N.03
Maggio/Giugno 2012
Studi /

Prospettive biblico teologiche del fidanzamento

Un aspetto preliminare è dato dalla constatazione che non sembra sussistente nella Bibbia una “teologia del fidanzamento” così come intendiamo oggi il “tempo di preparazione al sacramento del Matrimonio”1. Nondimeno sappiamo che nella tradizione ebraica sussiste l’idea di “fidanzamento”, ritenuta una componente della celebrazione nuziale. Esso precede il matrimonio di circa un anno e ha la funzione di preparare i due giovani alla vita comune2. Non essendo presente nella Bibbia un “trattato sistematico” sul tema, occorre focalizzare l’attenzione sulle principali direttrici teologiche presenti nel testo ispirato e formulare una sintesi adeguata della relazione Dio-uomo e delle sue conseguenze per la realtà del fidanzamento e del matrimonio. Distinguiamo un doppio livello nella presentazione del messaggio biblico sul fidanzamento: 1. il livello narrativo; 2. il livello simbolico-teologico. Mediante il livello narrativo si individuano i racconti tipici che trattano delle storie di fidanzamento, mentre nel livello simbolico-teologico si evidenziano le immagini e i contesti che alludono al fidanzamento e il messaggio unitario che emerge dalla lettura profonda dei testi3.

  1. Il livello narrativo

1.1 Gen 1-2: uomo-donna “una sola carne”

La narrazione che concerne il tema della coppia, l’esperienza matrimoniale e la sua relazione con il fidanzamento è rappresentata dal racconto di Gen 1-2. In esso si esprime l’idea generatrice costituita dal concetto di “una sola carne” (lebasar he’ad: Gen 2,24), di unità nuziale a cui sono chiamati l’uomo e la donna. Il racconto jahwista, con un chiaro intento didattico, interpreta la creazione dell’uomo (‘adam) e della donna nel contesto di una realtà ordinata e progettuale: lo stare insieme fonda l’idea della prosecuzione dell’atto creativo e della volontà divina di vita e di fecondità. L’uomo e la donna rappresentano l’incontro tra la terra e il cielo, la polvere del suolo e l’alito di vita dell’Onnipotente. Essi sono stati voluti in vista della vita e della felicità.

 

Il culmine del racconto genesiaco è racchiuso nella scena della creazione della donna (cf Gen 2,22-24). La “nuova creazione” di colei che è “di fronte all’uomo” rappresenta la risposta di Dio alla solitudine di Adamo: l’uomo è essere in relazione nuziale e incontra la donna “di fronte a sé”. È utile sottolineare alcuni aspetti teologico-pastorali che costituiscono il nucleo “vocazionale” dell’esperienza dell’amore coniugale, comprensiva della realtà del fidanzamento e del matrimonio4. Introdurre al cammino di fede attraverso l’esperienza del fidanzamento e dell’unione matrimoniale significa proporre ai credenti una “rilettura” della loro storia esistenziale nell’orizzonte del progetto di Dio5.

 

La narrazione genesiaca evidenzia come la realtà dell’amore relazionale dell’uomo può essere descritta a cerchi concentrici. L’elemento fondante è dato dalla presenza di Dio nel cuore umano: l’uomo e la donna sono immagine e somiglianza, identità dinamica e progettuale in vista della vita e della sua pienezza. Tale condizione originaria, che unifica gli affetti, i desideri e i progetti rinchiusi nel cuore dell’uomo, si traduce in una relazione di unità con la persona che l’Onnipotente pone di fronte. Per significare tale unità nuziale, l’autore utilizza un’espressione pregnante: “una sola carne”. La dimensione nuziale dell’essere umano implica l’unità intima e dinamica dell’uomo e della donna, come punto di partenza per essere “di fronte a Dio e al creato”. I due non sono più divisi in modo autoreferenziale, ma uniti nell’unico progetto di vita e di amore.

