N.01
Gennaio/Febbraio 2004

Come far emergere il volto vocazionale della Parrocchia?

La Chiesa, convocazione di chiamati in quanto “popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”[1], si realizza storicamente e concretamente dove la comunità cristiana opera e vive, ossia nelle singole parrocchie. “La parrocchia è l’espressione più immediata e visibile della comunione ecclesiale… In un certo senso è la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie. Nella parrocchia si fa presente e operante il ‘mistero’ stesso della Chiesa”[2]. È quindi punto essenziale di riferimento. È la prima comunità ecclesiale e, dopo la famiglia, è la prima scuola della fede, della preghiera, è il campo della carità ecclesiale, la sede primaria della catechesi, il terreno fertile per la maturazione vocazionale di ogni persona. La parrocchia, quindi, può essere considerata il luogo ideale dove ogni battezzato può fare esperienza di Chiesa e strumento attraverso cui la chiamata di Dio si rende palpabile e sperimentabile. Parrocchia e vocazione costituiscono perciò un binomio inscindibile. La comunità parrocchiale “è luogo privilegiato di annuncio vocazionale e comunità mediatrice di chiamate attraverso ciò che ha di più originale e caratterizzante: la proclamazione della Parola che chiama, la celebrazione dei segni della salvezza che comunica la vita, la testimonianza della carità e il servizio ministeriale. L’annuncio vocazionale deve dunque innervare tutte le espressioni della sua vita. Nella pastorale ordinaria di una comunità parrocchiale, la dimensione vocazionale non è dunque un ‘qualcosa in più da fare’ ma è l’anima stessa di tutto il servizio di evangelizzazione che essa esprime”[3]. Oggi più che mai, è però necessario che tutta la comunità parrocchiale, cui appartiene il dovere di dare incremento alle vocazioni[4], ripensi seriamente il proprio modo di essere Chiesa e di impostare la pastorale.

Le vocazioni non nascono dal nulla, ma crescono e sbocciano dal terreno fertile di una comunità che si pone interamente alla sequela Christi, vivendo la dimensione comunionale e ponendosi in ascolto di Dio che chiama, che rende capaci di discernere e decifrare i segni della chiamata e rende disponibili a lasciarsi raggiungere e afferrare dalla proposta del dono totale di sé. In particolare, affinché la parrocchia possa mostrare questo suo volto vocazionale ed essere realmente suscitatrice e sostenitrice della pluralità delle vocazioni, deve diventare sempre più una comunità fraterna, orante, evangelizzatrice, testimone, ministeriale, missionaria.

 

Comunità fraterna

La parrocchia non può essere ridotta al solo culto o limitarsi ad essere centro di attività o servizi. È necessario che viva sempre più la sua identità di comunità, il suo essere “famiglia di Dio”, privilegiando l’accoglienza, l’attenzione alle persone, lo spirito di fraternità, le relazioni interpersonali, il senso dell’appartenenza, l’esperienza della partecipazione e della collaborazione, così che ogni persona possa sentirsi accolta, conosciuta per nome, amata e scoprire il proprio volto e la propria vocazione. “Se ogni vocazione nella Chiesa, è dono da vivere per gli altri, come servizio di carità nella libertà, allora è anche un dono da vivere con gli altri. Dunque lo si scopre soltanto vivendo in fraternità. La fraternità ecclesiale non è solo virtù comportamentale, ma itinerario vocazionale”[5].

 

Comunità orante

La preghiera è il cardine di tutta la pastorale vocazionale. “Le vocazioni sono il dono inestimabile di Dio ad una comunità che prega”[6]. Pregare è superare l’efficientismo e l’attivismo per aprirsi al Signore, alla sua volontà, è fidarsi di Lui, appoggiarsi a Lui. “È solo nell’ascolto di Dio che il credente può giungere a scoprire il progetto che Dio stesso ha pensato: nel mistero contemplato il credente scopre la propria identità, ‘nascosta con Cristo in Dio’ (Col 3,3). E ancora è solo la preghiera che può attivare quegli atteggiamenti di fiducia e di abbandono che sono indispensabili per pronunciare il proprio ‘sì’ e superare paure e incertezze. Ogni vocazione nasce dall’in-vocazione[7] perché solo ascoltando e incontrando Dio “a faccia a faccia” l’uomo può scoprire la verità su se stesso e sul progetto di vita che Egli ha su di noi.

 

Comunità evangelizzatrice

La pastorale deve dare il primato all’evangelizzazione, ossia deve puntare a far conoscere Cristo, deve motivare e animare le persone a lasciarsi illuminare e interpellare da Lui, orientando verso l’incontro con Lui e verso un’adesione sempre più convinta al senso di vita che Egli rivela. La vocazione è sequela di Gesù Cristo. La pastorale, allora, deve portare alla relazione personale con Lui affinché ogni persona trovi in Lui il centro unificatore della propria vita, conformandosi a Lui.

