N.06
Novembre/Dicembre 2001

La comunione dei santi nell’accompagnamento spirituale

Nella breve lettera a Filemone, l’apostolo Paolo così si rivolge all’amico: “Pertanto, benché possa liberamente comandarti in Cristo ciò che devi fare, ti supplico piuttosto in nome dell’amore… per il mio figlio, che ho generato nelle catene, Onesimo… se dunque mi ritieni amico, accoglilo come fossi io stesso” (Filemone 8-10.17)[1]. Potremmo guardare a questa lettera come ad un esempio di accompagnamento spirituale. Di fronte al caso di uno schiavo fuggitivo Paolo offre a Filemone delle indicazioni che possano aiutarlo a fare delle scelte pratiche ispirate dall’amore. Ciò che colpisce in tali indicazioni è che la loro forza persuasiva non è posta nell’autorevolezza dell’apostolo, il quale pure afferma “potrei comandarti in Cristo”; la loro forza persuasiva è invece posta nella comunione dell’amicizia: “Se dunque mi ritieni amico accoglilo come me stesso.”

Questa comunione di amicizia, poi, ha un carattere squisitamente spirituale. Essa, infatti, è fatta dipendere chiaramente dal fatto che tutti i protagonisti della lettera – Paolo, il suo amico Filemone e lo stesso schiavo Onesimo, che è stato battezzato da Paolo in prigione – tutti possono riconoscersi amati da Cristo. In tale prospettiva, dunque, l’essenza della santità appare proprio come una partecipazione alla grazia di Cristo: “affinché la solidarietà della tua fede sia operante in forza di una più piena conoscenza di tutto il bene che si compie tra noi e per il Cristo” (Fm 6). Questa santità, allora, non è tanto un ideale esterno da imitare ed eventualmente da conseguire a fatica, ma piuttosto come una vera “risorsa di amore gratuito” messa a disposizione, alla quale si può attingere per lasciarsi coinvolgere, attrarre, trascinare verso un ideale di vita che è ben al di là delle proprie forze o meriti.

Questo significa che, nell’ambito dell’accompagnamento spirituale, il cammino di crescita non può essere basato soltanto sulla forza dell’autorità o competenza di chi accompagna e nemmeno soltanto sulla buona volontà di chi è accompagnato. Il cammino di crescita si basa piuttosto sulla forza dell’amore e quindi sulla possibilità di attingere alla sorgente di tale amore. Quest’ultima, naturalmente, si ritrova in Dio e nella comunione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Non di meno, proprio perché i santi hanno saputo rendersi particolarmente accoglienti e disponibili a questo amore, essi possono divenire una mediazione preziosa perché ogni credente possa più facilmente penetrare in questo amore e lasciarsi trascinare da esso.

Tutto ciò corrisponde non solo ad una realtà di fede ma anche a quei processi psicologici e psico-sociali che sembrano meglio disporre la natura umana e in particolare la “personalità” del credente ad accogliere in modo stabile e fruttuoso l’amore di Dio. Può essere illuminante fare riferimento a due di questi processi: quello di “identificazione” e quello di “socializzazione”. Per “identificazione” si intende “il processo che consiste nell’accettare l’influenza di un agente o referente sociale, basato sul fatto che la relazione con questo agente sociale (persona o gruppo) permette all’individuo di meglio definire se stesso”[2]. In altre parole, nella ricerca della propria identità e vocazione, normalmente, soprattutto all’inizio di un cammino, il soggetto non sceglie dei valori, per così dire, allo “stato puro”, ma piuttosto si lascia affascinare da delle persone di riferimento che li hanno vissuti e con le quali egli sente di potersi identificare. Questa identificazione con un’altra persona che vive i valori del Vangelo permetterà al soggetto di perseverare nel suo impegno ed, eventualmente, lo sosterrà nel momento in cui si tratterà di pagare il costo inevitabile della fedeltà a quegli stessi valori.