Essi non costituiscono due entità che si annullano reciprocamente, ma due “libertà” che rirealizzano mediante la dialettica del dono e dell’accoglienza della vita. Dal cuore alla relazione nuziale: è questo il primo importante elemento del cerchio della vita umana. A questa prima relazione si aggiunge il motivo della fecondità, che prolunga la vita nel creato. Alla fecondità segue la relazione con il mondo circostante, che assume una sua dinamica, pur sempre collegata all’amore nuziale e alla logica della vita. Il racconto di Gen 1-2 mostra come la volontà del creatore sia fondata sull’unità interiore e sulla relazione, espressa dal mistero della nuzialità. In questo senso la storia umana si presenta come un “cammino insieme” verso l’Amore: una chiamata all’amore di Dio.

 

1.2 Tradizioni legali e figure di fidanzamento nei racconti biblici

Oltre alla narrazione fondamentale di Gen 1-2, nei testi biblici si parla diffusamente del fidanzamento. Il tema è recepito nelle norme riguardanti la vita matrimoniale e sessuale. Circa il diritto matrimoniale, che prevede anche norme per il tempo del fidanzamento, si trovano diverse indicazioni nei testi legali. La condizione dei due giovani fidanzati è collegata alla preparazione del matrimonio. Come in tutto l’Oriente antico, anche nella tradizione biblica le usanze antiche testimoniano come spetti al padre di famiglia destinare la sposa al figlio (Gen 14,2-10; 24,3-8; 28,1ss.; 38,6). Il contratto matrimoniale, che stabiliva il prezzo della sposa, era stipulato tra i rispettivi padri dei futuri coniugi (Gen 24,2ss.; 36,6)6. Il fidanzamento avviene quando l’uomo paga alla famiglia il prezzo della sposa con cui l’uomo diveniva possessore (ba’al) della moglie. La fidanzata diventa “parte del padrone” (be‘ulat ba’al: Gen 20,3; Dt 22,22) e dal quel momento è sotto l’autorità del suo futuro sposo, tenuta a un’assoluta fedeltà, anche se vive ancora presso i suoi genitori.

Tra i vari compiti dei fidanzati, le norme mosaiche segnalano il rispetto, la fedeltà reciproca, l’impegno verso una stabilità, i doveri della tradizione dei padri che entrambi devono imparare a rispettare7. In tre contesti si fa riferimento al fidanzamento: la ricerca della sposa per Isacco (cf Gen 24), la vicenda di Tobia e Sara8 e, nel Nuovo Testamento, la chiamata di Giuseppe e della Vergine Maria, dopo la promessa di fidanzamento (Mt 1,18-25). Il racconto del fidanzamento di Isacco con Rebecca è riportato in Gen 24. Un emissario di Abramo è incaricato di cercare la sposa per Isacco ritornando al clan di origine del patriarca. Il racconto è dominato dal motivo del “viaggio”: cercare la sposa per il giovane Isacco implica il mettersi in cammino9. La storia di amore è articolata in quattro tappe: 1. invio da parte di Abramo di un suo servo verso la terra d’origine, per cercarvi una moglie per Isacco; 2. partenza del suo servo, suo arrivo nella Mesopotamia e sosta presso un pozzo, dove avvengono l’incontro e il riconoscimento della ragazza del clan familiare da cui Abramo proviene; 3. richiesta ufficiale, presso i genitori, della ragazza come sposa per Isacco, fatta dal servo per conto di Abramo; 4. l’accoglienza della ragazza e il trasferimento presso la tenda di Abramo per essere sposa di Isacco. Si tratta della prima storia di fidanzamento che assume un valore esemplare, fondato sulla convinzione spirituale che Dio guida la scelta dei fidanzati verso un progetto di felicità. Nella medesima prospettiva teologica si colloca la vicenda di Tobia e Sara, in cui il matrimonio è visto come progetto di Dio. Come tale esso deve essere preparato con una vita intemerata (cf 3,14; 4,12), vissuto in purità, compiuto secondo i fini voluti dal Creatore (cf 8,7), contratto con la benedizione dei genitori (cf 7,12; 8,17; 10,13) e accolto con gioia (cf 10,13; 11,1620), in vista di una discendenza benedetta (cf 4,12; 6,18; 10,11.13).

