N.02
Marzo/Aprile 2001

Segno e testimonianza di un amore radicale e profetico

A voi tutti il mio fraterno saluto, che esprimo anche da parte del Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Card. Eduardo Martínez Somalo. Questo primo Forum, organizzato dal Centro Nazionale Vocazioni della CEI per quanti si dedicano all’animazione vocazionale, sia nell’ambito della vita diocesana che in quello degli Istituti di vita consacrata, riveste, all’inizio di questo Nuovo Millennio, subito dopo l’Anno del Grande Giubileo, un significato tutto particolare, anzi oserei dire un segno profetico. Il futuro delle vocazioni nella Chiesa, infatti, sia pure nelle mani di Dio, dipende in buona parte anche dalla qualità della proposta vocazionale. Pertanto incontrarsi per riflettere e per trovare insieme comuni strategie di azione risulta di importanza vitale. Lo stesso obiettivo che gli organizzatori di questo incontro si sono prefissi, cioè quello di “esprimere meglio la comunione ecclesiale nella pastorale vocazionale e per favorire la vicendevole conoscenza di iniziative ed esperienze”, focalizza la necessità di tale confronto e approfondimento.

Dal confronto e dalla conoscenza reciproca emerge innanzitutto la grande varietà dei carismi di cui siete portatori. Tale ricchezza carismatica, resa ben visibile all’interno dei gruppi di preghiera, nella direzione spirituale, nella catechesi e nella predicazione, è in grado di favorire una proposta vocazionale chiara, convincente, entusiasmante, in grado di suscitare nei giovani un più intenso desiderio di conoscere e di scegliere, con libertà, le varie proposte vocazionali di totale consacrazione al Signore, sia nel ministero sacerdotale diocesano come in particolare nella vita consacrata nei vari istituti.

1. Come nel passato, così nel presente ed ancor più nel futuro per la vita della Chiesa, la vita consacrata si rende presente con il suo dinamismo profetico. Dopo il travaglio del post-Concilio Vaticano II, la vita consacrata, rinnovatasi attraverso una “fedeltà creativa” al proprio carisma, anche mediante le espressioni delle forme nuove, che sorgono un po’ ovunque, ha assunto un ruolo insostituibile nella promozione di tutto l’uomo, nella sua dimensione umana e spirituale, nella testimonianza dei valori trascendenti, nel richiamo a vivere il Vangelo. La spiritualità dei Consigli Evangelici ha ancora molto da offrire nella costruzione di un’autentica civiltà dell’amore, fondata nella solidarietà, nella comunione tra tutti gli uomini di razza e cultura diverse, e nella pace. Va da sé che in questa missione profetica la Vita Consacrata, oltre ad andare controcorrente, deve conservare immutata la capacità di esprimere, anche visibilmente, uno stile di vita credibile, in grado di suscitare non solo stupore, ma di incoraggiare all’imitazione, secondo le possibilità concrete e lo stato di vita dei singoli, in famiglia, nella società, nel lavoro, nel dialogo, nelle relazioni tra le diverse persone. Ai giovani si deve far comprendere che: scegliere Dio significa andare controcorrente.

È fuori dubbio che la vita consacrata, così come i grandi valori dello spirito, ha faticosa cittadinanza in una società come quella contemporanea di stampo edonistico e soggetta alle leggi dell’avere e dell’apparire, dove anche la manifestazione più schiettamente umana, viene insidiata dal calcolo e dall’egoismo personale. La mentalità del mondo non vuole sentire parlare di un amore totalizzante che chiede piena adesione e sacrificio, e perciò tenta continuamente di indebolirne la forza. Pare insensato questo amore che non ha misura! O ancor più un amore che non chiede neppure ricompensa, perché sa bene che chi lavora per Dio avrà “il centuplo e il Regno dei cieli”(cfr. Mc 10, 29).

