e teologia”, svoltosi a Roma in febbraio. Una considerazione mi accompagnava in quei giorni: il “coraggio” avuto dal CNV nello scegliere di “fermarsi” per verificare il cammino fatto ed individuare nuove vie di impegno. Sì, il coraggio della verifica!.
Dobbiamo confessare che allo svilupparsi della riflessione teologica e al proliferare dei documenti del Magistero, non sempre fa seguito una prassi pastorale capace di far tesoro di tutto questo. Non di rado si assiste, forse con un po’ di rassegnazione,ad una certa “lacerazione”: la mente riesce ad intuire mete fino ad oggi impensate e riscalda il cuore, che vorrebbe mettere in atto tutte le proprie energie per trasformare il sogno in realtà. Ma quando si da inizio all’opera, ecco che ci si accorge che le gambe sono appesantite e i piedi sembrano essersi incollati al terreno. Si vorrebbe andare “là dove ti porta il cuore”, ma si resta bloccati nelle proprie posizioni. Al di là di ogni metafora, mi sembra essere questo l’“impasse” in cui si trova oggi la pastorale nella Chiesa italiana.
“Fermarsi”, allora, per cercare di sanare questa frattura tra teologia e prassi, credo sia non solo importante, ma addirittura vitale. Per questo, a mio avviso, il primo e importante dato positivo di questo seminario, al di là dei contenuti delle relazioni e del lavoro dei gruppi, è stato proprio l’aver voluto verificare l’incidenza della teologia nella pastorale vocazionale delle nostre comunità. Si sarebbe potuto cedere, dando uno sguardo al cammino fatto, alla tentazione di autoesaltarsi. E, a dire il vero, la pastorale vocazionale della Chiesa italiana, grazie alla spinta propulsiva data dal Piano Pastorale per le Vocazioni del 1985, ha fatto registrare numerosi progressi. E di tutto questo si è tenuto conto nel seminario di studio.
Però non ci si è voluto fermare troppo sugli aspetti positivi, ma si è cercato di analizzare quegli elementi che fanno ancora “problema” e che impediscono alla riflessione teologica di manifestarsi con limpidezza nella prassi pastorale. Tra questi, si è dovuto registrare, innanzitutto, un latente senso di stanchezza o, in alcuni casi, di sfiducia tra gli operatori vocazionali. Quali le possibili cause?
In alcune diocesi il CDV stenta a decollare e con esso anche la pastorale vocazionale unitaria. Forse perché i direttori cambiano frequentemente e non si dà al CDV la possibilità di una seria programmazione e, ancor di più, di un’attuazione dei programmi ideati. O forse perché a volte i direttori o sono troppo giovani, e registrano una scarsa incidenza del loro lavoro in diocesi, o sono un po’ anziani o accumulano diversi impegni pastorali e non hanno né il tempo né l’energia per dedicarsi con profitto alla pastorale vocazionale. Non si può tacere, inoltre, il fatto che in diverse diocesi esiste un certo “darwinismo ecclesiale”: la legge, cioè, della selezione della specie. Gli organismi ritenuti più importanti occupano tutta l’attenzione e la vita della comunità a scapito di altri, che sono tenuti in scarsa considerazione; e tra questi il più delle volte si trova proprio il CDV.
Qualcuno ha invocato una maggiore attenzione alla pastorale vocazionale e al lavoro del CDV, in particolare, da parte dei Vescovi. Il numero ridotto dei Vescovi, incaricati regionali delle vocazioni, presenti ai lavori del seminario è, forse, da leggere in quest’ottica? Non funzionando alla perfezione il CDV, i diversi animatori vocazionali agiscono come credono, fanno quello che possono e se non proprio in contrapposizione l’uno con l’altro certamente non in perfetta sintonia. Tutto questo conduce a vivere una pastorale delle vocazioni fatta più di iniziative slegate tra loro piuttosto che di itinerari di fede, ricchi della dimensione vocazionale.
Inoltre, quello che per anni è statolo slogan del CNV, “tutti per tutte le vocazioni” rischia di restare solo uno slogan e non, come si auspicava, una strada su cui camminare insieme. La poca attenzione prestata da parte della comunità alle vocazioni consacrate, soprattutto femminili, ha spinto, quasi per riflusso, gli animatori e le animatrici vocazionali a considerare l’annuncio e l’accompagnamento di queste vocazioni ancora come un impegno di questo o di quell’altro Istituto, piuttosto che impegno-ricchezza di tutta quanta la comunità.
Siamo, forse, ancora lontani dall’aver assimilato quel numero 26 del Piano Pastorale per le Vocazioni in Italia, che considero essere il cuore del rinnovamento della pastorale vocazionale: “La pastorale vocazionale non è qualcosa in più da fare, ma è l’anima stessa di tutta l’opera evangelizzatrice della comunità ecclesiale”. Con sofferenza si è dovuto registrare, infatti, che se la pastorale delle vocazioni in alcune diocesi produce alcuni frutti, questo è dovuto più all’impegno di alcuni fortemente motivati e ricchi di entusiasmo che al sostegno di tutta la comunità.
Queste mie considerazioni, frutto della partecipazione al lavoro del seminario, potrebbero far pensare che in quei giorni ci si sentisse come avvolti da una cappa di pessimismo. Tutt’altro! Sono, invece, testimone della volontà non solo dei responsabili del CNV, ma anche di tutti i partecipanti al seminario di non lasciarsi trascinare dalla rassegnazione o dalla sfiducia. Oserei dire che l’aver preso coscienza dei problemi presenti nella pastorale vocazionale della nostra Chiesa e, soprattutto, l’aver cercato di individuarne le cause ha provocato nell’animo di tutti un rinnovato impegno, in questo settore così prezioso per la vita della Chiesa, direttamente proporzionato alle difficoltà. Al di là di ogni analisi e di ogni rimedio ai problemi individuati, credo che in quei giorni si toccasse quasi con mano una grande fiducia, presente in tutti, nell’opera del Signore. Mi è parso, infatti, che i lavori del seminario abbiano avuto come sfondo l’affermazione con cui Giovanni Paolo II apre l’Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis: “di fronte alla crisi delle vocazioni la prima risposta che la Chiesa dà sta in un atto di fiducia totale all’azione dello Spirito Santo” (n. 1).