N.01
Gennaio/Febbraio 2005

La celebrazione del Giorno del Signore: le vocazioni di speciale consacrazione, radicalismo evangelico, profezia del futuro

 

 

Il giorno dell’identità nuova

Il giorno del Signore ha al suo centro Gesù, il Consacrato del Padre, che ha consegnato tutto se stesso fino alla morte di croce e che è stato risuscitato perché anche noi avessimo la Vita. Il Risorto, che continua a donarsi a noi attraverso l’Eucaristia, è nello stesso tempo fonte, modello e forma finale di ogni esistenza cristiana, di ogni vocazione personale ed ecclesiale. Già nella sua esistenza storica aveva incarnato e adombrato, con gli atteggiamenti e le scelte, le essenziali tipologie delle vocazioni cristiane. Laico immerso

nel lavoro e nella vita sociale del suo tempo e contemplativo sul monte; servo dei suoi discepoli e guida autorevole nell’interpretazione della Parola; medico dei corpi per colmare di fede lo spirito e portare la buona notizia ai poveri; “eunuco per il Regno” e anche creatore di una “nuova” famiglia; concentrato nella formazione dei futuri mandati e anche aperto alle provocazioni e alle richieste dei pagani… A lui ogni pastore, ogni consacrato, ogni missionario, ogni fedele si può giustamente rifare.

La novità del Regno, che in lui iniziava come un piccolo seme, è poi fiorita ed esplosa con la risurrezione e l’invio dello Spirito. Da allora tante vocazioni sono nate nell’Ecclesìa, la comunità dei convocati, tutte portatrici di un aspetto della persona del Consacrato del Padre; strumento della sua azione di Capo verso il Corpo, di Sposo verso la Sposa; tutte protese a trasmettere la vita nuova, ricevuta gratis, al mondo intero, perché anch’esso viva.

Nella con-celebrazione eucaristica del giorno del Signore, le vocazioni e i ministeri (dal Vescovo all’ultimo fedele) sono disposti intorno all’altare, o nell’assemblea, ciascuno secondo un ordine e con un compito: qui risplende l’identità nuova di ogni fedele, nel suo rapporto con il Cristo e nella sua relazione agli altri nella Chiesa. L’assemblea domenicale così è lo specchio della Chiesa e lo specchio della reciprocità e della complementarietà di tutte le vocazioni, soprattutto di quelle di speciale consacrazione.

Esse sono proprie di quei cristiani che, per un carisma particolare, sono stati chiamati a vivere la verginità per il Regno o a mettersi totalmente al servizio dei fratelli o a dedicarsi esclusivamente alla missione, vivendo i consigli evangelici in un modo speciale. Esse celebrano nell’Ottavo giorno l’uomo nuovo trasfigurato dalla grazia del battesimo e della consacrazione (sacerdotale, religiosa, secolare, missionaria…). È in questo giorno che riconoscono pienamente la loro identità, cioè quello che sono già e quello che sono chiamate a divenire: memoria vivente del Cristo e segno della vita futura; strumenti sacramentali della sua compassione per gli uomini di oggi e segni che rimandano ad una pienezza di salvezza e felicità che ci sarà solo nella vita eterna. La domenica è anche il giorno in cui queste vocazioni arricchiscono la loro identità vocazionale alimentando la dimensione della vita nuova. Come potrebbero vivere con Cristo, come Cristo, per Cristo risorto, nell’attesa della sua venuta, senza i beni del giorno del Signore: Parola e Sacramento, Carità e Missione?

Senza la domenica non si può vivere da consacrati!

 

Il giorno della testimonianza della vita nuova

Oltre ad una particolare affinità tra la celebrazione del Giorno del Signore e l’identità delle vocazioni di speciale consacrazione, c’è anche un rapporto reciproco. La presenza di queste vocazioni, in modo particolare, è necessaria per l’efficacia della domenica sulla vita cristiana di tutte le altre. Celebriamo infatti l’Eucaristia e siamo invitati seriamente a vivere “nell’attesa della sua venuta”. La dimensione escatologica della vita cristiana però, chi ce la rende presente e comprensibile, accettabile, desiderabile? La virtù della speranza, la pienezza della giustizia del Regno dei cieli, l’unione finale con Dio, non rischiano di rimanere solo desideri immaginari, realtà virtuali, se non ci sono dei testimoni viventi che in certo modo anticipano nella loro carne la realtà in cui tutti saremo trasformati? Essi sono lì a far toccare con mano a tutti che il cammino di trasfigurazione, iniziato col battesimo, la cresima e alimentato dall’Eucaristia, potrà compiersi. Infatti a loro sono dati dei doni, soprattutto il carisma della Verginità per il Regno, che li fanno essere come “finestre aperte” sulla novità del Vangelo e sul futuro verso cui siamo proiettati (B. Maggioni), quando “Dio sarà tutto in tutti”.

Certo, e qui l’esame di coscienza è d’obbligo, la dimensione dell’escatologia deve attraversare tutto l’essere del consacrato: la sua presenza nella società e sul territorio, la sua preghiera, la sua testimonianza, la scelta dei servizi più necessari in base ai segni dei tempi… E così tutte le dimensioni del giorno del Signore (Eucaristia che genera la comunione fraterna, la carità, la missione) sono animate dai consacrati con l’atteggiamento del richiamare “alle cose di lassù” e di vivere con la coscienza che “passa la scena di questo mondo”.