 

Comunità testimone

“L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”[8]. La proposta vocazionale è veramente forte quando è invito a “vedere” e quando realmente fa “vedere” ciò che propone. “Una Chiesa comunità di testimoni è l’habitat necessario per la fecondità vocazionale. Oggi, in modo particolare, ad attirare i giovani non è lo status o il ruolo di una vocazione di speciale consacrazione: essi seguono e scelgono ciò che è più significativo per la loro esistenza personale. Essi hanno un sesto senso nel riconoscere i profeti e i testimoni, che siano punto di riferimento per una vita spesa tutta per Dio”[9].

La comunità parrocchiale deve, perciò, essere una comunità spiritualmente viva, che si preoccupa soprattutto di educare alla fede e di generare una cultura vocazionale attraverso una pastorale organica e unitaria, in quanto una scelta vocazionale non matura attraverso esperienze episodiche di fede, ma attraverso un paziente e programmato cammino spirituale: “La crisi vocazionale è certamente anche crisi di proposta pedagogica e di cammino educativo”[10]. “L’itinerario catechistico, liturgico, caritativo e ministeriale resta nella comunità cristiana la fondamentale ed essenziale proposta educativa alla fede e alla vocazione di ogni battezzato”[11] ed è in questo itinerario che si devono formulare dei progetti vocazionali concreti.

Infatti, in una società complessa e in continua evoluzione come la nostra, che non favorisce la maturazione e l’assunzione di responsabilità da parte delle giovani generazioni, è più che mai essenziale che la Pastorale, e quindi anche la Pastorale Vocazionale, assuma sempre più una funzione formativa, passando dall’organizzazione di iniziative sporadiche e spesso scollegate tra loro, alla formulazione di veri e propri progetti vocazionali, articolati per destinatari, con itinerari di fede e di vita spirituale che favoriscano la maturazione umana e cristiana, l’assunzione di impegni seri e duraturi e, quindi, anche la risposta vocazionale.

Proprio perché tutti i membri della Chiesa hanno la responsabilità della cura delle vocazioni e l’animazione vocazionale deve divenire sempre più azione corale[12], compito di formulare tali progetti spetta ad una équipe vocazionale, di cui devono far parte non solo i rappresentanti di tutte le categorie vocazionali, ma anche di tutte le realtà presenti in parrocchia (gruppi, movimenti, associazioni…). Inoltre, affinché tali progetti abbiano una reale incidenza è necessario che ne siano rispettate le varie fasi di elaborazione:

– Analisi della situazione, ossia conoscere quanto già si fa, di quanti educatori si dispone, conoscere i destinatali: il loro modo di vivere, di agire, problemi, interrogativi, domande…

– Definizione degli obiettivi, ossia dei traguardi formativi che si vogliono raggiungere.

– Definizione degli itinerari che si vogliono percorrere: contenuti, mezzi, strumenti, metodi…

– Verifica, ossia considerare se gli obiettivi sono stati raggiunti, valutare le difficoltà incontrate e decidere le eventuali modifiche da apportare al progetto.

Proponiamo le tracce di due progetti vocazionali, uno che ha per destinatari preadolescenti e adolescenti e l’altro che ha per destinatari i giovani. In questi progetti, il raggiungimento dell’obiettivo generale avviene attraverso l’attenzione a quattro precise aree, che si riferiscono ai passaggi di crescita che è necessario compiere per giungere alla pienezza dell’umanità e della fede. Si parte dalla vita come dono da accogliere, per passare alla vita che viene perfezionata e arricchita nell’incontro con Cristo, alla vita che viene condivisa e testimoniata in comunione nella Chiesa, per giungere alla vita come impegno: la vita che per essere pienamente tale deve essere donata in oblatività per gli altri. La dimensione vocazionale è presente in ciascuna area: vocazione alla vita, come chiamata alla maturità umana e religiosa (I area); vocazione cristiana come appello alla vita in Cristo (II area); vocazione nella Chiesa, come comunione di vita e di missione (III area); vocazione per il Regno di Dio, come chiamata ad impegnarsi nella specificità dei carismi e dei ministeri, e nelle diverse forme di servizio (IV area). Ogni area è caratterizzata da un obiettivo specifico ed è volta a suscitare atteggiamenti di vita concreti nei destinatari.

Si tratta, comunque, di semplici linee guida da concretizzare, specificando contenuti, scegliendo i mezzi da privilegiare, gli strumenti e i metodi, in base al proprio specifico contesto parrocchiale e ai risultati dell’analisi della situazione.

          

1° PROGETTO                 

DESTINATARI: preadolescenti adolescenti

OBIETTIVO GENERALE: Condurre all’amicizia con Cristo, attraverso la scoperta della propria identità e la valorizzazione delle proprie qualità.

