Tutto è pronto
Gregorio di Nissa e la creazione dell’uomo
Uno degli scopi di questa rubrica è sempre stato quello di presentare testi e Padri non molto conosciuti al di fuori di una ristretta cerchia di specialisti. Ma ogni tanto possiamo fare un’eccezione. Questa volta presentiamo un testo di Gregorio di Nissa (+ dopo il 394), che, insieme al fratello Basilio Magno e all’amico Gregorio di Nazianzo, formano il più famoso “trio” di teologi dell’epoca d’oro della Patristica greca (e non solo): i cosiddetti Padri Cappadoci, nome che viene dalla comune provenienza (la Cappadocia). È impossibile sintetizzare la loro importanza per la teologia cristiana e, soprattutto per Gregorio di Nissa, per la mistica cristiana. Diciamo solo che gli scritti del Nisseno hanno influenzato e alimentato tutta la corrente che, tramite Ambrogio e poi tramite la spiritualità e mistica cistercense del XII secolo, è giunta fino a noi.
Il passo che abbiamo scelto non è, forse, tra i più citati. È tratto dall’opera “Sulla creazione dell’uomo”. Gregorio si sta ponendo la domanda: perché l’uomo è arrivato per ultimo nella creazione? Domanda lecita a chi avesse l’orizzonte classico della gerarchia degli esseri, secondo la quale il più importante viene prima. Gregorio risponde in modo tale che fa apparire subito tutto l’amore che Dio ha avuto per l’uomo nel crearlo. Dio prima ha costruito, nell’immagine di Gregorio, un palazzo, lo ha dotato di tutto perché l’invitato potesse scoprirsi atteso e amato. Non solo, ma lo ha fatto così bello perché dalla contemplazione di tanta bellezza l’uomo potesse raggiungere chi lo aveva preparato. E lo ha fatto corpo e anima, sintesi di visibile e invisibile, perché potesse sia godere di Dio che delle cose preparate.
Ha preparato una festa, un banchetto, un luogo dove l’invitato, entrando, potesse sentire tutto il “dolce peso” dell’attesa e del desiderio di entrare in relazione con lui da parte di Dio. Solo quando tutto fosse stato pronto, ecco il momento! Spesso ci pare che Dio ritardi, che ci faccia perdere il tempo… in realtà sta finendo di preparare il “luogo speciale” pensato proprio per noi.
Questa grande e onorevole cosa che è l’uomo, non aveva ancora trovato posto nell’universo delle cose. Non era, infatti, conveniente che il capo apparisse prima delle cose sulle quali avrebbe comandato. Ma, preparato dapprima l’impero, era conseguente fosse rivelato il re allorché il creatore di tutto aveva preparato quasi una sede regia per colui che avrebbe dovuto regnare: questa era la terra e le isole e il mare e sopra di essi il cielo come un tetto. Ricchezze di tutti i generi erano raccolte in questa reggia, ricchezze di tutta la creazione, ciò che è nelle piante, nelle gemme e in tutto il mondo sensibile, vivente e animato. Così, se bisogna contare in queste ricchezze le materie che per la bellezza dei colori appaiono onorevoli agli occhi degli uomini come l’oro e l’argento e quelle pietre che gli uomini amano, tutti questi beni Dio gettò nei seni della terra come tesori regali. Poi aggiunse nel mondo l’uomo perché divenisse il contemplatore e il padrone delle meraviglie che sono in esso, così che, attraverso il loro godimento, ricevesse l’intelligenza di chi le aveva preparate e, attraverso la bellezza e la grandezza di ciò che vedeva, potesse investigare la ineffabile e inesprimibile potenza del creatore.
Per tutte queste cose, l’uomo è giunto come compimento, non come vile, gettato tra gli ultimi, ma perché dalla nascita conveniva fosse il re. E come un buon maestro di casa non fa entrare l’invitato prima di aver preparato i cibi, ma dopo aver preparato tutte le cose e decorato con ornamenti adatti la casa, il sedile della mensa, la tavola; e quando tutte le cose sono preparate per la mensa, fa entrare il convitato nel focolare, nello stesso modo il ricco e magnifico convitante della nostra natura, dopo aver decorato la casa con ogni ricchezza e aver preparato un vario e magnifico convito, introduce l’uomo dandogli non il compito dell’acquisto delle cose che ancora non sono, ma il godimento di quelle presenti. E perciò getta in lui due principi di creazione, mescolando al terreno il divino affinché, attraverso entrambi, abbia in maniera congenere e familiare il godimento dell’uno e dell’altro: di Dio, attraverso la sua natura più divina, dei beni terreni attraverso l’omogenea sensazione.
(trad. di B. Salmona in Gregorio di Nissa, L’uomo, (Collana testi patristici, 32), Roma, Città Nuova, 20003, 33-34)