N.04
Luglio/Agosto 2004

Cosa fa scattare la scelta. La testimonianza di un seminarista, un religioso/a

 

 

PRIMA TESTIMONIANZA

di Giuseppe Trentadue, Seminarista di V anno presso il Seminario Regionale Pugliese di Molfetta

 

Parlare della propria vocazione è indubbiamente compito arduo, dal momento che non è facile descrivere in poche righe la bellezza e la complessità di un progetto che ci vede crescere quotidianamente alla luce del Signore che chiama continuamente nuovi operai per il suo Regno. Ma è forse la semplicità la nota caratteristica di ogni chiamata e perciò queste poche parole che fanno da eco ad una storia di incontro, riconoscimento e risposta, quale è appunto ogni vocazione, lasceranno almeno trasparire la gioia dell’aver incontrato il Risorto che domanda: “Chi cerchi?”.

La mia storia, così come quella di ogni altro cammino di sequela all’ombra della croce, riesco ad immaginarla come un dipinto che ogni giorno riceve nuova luce e colore dagli avvenimenti e dalle persone, dai volti e dai gesti che il Signore mi permette di vivere e incontrare nella più bella e serena quotidianità. Il momento della scelta diviene quel tocco dai toni più forti, ciò che lascia il segno e resta impresso nella mente e nel cuore per sempre: in particolare, nella mia storia vocazionale, ciò che mi ha permesso di vivere con “coraggio quasi inconsapevole” i momenti di scelta è stata indubbiamente la testimonianza di vita e di fede di coloro che mi sono stati sempre vicini. Incontrare testimoni autentici e autorevoli durante il proprio cammino e soprattutto nelle soste causate dalla stanchezza o dall’insicurezza, è stato motivo di gioia e speranza: ho potuto sperimentare la vicinanza di un Dio che si fa incontrare nei volti che da sempre hai conosciuto ma che ogni giorno sanno donarti un motivo in più per crescere e decidere per la vita.

“Il mondo ha bisogno più di testimoni che di maestri”, affermava felicemente Paolo VI: in particolare in questo periodo storico in cui sembra che si sia smarrita la bellezza della propria autentica realizzazione, queste parole risuonano come un monito ed un invito per dare nuovo vigore alla speranza di fiducia, di fede e di autenticità.

Dalla famiglia alla parrocchia, dal movimento di Azione Cattolica alla realtà dei gruppi di discernimento ed in particolare alla comunità del seminario che mi ha formato e fatto crescere come uomo e come cristiano, l’azione silenziosa del Signore ha percorso e incrociato le strade della mia giovane vita donandomi piccoli segni che oggi riesco a decifrare in tutta la loro “profonda e stupenda semplicità”.

Un altro elemento che, sin dall’inizio, mi ha permesso di cogliere l’importanza di una scelta che avrebbe potuto assumere le caratteristiche della definitività è stata la riscoperta dell’ordinarietà: nel mio cammino di discernimento ho cercato e cerco di vivere costantemente il passaggio dalla “straordinarietà” alla “ordinarietà”, senza mai dimenticare l’importanza del sentirsi ogni giorno “pensati da Dio”, per poter vivere al meglio anche quei momenti di quotidianità che a volte rischiano di far perdere luminosità allo splendore dell’entusiasmo vocazionale. E tutto ciò mi ha consentito di valorizzare ogni momento vissuto, soprattutto durante il cammino del seminario, e riscoprire quella logica della perenne incarnazione che è sicuramente l’anima e l’opportunità del cristianesimo vissuto secondo il vangelo.

E in questi anni ancora molti altri sono stati i segni che mi hanno aiutato nei momenti in cui sono stato chiamato a decidere. In particolare desidero sottolineare due aspetti: innanzitutto la passione e l’amore per la Chiesa di cui dobbiamo sentirci sempre più membra vive e attive. Nel mio cammino ho sentito crescere, anche e soprattutto grazie all’aiuto dei formatori, la consapevolezza del “non camminare da solo”, ma del procedere accanto a coloro che condividono con me e con tanti miei amici l’opportunità che il Signore ci offre della nostra vocazione. Il pensare ad una Chiesa “estroversa”, non efficiente ma efficace, perennemente in dialogo con le domande dei giovani, senza la pretesa di dare risposte, ma solo con la consapevolezza di essere testimonianza viva, ed inserire in questa visione la mia vocazione è stata un’esperienza che mi ha arricchito e continua a guidarmi e sostenermi. È riscoprendo l’ecclesialità della vocazione, come valorizzazione e cooperazione dei carismi e dei ministeri, che sarà possibile offrire a coloro che sono lontani un’immagine di Chiesa capace di far sentire il suo respiro sin dove i rumori del mondo sembrano più assordanti.