È proprio facendo leva sul fatto che Filemone si identifica pienamente con Paolo che l’apostolo può domandargli di pagare un costo: “se poi ti avesse danneggiato in qualcosa… mettilo sul mio conto… ma non ti dico che devi a me anche te stesso” (Fm 18-19). Il secondo processo cui si è accennato è quello della socializzazione. Per socializzazione si intende “il processo attraverso il quale gli individui sviluppano quelle qualità che sono essenziali per un’efficiente affermazione nella società in cui vivono”[3] in modo tale che le norme siano sempre meglio interiorizzate e sempre meglio armonizzate con i valori condivisi dal gruppo. Ora anche il cristiano diventa membro di una società, nel senso che vive la sua fede in comunione con la Chiesa terrena e con quella celeste. La lettera agli Ebrei invita ad “avvicinarsi alla città celeste” alla “compagnia degli angeli e dei giusti portati a perfezione” (Eb 12,22-23). Il cammino di interiorizzazione dei valori di Cristo, dunque, passa anche attraverso la crescente consapevolezza che questi valori sono valori condivisi e condivisibili, non semplicemente valori individuali ed esauriti nell’esperienza del singolo. S. Ignazio di Loyola, nel libro degli esercizi, al termine della meditazione sui peccati esprime così tale consapevolezza circa il carattere “sociale” dell’esperienza di fede: “Esclamazione d’ammirazione con grande affetto nel riflettere su tutte le creature, su come mi abbiano lasciato in vita e conservato in essa; come gli angeli, pur essendo spada della giustizia divina, mi abbiano sopportato e custodito e pregato per me; come i santi abbiano interceduto e pregato per me…” (EE SS 60)[4].

Dopo aver descritto brevemente il valore spirituale ed anche psicologico e sociale della comunione dei santi resta da definire in termini un po’ più pratici come favorire il riferimento a questa comunione durante l’accompagnamento spirituale. A tale scopo vengono di seguito elencate cinque modalità concrete alle quali naturalmente ciascuno apporterà aggiunte o variazioni a seconda della propria esperienza personale e delle diverse circostanze in cui si trova ad operare.

1) Un primo modo di favorire il riferimento all’esperienza dei santi e la comunione con essi durante l’accompagnamento spirituale e quello naturalmente di incoraggiare la lettura degli scritti e delle biografie. Può tuttavia essere problematico identificarsi con figure appartenenti a contesti storici e culturali molto distanti dal nostro oppure comprendere un linguaggio non più familiare rispetto a quello corrente. Sarà dunque compito dell’accompagnatore trovare dei mezzi per “avvicinare” il più possibile al presente il vissuto ed il messaggio del santo in questione. In tal senso è generalmente più incoraggiante cominciare a conoscere un santo e la sua esperienza a partire da una raccolta di testi selezionati, brevi magari, ma proprio per questo più pregnanti, piuttosto che dalla lettura sistematica degli scritti o da lunghe biografie. Più chiaramente una singola frase oppure un singolo episodio dell’esperienza del santo esprime il valore che si vuole comunicare più facilmente tale frase o episodio possano favorire il processo di identificazione cui si è accennato sopra. Nel caso di persone o gruppi meno esigenti o meno sofisticati si può tentare un esercizio un po’ più libero. Si potrebbe cioè “riscrivere” il testo di un santo nella forma di una lettera. Tale lettera risulterebbe cioè una sorta di collage di frasi scelte. In tale collage il redattore introduce alcuni elementi di collegamento e cambia il soggetto grammaticale del testo, in maniera tale che la lettera appaia come indirizzata personalmente a chi ascolta o legge. L’esercizio, ovviamente, risulta comunque un po’ artificioso e, almeno in parte, arbitrario. Non di meno esso può essere usato occasionalmente come uno stimolo originale attraverso il quale far nascere in chi ascolta il desiderio di accostarsi poi personalmente ai testi originali del santo in questione.

2) Una seconda modalità è quella della lettura ripetuta dei testi dei santi. Tale esercizio è soltanto un approfondimento del precedente ma ha una valore fondamentale. Quei testi, infatti, che meglio comunicano i valori di Cristo, suscitano inevitabilmente, già ad una prima lettura, una reazione di gioiosa adesione, una reazione emotivamente sentita ma non necessariamente duratura. Generalmente è solo ritornando più volte ed in momenti diversi della vita, agli stessi testi che il messaggio in essi contenuto può suscitare una risonanza forse più pacata, ma proprio per questo più profonda e duratura.

