N.02
Marzo/Aprile 2001

Espressioni della molteplice grazia di Dio

Sorelle e fratelli carissimi,

la preghiera con la quale iniziamo il nostro Convegno ci suggerisce alcune riflessioni in merito alla nostra identità cristiana, il nostro luogo di appartenenza, i presupposti e le conseguenze dell’esercizio della pastorale vocazionale. Il luogo nel quale noi cristiani viviamo non è tanto uno spazio geografico, quanto una realtà misterica, è la Chiesa santa di Dio, Corpo di Cristo, icona della Trinità santissima, casa e scuola di comunione. Queste affermazioni sono il contenuto dei tre brani che abbiamo poco fa ascoltato.

Nella Lettera ai Romani, Paolo ci ricorda che “noi pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri”. Siamo nella Chiesa portatori di doni diversi, beneficiari di una grazia data a ciascuno di noi, ma esercitiamo ministeri molteplici, differenziati. Queste affermazioni dell’apostolo indicano con chiarezza che il nostro posto nella Chiesa non è dovuto ai nostri meriti, a nostre strategie, ma ad una grazia che viene dal Signore. Non solo le persone, ma anche gli Istituti di Vita Consacrata sono espressione della molteplice grazia di Dio che è data alla Chiesa per la sua edificazione. E dal momento che gli Istituti di Vita Consacrata sono tutti manifestazione dell’amore del Signore, non c’è un Istituto più grande o più importante dell’altro. Questo concetto è espresso dall’apostolo Paolo in un testo parallelo a quello ascoltato nel corso della nostra preghiera. Nella lettera ai Corinti, l’Apostolo afferma con forza e insistenza l’uguale dignità di ogni carisma nella vita della Chiesa: “non può l’occhio dire al piede: non ho bisogno di te”. È fuori luogo quindi un atteggiamento di gelosia, di superiorità o di inferiorità. Tutti siamo chiamati, secondo la grazia ricevuta, a contribuire alla costruzione della Chiesa, senza alcuna rivalità e sopravvalutazione di sé, ma animati dalla ferma volontà di accoglierci gli uni gli altri a livello personale e istituzionale.

Tanto più che il Vangelo precisava che la Chiesa nella quale noi siamo, viviamo e vivremo per sempre, è un’icona della Trinità santissima: “Come tu, Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato”. La Chiesa è un’immagine riflessa della Trinità. E anche la Vita Consacrata, in quanto tale, è radicata nel Mistero dell’Amore trinitario, come il Santo Padre dice nell’esortazione post-sinodale Vita Consecrata. E come nel Mistero trinitario le relazioni interpersonali sono improntate alla carità che si fa reciprocità di amore, così nella Chiesa le relazioni tra le persone dovranno essere sempre più impregnate di gratuità. Tutto ciò è tanto più importante oggi, in quanto noi sappiamo che la cultura diffusa nella quale viviamo è invece una cultura che tende a creare una mentalità di tipo mercantile.

Dal momento che la Chiesa è Corpo di Cristo, icona della Trinità santissima, nessuna meraviglia che il Santo Padre, nel brano della Novo Millennio Ineunte che abbiamo ascoltato, si sia espresso con delle parole così belle. Più volte ci viene ricordato che la Chiesa è “casa e scuola di comunione”. Ci viene anche detto che non basta moltiplicare le strutture istituzionali, bisogna cercare di promuovere invece una spiritualità di comunione. Le stesse strutture di comunione se non sono costantemente vivificate dalla spiritualità di comunione rischiano di diventare delle maschere: strumento che invece di rivelare nasconde la nostra identità. Devo dire che ho provato una profonda gioia nel cuore nel leggere quelle parole del Santo Padre che ci sono state proposte. Ho colto in esse la volontà precisa del Santo Padre di indicare in una maniera puntuale cosa voglia dire in concreto promuovere una spiritualità di comunione.

Alla luce di queste indicazioni mi sembra che la pastorale vocazionale degli Istituti di Vita Consacrata nella Chiesa particolare sia un servizio offerto alle persone che è espressione della comunione ecclesiale ed è finalizzata alla riscoperta e valorizzazione dei doni dello Spirito che fanno crescere la stessa comunione. Questa non è una strategia, né una metodologia da mantenere viva soltanto in alcune circostanze dell’anno o per dare vita soltanto a delle iniziative, ma è la sostanza della vita della Chiesa.

Iniziamo questo forum con un atteggiamento di gratitudine e di gioia. La gratitudine nasce dalla consapevolezza di essere beneficiari della grazia di Dio che riceviamo senza averne alcun diritto, la gioia proviene dalla certezza che, con la pastorale vocazionale, lavoriamo per la Missione della Chiesa e per l’Avvento della regalità di Dio nel mondo.

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