N.06
Novembre/Dicembre 2002

Caricatevi d’amore

In questo Convegno vi siete riuniti per riflettere sulla promozione delle vocazioni alla vita consacrata. Bisogna in realtà riflettere seriamente sul tema, per non correre in tale vostra attività il rischio di seguire vie sbagliate: seguendo le vie sbagliate si può faticare tanto, ma non si arriva alla meta, non si raggiunge lo scopo; solo correndo sulla via giusta si ottengono i risultati desiderati. Ma anche fra le vie giuste ci sono quelle migliori e quelle peggiori, quelle principali e quelle secondarie.

 

La testimonianza

Per non deviare le vostre riflessioni e la successiva azione principalmente sulle vie laterali, secondarie o addirittura sbagliate, e non avventurarvi nelle illusioni, si deve sempre tenere presente – e di ciò sono profondamente convinto – che, nella prospettiva dell’efficace promozione delle vocazioni alla vita consacrata, fondamentale rimane e sarà sempre la testimonianza di tale vita vissuta in profondità.

Nel Vangelo appena ascoltato (Lc 12,8-12), Gesù attribuisce una grande importanza alla testimonianza che siamo invitati a darGli davanti agli uomini: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio”. Similmente, nella promozione vocazionale alla vita religiosa, l’importanza cruciale è da attribuire alla testimonianza della vita autenticamente consacrata al Signore, testimonianza da dare davanti agli uomini. Anche nel nostro tempo, o forse soprattutto nel nostro tempo, principalmente la consacrazione al Signore, autentica e vissuta nella sua radicalità, è capace di attirare i giovani e far fiorire le vocazioni.

Quindi, soprattutto per le persone consacrate, che intendono essere protagoniste della promozione, la riflessione non può prescindere da un solido esame di coscienza: Quale è la mia realizzazione della chiamata del Signore? Che cosa faccio perché il mio istituto, ossia ciascun suo membro, viva in profondità la propria specifica vocazione? Il luogo privilegiato per un tale esame di coscienza è senza dubbio l’Eucaristia.

 

L’amore

Per un tale esame di coscienza in questa celebrazione eucaristica vorrei proporre un solo elemento, ma indiscutibilmente necessario della vita consacrata: l’amore. Il Concilio Vaticano II collega strettamente la vita secondo i consigli evangelici e la carità, ossia l’amore di Dio e del prossimo. Il decreto conciliare sul rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis (in seguito PC) già nella prima frase indica che l’essenza della vita religiosa è “il raggiungimento della carità perfetta per mezzo dei consigli evangelici” (PC 1a). Un po’ più avanti il medesimo documento esorta: “Coloro che fanno professione dei consigli evangelici, prima di ogni cosa cerchino e amino Dio che per primo ci ha amati […] donde scaturisce e riceve impulso l’amore del prossimo per la salvezza del mondo e l’edificazione della Chiesa” (PC 6a).

Da una parte, come nota la costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (in seguito LG), i consigli evangelici conducono alla carità (LG 44b), aiutano a progredire nella carità (LG 45a), “tengono continuamente acceso il fervore della carità” (LG 46b); d’altra parte, invece, la carità “anima e guida anche la stessa pratica dei consigli evangelici” (PC 6a).

 

La beata sr. Sanzia Szymkowiak

Sono stato postulatore della causa di beatificazione della giovane suora Sanzia Szymkowiak (1910-1942), che era fra le quattro persone dichiarate beate dal santo Padre durante il suo ultimo viaggio apostolico in Polonia (18 agosto 2002). Ciò che mi ha colpito in questa suora era la sua gioiosa tenacia nel progredire nell’amore del Signore e del prossimo. L’amore ardente di Dio e del prossimo era per lei la cosa più affascinante, più desiderata. Con un tale amore, per il quale niente era troppo difficile, niente troppo umiliante, voleva riempire tutta la sua vita e tutte le sue attività.

Come studentessa, prima di cominciare l’esperienza della vita religiosa, si era già distinta per una intensa vita di preghiera e di zelo apostolico, nonché per un forte impegno concreto verso i più poveri e bisognosi. Abbracciando la vita religiosa, ha scritto: “Gesù mi vuole religiosa santa […] non sarà contento di me finché non lo diventerò, oppure non mobiliterò tutte le mie forze per diventare santa. […] Devo diventare santa ad ogni costo”. In un altro luogo ha notato: “Il pensiero che devo diventare santa ad ogni costo deve diventare la mia continua preoccupazione”.

Per lei la santità non era niente altro che la questione dell’amore. In una lettera ha scritto: “Io credo che la santa Volontà di Dio non sia niente altro che amore. Quindi la voglio cercare, solamente per eseguirla”. Ha pertanto pregato: “O buon Gesù, Tu sai, Tu lo sai come desidero amarTi”. Nel suo diario leggiamo: “Mi sforzerò che l’amore e la tenerezza per il Divino Sposo animino tutto in me: i miei pensieri, parole, azioni, che penetrino ogni mia opera. […] I santi sono le anime che sempre dimenticano sé e si perdono in Colui che amano”. Ha definito la propria vocazione: “amare l’Amore e far sì che l’Amore sia amato”.

