N.03
Maggio/Giugno 2012
Studi /

Vivere radicati nella fede in intima relazione con Cristo. Si può fare …3

  1. Alla fine della vita soltanto un clic?

“È fifty-fifty, cinquanta e cinquanta. A volte credo che Dio esista. A volte no. Vorrei credere nella vita ultraterrena. Ma ho il timore che alla fine ci sia solo un tasto on-off. Un clic, la luce se ne va e tu non ci sei più”. Così si confidava Steve Jobs, il fondatore di Apple, morto il 5 ottobre del 2011, portandosi nella tomba il tormento sul dopo la morte e l’aldilà, tra la prospettiva di una vita ultraterrena legata alla fede in Dio o il trincerarsi nel dubbio che alla fine della vita ci sia soltanto un off-switch.

Indubbiamente Jobs rimane il tipo di uomo contemporaneo schiacciato in un disperato presente, che fa assalire un terribile senso di vuoto, tale da mettere in forse la propria stessa identità. In particolare sintetizza bene l’immagine dei giovani, un’immagine sovraccarica di significati simbolici, che catalizzano le risorse e le angosce della società soprattutto nelle prospettive del futuro. Essi rimangono un ricettacolo di proiezioni ambivalenti, utopie incarnate e specchio del male sociale. Una tempesta continua di paura e di fiducia. Angeli del cambiamento e demoni che minacciano la morale, la stabilità sociale e l’ordine pubblico? Da una parte sembrano sul piede di guerra: non vogliono più essere derubati dei loro sogni, chiedono di poter vivere in questo mondo e non semplicemente di sopravvivere. Chiedono di cambiare e di costruire.

Non vogliono essere una generazione alla porta, condannata ad attendere. Una generazione “senza”: senza fretta di crescere, senza un lavoro stabile, senza voglia di fare, senza prospettive certe di futuro. Semplicemente rassegnati a vivere arrabbiati o fuori della realtà nei meandri della second life o nelle sbornie delle varie droghe offerte abbondantemente dalla nostra società. Cresciuti in ambiente digitale e fortemente interconnessi, vivono come un vero incubo una giornata intera senza internet con reti di parole e di comunicazione.

Dall’altra si contorcono in tutto questo, ma per che cosa? Semplicemente per non vivere solo di debiti e di macerie lasciate loro dalla nostra generazione adulta? Solo perché i dati del malessere giovanile non diventino un “assillo comune”, che pagheremo tutti molto caro? Solo per dire basta da parte loro alla corruzione politica, all’avidità della finanza, a decisioni prese sulle loro teste senza coinvolgerli? È veramente troppo poco per la dignità ed il senso di un’esistenza umana! E allora? Che serve risolvere tutti i loro problemi sociali, ambientali, politici e tecnici se poi, come succede con i loro coetanei delle nazioni più evolute e benestanti, tutto va a parare in un aumento di suicidi giovanili?

  1. Radicati nella fede: è ancora possibile?

Non conformarsi con qualcosa che sia meno della verità e dell’amore e con qualcuno che sia meno di Cristo. Ma per questo ci vuole la fede, la quale non si oppone ai grandi ideali dell’esistenza, ma li eleva e li perfeziona. Così il papa Benedetto nella GMG di Madrid, durante quella fantastica serata di veglia con i giovani. Un ampio studio dell’università di Chicago spiega che la fede in Occidente va lentamente ma progressivamente diminuendo; che interessa soprattutto gli anziani e ben poco i giovani. Tuttavia tra gli atei convinti ed i credenti profondamente motivati non si raggiunge nemmeno la metà della popolazione mondiale. La maggior parte vive nell’incertezza di chi non sa e nel limbo di chi non prende posizione e perciò si lascia trascinare la vita dalle correnti più emergenti. Una sorta di nebbia grigiastra che avvolge il pianeta e che va ad ingrossare il numero dei superstiziosi, delle sette esoteriche e soprattutto dei disperati.

Come vivere allora la fede cristiana oggi e formularla in modo da renderla non solo comprensibile agli altri, ma anche credibile ed affidabile? Per troppi cristiani la fede è un fatto ovvio, per questo rimane poco autentica, anzi molto superficiale. Non si vede, come si dovrebbe, l’alternativa esistenziale cristiana, che faccia emergere in modo chiaro il battesimo come una nuova nascita e una nuova creazione, un nuovo modo evangelico di pensare e di agire, con uno stile caratteristico di relazionalità con gli altri. In altre parole, c’è da dare un contributo significativo per elaborare una nuova cultura cristiana per il XXI sec., un nuovo progetto di umanità, che però stenta a mettere radice. Ci vuole insomma un passaggio strategico, che non viene fuori.