Circa il racconto della relazione tra Giuseppe e la Vergine Maria, i dati scritturistici si limitano a descrivere le condizioni in cui avviene l’annuncio cristologico. I racconti evangelici evidenziano come il fidanzamento sia luogo di rivelazione e di libertà umana di fronte alla volontà divina. Il mistero dell’incarnazione avviene mentre si sta vivendo il fidanzamento. Tra le varie considerazioni che si possono svolgere, ci sembra importante sottolineare come il fidanzamento sia considerato come il “tempo favorevole” della risposta vocazionale. In entrambe le tradizioni evangeliche si ripetono alcuni motivi comuni: a) la chiamata inattesa di Dio; b) il turbamento e la fatica di capire; c) l’invito a “non temere”; d) la risposta libera e fiduciosa che si apre al mistero. Si tratta di aspetti che rappresentano il cammino di due fidanzati e che comprendono le tappe di una “pedagogia vocazionale”10.

  1. Il livello simbolico-teologico

Considerando la ricca simbologia nuziale della Bibbia, la lettura dei testi fa emergere due temi generatori in connessione con la “teologia del fidanzamento”: 1) la presentazione di Dio come “sposo” e di Israele come “sposa” (la “figlia di Sion”); 2) la vocazione di “fidanzati” intesa come “cammino insieme” verso l’Amore.

2.1 Dio come “sposo”

Nella Bibbia l’immagine nuziale è molto utilizzata sia nella prospettiva antropologica che in quella teologica, soprattutto per parlare della fedeltà all’alleanza. L’amore fedele di Jhwh è amore di uno “sposo” per la sua “sposa”11. Più che nel Pentateuco, è nella letteratura profetica e sapienziale che il tema teologico della nuzialità conosce uno sviluppo più accentuato. È Dio stesso a definirsi come “sposo” (cf Is 54,5) per esprimere simbolicamente il suo amore a favore di ogni creatura e in particolare del popolo eletto. Jhwh non si rivela solo mediante il suo nome misterioso a Mosè (cf Es 3,14), ma si fa conoscere anche mediante altri simboli quali il pastore, il padre, il guerriero e soprattutto lo “sposo”. Oltre alla storia struggente espressa nel Cantico dei Cantici, dedicata all’epopea dell’amore come simbolo teologico della relazione tra Jhwh e il popolo, l’immagine è presente in altri importanti luoghi, in contesti e conprotagonisti diversi, particolarmente nei profeti12. In Osea (cf Os 1-3) si evince la simbologia sponsale applicata al giudizio profetico dell’infedeltà del popolo all’alleanza con Dio. La metafora nuziale si basa sul racconto del matrimonio del profeta con una donna, Gomer, che egli ama e da cui ha avuto due figli, ma che lo abbandona per darsi alla prostituzione. La tensione narrativa descrive una storia di felicità e di miseria, intarsiata di amore e d’infedeltà, che rende il profeta protagonista in prima persona dell’avventura e della sventura del proprio destino nuziale. Dopo aver accusato la moglie con forti parole di giudizio (cf Os 2,4-15), il profeta fa insieme a lei l’esperienza del “deserto” (Os 2,16) e la riscoperta dell’amore nella fedeltà (cf Os 2,17-25). Così decide di riaccogliere con sé Gomer nel perdono e nella misericordia e di metterla alla prova per rinsaldare il vincolo della loro unione matrimoniale (Os 3,1-5). È importante cogliere da questa vicenda come l’iniziativa divina sia sempre aperta alla nuova storia di fedeltà per un cammino di amore: “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (Os 2,21-22). Dio è presentato come colui che “rifà l’alleanza”, corteggiando la sua fidanzata, parlando al “cuore” della sua sposa traviata: “Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Os 2,16). Parlare al cuore nel nostro contesto indica una espressione di corteggiamento che tocca la sfera affettiva e veritativa delle persona. La storia nuziale del profeta rivela il progetto della salvezza di Dio, terminando con l’amore che salva il suo popolo dall’infedeltà: “Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò di vero cuore, poiché la mia ira si è allontanata da loro” (Os 14,5)13. La simbologia nuziale collegata con il tema del cuore ritorna in Geremia ed Ezechiele14.