È questo il Giorno che offre loro l’occasione assoluta di mostrare al resto della comunità cristiana cosa significa essere stati afferrati dall’amore radicale di Dio e ricambiarlo con la totalità del dono di sé, che si concretizza in un amore ai fratelli tendenzialmente senza limiti. In una domenica occupata dai servizi disinteressati soprattutto ai più poveri, ai piccoli; dalla preghiera discreta ma sempre presente, per tutti; dall’attenzione alle situazioni dei singoli e delle famiglie; dalla fedeltà agli impegni apostolici non gratificanti e senza ritorni che nessuno vuole fare; dalla serenità evangelica anche nelle disgrazie e nelle sofferenze… le vocazioni di speciale consacrazione possono rivelare alla Chiesa e al mondo che una vita nuova è già iniziata e sta fruttificando, nella gioia.

Senza i consacrati la domenica avrebbe davvero meno vita nuova!

 

Il giorno dell’educazione alla nuova vita

È noto come “il giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo” – la domenica –, sia sottoposto da tempo ad un fortissimo cambiamento. Molta della sua potenzialità evangelizzatrice e umanizzante non trova possibilità di attuazione. In particolare la maggioranza della fascia giovanile, quella più implicata nelle scelte vocazionali, sembra vivere la domenica lontano dalle nostre assemblee liturgiche e dalle attività comunitarie. Inoltre si dice che essi danno alla domenica un senso povero, quello di un giorno senza attese speciali, senza speranze che accada qualcosa di nuovo: per molti sarebbe solo la conclusione del week-end. Più affascinanti il venerdì e il sabato, più carica di promesse la notte del giorno.

Come trovare i giovani – di domenica –, come convocarli, raccoglierli per re-iniziarli, da già battezzati, alla conoscenza di Gesù, alla speranza, alla vita nuova del Vangelo, al cibo eucaristico? È uno dei compiti più significativi della pastorale giovanile oggi, che chiede un supplemento di creatività. Ma anche la pastorale vocazionale deve impegnarsi e collaborare su questo obiettivo, perché c’è di mezzo la “semina” e l’“accompagnamento” ordinario di tutte le vocazioni, quindi la dimensione vocazionale stessa della vita e la sua apertura al futuro.

C’è un anche un compito specifico delle vocazioni di speciale consacrazione, che spesso hanno anche il ministero di educatori nelle parrocchie, nell’assumersi oggi la missione verso i giovani vicini e lontani (spesso le due categorie coesistono negli stessi giovani). Qui è davvero urgente un salto di qualità per inventare nuove vie e nuovi luoghi e tempi dove ai giovani siano dati quei beni preziosi che la comunità riceve in questo giorno. Possibile che non sappiamo individuare a quali pozzi essi vanno ad abbeverarsi, per farci trovare lì, pronti ad offrire l’acqua “viva” della nostra testimonianza, dell’accoglienza fiduciosa, dell’abbraccio misericordioso; l’acqua “viva” delle verità che feriscono ma per guarire, della speranza nel momento del lutto o del dolore, dell’amore pulito e disinteressato…? Possibile che non sappiamo trasformare la domenica nel giorno della missione, della ricerca dei lontani, delle proposte coraggiose ai fratelli più giovani e più a rischio? E se loro fossero proprio in attesa di proposte nuove, convincenti, capaci di entusiasmare finalmente il loro cuore? Il nostro pessimismo verso i giovani è una bella tentazione, da combattere!

Mentre i farisei osservanti di sabato “riposano”, Gesù guarisce, soccorre, converte, opera sempre, come il Padre. E noi stiamo correndo il rischio di fare della domenica il giorno dei bambini e degli anziani, perché ci stiamo rassegnando alla scomparsa dei giovani dalla celebrazione eucaristica e dalla comunità!

Almeno per quella minoranza di giovani ancora presenti (fino ai 30 anni non sono sposati…) non vengano meno le proposte degli strumenti classici per la formazione spirituale e per la crescita del rapporto con Dio: silenzio, ascolto della Parola, preghiera, ritiri, accompagnamento spirituale, sacramenti, un impegno fedele di carità…

Ma anche con quelli che navigano lontano dalla parrocchia e dai luoghi dell’aggregazione ecclesiale e che esprimono i bisogni di sempre, o i bisogni indotti dalla cultura contemporanea, con linguaggi e stili “stranieri”, perché gettare subito la spugna? Certo le obiezioni e le fatiche sono tante: la diversità dei comportamenti, la differenza generazionale, l’apparente o vera indifferenza dei giovani…

Ma i consacrati non sono specialisti in umanità e nella inculturazione del Vangelo? Perché i giovani di questa generazione non dovrebbero avere delle porte o delle finestre aperte dalle quali far filtrare la luce del Signore Gesù? Perché non puntare sul dato antropologico di sempre, vero anche nei più refrattari, cioè “l’inquietudine” del cuore umano in ricerca? Sappiamo che chi gli offre la speranza migliore, lo conquista. E i consacrati la conoscono bene. Occorreranno anche attenzioni nuove, ma serve più di tutto uno sguardo amante che riesce sempre a leggere negli atteggiamenti e nel vissuto della persona amata qualcosa di importante con cui entrare in dialogo, qualcosa di valido cui agganciarsi per crescere nella relazione. E la trasmissione della fede ha bisogno esattamente di questo tessuto umano che i consacrati possono contribuire a creare con la loro esperienza e le loro competenze, con il loro modo verginale di amare.

Senza i consacrati, i giovani dove incontrerebbero nuova vita?

 

BIBLIOGRAFIA MINIMA

NVNE 36,b). Dies Domini 35. NMI 35. Ecclesia in Europa 82.