N.03
Marzo/Aprile 2002

Direzione spirituale e vocazione “sotto la Parola”

Il Seminario di formazione sulla Direzione Spirituale a servizio dell’orientamento vocazionale (il XVII) del Centro Nazionale Vocazioni, è stato caratterizzato dal tema dell’accompagnamento vocazionale “sotto la Parola di Dio”. Centoventi i partecipanti, molto impegnati e attivi sia nei momenti di preghiera che nei lavori di gruppo. Qui il lavoro si è snodato su alcuni casi discussi insieme in cui apparivano alcune dinamiche tipiche del rapporto tra guida e persona in cammino, oppure la mancanza di ascolto in una coppia, o il discernimento vocazionale di giovani volontari.

Il filo che ha unito le relazioni fondamentali è stato l’ascolto. L’ascoltare l’oggettività della Parola prima e più che le proprie interpretazioni (Lucio Cilia); il formarsi all’ascolto da parte della guida spirituale e anche del chiamato (Gabriella Tripani e Nico dal Molin); il fare dell’ascolto della Parola l’inizio di un itinerario che conduce alla risposta piena alla vocazione (Amedeo Cencini). Anche la figura spirituale scelta quest’anno, Sant’Antonio da Padova, teologo, predicatore, maestro di vita spirituale, (Andrea Arvalli) ha dato un contributo alla comprensione del vivere in obbedienza alla Parola, visto il suo cammino vocazionale. Come nelle esperienze precedenti, numerose sono state le indicazioni teologico-spirituali, pastorali e gli orientamenti pedagogici. Nell’introduzione ci siamo posti la domanda circa il senso dello stare sotto la Parola.

 

 

Cosa significa per un credente, per un chiamato, stare “sotto la Parola”?

Il luogo proprio di ogni cammino vocazionale “sotto la Parola” e del suo accompagnamento è senz’altro la Chiesa. Essa è però una comunità di fede, convocata dalla Parola (cfr. Atti degli Apostoli): ogni credente è generato alla fede dall’annuncio del Vangelo e, come spiega Paolo nell’introduzione alla lettera ai Romani (1, 1-7), ciò avviene grazie alla vocazione speciale di alcuni, gli apostoli, che sono servi della Parola. Paolo (vv. 1-2), per vocazione, è servo di Cristo Gesù e apostolo prescelto per annunziare il Vangelo di Dio: c’è un disegno della grazia di Dio (vocazione) che previene ogni scelta umana e si manifesta e realizza attraverso l’annuncio del Vangelo. Come “all’inizio” la Parola potente di Dio aveva dato origine alla creazione, oggi essa chiama alcuni perché diventino i suoi missionari.

Il cuore dell’annuncio (vv. 3-4) è il Figlio di Dio, risuscitato dai morti e costituito Signore della nostra vita e della storia attraverso la potenza dello Spirito di santificazione. Paolo afferma (v. 5) di aver ricevuto la grazia dell’apostolato per ottenere l’obbedienza alla fede: è il miracolo della Parola che converte e trasforma i cuori, le menti e le volontà piegandole al comandamento nuovo. Esso si compie oggi attraverso la missionarietà degli apostoli e di tutti gli altri inviati da loro costituiti. Senza la Parola annunciata non ci sarebbe la fede, né quella preghiera che invoca e ottiene la salvezza (Rm 10, 11-17). Essa è rivolta a tutte le genti senza distinzione tra giudeo e greco, uomo e donna, schiavo e libero… La fede come obbedienza è: ascoltare un altro credente, accogliere e fidarsi della Parola di salvezza, pregare pieni di gratitudine (eucaristia), poi conformare la vita lasciandosi condurre dallo Spirito. È la sintesi di tutta la vita spirituale, ma anche di ogni cammino vocazionale! È questo il punto di incontro tra Parola e Vocazione.

I credenti sono definiti da Paolo (vv. 6-7) chiamati da Gesù Cristo, amati da Dio, santi per vocazione: la Parola suscitando la fede e la sequela personale di Gesù Cristo, fa scoprire a ciascuno la struttura vocazionale di fondo dell’esistenza cristiana e inoltre illumina la fonte della capacità di rispondere nell’essere amati da Dio gratuitamente e per primo. Il cammino di santificazione, cammino vocazionale di tutti, è un dono e un mistero prima che un’opera da compiere. Questo popolo di chiamati, amati e santi, è la Chiesa: una comunione che parte dal Padre e dal Figlio suo e si estende. …Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi, … e la nostra gioia sia perfetta (1Gv 1, 1-4).

Nella comunione, a ciascuno però è data una grazia o carisma particolare secondo la misura voluta da Cristo: (Ef 4, 1-11) alcuni sono apostoli, profeti, evangelisti, pastori e maestri, e il loro compito è rendere idonei i fratelli (“i santi”) a compiere il ministero, cioè la grande missione della Chiesa: portare Cristo al mondo ed edificare il suo Corpo, nell’unità.

