Equilibri d’amore
Tra matematica e ricerca del bene comune
«Il tutto è più delle parti, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque, non si dev’essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi»[1].
Papa Francesco sembra qui involontariamente addentrarsi in un discorso matematico… e subito a noi viene da pensare a qualcosa di estremamente astratto e sconnesso dalla realtà. Ma siamo certi che la matematica sia solamente questo?
I progressi scientifici degli ultimi secoli hanno notevolmente migliorato la nostra qualità di vita, ma al contempo ci hanno forse condotti a uno sguardo sempre più microscopico, capace di sezionare la realtà e studiarla nei suoi dettagli, ma meno aperto a una visione d’insieme che ne abbracci la complessità; e, di pari passo, a focalizzarci sempre più su una salvezza individuale, restringendo così l’orizzonte della nostra speranza (Cfr. Spe Salvi, 25).
Nell’enciclica Laudato si’, Papa Francesco per ben dieci volte[2] ci lancia un appello: tutto è connesso, tutto è in relazione, tutto è collegato. La nostra vita, le nostre relazioni, la natura, la giustizia, la fraternità, l’economia non sono realtà scisse, autonome, a sé stanti: tutto è in relazione (Cfr. LS 70). Se viviamo come se così non fosse ci inganniamo e la base della nostra stessa esistenza si sgretola (Cfr. LS 117).
Nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nella Chiesa – e possiamo allargare progressivamente lo zoom giungendo fino all’ecologia e all’economia mondiale – non sono gli interessi dei singoli a generare il benessere dell’intero corpo. In famiglia o nelle comunità, forse, è più semplice da vedere: non “stiamo bene” quando ognuno ha scelto quello che maggiormente gli interessa senza tenere conto dell’altro; al contrario sperimentiamo che la nostra vita si arricchisce e diventa bella proprio quando scegliamo di venirci incontro gli uni gli altri, sacrificando qualcosa del nostro interesse personale.
Ne abbiamo fatto esperienza forte – anche nella nostra società – in questo tempo di pandemia, nel quale sta emergendo con potenza qualcosa che, in realtà, è da sempre vero. Abbiamo scoperto di essere un solo corpo! Abbiamo finalmente visto quanto le nostre azioni abbiano un riverbero su chi ci sta accanto – nel bene e nel male – e così «abbiamo imparato nuovi gesti di vicinanza, di dedizione. Abbiamo imparato che il nostro interesse personale e immediato non è il valore supremo e che c’è dell’altro, un bene più grande per il quale vale la pena rischiare la vita»[3].
«La vita è amore, e l’amore è sacrificio. A qualsiasi livello si osserva che, quando una casa conduce una vita prospera, c’è qualcuno che si sacrifica; a volte questo qualcuno è un domestico, un servitore. Quando le persone che si sacrificano sono due, la vita del nucleo diventa brillante, esemplare. Un matrimonio, in cui i due coniugi hanno spirito di sacrificio, è caratterizzato dalla pace e dall’allegria, che ci siano figli o no, ricchezza o no. Se coloro che si sacrificano sono più di due, la casa brilla di mille luci che abbagliano chiunque si avvicini. Il motivo della crescita spirituale e materiale degli ordini religiosi è che tutti i membri si sacrificano per il bene comune» [4].
Agostino, in quella che diventerà la regola per i suoi monasteri[5], scrive: «L’amore – dice la scrittura – non va in cerca del proprio interesse [6] e questo significa che antepone le cose comuni alle proprie, non le proprie alle comuni. Perciò, quanto più vi prenderete cura delle cose della Comunità, tanto più vi accorgerete del vostro progresso nel cammino spirituale» [7].
Non si tratta di ascesi fine a se stessa o spirito di sacrificio per il gusto della rinuncia; è, piuttosto, la scelta di perseguire un bene più grande, quello di tutti, nella certezza che abbia una ricaduta anche su ciascuno.
Se è così per le nostre piccole dinamiche quotidiane, nelle nostre case, possiamo pensare che tutto questo valga anche quando allarghiamo il nostro sguardo: economia, ecologia… perché in fondo ancora della nostra casa si tratta![8]
Non è buonismo o altruismo sentimentalista: è la scienza a parlarcene. Esiste, infatti, in matematica una disciplina piuttosto recente, chiamata Teoria dei Giochi[9], che ci fornisce interessanti strumenti per lo studio e la modellizzazione di interazioni economiche e sociali.