Illuminata da Colui che ha amato, ha capito bene che il naturale e necessario alleato e componente dell’amore è l’umiltà, invece il più grande nemico la superbia e l’egoismo. Quindi ha deciso: “La strada che devo seguire e che è la più giusta è l’umiltà. Devo dare battaglia all’amor proprio, a quel nemico che porto in me”. Altrove ha notato: “Se cadrò, diligentemente cercherò di evitare lo scoraggiamento. Dio lo farà affinché io mi umili ancor di più e mi doni all’amore. Dopo la caduta un atto di profonda umiltà. Poi comincerò di nuovo sorridente”. Ha desiderato le umiliazioni, le sopportava tranquillamente in quanto le permettevano di crescere nella carità. Sempre si metteva in ombra, non voleva attirare attenzione su di sé anche nella grave malattia. Nel diario scrisse: “Bisogna permettere che ci trattino come peggiori. […] Dio è tutto e io niente”.

Non erano solo parole, ma un impegno d’amore umile e, nello stesso tempo, deciso, gioioso e costante di ogni giorno. Durante la guerra, ha dato praticamente la vita per i prigionieri francesi ed inglesi. Non approfittò del permesso di poter tornare a casa, ma rimase per venire loro in aiuto, sottoponendosi al duro e forzato lavoro imposto dalle truppe tedesche che avevano occupato la casa. Ciò le è costato la tubercolosi e la morte. Questi prigionieri la chiamavano “il nostro angelo”, “santa Sanzia”. Hanno baciato le mani della morta. Dicevano: “È morta una santa”. Prima di morire, suor Sanzia ha detto alle consorelle: “Affidate i vostri problemi a me, e io li presenterò al Signore, perché muoio d’amore, e l’Amore all’amore non può rifiutare niente”. Sì, lei ha raccolto tutto nella categoria dell’amore, dell’amore che non conosceva compromessi.

Il santo Padre esclamò durante l’omelia: “Mi rivolgo a tutte le religiose e le persone consacrate. La beata Sanzia sia il vostro esempio, la vostra patrona”. Carissimi, cercate di raggiungere “la carità perfetta per mezzo dei consigli evangelici”, e allora sì che la vostra vita sarà una autentica promozione delle vocazioni.

 

Eucaristia, scuola dell’amore 

La beata Sanzia alimentava il suo amore nell’Eucaristia. Prima di entrare in un istituto religioso, partecipava ogni giorno alla messa e alla santa Comunione. Nel diario ha scritto: “Devo condurre la mia vita pienamente davanti al Tabernacolo. Sempre più numerose siano le mie invocazioni al Santissimo Sacramento, e molto più amore sia nelle mie visite eucaristiche e durante la santa Comunione”. In una lettera ha informato la Superiora del convento che doveva lasciare: “Avendo timore della mia debolezza e desiderando sempre la più piena unione con il Signore, rinnovavo i voti ogni mattina al Santissimo Cuore Eucaristico di Gesù e lo farò per tutta la mia vita”. Non ci può essere una vita consacrata autentica senza un ardente desiderio ed un serio impegno nel crescere nella carità.

E dove possiamo meglio imparare e caricare i nostri cuori della carità se non nell’Eucaristia? In essa è stato perpetuato, ossia diventa realmente presente ed efficacemente operante in mezzo a noi la più grande manifestazione dell’immenso amore di Dio, ossia il sacrificio della Croce. Celebrando la Santa Messa, ci poniamo, in un certo senso, sotto la Croce di Cristo – ripeto, realmente presente ed efficacemente operante in mezzo a noi – per essere toccati ed arricchiti da questa pienezza dell’Amore.

Da questo sacrificio di Cristo attingiamo la grazia, il perdono, la luce, la forza, tutto. D’altra parte, l’Eucaristia ci nutre anche per poter condividere l’amore con gli altri. In realtà, non è possibile vivere seriamente l’Eucaristia non sperimentando l’immenso Amore di Dio e non sentendosi spinti a testimoniarlo nella propria vita. Niente di strano, quindi, se il Codice di Diritto Canonico esige che l’Eucaristia sia “veramente il centro” di ogni casa religiosa (can. 608). Non ci può essere, infatti, scuola più forte e più impegnativa dell’amore che l’Eucaristia, vissuta seriamente con cuore aperto.

 

Conclusione

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, richiamando il Concilio Vaticano II, afferma: “L’Eucaristia è fonte e apice di tutta la vita cristiana. Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati” (n. 1324).

Carissimi, mai l’Eucaristia sia per voi una questione abitudinaria. Fate dell’Eucaristia veramente “fonte e culmine” di tutta la vostra vita e di tutto il vostro impegno; “fonte e culmine” di ogni giorno; la più grande manifestazione dell’Amore divino, realmente presente nell’Eucaristia, sia per voi anche un luogo dell’esame di coscienza sul vostro amore, sulla vostra consacrazione, e allora certamente crescerete nella carità autentica, e il vostro impegno vocazionale sarà genuino nel suo nucleo fondamentale, capace di portare frutti.