N.01
Gennaio/Febbraio 2005

Come far in modo che gli adolescenti e i giovani facciano un cammino di crescita vocazionale attraverso il Giorno del Signore

Il Dies Domini è il giorno di festa primordiale. Giorno di gioia, perché il Padre ci convoca intorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia. Se è compreso nella sua pienezza il giorno del Signore diviene sintesi della vita cristiana e condizione per viverla bene. Giacché Pasqua della settimana, è celebrazione della presenza del Signore Risorto in mezzo ai suoi, per questo motivo la Celebrazione eucaristica, memoriale della passione, morte e risurrezione di Cristo, ne costituisce il cuore[1].

L’Eucaristia è l’incontro per eccellenza tra il Padre e l’umanità attraverso l’oggi di Cristo che dona se stesso per ogni persona. Sullo sfondo di ogni celebrazione liturgica riviviamo il mistero pasquale, centro di qualunque cammino vocazionale. Ogni vocazione è autentica se il supporto che la regge e la guida vive tale mistero e ad esso si riferisce costantemente. Quando l’uomo, in modo particolare l’adolescente ed il giovane, è condotto, attraverso la liturgia, alla conoscenza di sé in Cristo, coglie sempre più la realtà del mistero celebrato come chiave di lettura della vita e della sua persona.

Nell’Eucaristia il mistero della Vita, dono donato, si rivela in tutta la sua pienezza. Perché esso possa essere accolto si rende necessaria una comunità capace di educare al mistero.

Il mondo dei giovani e degli adolescenti non è un mondo a sé stante! Essi sono inseriti in una famiglia, in una comunità parrocchiale ed in un contesto socio-culturale. Di questo si deve tener conto quando si propone di vivere la Domenica come Giorno del Signore e non come fine settimana, giorno dello sport e del divertimento, giorno di riposo dagli stravizi della notte, giorno della banalità, della mentalità consumistica e commerciale…

In questo contesto diventa sempre più necessario riaffermare la Domenica in tutta la sua ricchezza: giorno del Signore, giorno della Chiesa e giorno dell’Uomo; tale significato religioso, antropologico e socioculturale del Dies Domini passa attraverso la riqualificazione della celebrazione eucaristica ed il recupero del senso della festa che svela il senso del tempo evitando l’assolutizzazione del lavoro-profitto e la riduzione della festa al puro divertimento[2].

Il Giorno del Signore non si può vivere in pienezza se non da chi è stato iniziato al mistero della fede che ogni Domenica, Pasqua della settimana, la Chiesa rende presente nei ritmi e nelle vicende del tempo[3].

All’interno di un’esperienza d’iniziazione cristiana il giorno del Signore diviene tappa culminante[4] di un cammino di crescita e di discernimento vocazionale attraverso il quale il giovane, ancor più l’adolescente, confrontando le sue aspettative e i suoi bisogni con la Comunità Eucaristica che vive la sequela di Cristo nelle molteplici vocazioni, passa dalla logica della domanda di guarigione, serenità e fiducia alla forma d’esperienza che arrischia l’avventura cristiana nella logica del dono.

Già il convegno di Palermo coglieva la necessità, oggi più volte ribadita, di rigenerare la vita cristiana passando da una pastorale incentrata sui sacramenti ad una pastorale missionaria, che pone al centro della vita cristiana l’ascolto accogliente della Parola di Dio e l’annuncio della Salvezza vissuto da comunità adulta nella fede capace di nuova evangelizzazione[5].

Per essere incisiva sulla vita contemporanea, la Chiesa deve preoccuparsi di offrire una proposta educativa, tale da suscitare interessamento da parte dei giovani, e un’appropriata comprensione della parola di Dio, capace di favorire un incontro con il Signore e una celebrazione della salvezza che scaldi il cuore dei ragazzi, attenta a proporre originali iniziative di fraternità ed esperienze comunitarie rispondenti all’età e nello stesso tempo aperte all’inserimento sempre più ampio nella comunità ecclesiale degli adulti.

La comunità cristiana non può pertanto delegare a nessuno il compito d’iniziare al mistero. La vita della comunità è l’ambiente vitale entro cui l’iniziazione a vivere il Giorno del Signore può svolgersi con frutto, a partire dai cammini proposti ai più piccoli in vista dei sacramenti, fino a quelli per i giovani e gli adulti.

Con questa prospettiva ogni comunità parrocchiale è chiamata a farsi un proprio progetto pastorale che includa gli itinerari di catechesi dentro un più vasto e articolato impegno educativo globale verso i fanciulli e ragazzi, gli adolescenti, i giovani e gli adulti, che parta dall’annuncio del Vangelo e arrivi alla celebrazione del Dies Domini.

All’interno di questa visione globale d’iniziazione cristiana si possono delineare alcuni elementi costitutivi da tenere presenti.

 

La dimensione comunitaria.

Se la Domenica è il giorno della risurrezione, essa non è solo la memoria di un evento passato: è celebrazione della viva presenza del Risorto in mezzo ai suoi. Perché tale presenza sia annunciata e vissuta non basta che i discepoli preghino individualmente e ricordino interiormente la morte e la risurrezione di Cristo. È importante che si radunino come ekklesìa convocata dal Risorto, come Popolo (uomini e donne, giovani e adulti, ragazzi e anziani, sani e malati…) di chiamati.