2. È proprio di questo amore che ci parla l’odierna liturgia della parola (cfr. 1 Samuele 26, 2-23; 1 Corinzi 15, 45-49; Luca 6, 27-38). Il vangelo che abbiamo ascoltato ci invita ad un amore completamente disinteressato, che si spinge fino ad amare i nemici, fino a fare del bene a chi ci odia, fino a dare anche la tunica se uno ti chiede il mantello. Gesù ci invita ad essere misericordiosi “come è misericordioso il Padre vostro”. Un ideale sublime! In questa maniera si manifesta l’infinito amore di Dio e l’identità cristiana, che dovrebbe essere espressa in un modo più intenso e credibile nella vita consacrata. È proprio attraverso questa imitazione di Cristo che noi ci trasformiamo veramente in figli di Dio, operando nel mondo come segno profetico di una umanità trasfigurata in Cristo. Di questo amore totalizzante i consacrati devono essere segno e testimonianza pur nel mutare dei tempi e delle situazioni. L’evolversi stesso della società, impone di inventare un modo nuovo per andare incontro ai fratelli. Le istituzioni caritative, educative, di ricerca e di studio, rette dai religiosi, che per secoli hanno dato alla società la forza appagante del pensiero filosofico e teologico, l’intuizione artistica nelle sue molteplici espressioni, e sono venute incontro ai poveri con l’inventiva inesauribile della carità, ora devono trovare strade diverse perché – giustamente – la società stessa nelle sue istituzioni, intende far fronte ai bisogni dei cittadini. Ma i poveri continuano ad esserci, e il fatto che la ricchezza si accumula in mano di pochi, fa sì che i poveri siano sempre più poveri, senza speranza! E poi c’è quella grande povertà umana e spirituale – palese o nascosta – che chiede ascolto, interesse, capacità di trovare vie nuove per aiutare, ricomporre, far maturare la fiducia: tra figli e genitori, tra anziani e giovani, tra il singolo e gli “altri”. Quanto spazio quindi per rendere credibile l’amore di Cristo!

I giovani, da parte loro, sono generosi. Sanno compiere sacrifici eroici se viene loro proposto un ideale convincente, supportato dalla testimonianza di una persona gioiosamente realizzata. La prima lettura della liturgia di questa domenica tratta dal primo libro di Samuele, ci presenta l’esempio della magnanimità di Davide. Egli ci ricorda che “il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà” (1Sam 26,23). Proporre ai giovani di rendere visibile, con la loro vita consacrata, la giustizia e la fedeltà del Signore diventa per loro un motivo entusiasmante di generosa dedizione ai poveri ed emarginati della nostra società, che potranno così comprendere gli ineffabili insegnamenti del libro della Sapienza: “Tu, o Signore, hai compassione di tutti perché tutto tu puoi e non guardi ai peccati degli uomini in vista del pentimento. Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato… Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza: ci governi con molta indulgenza e con tale modo di agire tu insegni al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini” (Sap 11,2-24; 12, 18-19).

San Paolo, nel brano della lettera ai Corinti, ci richiama la realtà dei “due Adamo”. La vicenda del cristiano infatti ha, secondo l’Apostolo, due fasi, quella terrestre, “animale”, naturale corruttibile, e quella spirituale, celeste, soprannaturale, incorruttibile. Noi che nasciamo come l’Adamo terrestre e peccatore siamo chiamati a diventare simili all’Adamo perfetto, Cristo, entrando con lui nella gloria. Si tratta di un forte richiamo a tendere con tutte le nostre energie alla perfezione cristiana, ribadita con vigore nella Lettera Apostolica del Santo Padre Giovanni Paolo II Novo Millennio Ineunte, consegnataci a conclusione dell’Anno Santo. Egli parlando delle priorità pastorali per rendere vitale e continua l’esperienza di grazia del Giubileo sottolinea: “In primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quello della santità… Finito il Giubileo, ricomincia il cammino ordinario, ma additare la santità resta più che mai un’urgenza della pastorale” (NMI, 30).

3. La vita consacrata, nonostante la diminuzione delle vocazioni nel mondo occidentale, svolge ancora un ruolo essenziale nel testimoniare la visibilità del Vangelo, la santità di vita. Fa questo in particolare attraverso la pratica dei Consigli Evangelici. Da parte nostra dobbiamo avere il coraggio di richiamare i giovani generosi a vivere la logica dei consigli evangelici, una logica che va controcorrente, una logica che ponendosi in atteggiamento critico verso il mondo e la sua falsa felicità, guida ad una libertà che non ha eguali. La vita consacrata, attraverso i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, pone al mondo quelle sfide fondamentali che – in modo diverso – coinvolgono ogni persona nella propria vocazione. È il triplice aspetto della liberazione dalla schiavitù delle passioni (castità), delle cose (povertà), dell’orgoglio (obbedienza). La scelta “radicale” che la persona compie nella vita consacrata, per molti è incomprensibile. In realtà essa è dono dello Spirito santo e non si può comprendere se si riduce tutto a scelta unicamente umana.