 

2.2 La “Figlia di Sion”

Nel quadro della relazione Dio-sposo Israele-sposa merita un approfondimento l’immagine femminile della “figlia di Sion” con cui viene definita sia Gerusalemme che l’intero popolo di Dio. L’espressione “figlia di Sion” va compresa all’interno del motivo dell’alleanza, attraverso il simbolismo matrimoniale evocato nell’Antico Testamento. Il nostro interesse verte soprattutto sulla valenza teologica che gli autori biblici danno alla relazione nuziale e segnatamente al tema del “fidanzamento”. Poiché Dio si presenta come “sposo”, la “figlia di Sion” è presentata come “vergine sposa”15, definita anche “vergine di Israele” (Ger 31,21-22). Nel contesto di Ger 31, la designazione della “vergine di Israele” che ritorna al suo “sposo” significa che verranno riprese le relazioni di amore e di fedeltà tra Israele e il suo sposo Jhwh. Il senso del termine “vergine” allude al processo d’innamoramento e di fidanzamento che intercorre tra Dio e il suo popolo. La “figlia di Sion” è chiamata a rimanere fedele al patto di amore che Dio ha stipulato. Gli atteggiamenti attribuiti a questa “figura corporativa” sono profondamente umani. Nella desolazione la “figlia di Sion” soffre (Lm 1,6), geme nel pianto (Lm 2,18), sente su di sé la punizione (Lm 4,22) e resta sola nella desolazione (Is 1,8). L’incontro con lo sposo che viene la fa esultare di gioia (Sof 3,14). Altrove è presentata come colei che combatte il nemico (Is 37,22) e che è liberata dalla schiavitù dell’oppressore (Is 52,2) e accoglie il suo liberatore (Is 62,11). Nel contesto di Ger 31, la designazione della “vergine di Israele” che ritorna al suo “sposo” significa che verranno riprese le relazioni di amore e di fedeltà tra Israele e il suo sposo Jhwh.

2.2.1 La riflessione sapienziale

Lo sviluppo del simbolismo matrimoniale nella prospettiva profetica e sapienziale rappresenta una chiave di lettura per interpretare la poesia matrimoniale del Cantico, anticipato dal noto Sal 45, dove vi è la celebrazione dell’amore nuziale mediante la rappresentazione della bellezza e dello splendore della sposa presentata al re (Salomone). Anche nel poema del Cantico dei Cantici l’esaltazione dell’amore umano è riletta nella prospettiva teologica dell’amore di Dio per il suo popolo16. Il libro si presenta come la celebrazione poetica del fidanzamento, anche se si possono accettare entrambe le interpretazioni: sia quella dell’amore naturale di una coppia, sia quello dell’amore religioso tra Dio e l’uomo, nella prospettiva dell’elezione e dell’alleanza17. Considerando l’opera poetica, si individua un “inno all’amore” mediante il dono della vita condivisa tra un giovane ed una giovane. Tale amore si appella ad una fedeltà più grande, oltre l’orizzonte di un’esperienza intima e privata: la fedeltà dell’amore divino per ciascun uomo. Il racconto dell’unione e del desiderio è narrato dalla fidanzata (in ebr.: kallah, cf Ct 4,8.9.10.11.12; 5,1) che contempla e desidera l’incontro con il suo sposo, i sentimenti sono profondi e ricchi di simbolismo: nel cuore della notte la giovane, “malata d’amore”, si alza dal letto e percorre le strade della città in cerca del suo amato (Ct 3,1-3), senza desistere neppure dinanzi ai pericoli notturni e agli oltraggi (Ct 5,7). La fidanzata esulta di gioia nel sentire la voce del suo diletto (in ebr.: dody) e il fidanzato la contempla invitandola a mostrargli il suo viso e a far sentire la sua incantevole voce (Ct 2,4-14). Vivere il fidanzamento significa sperimentare l’attrazione reciproca (“attirami”: cf Ct 1,4).

