N.05
Settembre/Ottobre 2001

Ruolo educativo di un gruppo associativo nella parrocchia

Madre e Maestra! È così, che oggi, nel mio itinerario di formazione al sacerdozio, mi sento di definire la Chiesa; una Chiesa di cui mi sento da sempre e per sempre figlio, perché da questa generato e da questa chiamato. È a lei e per lei, che rendo grazie a Dio, autore di ogni vocazione. Dentro il suo grembo ho ascoltato la voce di Cristo; ho trovato il coraggio di rispondere; mi ha guidato e ha sostenuto la fedeltà di ogni giorno; è stata “via, verità e vita” per permettere a Cristo di realizzare in me il progetto del Padre. Una gratitudine che sgorga da un cuore che ricorda: “Egli lo trovò in una terra deserta, in una landa di ululati solitari. Lo educò, ne ebbe cura, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio. Come aquila che veglia sopra i suoi nati, egli spiegò le sue ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali. Il Signore Dio lo guidò da solo, non c’era con lui alcun dio straniero” (Dt 32, 10-12).

Questa Parola è per me “memoriale” del cammino percorso, aprendomi nel contempo a prospettive sempre più nuove, a scelte sempre più coraggiose da fare, a cammini sempre più impegnativi. Interpreta il bisogno costante e profondo di fare riferimento alla mia comunità cristiana, come il luogo, il tempo e lo spazio, dove la scoperta della mia vocazione e il suo discernimento, hanno trovato il loro naturale, progressivo e graduale accadimento. Trovò… educò… allevò… custodì… prese… sollevò… guidò: ecco i criteri di Dio manifestati dalla e nella comunità per scoprire il progetto divino di ogni uomo, nella storia. È la verità della mia vocazione sacerdotale. Questi verbi, infatti, mi hanno coinvolto totalmente.

 

Trovò

L’amore di Dio è mistero; è mistero racchiuso nelle profondità del suo cuore. Un cuore che per sua natura non può fare a meno di amare. Proprio per questo un Dio – il nostro – “inquieto” d’amore, dal quale sono stato cercato per essere trovato. Ecco, allora, che Dio entra nella storia e nella storia di ogni uomo, per farsi incontrare e rivelare l’Amore che Lui è. Niente sconvolge di più che sentirsi amati. Scoprire che c’è qualcuno che ha riservato per me tutta la sua potenza d’amore. Quest’incontro ha cambiato tutta la vita – il passato, il presente, il futuro – e ne è divenuto il senso: chiamato perché amato, perché lui mi aveva in cuore. È questo suo amore il “perché” della scelta; non altro. Lui stesso, dunque, ama appassionatamente! Forte di questa certezza, la mia comunità cristiana ha seguito trepida i miei passi e le mie scelte, si è fatta “samaritana” della mia vita. Mi ha guardato, mi ha incontrato, si è chinata su di me, di me ha avuto passione d’amore: lei, chiamata, mi ha mostrato e svelato che in Dio, il Vivente, è nascosta l’identità di ogni vivente (cfr. Col 3, 3); dunque anche la mia.

 

Educò… Allevò… Custodì

Ecco il cuore della chiamata, di ogni vocazione: la cura affettuosa con cui Dio circonda il suo amato, lo segue, lo nutre e lo fa crescere, lo fa stare con lui. Non di tanto in tanto, quando capita, quando si è liberi o quando se ne ha bisogno, ma sempre e per sempre. Amare solo lui e fidarsi di lui solo; credere solo a lui; ascoltarlo senza stancarsi, trovare in lui la forza per vivere, il coraggio e la volontà di superare qualunque ostacolo. Di questa educazione se ne è fatta interprete la comunità parrocchiale, in modo particolare il gruppo associativo di cui facevo parte. È qui che ho fatto esperienza della Chiesa. È qui che ho ascoltato per la prima volta, attraverso l’annuncio di una fede condivisa, vissuta e celebrata in una fraternità fondata sulla comunione trinitaria, che Dio ha un progetto per me. Ho capito, così, che amore è prima di tutto sapersi amati. Grazie a questo, mi sono sentito chiamato, mi sono sentito tirato “fuori dalla massa”, ho scoperto il nome nuovo caratterizzato da un senso di pienezza e di gioia, nome che mi ha strappato alla solitudine… e ho saputo di appartenere all’Amore.

