N.01
Gennaio/Febbraio 2001

Voi siete la luce del mondo

La Chiesa descritta nel brano evangelico che abbiamo ascoltato[1] non è una comunità elitaria ripiegata su stessa che si dissolve nel mondo o che si chiude per proteggersi dal mondo, ma è una comunità alla quale Gesù affida una vocazione che deve tradursi in missione: la vocazione di essere luce per l’umanità intera, la missione di indurre gli uomini, attraverso la testimonianza della vita, a rendere gloria al Padre, riconoscendolo come il solo vero Dio. Cerchiamo di comprendere in una maniera più precisa il brano del Vangelo, oggetto della nostra riflessione, leggendolo nel contesto della tradizione evangelica e apostolica della Chiesa.

 

1. Dal punto di vista letterario i tre versetti della pericope evangelica si articolano: a) in una dichiarazione di competenza che Gesù attribuisce ai discepoli: “Voi siete la Luce del mondo”; b) tale dichiarazione è illustrata da due esempi: quello della città collocata sopra un monte che perciò non può restare nascosta a nessuno; quello della lucerna che, collocata sul lucerniere, fa luce a tutti quelli che sono in casa; c) gli esempi trovano un’applicazione nella vita dei discepoli esortati a vivere in una maniera pubblica la propria vocazione, non per ragioni di prestigio o di potere e neppure per acquisire meriti, ma soltanto per rendere gloria al Padre. La parte più lunga del piccolo brano (5, 14b,15), i due esempi illustrativi dell’affermazione iniziale sono un avvertimento dato ai discepoli perché essi non nascondano la loro identità. Tale avvertimento tradisce la preoccupazione ecclesiologica del primo evangelista, che la comunità cristiana, nel corso della sua storia, non ceda alla tentazione esoterica propria degli esseni, ma conservi visibili e limpidi i propri lineamenti nel mondo non confondendosi con esso, perché chiamata ad essere Luce del mondo.

La vocazione che Gesù attribuisce ai discepoli (non tanto singolarmente intesi ma tutti insieme come comunità) va compresa nel contesto del discorso della montagna, di cui il brano è una piccola parte, e in particolare riferimento alle beatitudini evangeliche, alle quali l’inizio del nostro brano è letterariamente collegato: i discepoli sono luce del mondo, perché poveri di spirito uomini che aprono a Dio la propria anima afflitta, mansueti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, facitori di pace, perseguitati a causa della giustizia (5, 3-12), in possesso di una giustizia non modellata su quella degli scribi e dei farisei (5, 20) ma su quella di Dio stesso, del quale devono ricopiare e riscoprire il modo di agire: “siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (5, 48). La vita di Dio che è amore, assunta come fondamento, impulso e modello di un’unica vocazione all’amore è, in definitiva, il motivo che consente ai discepoli di essere “luce del mondo”.

È chiaro perciò che i discepoli di Gesù non sono tali, perché portatori nel mondo di una propria teoria filosofica o di una propria visione del mondo, ma sono luce del mondo, perché avendo accolto la persona e il messaggio di Gesù, essendosi posti al suo seguito ed essendosi lasciati plasmare dalla forza del suo Spirito, vivono una vita nuova, sono portatori di un’umanità che illumina il cammino degli uomini nella storia. È soltanto in riferimento alla presenza e all’attività di Cristo, profeticamente annunciato nel libro del profeta Isaia come “luce delle nazioni” (42,6) che i cristiani possono essere indicati come “luce del mondo”. Lo sono non per un diritto proprio, ma per un dono fatto da Gesù stesso che nel Vangelo di Giovanni dice di sé: “io sono la luce del mondo” (8,12). Le due dichiarazioni di Gesù, quella appena citata e quella con cui inizia il brano evangelico che commentiamo: “voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 14), non sono in antinomia, come risulta dalla parola successiva di Gesù: “chi segue me non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (8,12). I discepoli sono luce del mondo perché accogliendo e seguendo Gesù, ricevono in dono la “luce che conduce alla vita”. Essa deve risplendere davanti agli uomini in tutta la sua novità e concretezza perché, secondo una preoccupazione pastorale tipica di Matteo, è attraverso le opere che i discepoli illuminano gli uomini. È difficile dire a quali opere specifiche pensi l’evangelista. È probabile che egli pensi alla vita cristiana nella sua interezza e totalità. Essa è una luce che induce gli uomini a glorificare Dio Padre, riconoscendolo come fonte della Rivelazione e della santità cristiana (1Gv 1, 5).