Inoltre, un altro elemento che mi aiuta costantemente è la capacità di “fare memoria” di quanto il Signore, attraverso il suo Spirito, mi ha donato e continua a donarmi. Come nella Scrittura il ricordare è uno dei temi che ricorre più spesso, così nella mia vita ho imparato a fare memoria, a valorizzare ogni momento vissuto e a ricordare ogni volto incontrato: è questo forse un buon metodo per comprendere e riconoscere i prodigi che Dio ha compiuto, sta compiendo e compirà in noi. La “scelta per sempre” diventerà allora “sempre per scelta”, dal momento che saremo chiamati a vivere ogni giorno decidendo quotidianamente in vista del bene con un occhio rivolto alla speranza, che è forse la grande assente tra le nuove generazioni.

Queste sono le opportunità che colgo continuamente nel mio cammino e che credo siano comuni alle esperienze di molti miei coetanei che vivono, ciascuno nella specificità della propria chiamata, la bella avventura della vocazione.

 

 

 

SECONDA TESTIMONIANZA

di Onofrio Antonio Farinola, Ofmcap

 

Parlare di sé, e ancor di più della propria vocazione, non lo si può fare con due semplici parole. Direi che è un mistero. È un mistero che deriva dal Mistero: Gesù Cristo. È un mistero la sua Incarnazione, è un mistero la sua stessa vita ordinaria, è un mistero la sua morte in croce, la sua Risurrezione. Dal Mistero può derivare solo un altro mistero. L’uomo stesso è un mistero. Come mistero è appunto la sua vocazione. 

San Pio da Pietrelcina definiva se stesso un mistero, non comprendendo a fondo quei segni sul suo corpo e perché proprio a lui. 

Ma il mistero dell’uomo e della sua particolare vocazione si manifesta nella esperienza di vita che è chiamato a vivere nella concretezza. Tra l’altro l’Incarnazione del Signore si è manifestata per mezzo di un avvenimento strettamente umano, quale è il parto. Il mistero della vita di Gesù si è espresso nella esperienza presso la bottega di falegname. E via dicendo. È la stessa cosa per la vita dell’uomo, e per la sua chiamata.

La mia vocazione, infatti, l’ho potuta comprendere attraverso l’esperienza di vita, sin dalla mia fanciullezza. Un fattore importante che mi ha fatto comprendere il cammino da seguire consiste nei segni. Cogliere i segni che contraddistinguono la propria vita, è stato una costante nel mio cammino. Riferendomi ai segni faccio appello alle esperienze concrete di vita.

Anzitutto l’esperienza di vita familiare. È la famiglia il luogo principale, o se vogliamo il “luogo teologico” dove il Signore si è manifestato. Molto mi ha condizionato la situazione in cui, negli anni della fanciullezza, veniva a trovarsi la mia famiglia. Nel bene e nel male ho saputo cogliere quei segni che mi hanno pian piano, e con non poca fatica, portato a comprendere quale strada seguire.

Se il segno della famiglia è stato fondamentale per il mio discernimento, altrettanto lo è stato quello della parrocchia. È stato il secondo “luogo teologico” della presenza di Dio. Sin dalla mia fanciullezza la parrocchia è stata un fermo punto di riferimento. Ruoli importanti nella mia formazione in parrocchia li hanno svolti persone e situazioni: l’amicizia con il parroco, la catechesi iniziale, l’incontro con gli amici, le attività parrocchiali, il servizio liturgico come ministrante.

Successivamente oltre alle esperienze intermedie, nel periodo adolescenziale, un altro segno mi ha addirittura portato ad una maggiore comprensione della scelta da compiere. È stato l’esemplarità di vita di un testimone del nostro tempo: don Tonino Bello, vescovo della mia diocesi di appartenenza. È stato soprattutto il suo stile di vita, se vogliamo francescano, la sua profonda “umanità cristiana”, e l’appartenenza all’Ordine Francescano Secolare, che mi hanno permesso di riflettere sulla mia vocazione. Avevo già da qualche tempo intrapreso il cammino formativo nel seminario diocesano. Subito la crisi. Una crisi dovuta ad un’espressione di per sé positiva. Una crisi che mi ha accompagnato per più di qualche anno: Quale è la strada giusta: il seminario o la vita religiosa? Una crisi che mi ha condotto ad una scelta: la vita religiosa.

A cosa può servire la crisi, in campo vocazionale, se non per passare da una condizione ad una migliore? Che ruolo può avere la crisi nel cammino vocazionale, se non quello di permettere all’uomo di comprendere meglio il suo itinerario di vita? La crisi è una sfida a migliorare, che invita a scegliere la parte migliore. Nella crisi due elementi hanno permesso a me di comprendere e di scegliere: la Parola di Dio e la direzione spirituale. Due elementi tra loro ben compaginati, intrecciati. Non ci può essere piena o adeguata comprensione della Parola se non vi è un serio accompagnamento, se non si è guidati. E non si può fondare un accompagnamento spirituale se alla base non c’è la Parola di Dio. È questo intreccio che mi ha permesso di discernere, di scegliere bene.