Nella nostra cultura attuale normalmente si mette in contrapposizione fede e ateismo, mentre per le Sacre Scritture la vera unica contrapposizione è unicamente tra fede e idolatria. Anche l’ateo, che dichiara più o meno apertamente di voler essere senza Dio, non può essere altro che un idolatra, che lo voglia o no, che ne sia cosciente o no. Egli vive un grande sforzo umano di sfuggire a Dio per voler essere lasciato solo a se stesso ed alla propria illusoria autonomia “assoluta”. Ma, in questo modo, cercando di negare l’Onnipotente, si popola il proprio universo di immagini sfalsate di Dio, che sono autentici idoli. In realtà, credenti ed atei, in tandem con l’enorme palude di chi non prende posizione, tutti siamo tentati continuamente di idolatria. E dall’idolatria si è chiamati ad uscire attraverso la fede, quella vera, combattendo una vera e propria battaglia contro gli idoli sempre presenti. Questo è possibile attraverso il passaggio strategico che abbiamo detto: passare dal dominio degli idoli a quello dello Spirito Santo (cf 1Cor 12); prenderne coscienza attraverso le energie luminose del Signore Risorto e rimettersi ogni giorno sotto la signoria del Dio unico, riconoscendo e rigettando i vari idoli, che si presentano continuamente ai crocicchi della propria vita con volti sempre nuovi e seducenti.

Una fede quindi non rivolta al dio dei filosofi come un sistema ideologico ben definito e religiosamente corretto, ma al Dio vivente, un Dio pienamente coinvolto nella carne umana fino al punto di assumerla per entrare nella nostra storia; una fede dunque molto esperienziale, fatta di conoscenza viva, attiva e penetrante, che si costruisce a poco a poco, facendo strada con Lui. Un radicamento in Dio che è attaccamento, legame solido, affidamento, fondamento sicuro. Entrando così negli stessi sentimenti del Signore Gesù, che fa emergere la fede autentica dai detriti di tutti i surrogati di essa, per poter vivere in intima relazione con Lui.

  1. Scavare pozzi nuovi

Come l’antico Isacco, che si spostava con tutto il suo clan, le sue greggi ed i suoi averi da un territorio all’altro riattivando i pozzi scavati da suo padre Abramo e scavandone dei nuovi (cf Gen 28), è importante anche da parte nostra, sia per la nostra vita che per quella dei nostri giovani, approfondire il radicamento nella fede, scavando nuovi pozzi nei terreni piuttosto desertici dell’umanità di questi tempi. Ne indico tre che mi paiono molto importanti.

3.1 Prendere posizione

La prima cosa è avere il coraggio di prendere posizione nella situazione contemporanea immersa per lo più nella palude dell’incertezza e del lasciar andare alla deriva la propria esistenza. I nostri giovani sono troppo illusi e delusi del cristianesimo sociale nel quale sono nati e cresciuti. Una superficiale verniciatura di religione, che non incide per nulla nella vita. Occorre che famiglia, parrocchia e gruppi facciano alleanza e si diano man forte per arrivare a mettere con le spalle al muro i nostri giovani, specialmente nell’appuntamento strategico di preparazione alla Cresima/Confermazione. Non è più possibile che essi attraversino questo appuntamento con la superficialità di bere un bicchiere d’acqua; la Confermazione è un passaggio discriminante per arrivare con serietà e consapevolezza ad uscire dalla palude anonima che dicevamo e a prendere posizione chiara sul da che parte vogliono stare.

Il sacramento della Confermazione non è un premio per tutti gli anni nei quali sono riusciti a sopportare l’educazione religiosa loro data; non è neppure il diploma di congedo dalla “caserma” della Chiesa e dal cristianesimo, ma è la pienezza dello Spirito per la propria scelta cosciente ed il più possibile matura di voler vivere la fede cristiana in maniera convinta. Non continuiamo perciò a buttare alle ortiche la grazia del sacramento; curiamo invece una seria presa di posizione dei nostri adolescenti e giovani.

3.2 Una fede amica

Troppe volte nel nostro vivere comune di credenti immaginiamo la fede come un qualcosa di molto serioso, intellettuale e spersonalizzante. Oggi più che mai è necessario avere davanti l’immagine di una fede amica. Una fede che esprima cioè un modo felice di vedere le cose, frutto dell’amore straordinario di Dio; una fede che nutre un senso costante del valore della propria persona insieme con un grande senso di responsabilità; una fede che sa ascoltare in profondità se stessi, gli altri e Dio, per conoscere ogni giorno di più le numerose benedizioni che riceviamo ed abbiamo a disposizione.

La cosa principale che Dio ci dice nella Bibbia è: “Vi amo!”. Noi ci crediamo però solo nella misura in cui sperimentiamo la grazia di Dio presente in noi e nella nostra vita.

3.3 Un progetto coraggioso di vita

Si tratta del terzo pozzo da scavare. Certo, a molti giovani manca l’aria per respirare e corrono il grave rischio di asfissia spirituale, immersi come sono nella nebbia dell’incertezza e nella palude del non senso. Il perché è dato dal non avere mai cercato, trovato e tentato di realizzare il proprio progetto di vita. È impossibile infatti arrivare a maturare una fede convinta e personale senza aver trovato la mappa del disegno della propria esistenza, perché solo nel canale di questo progetto si avvia un rapporto personale con Dio di scoperta del suo amore ed insieme della sua volontà per la propria piena felicità. Diversamente non ci si ti tira fuori dalla palude.

La vocazione è quel fil rouge che ti permette di afferrare con gioia e amore e tanta convinzione il dono della fede seminato in te. Coraggio! Provaci!

LABORATORIO

Esci dalla palude!

Aiutiamo i nostri giovani a prendere coscienza della necessità di uscire dalla palude dell’incertezza dialogando e discutendo con loro sui risultati di una recentissima ricerca sugli Italiani e la religione (ricerca curata dall’Istituto di Ricerca Sociale dell’Università del Piemonte Orientale):