 

Prese

Ma l’Amore: cosa è? Amore: chi è? Amore: perché? Amore: come? Amore: fino a quando? Amore: fino a Che punto? Erano queste le domande che quotidianamente cercavano in me la verità e la risposta di tutta quanta un’esistenza. E qui nasce il paradosso. Più desideravo la luce, più vedevo in faccia le mie debolezze e i miei timori. Più cresceva in me il bisogno di rivelazione della mia vocazione, più la realtà diventava mistero. Ecco allora, un sacerdote: il mio parroco, sintesi dell’intera comunità. È stato lui, con la sua presenza e la sua azione a servizio della Chiesa e per la Chiesa, ad attirarmi a Cristo, con quella sollecitudine paterna propria della stessa missione sacerdotale a cui “spetta di curare che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione specifica” (PO 11). Mi ha introdotto e accompagnato nel mistero; mi ha fatto capire che non era importante che io scoprissi subito la strada da seguire: ciò che contava era che io scoprissi e decidessi di collocare la mia ricerca unicamente ed esclusivamente in Dio.

 

Sollevò

Chi e che cosa cercavo non erano fuori e lontano da me, ma in e vicino a me. Nella vita ordinaria della parrocchia, infatti, ho trovato i criteri per decifrare il filo rosso della mia esistenza, trovando le tracce del passaggio di Dio, e dunque della sua voce che mi chiamava. Essa, infatti, ha nel suo profondo un dinamismo vocazionale che appartiene al suo essere ancor prima del suo operare. Come rispondere, dunque, a quella fondamentale domanda che mi ha trafitto il cuore: “Mi ami tu, più di costoro?”. Nel cuore stesso della mia comunità ho trovato la risposta: la proclamazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti, la testimonianza della carità. Di qui l’educazione alla preghiera come valore primario ed essenziale per comprendere la volontà di Dio su di me; una preghiera intensa, costante, fedele. L’educazione alla lectio divina, all’ascolto docile della Parola di Dio, unica lampada capace di illuminare le molteplici situazioni – talora contraddittorie – della mia vita, e seme che ha preparato nel tempo il discernimento e l’accoglienza del dono della vocazione sacerdotale. Culmine e fonte di tutto, però, è stata la liturgia – in modo del tutto unico e speciale, il sacramento dell’Eucaristia adorato e celebrato -, espressione più alta della preghiera della Chiesa che si apre al dono delle chiamate di speciale consacrazione (cfr. Cura pastorale delle vocazioni, n. 19). Essa è stata scuola permanente di intimità con Cristo, durante la quale ci siamo conosciuti ed innamorati, e dove lo stare con lui è entrare in lui per diventare lui. Non conosco altro modo nel quale e per il quale è possibile dire “Sì”, in modo totale, definitivo e per sempre. Tutto questo, ha fatto nascere la bellezza e la fecondità del dono di me ai fratelli attraverso esperienze concrete di servizio, che mi hanno fatto comprendere come il mondo mendichi amore; non un amore qualsiasi, ma l’amore di Dio… l’amore che Dio è. La carità vissuta, testimoniata e celebrata, così, è stata parametro, criterio di valutazione e verifica dell’autenticità del mio sincero desiderio di donarmi totalmente a Dio e ai fratelli.

 

Guidò

Chiamato ed amato personalmente, ho incontrato e conosciuto così, nella mia comunità parrocchiale, la sovrabbondanza dell’Amore. Da questa madre e maestra, dunque, sono stato mandato ad amare, ad uscire da me stesso, a dare senza chiedere, per incontrare l’uomo, ogni uomo, non in base ad una tattica o ad una strategia, ma per irradiazione gioiosa, contagiosa e trasparente dell’incontro con il Vivente. Ecco, allora, che il cammino attraverso un primo discernimento della e con la comunità cristiana stessa, è diventato – attraverso una serie di riconoscimenti e di autoriconoscimenti – un itinerario vocazionale. Un discernimento che mi ha condotto in seminario e, che certo continuerà fino alla maturazione di una decisione definitiva, per tutta la vita, per essere nell’amore e per l’amore, tutto e per sempre Suo.