 

 

Spiritualità dell’ascolto e della risposta

Se la vocazione di tutti i cristiani è divenire santi e immacolati al cospetto di Dio nella carità, essa si realizzerà solo se ciascuno si lascerà convertire e trasformare dalla Parola di Dio viva e vera. Parafrasando una affermazione che PDV 26 fa riguardo al presbitero, si può dire con certezza che ogni credente è chiamato ad essere ascoltatore, prima che annunciatore. “Per primo deve sviluppare una grande familiarità personale con la Parola di Dio: non gli basta conoscerne l’aspetto linguistico o esegetico, che pure è necessario; gli occorre accostare la Parola con cuore docile e orante, perché essa penetri a fondo nei suoi pensieri e sentimenti e generi in lui una mentalità nuova – ‘il pensiero di Cristo’  (1Cor 2, 16) – in modo che le sue parole, le sue scelte e i suoi atteggiamenti siano sempre più una trasparenza, un annuncio ed una testimonianza del Vangelo”. Solo “rimanendo” nella Parola… diventerà perfetto discepolo del Signore, conoscerà la verità e sarà veramente libero, superando ogni condizionamento contrario od estraneo al Vangelo (Gv 8, 31-32). Egli deve essere il primo “credente” alla Parola, nella piena consapevolezza che le parole del suo ministero non sono “sue”, ma di Colui che lo ha mandato. Di questa Parola egli non è padrone: è servo. Di questa Parola egli non è unico possessore: è debitore nei riguardi del Popolo di Dio. Proprio perché evangelizza e perché possa evangelizzare, come la Chiesa, deve crescere nella coscienza del suo permanente bisogno di essere evangelizzato (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 15).

Il credente, secondo la vocazione ricevuta, è chiamato ad una specifica forma di “diaconia della Parola”, e sarà efficace nel suo apostolato o ministero, a condizione che sia in stato di continuo ascolto e risposta. Ma quali sono gli atteggiamenti che trasformano il chiamato in un servo della Parola?

Il lasciarsi mandare dal Signore e dalla sua Chiesa e non fare il protagonista; l’andare a tutti e non fare selezioni, preferenze, esclusioni, non solo con un annuncio generico, ma con una chiamata personalizzata; il cambiare il modo di pregare e di fare meditazione, portando al centro la lettura meditata e orante della Parola di Dio (lectio divina); il dedicare tempo e studio alla Parola, per convertirsi, per avere il “cuore che arde nel petto” , per condividerla, e solo dopo per predicare o dire la parola ispirata adatta alle situazioni di crisi. Avere un cuore “docile e orante”, non un cuore distratto e disperso dalle preoccupazioni e agitazioni della vita, fossero anche tante altre “diaconie” (Gesù a Marta: Lc 10,40); arrivare alla coerenza tra i criteri evangelici appresi e predicati e le scelte pastorali, relazionali, affettive, economiche, personali e comunitarie. Accogliere la purificazione e la correzione interiore che la Parola provoca, lasciandosi smascherare nei compromessi, nelle scuse, nelle resistenze, nelle pigrizie, nelle compensazioni nascoste. Accettare di non avere un potere sulla Parola, di essere solo segno e strumento dell’unico vero Maestro e fuggire la ricerca del potere, dell’esaltazione personale, dell’accentramento su di sé anche se per motivi “spirituali” o “educativi”; non spadroneggiare sul gregge affidato ma rimanere servi e debitori verso tutti. Confrontarsi con la grande tradizione della Chiesa (i Padri, la Liturgia, l’Oriente, la Tradizione latina) e con il Magistero, per imparare e lasciarsi modellare e non per creare magisteri paralleli personali o di gruppo o di comunità, soprattutto sulle questioni essenziali, ma anche come stile generale. Sviluppare tempi e atteggiamenti di ascolto e silenzio davanti non solo alla Parola, ma anche davanti ai fratelli, sia perché lo Spirito parla anche nelle loro coscienze, sia per annunciare parole appropriate ai problemi, alle ansie, alle lotte che effettivamente stanno vivendo. Rispettare e amare i più piccoli e non dare scandalo con un annuncio e una catechesi che non fa crescere nella comunione con Dio, nella comunione ecclesiale piena, nella rettitudine morale, nella giustizia sociale. Non accontentarsi delle grandi predicazioni e delle catechesi di massa, ma dedicarsi anche all’accompagnamento personalizzato dei singoli e delle coppie; formarsi alle virtù umane della pazienza, dell’attesa, del rispetto dei tempi degli altri fratelli, della libertà dai legami affettivi impelaganti, e però impegnarsi con dedizione, con decisione e con passione per la loro vita cristiana. Non lasciare spegnere, e non soffocare negli altri, lo spirito profetico che, con l’età, le delusioni, i compromessi, le abitudini, i conformismi, i legami con persone, i vincoli economici, le proprie scelte politiche, ecc., corre il rischio di non annunciare più l’eccedenza del Regno rispetto al mondo e di non denunciare i suoi criteri poco evangelici.

“Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l’hai appreso e che fin dall’infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Tm 3, 14-16). “Elemento essenziale della formazione spirituale è la lettura meditata e orante della Parola di Dio (lectio divina), è l’ascolto umile e pieno d’amore di Colui che parla. È, infatti, nella luce e nella forza della Parola di Dio che può essere scoperta, compresa, amata e seguita la propria vocazione e compiuta la propria missione, al punto che l’intera esistenza trova il suo significato unitario e radicale nell’essere il termine della Parola di Dio che chiama l’uomo e il principio della parola dell’uomo che risponde a Dio” (PDV 47).