Emergono dalla lettura del Cantico importanti aspetti della relazione fidanzato-fidanzata: a) l’immenso bisogno di vivere l’uno per l’altra mediante una continua ricerca e un desiderio di contemplazione e di gioia; b) la forza straordinaria dell’amore spinge la fidanzata a “cercare” l’amato con coraggio e fedeltà, mostrando come l’amore è un cammino di ricerca nella fedeltà e di impegno personale che deve poter superare tutti gli oostacoli esterni; c) il sensoprofondo dell’amore è simboleggiato dalla reciprocità del donarsi l’un l’altro nel segno di una fedeltà indissolubile, rappresentata dall’immagine del “sigillo” o dell’anello: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!” (Ct 8,6)18.

2.3 La vocazione di “fidanzati” intesa come “cammino insieme” verso l’Amore

I racconti biblici ci confermano che l’elemento costitutivo della chiamata è determinato dalla dimensione nuziale dell’essere umano.

Pertanto la vocazione così intesa è “il cammino insieme” di tutta l’esistenza umana, che a sua volta è contrassegnata da diverse “chiamate”. Nello sviluppo della teologia neotestamentaria la vocazione come “cammino insieme” verso l’Amore è rivelata nella sua pienezza con la venuta di Gesù. Insieme alla dottrina sull’essenza matrimoniale, il motivo della nuzialità è ripreso soprattutto nella rivelazione di Cristo-sposo (nymphíos: cf Mt 9,15-16; Gv 3,29). Nei vangeli sinottici troviamo l’impiego di nymphíos in Mt 9,15 (cf Mc 2,19-20; Lc 5,33-35), dove è Gesù stesso a definirsi “sposo”, parafrasando la propria venuta salvifica nella storia con l’immagine di una festa nuziale. La rilevanza dell’attestazione cristologica è dovuta soprattutto alla presentazione della persona e della missione di Gesù come un “evento nuziale”, con un chiaro riferimento al contesto anticotestamentario della relazione tra Dio e il suo popolo. Il tema cristologico della nuzialità è elaborato nel Quarto Vangelo, sia nell’episodio delle nozze di Cana (cf Gv 2,1-12) sia nell’ultima testimonianza del Battista “amico dello sposo” (cf Gv 3,22-30). Una conferma teologica delle idee generatrici evocate è rintracciabile anche nel quadro della teologia paolina, le cui metafore nuziali (cf 2Cor 11,1-6; 1Cor 7,5-25; Ef 5,25-27) sono costitutive dell’idea cristologica del fidanzamento e del matrimonio19. Lo sviluppo della riflessione cristologica ed ecclesiologica conferma come la comunità cristiana abbia inteso la realtà del fidanzamento nell’orizzonte progettuale della salvezza. Il tempo di fidanzamento deve diventare un momento rilevante della scoperta vocazionale per ciascun credente, che è in cammino verso l’Amore. La metafora nuziale ritorna di frequente anche nell’Apocalisse con l’immagine della città santa, la nuova Gerusalemme. La Chiesa è presentata come la sposa dell’Agnello. Essa è, da una parte, la comunità-sposa che vive in uno stato di escatologia già in atto, perché Cristo ha donato se stesso per conquistarla a prezzo del suo sangue (Ap 1,4-5). Dall’altra vi è un’attesa struggente, che pervade tutta l’opera, della piena realizzazione della nuzialità, dell’incontro con lo sposo, quando la vergine diverrà a tutti gli effetti, la “sposa dell’Agnello” (Ap 22,17).

Bilancio conclusivo

In modo sintetico indichiamo alcune annotazioni conclusive, avendo presente la prospettiva e teologica e pastorale della realtà del fidanzamento.