Nel mio cammino di vita religiosa diversi sono stati i momenti di crisi. Ma a differenza di quella crisi che ti porta a scegliere, gli altri momenti successivi di crisi consistono in un perfezionamento. Crisi per lo più di natura spirituale. Crisi che portano alla riflessione sull’attuale stato di vita, crisi che chiariscono il punto della situazione: A che punto sono? Coma va il mio cammino? In cosa devo migliorare ancora?

In questi momenti di crisi due sono ancora le direzioni da seguire: l’accostamento più profondo alla Parola di Dio e la direzione spirituale. Esperienze di vita, la famiglia, la parrocchia, l’accostamento alla Parola, la direzione spirituale, gli esempi di vita che affascinano e che diventano modelli, sono gli elementi che mi hanno portato ad una scelta di vita. Sono, credo, elementi a cui bisogna puntare perché un giovane oggi possa trovare il campo adatto per riflettere sulla sua vita e discernere.

Oggi c’è bisogno di valorizzare determinati ruoli o situazioni che permettono a tutti, giovani in particolare, di capire. Il disagio familiare (divorzi, separazioni…), la crisi di valori, la mancanza di figure esemplari, la crisi sociale, la frammentazione culturale, sono questi i problemi che possono non incoraggiare il giovane di oggi a scegliere e a capire la sua vocazione.

La Chiesa ha intrapreso l’arduo compito di restituire i valori ad ogni componente sociale, culturale ed ecclesiale, perché tutto sia secondo il disegno di Dio, tutto doni all’uomo l’armonia interiore, tutto orienti l’uomo a vivere in pienezza la sua dimensione umana e spirituale.

E su questa strada è bene che si continui: sulla valorizzazione e sulla formazione di ogni componente che forma la società, la cultura e la Chiesa.

 

 

 

TERZA TESTIMONIANZA

di Raffaella, Suora Alcantarina

 

Il mio nome è Raffaella sono originaria di Scafati, un paese nella provincia di Salerno. Sono suora alcantarina da circa due anni e vivo in una nostra fraternità della Puglia . La mia esperienza nasce da un vissuto familiare in cui è presente la figura di una zia che è suora missionaria ed ha vissuto più di quarant’anni nello stato del Congo. Inoltre la presenza dello scoutismo è stato un elemento piuttosto significativo che mi ha portato ad avere un contatto più concreto e reale con diverse realtà nelle quali ho avuto la possibilità di sperimentare il mio cuore e scoprirne il desiderio. È stato, il mio, come un percorso fatto di tappe, di incontri con volti, storie che poco alla volta mi hanno condotto fino ad una scelta concreta, ma ciò è stato possibile perché la fede che mi è stata trasmessa mi ha permesso di dare significato ad ogni azione e incontro che facevo, che piano piano prendevano il volto di Gesù Cristo; sperimentando sulla mia vita la forza di un Amore Grande, hanno dato pienezza alla mia vita fino a decidere di “restituire a pieno cuore tutto ciò che stavo ricevendo… era troppo tenerlo tutto dentro”. Certo non è stato facile, forse inizialmente è nata un po’ come una “scommessa”: solo il tempo, il desiderio e l’entusiasmo ne hanno verificato la veridicità .

Adesso a distanza di alcuni anni di vita religiosa credo di poter dire che è vero: la scelta iniziale e decisiva per la vita non è facile soprattutto se, come la nostra, va contro corrente, ma è ancora più vero che le scelte dopo diventano quotidiane in un vissuto di vita concreta; per la mia esperienza è come vivere il passaggio da un innamoramento pieno di entusiasmo e di euforia al vivere dentro un amore fatto di concretezza di gesti quotidiani, spesso anche di contraddizioni; e forse è proprio in quei momenti, in cui diventa più difficile riscegliere, che possiamo essere più certi che stiamo vivendo una vita evangelica.

Il mondo in cui viviamo è certamente un luogo in cui le proposte che vengono fatte sono molto forti e molto stimolanti ma non portano a nulla di definitivo, piuttosto sono piene di comodità, senza troppa preoccupazione per quello che ha veramente valore. Ecco perché è diventata un’esigenza forte proporre ai nostri giovani percorsi concreti in cui possano sporcarsi le mani per poter sperimentare le loro potenzialità e i loro limiti e riempire di significato ciò che stanno vivendo. Ma è anche vero che tutto questo non può accadere senza la presenza altrettanto forte di testimoni credibili che con la loro vita e con la loro passione siano capaci di coinvolgerli, provocarli e stimolarli. È importante oggi avere la possibilità di un vissuto concreto… le aspettative sono alte perciò gli stimoli devono essere altrettanto alti.

Lo stesso Francesco nella sua esperienza è stato a contatto con i lebbrosi per questo stesso motivo, e il suo dire che il nostro chiostro è il mondo intendeva proprio questo suo stare tra la gente, con la gente, rimanendo ancorato alla madre Chiesa. La vocazione al sacerdozio è rispondere con adesione a quel desiderio che ci si porta dentro al cuore e la vocazione nel sacerdozio è vivere ogni giorno nella quotidianità rispondendo ad un amore concreto.