 

I AREA: identità umana vocazione alla vita 

Obiettivo specifico: Conoscenza di sé attraverso la scoperta dei propri desideri da realizzare e delle qualità da porre a servizio degli altri.

Atteggiamenti: Capacità di meraviglia, di riconoscenza e di risposta.

 

II AREA: adesione a cristo vocazione cristiana

Obiettivo specifico: Scoperta dell’amicizia di Dio, che s’incontra nell’Eucaristia e nella Riconciliazione, attraverso dei modelli concreti: i santi.

Atteggiamenti: Capacità di dialogo.

 

III AREA: appartenenza alla chiesa vocazione nella chiesa

Obiettivo specifico: Passare dall’esperienza della vita di gruppo all’esperienza della Chiesa come luogo di amicizia, di comunione, di impegno. 

Atteggiamenti: Capacità di incontrare gli altri da amici, di cooperare.

 

IV AREA: vocazione impegno vocazionale per il regno di dio

Obiettivo specifico: Scoprirsi come chiamati alla vita come un nome personale e impegnarsi a vivere nella logica del dono.

Atteggiamenti: Capacità di donare e di donarsi, servizio nelle piccole cose.

 

 

2° PROGETTO                

DESTINATARI: giovani

OBIETTIVO GENERALE: Aiutare i giovani a diventare adulti in Cristo, operando scelte concrete di vita.

 

I AREA: identità umana – vocazione alla vita

Obiettivi specifici: Accettazione di sé – Equilibrio affettivo – Capacità di relazioni mature – Saper assumere responsabilità – Essere fedeli agli impegni assunti – Unificazione della personalità.

 

II AREA: adesione a cristo vocazione cristiana

Obiettivi specifici: Incontro personale e personalizzante con Cristo come Colui che interpella; come Maestro, modello e Signore, come Parola e Pane.

 

III AREA: appartenenza alla chiesa vocazione nella chiesa

Obiettivi specifici: Sentirsi parte della Chiesa – Fare esperienza di Chiesa vivendo la vita parrocchiale – Vivere la vita sacramentale.

 

IV AREA: vocazione vocazione per il regno di dio

Obiettivi specifici: Assumere impegni stabili in parrocchia – Fare esperienze concrete di servizio – Fare esperienze di volontariato – Discernimento sulla propria vita.

 

 

1° – 2° PROGETTO

(elementi in comune)

MEZZI: Catechesi – Vita sacramentale e Liturgica – Preghiera – Adorazione Eucaristica – Lectio divina -Direzione spirituale – Accompagnamento spirituale.

ATTIVITÀ: Incontri vocazionali sistematici – Celebrazione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni – Settimana Vocazionale Parrocchiale – Week-end vocazionali – Campi vocazionali – Esercizi spirituali.

Nei giovani c’è un’attesa di proposte profonde, impegnative, radicali. Essi avvertono che la loro vita è spesso raggiunta da proposte ingannevoli e deludenti, ma non sentono la voce forte e convincente di altre proposte. “La crisi vocazionale dei chiamati è anche crisi, oggi, dei chiamanti, a volte latitanti e poco coraggiosi. Se non c’è nessuno che chiama, come potrebbe esserci chi risponde?”[13].

Ognuno di noi, allora, senta rivolte personalmente a sé le parole del Papa Giovanni Paolo II: “Vi esorto perciò a rendere attuali per il mondo d’oggi gli appelli del Salvatore, passando da una pastorale d’attesa ad una pastorale di proposta. Questo vale non solo per i sacerdoti in cura d’anime, per le persone consacrate e per i responsabili delle vocazioni a ogni livello; ma ha valore anche per i genitori, i catechisti e gli altri educatori della fede. Ogni comunità ha questa certezza: il Signore non cessa di chiamare! Ma ha anche un’altra certezza: egli vuole avere bisogno di noi per far giungere le sue chiamate”[14].

 

 

Note

[1] S. Cipriano, De Oratione Dominica 23: PL 4, 553.

[2]  Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 26.

[3] CEI, Vocazioni nella Chiesa italiana. Piano pastorale per le vocazioni, 1985, 26.

[4]  Concilio Ecumenico Vaticano II, Optatam totius, 2.

[5] Pontificia Opera per le Vocazioni Ecclesiastiche, Nuove vocazioni per una nuova Europa (NVNE), 27b.

[6] Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXIII GMPV 1986, 4.

[7] NVNE, 27a.

[8] Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 41.

[9] CEI, Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrate nella comunità cristiana. Orientamenti emessi dai lavori della 46a Assemblea generale — 17/21 maggio 1999, 13.

[10] NVNE, 30.

[11] Castellani I., La pastorale delle vocazioni. Proposta di itinerari vocazionali nella comunità cristiana, Milano 1997, 16.

[12] Cfr. NVNE, 13c.

[13] NVNE, 19d.

[14] Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXIII GMPV 1986, 4.