  1. a) Prospettive teologiche

Si rilevano quattro elementi: 1) l’indagine biblica evidenzia la prevalenza della dimensione espressiva, simbolica e descrittiva su quella etica e pedagogica; 2) la prassi sociale e le indicazioni legali collegate alla vita coniugale presuppongono il tempo del fidanzamento e implicano alcune importanti norme. Esse entrano a far parte della sfera familiare e affettiva dei futuri coniugi; 3) la rilevanza teologica si coglie soprattutto sul piano simbolico. Da una parte il fidanzamento va inteso nell’ottica della conoscenza e della condivisione dell’amore in vista della stabilità. Dall’altra il fidanzamento rappresenta una “chiave di lettura” della storia di Israele, della sua elezione e alleanza con Jhwh. La condizione del fidanzamento è prospettata come un passaggio necessario, a cui si fa riferimento per “rileggere” la storia delle relazioni tra Dio e il suo popolo. La prospettiva simbolica anticotestamentaria fa emergere il fidanzamento in senso retrospettivo e prospettico; 4) la rivelazione neotestamentaria tematizza il fidanzamento in quattro ambiti: la cristologia, l’ecclesiologia, l’etica e l’escatologia. Gesù è presentato come “sposo” della comunità dei credenti (la sposa), in un permanente stato di fidanzamento. La condizione della comunità dei credenti è interpretata come la fidanzata che si prepara all’incontro definitivo con il suo sposo. Nella sua parenesi ecclesiale l’Apostolo Paolo fa riferimento allo stato dei fidanzati e alla responsabilità dei credenti di fronte alla “chiamata” di Dio. In tale prospettiva si possono cogliere anche alcune indicazioni etiche connesse allo “stile di vita cristiano” dei fidanzati e dei coniugi. L’idea del fidanzamento assume non solo una valenza parenetica, ma risulta anche collegata all’attesa escatologica. Quest’ultimo significato è rilevato in modo del tutto speciale nella simbologia dell’Apocalisse.

  1. b) Prospettive pastorali

La preparazione al sacramento del Matrimonio concerne il processo di evangelizzazione e di formazione alla vita cristiana nella sua totalità. I fidanzati che scelgono il Matrimonio cristiano intendono dare significato a questa tappa della loro vocazione e, per questo, a tutta la loro vita. La preparazione al sacramento del Matrimonio va intesa come momento di maturazione della propria identità umana e spirituale. L’itinerario biblico è alla base di un cammino di riscoperta della dimensione spirituale della vita dei credenti e segnatamente dei fidanzati. Con la forza espressiva di quattro simboli possiamo tratteggiare la ricchezza del messaggio della Bibbia sul fidanzamento. I simboli sono: il viaggio, il pozzo, il profumo e l’anello.

Il viaggio. Fidanzarsi vuol dire vivere un’avventura di viaggio. Mettersi in cammino verso un altro/a chiarendo il senso e l’oggetto del proprio desiderio. Poiché si vive il “viaggio”, si sperimentano la instabilità, la difficoltà di capire, la condizione di dubbio e di incertezza. L’accompagnamento pastorale deve saper rispondere alla “condizione del viandante” che volge “insieme” verso una meta, un traguardo. Il valore di riferimento di questo simbolo è il discernimento.

Il pozzo. Il pozzo evoca la vita, il luogo dell’incontro e della conoscenza. Simbolo della “profondità”, della comunità, della preziosità. Esso serve per abbeverare, purificare, irrorare. Il pozzo va curato, protetto, posto al centro della comunità. Il valore di riferimento di questo simbolo è l’autenticità.

Il profumo. Il simbolo/segno del profumo si collega alla relazione tra fidanzati, come espressione di scoperta/stupore, di approfondimento della conoscenza e di condivisione della propria identità donata. Il valore di riferimento di questo simbolo è la tenerezza.

L’anello. Il segno di un impegno di fedeltà e di comunione (“mai senza l’altro”!) che genera il coinvolgimento affettivo e progettuale verso una stabilità. Il valore di riferimento di questo simbolo è la fedeltà.