 

La dimensione familiare.

La tradizione della Chiesa e il magistero riconoscono che i genitori sono i primi e i principali educatori alla fede. Questo diritto-dovere educativo dei genitori si fonda sull’atto generativo ed è sostenuto dalla grazia del sacramento del matrimonio, perciò il loro compito educativo è considerato un vero e proprio ministero ecclesiale. Riconoscere questo dono e compito dei genitori significa non solo coinvolgere i genitori nel cammino di fede dei figli, ma anche valorizzare la catechesi familiare e aiutarli a svolgerla in modo che essa preceda, accompagni e arricchisca ogni altra forma di esperienza ecclesiale.

 

La formazione alla globalità della vita cristiana.

La scoperta dei misteri principali della fede e la consapevolezza delle verità fondamentali del messaggio cristiano; l’acquisizione di una mentalità cristiana e di un comportamento evangelico; l’educazione alla preghiera; l’iniziazione e il senso di appartenenza alla Chiesa; la partecipazione sacramentale e liturgica; la formazione alla vita apostolica e missionaria; l’introduzione alla vita caritativa e dell’impegno sociale fanno sì che il giovane acquisti un modo d’essere, nel quale egli stesso riconosce la sua identità, la sua vocazione. In quest’ambito il formatore vocazionale è mediatore dell’azione divina con la quale Cristo conforma l’uomo a sé.

 

Una pluralità di esperienze organicamente collegate.

Il giorno del Signore offre una pluralità di esperienze, che trovano nella celebrazione eucaristica la loro fonte e il loro culmine: l’ascolto della parola di Dio, momenti di preghiera e di celebrazione (es. liturgia delle ore), la testimonianza, l’esperienza comunitaria, l’esercizio e l’impegno di vita cristiana secondo uno stile di vita evangelico. Si tratta di esperienze fondamentali per una piena maturazione di una personalità cristiana che realizza la sua vocazione.

 

Un’articolazione unitaria e a tappe.

Il modo di vivere il giorno del Signore non può che essere un processo unitario, dal momento che ha come finalità quella di essere scuola globale di vita cristiana e condurre alla partecipazione-assimilazione al mistero pasquale. All’interno di quest’unitarietà, tuttavia, il cammino di iniziazione cristiana, secondo una sapiente pedagogia cristiana, si dovrebbe articolare in tappe, successive e graduali, ciascuna con una propria originalità e fisionomia spirituale, con proprie accentuazioni e segni, rispettose del cammino di ciascuno.

 

Il ruolo insostituibile di accompagnamento.

È espressione di una paternità spirituale. Al catechista-animatore vocazionale spetta il compito specifico e delicato di trasmettere la fede e di educare alla totalità della vita cristiana, alla sequela coraggiosa del Cristo nello specifico della propria vocazione. Da qui un’ulteriore esigenza di una sua formazione qualificata e di un sostegno costante da parte della comunità.

 

Da quanto detto è evidente che la catechesi in preparazione ai sacramenti non esaurisce l’iniziazione cristiana, essa ha bisogno di quella catechesi mistagogica che permette al “neofita”, tale è l’adolescente che ha celebrato i sacramenti dell’iniziazione cristiana e il giovane che sta progettando la sua vita, di penetrare e rendere efficaci i misteri celebrati.

L’adolescente e il giovane, attraverso l’esperienza ecclesiale del Dies Domini, i gesti forti, i segni inequivocabili, le proposte alte che lo caratterizzano e i progetti di sequela totale che ne scaturiscono, non può più vivere senza la domenica; non può non sentire l’esigenza della testimonianza e della missione che annunciano che “la domenica salva il mondo in quanto occasione privilegiata per vincere l’egocentrismo e la dispersione e per costruire la famiglia di Dio”.

Accogliamo, noi animatori vocazionali, a conclusione di questo contributo, la pro-vocazione di Giovanni Paolo II: “L’anno dell’Eucaristia sia per tutti occasione preziosa per una rinnovata consapevolezza del tesoro incomparabile che Cristo ha affidato alla sua Chiesa. Sia stimolo a una sua celebrazione più viva e sentita, dalla quale scaturisca una vita cristiana trasformata dall’amore”[6]. Dalla centralità dell’Eucaristia nella vita e nel ministero dei presbiteri deriva anche la sua centralità a favore delle vocazioni al sacerdozio ministeriale[7].

 

 

 

Note

[1] SC n. 106 ; Dies Domini (DD) n. 81; Ecclesia in Europa (EE) nn. 81-82; Ecclesia de Eucaristia nn. 21-22.

[2] Cfr. CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia (VMP) n. 9.

[3] Cfr. Annuncio del giorno di Pasqua nella solennità dell’Epifania del Signore.

[4] Cfr. VMP n. 8.

[5] VMP n. 9; EE n. 45-47.

[6] Mane nobiscum Domine n. 29.

[7] Cfr. Ecclesia de Eucaristia n. 31.