Nell’ambito di questa Teoria, il matematico John Nash, Premio Nobel per l’economia nel 1994, divenuto poi celebre protagonista del film A Beautiful Mind, ha definito il concetto di “Equilibrio di Nash”:
«Un gioco può essere descritto in termini di strategie, che i giocatori devono seguire nelle loro mosse: l’equilibrio c’è, quando nessuno riesce a migliorare in maniera unilaterale il proprio comportamento. Per cambiare, occorre agire insieme» [10].
Chi è chiamato a scegliere, riconosce che i risvolti della propria scelta dipendono anche dalle posizioni assunte dagli altri e che il tentativo di massimizzare il proprio interesse personale indipendentemente dal contesto lo condurrebbe a una perdita! Accade invece che proprio prendere in considerazione l’interesse altrui faccia sì che si giunga ad ottenere un guadagno che è il massimo possibile per tutti.
Allora la prospettiva si ribalta: non è la somma degli interessi personali ad arricchire la comunità, ma l’intera comunità ad arricchire i singoli.
Niente di altruistico in questa nozione che la matematica ci consegna, piuttosto la comprensione e la formalizzazione di una necessaria adesione alla realtà. Ed ecco che la matematica, scienza che, tra tutte, ci è sempre parsa la più astratta, sembra richiamarci a una resa: non siamo soli e, che lo vogliamo o no, i nostri equilibri dipendono strettamente dal contesto in cui siamo immersi. Solo da lì è possibile iniziare a scegliere la vita e far sì che qualcuno, con noi e dopo di noi, possa vivere (Dt 30,19).
Solo nella realtà è possibile “darsi al meglio della vita” (ChV 143), accogliere la vocazione (EG 233) e, assecondando l’opera di Dio, prenderci cura di quella “felicità collettiva” [11], che condurrà anche noi a una vita piena.
Così anche “la vocazione non è mai soltanto mia ma è sempre anche nostra: la santità, la vita è sempre spesa insieme a qualcuno. E questo è un elemento essenziale di ogni vocazione nella Chiesa” [12].
Tutto è connesso, la vita dell’uno è legata alla vita dell’altro (Gen 44,30) e forse non sarà il nostro esclusivo benessere a rendere bella la nostra esistenza e quella di chi ci circonda… Forse il punto è provare a rendere bella la vita di chi ci circonda e allora saremo felici, perché pur avendo rinunciato a qualcosa avremo scelto il meglio della vita.
Proponiamo di seguito alcuni testi che ci sembrano utili ad approfondire questa riflessione.
Le tante lezioni di questo (ricco) tempo
In questo tempo di pandemia, in mezzo a tanto dolore, “abbiamo imparato che il nostro interesse personale e immediato non è il valore supremo e che c’è dell’altro, un bene più grande per il quale vale la pena rischiare la vita”. (Chiara Giaccardi, Leggi di più…)
Amore Privato e Amore Sociale
Quello di Amore Privato e Amore Sociale è un binomio di cui si serve Agostino per creare una celebre sintesi, la sintesi delle due città. L’autore della “Città di Dio” narra la storia dell’umanità raccogliendola in due città: la città dei giusti e la città degli iniqui. Le due città sono fondate su due amori, che sono appunto l’amore privato e l’amore sociale, cioè su egoismo e carità. (Leggi di più…)
L’altro vale più di te
Che gli altri siano superiori a noi stessi (Fil 2,4) forse non è solo questione di stima o di capacità ma, piuttosto, di interessi, di priorità nella scelta del bene… di chi ho veramente a cuore. Entrare in questa prospettiva potrebbe rendere possibile il miracolo di passare dall’IO al NOI, non per necessità, ma per scelta e farci scoprire che – con la grazia di Dio – quella resa alla realtà può farsi scelta d’amore.
“L’altro vale più di te. È quello che ha fatto Dio con noi, ci ha amato e ha dato la sua vita per noi, cioè la nostra vita vale più della sua”. (S.Fausti – F.Clerici, Leggi di più…)
Corresponsabili gli uni degli altri
Gesù chiama i suoi discepoli all’amore, ad essere riconosciuti dall’amore che hanno gli uni per gli altri (Gv 13,35).