Quando la persona consacrata si impegna “nella pratica gioiosa della castità perfetta quale testimonianza della potenza dell’amore di Dio nella fragilità della condizione umana” (VC 88a), risponde efficacemente alla provocazione di una cultura edonistica “che svincola la sessualità da ogni norma morale” e la rende schiava “di una sorta di idolatria dell’istinto”. Il motivo fondamentale della sua scelta però è la contemplazione dell’amore trinitario che Cristo ci rivela. In forza di questa esperienza “si sente capace di un amore radicale e universale che le dà la padronanza di sé e della disciplina necessaria per non cadere nella schiavitù dei sensi e degli istinti. La castità consacrata appare così come esperienza di gioia e di libertà” (VC 88b), che apre il cuore ai fratelli in un servizio animato dalla Carità.

“Allo stesso modo la professione della povertà evangelica, vissuta in forme diverse e spesso accompagnata da un attivo impegno nella promozione della solidarietà e della carità” (VC 89a), è risposta e provocazione al “al materialismo avido di possesso, disattento verso le esigenze e le sofferenze dei più deboli e privo di ogni considerazione per lo stesso equilibrio delle risorse naturali” (VC 89a). “Il suo primo significato è testimoniare Dio come vera ricchezza del cuore umano. Ma proprio per questo contesta con forza l’idolatria di mammona, proponendosi come appello profetico nei confronti di una società che, in tanta parte del mondo benestante, rischia di perdere il senso della misura e il significato stesso delle cose” (VC 90a). “Tale testimonianza si accompagna, naturalmente, all’amore preferenziale per i poveri e si manifesta in modo speciale nella condivisione delle condizioni di vita dei più diseredati” (VC 90b). Evidentemente, “attraverso queste forme, diverse e complementari, la vita consacrata partecipa all’estrema povertà abbracciata dal Signore e vive il suo specifico ruolo nel mistero salvifico della sua incarnazione e della sua morte redentrice” (VC 90c).

Poiché la libertà è un autentico valore, intimamente connesso con l’identità della persona, è comprensibile che l’obbedienza, non considerata alla luce liberante dello Spirito Santo, venga intesa come un’insidia alla maturità della persona e alla sua libertà creativa. Oggi poi nella difesa della propria pseudo-libertà – continuamente condizionata dal sovrapporsi delle emozioni e dalla debolezza del pensiero –, l’uomo scambia grossolanamente il concetto di libertà con il “fare quello che io ho voglia di fare!”, in un continuo agire da schiavi per passione, per debolezza, per ignoranza, per sete di vita facile, per dipendenza consapevole o inconscia. Bisogna risolversi a guardare Cristo nel suo mistero di morte e di risurrezione per intuire quale libertà l’obbedienza ci offre: “L’atteggiamento del Figlio svela il mistero della libertà umana come cammino di obbedienza alla volontà del Padre – che altro non vuole che la realizzazione piena delle sue creature – e il cammino dell’ obbedienza come progressiva conquista della vera libertà” (VC 91b). Chi si consacra a Dio, nella consapevolezza del suo rapporto filiale con il Padre, sceglie di accogliere la sua volontà come “cibo quotidiano, come sua roccia, sua letizia, come scudo e baluardo” (VC 91b). La sua vita si fonda e si alimenta sulla Verità che Dio gli offre continuamente attraverso la sua Parola e le mediazioni che la sua situazione di vita comporta. Egli sa che “la vita fraterna è il luogo privilegiato per discernere e accogliere il volere di Dio e camminare insieme in unione di mente e di cuore” (VC 92a) per compiere la sua volontà.

 

Conclusione

All’apertura dei lavori del Sinodo per la vita consacrata (2 ottobre 1994), il Santo Padre, riferendosi a coloro che hanno seguito questa grande chiamata, sottolineava: “La loro scelta di vita, specialmente mediante la pratica dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, non è che una grande scelta d’amore, si direbbe una sovrabbondanza d’amore”. Allo stesso modo Egli è pieno di fiducia e di speranza nel futuro quando si rivolge direttamente ai religiosi e alle religiose in un messaggio nella parte conclusiva dell’Esortazione post-sinodale: “Voi non avete solo una grandiosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi. Fate della vostra vita un’attesa fervida di Cristo. (…) Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo” (VC 110 a-b). È questo il mio augurio per tutti voi. Sappiate, con la vostra testimonianza di vita, con la vostra gioia, entusiasmare i giovani e le giovani per Cristo, per la Chiesa e la sua missione nel mondo!