3) Una terza modalità che può favorire l’interiorizzazione dei valori di Cristo attraverso la mediazione delle figure dei santi può essere quella del “colloquio” con essi durante la preghiera. Nell’ambito dell’accompagnamento personale, dunque, si potrebbe incoraggiare l’introduzione di un breve colloquio, al termine della preghiera personale, con la figura di un santo. Un colloquio che esprima affidamento alla sua intercessione e la consapevolezza di una profonda amicizia spirituale tra tutti i santi e ciascuno di noi che viviamo il nostro pellegrinaggio terreno. Questa amicizia trova un’eco efficace nella parole che Paolo rivolge a Filemone: “Ma non ti dico che devi a me anche te stesso. Si fratello! Che io possa servirmi di te nel Signore. Ricrea il mio cuore in Cristo. Ti scrivo… sapendo che farai più di quanto chiedo”. (Fm19-21)

4) Una quarta modalità pratica di attingere alla mediazione dei santi durante l’accompagnamento spirituale è quella di offrire schede di lavoro e di riflessione che possano introdurre
contemporaneamente alla conoscenza del santo ed alla sequela di Cristo, del quale il santo stesso manifesta una luce particolare. Tali schede potrebbero contenere spunti di riflessione o domande che partendo da un brano del Vangelo o della Scrittura cercano un aggancio con l’esperienza ed il messaggio del santo e naturalmente con il vissuto attuale di chi la usa e del suo contesto ecclesiale e sociale[5].

5) Un’ultima modalità è quella del pellegrinaggio. Negli anni passati il cardinale Martini ha organizzato vari pellegrinaggi con gruppi di presbiteri della sua diocesi presso i luoghi legati alla vita di alcuni santi significativi. Nell’accompagnamento spirituale che il cardinale stesso offriva a questi gruppi egli cercava di valorizzare tanto il messaggio di questi santi quanto lo stimolo sempre fresco del testo evangelico. Così lo stesso cardinale descrive il tipo di accompagnamento che voleva offrire ai suoi presbiteri parlando di San Francesco di Sales: “La riflessione potrebbe ovviamente essere impostata in diversi modi: specchiarci in Francesco analizzando i suoi scritti… così da capire come concepiva le relazioni pastorali, e meditare sulla sua vita per cogliere come le praticava, come trattava i vescovi, i preti, l’insieme dei fedeli… Un’altra via sarebbe quella di specchiarci nel vangelo, soffermandoci sul modo di rapportarsi di Gesù perché il risorto ci insegna come avvicinare, interessare, rianimare, confortare persone in difficoltà, come rilanciare una comunità dispersa ed affaticata. Preferisco scegliere entrambi le vie senza insistere sull’una o sull’altra: mi servirò un po’ del Vangelo, un po’ del nostro santo e anche di una rilettura sapienziale della nostra esperienza”[6].

Sono varie, dunque, le modalità concrete attraverso le quali attingere a questa sorgente di amore che è l’amicizia dei santi. La finalità ultima di ogni accompagnamento spirituale rimane quella di interiorizzare i valori di Cristo, di maturare, cioè, nella direzione di una sempre maggiore spontaneità nel compimento del bene. Ora in vista di questa interiorizzazione può essere di grande aiuto il ricorso alla compagnia ed intercessione dei santi proprio perché tale ricorso attiva quei processi di identificazione e socializzazione che meglio dispongono la natura umana ad accogliere la grazia di Cristo. Sicuro della comunione con Filemone, Paolo parla a lui come ad un figlio che non è più mosso da obblighi ma, appunto, dalla interiorizzazione dei valori: “Non ho voluto decidere a tua insaputa, affinché la tua opera buona non sia imposta ma spontanea” (v. 14).

 

 

 

 

Note

[1] La traduzione è presa dalla “Bibbia Tabor”, edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 1999.

[2] RULLA L.M., Antropologia della Vocazione Cristiana, Piemme, Casale Monferrato, 1985, p. 334.

[3] BANDURA A., “Socializzazione”, in Dizionario di Psicologia, a cura di WIHELM ARNOLD, HANS JORGEN EYSENCK, RICHARD MEILI; Ed. Paoline, Cinisello Balsamo, 1986, p. 1087.

[4] S. IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi Spirituali, a cura di PIETRO SCHIAVONE, Ed. Paoline, 1988, Cinisello Balsamo, p. 85-6.

[5] L’istituto Edith Stein di Rapallo (Genova) produce questo tipo di schede, adattandole su richiesta ai testi o all’esperienza di santi o fondatori (e-mail istedisi@tin.it).

[6] MARTINI C.M., Sui sentieri della visitazione, Ancora, 1996, p. 20-21.