“Essere membra del corpo di Cristo rende i credenti corresponsabili gli uni degli altri. Essere credenti in Gesù rende tutti noi corresponsabili gli uni degli altri.” (Papa Francesco, Leggi di più…)
Il tutto è superiore alla parte
Pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri (12,5), ci ricorda Paolo. Il nostro essere membra gli uni degli altri non ci rende però uguali e nemmeno un agglomerato posticcio di parti unite artificialmente.
“Il tutto è più delle parti, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque, non si dev’essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi.” (Papa Francesco, Leggi di più…)
Iniziare a guardare fuori
“L’uomo da solo non esiste, ciascuno fa parte di una polise di un cosmos: non si può scoprire la propria vocazione-missione guardando solamente ‘dentro di sé’.
Si tratta di ‘iniziare a guardare fuori’ per riconoscere la chiamata che viene dalla realtà, dalla storia, dai fatti, dalle occasioni, dai volti dei fratelli e delle sorelle che gridano e invocano vicinanza, accoglienza, prossimità. Si tratta di ricordarsi che la vocazione non è mai soltanto ‘mia’ o solo ‘per sé’ ma è sempre ‘per qualcun altro’, a servizio di qualcuno, ‘al cuore del popolo’.” (Michele Gianola, Leggi di più…)
L’inizio della gioia
In occasione della Giornata mondiale della felicità, il giornalista Sergio Centofanti, ha proposto una sorta di decalogo della gioia, tratto dal magistero di Papa Francesco.
“L’inizio della gioia è cominciare ad essere attenti agli altri. Il cammino della felicità comincia controcorrente: occorre passare dall’egoismo al pensare agli altri. Essere tristi – dicevano i padri del deserto – è quasi sempre pensare a se stessi.” (Sergio Centofanti, Leggi di più…)
La logica dell’amore
“L’originalità della vocazione cristiana è di far coincidere il compimento della persona con la realizzazione della comunità; ciò vuol dire — ancora una volta — far prevalere la logica dell’amore su quella degli interessi privati, la logica della condivisione su quella dell’appropriazione narcisistica dei talenti (cfr. 1 Cor 12-14).” (Nuove vocazioni per una nuova Europa, 18d, Leggi di più…)
Una salvezza comunitaria
Nell’Enciclica Spe Salvi Benedetto XVI sottolinea proprio il carattere comunitario della speranza, evidenziando come unica salvezza possibile, una salvezza comunitaria: il cammino di un popolo verso la vita vera.
“Questa vita vera, verso la quale sempre cerchiamo di protenderci, è legata all’essere nell’unione esistenziale con un «popolo» e può realizzarsi per ogni singolo solo all’interno di questo «noi»” (Benedetto XVI, Leggi di più…)
[1] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 235.
[2] LS 16, 70, 91, 92, 117, 120, 137,138, 142, 240.
[3] C. Giaccardi, Le tante lezioni di questo (ricco) tempo, in www.generativita.it
[4] A. Gaudí, Idee per l’architettura. Scritti e pensieri raccolti dagli allievi, a cura di I. Puig-Boada, Jaca Book, Milano, 1995, p.277.
[5] Cfr. Agostino, Lettera 211.
[6] Cfr. 1Cor 13,5.
[7] Regola Monastica del Santo Padre Agostino, 31.
[8] I termini Economia ed Ecologia hanno, infatti, nella loro radice il termine greco oîkos, che significa appunto casa. Non a caso Papa Francesco, nella sua enciclica Laudato si’ parla proprio di “cura della casa comune”.
[9] Il nome di questa disciplina risulta fuorviante e sembra infantilizzarne il contenuto. Il nome Teoria dei Giochi le rimane dalla prima opera in cui la teoria è stata sistematizzata (John von Neumann, Oskar Morgenstern, Theory of Games and Economic Behaviour, Princeton University Press, 1944), nella quale gli autori si servivano di giochi di interazione (scacchi, carte, backgammon, …) come “palestre” per la modellizzazione di situazioni complesse.
[10] John Nash.
[11] M. Yunus, Non torniamo al mondo di prima.
[12] M. Gianola, La santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due.