 

2. La tradizione evangelica dei discepoli di Gesù “luce del mondo” trova un riscontro nella lettera che dal carcere Paolo invia ai cristiani che sono a Filippi. Era questa la prima città europea che l’apostolo aveva evangelizzata, ove la povera ma generosa comunità cristiana viveva quale piccola isola circondata dal mare del paganesimo. Il clima culturale pagano trovava la sua massima espressione nel fiorente culto indirizzato all’imperatore romano, culto alternativo alla professione di fede cristiana: “Gesù Cristo è il Signore” (Fil 2, 11) con cui termina il noto inno cristologico presente al centro della lettera ai Filippesi. In un simile contesto, l’apostolo non si lascia dominare da complessi di paura e di sconfitta, ma stimola i cristiani di Filippi ad avere un comportamento comunitario e pubblico conforme alle esigenze della fede in Cristo (1, 27), ad essere compatti come un esercito schierato per la battaglia; sono chiamati, infatti, a combattere unanimi per la Fede del Vangelo senza lasciarsi per nulla intimorire dagli avversari (cfr. 1, 27-28). Sul piano strettamente etico, i cristiani sono esortati a non lasciarsi contaminare dalla corruzione dell’ambiente circostante in cui essi “devono splendere come astri nel mondo”. Ecco le parole precise dell’apostolo: “siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere nella quale dovete splendere come astri nel mondo”. Anche se l’apostolo Paolo non ha conosciuto il testo evangelico nell’attuale redazione di Matteo, il riferimento alla tradizione sottostante è certo sia per l’uso della stessa immagine della luce sia per l’identica prospettiva morale: la comunità cristiana è chiamata ad illuminare il mondo con lo splendore della sua condotta intemerata. La sua missione nel mondo passa attraverso la testimonianza della vita.

Essa è comandata da quella conversione radicale che si attua nella fede ed è sigillata dal battesimo. La novità di vita postulata dalla fede nel Signore Gesù è tale che è possibile segnare una linea di demarcazione tra il prima e il dopo dell’incontro con Cristo. Nell’epistola agli Efesini, leggiamo: “se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà giustizia e verità” (5, 8-9). La presenza dei cristiani in un determinato contesto geografico e culturale (Tessalonica, Filippi ed Efeso) non può far dimenticare che il loro vero stato in luogo è il Signore. Vitalmente agganciati a Lui e nella misura in cui lo sono, essi sono luce e possono illuminare il mondo con il loro comportamento buono, giusto e veritiero. Ritroviamo anche nell’epistola agli Efesini il riferimento a quella identità cristiana già contenuta nel brano del Vangelo di Matteo (5, 14) che è divenuta, nella Chiesa apostolica, indicatrice di una storia di Fede che umanizza la vita dei credenti e illumina la storia della comunità degli uomini in cui i cristiani vivono ed operano.

 

3. Per concludere vogliamo intendere come riferito a noi il contenuto di un frammento di un inno battesimale, citato come parola della scrittura, nel contesto letterario del brano dell’epistola agli Efesini menzionato prima: “svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà” (Ef 5, 14). Cristo risorto è la luce che ci illumina. Egli ci indicherà la modalità attraverso la quale sapremo annunciare la vocazione all’amore verginale nella pastorale vocazionale. Cristo Risorto è infatti lo Sposo della Chiesa. Egli ama la Chiesa di un amore puro e consente alla Sposa di amare il suo Sposo di un amore puro. Entrambi, lo Spirito del Signore risorto e la Sposa, la Chiesa, in tutte le sue componenti, dicono ai giovani del nostro tempo e del nostro mondo: “Vieni” (Ap 22, 17).

 

 

 

Note

[1] Cfr. Mt 5,14-16: “Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.