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Amore Privato e Amore Sociale

Quello di Amore Privato e Amore Sociale è un binomio di cui si serve Agostino per creare una celebre sintesi, la sintesi delle due città. L’autore della “Città di Dio” narra la storia dell’umanità raccogliendola in due città: la città dei giusti e la città degli iniqui. Le due città sono fondate su due amori, che sono appunto l’amore privato e l’amore sociale, cioè su egoismo e carità. Riportiamo qui un testo tratto dall’opera “La Genesi alla lettera”.

 

L’avarizia è la “brama” di chi desidera qualcosa che oltrepassa ciò che è necessario a motivo della propria eccellenza e di un certo amore per il proprio interesse personale, amore al quale la lingua latina ha dato saggiamente la qualifica di privatus, cioè di “amore egoistico”, aggettivo usato evidentemente per indicare più una perdita anziché un guadagno; ogni privazione infatti comporta una perdita. Per questo fatto dunque la superba brama di elevarsi viene precipitata nel bisogno e nella miseria poiché, a causa del funesto amore di sé, dalla ricerca del bene comune si restringe al proprio bene individuale.

L’avarizia però, nel senso specifico del termine, è il vizio che più comunemente si chiama “brama del denaro”. Ma l’Apostolo, indicando con il termine specifico il senso generico, con la frase: L’avarizia è la radice di tutti i mali voleva far intendere ogni specie di avidità. Fu infatti a causa di questo vizio che cadde il demonio il quale non aveva certamente la brama del denaro, ma quella del proprio potere. È per questo che l’amore perverso di se stessi priva della comunione degli angeli santi lo spirito gonfio di superbia e questo rimane oppresso dal suo misero stato mentre desidera appagare le sue brame compiendo l’iniquità. Ecco perché, dopo aver detto in un altro passo: Ci saranno uomini amanti di se stessi, l’Apostolo soggiunge immediatamente: amanti del denaro, scendendo dal concetto generico di avidità, la cui sorgente è la superbia, a questo senso specifico che si riferisce propriamente agli uomini. Anche gli uomini, infatti, non sarebbero avidi di denaro, se non si reputassero tanto superiori quanto più sono ricchi.

A questo perverso amore si oppone la carità che non cerca il proprio interesse, cioè non si compiace della propria eccellenza; a ragione perciò non si gonfia d’orgoglio.

 

Di questi due amori l’uno è puro, l’altro impuro; l’uno sociale, l’altro privato; l’uno sollecito nel servire al bene comune in vista della città celeste, l’altro pronto a subordinare anche il bene comune al proprio potere in vista di una dominazione arrogante; l’uno è sottomesso a Dio, l’altro è nemico di Dio; tranquillo l’uno, turbolento l’altro; pacifico l’uno, l’altro litigioso; amichevole l’uno, l’altro invidioso; l’uno che vuole per il prossimo ciò che vuole per sé, l’altro che vuole sottomettere il prossimo a se stesso; l’uno che governa il prossimo per l’utilità del prossimo, l’altro per il proprio interesse. 

Questi due amori si manifestarono dapprima tra gli angeli: l’uno nei buoni, l’altro nei cattivi, e segnarono la distinzione tra le due città fondate nel genere umano sotto l’ammirabile ed ineffabile provvidenza di Dio, che governa ed ordina tutto ciò che è creato da lui: e cioè la città dei giusti l’una, la città dei cattivi l’altra. Inoltre, mentre queste due città sono mescolate in un certo senso nel tempo, si svolge la vita presente finché non saranno separate nell’ultimo giudizio: l’una per raggiungere la vita eterna in compagnia con gli angeli buoni sotto il proprio re, l’altra per essere mandata nel fuoco eterno con il suo re in compagnia degli angeli cattivi.

 

(Agostino, La Genesi alla lettera, XI,15.19-20)

 

 

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