N.06
Novembre/Dicembre 2012
Studi /

I giovani, protagonisti e custodi della vita e del Bene comune

Queste note, mentre ritorno da una chiesetta aperta e luminosa, nel cuore della notte della nostra bella città di Campobasso.

E vi noto due distinti gruppi di giovani: tantissimi in una strada del centro storico, piena di locali che nella notte si fanno “casa” per la birra. Un vuoto che la società non riesce a riempire. E dall’altra, la chiesetta, posta proprio nella piazza principale della città, che nella sua luce, tra le tenebre della notte, sta ad essere come un vessillo di speranza e di pienezza. Ben diverso il numero. Ma ugualmente, i due gruppi di giovani sono intrecciati, perché l’uno richiama l’altro. Il sabato notte si fa infatti segno per tutta la nostra cultura. Portiamo sempre nel cuore, mentre siamo davanti al Santissimo, in preghiera, tutti i giovani. E nel mio cuore, mentre riflette su un tema così bello come il dialogo tra “Giovani e Bene comune” e su come costruire un itinerario perché tutti i giovani siano “protagonisti e custodi” del Bene comune, sento di rivolgermi alla Sacra Scrittura e di cogliere in essa una serie di messaggi chiari per questo argomento. In particolare, mi piace tanto seguire i racconti, nel filone, oggi tanto riscoperto, della “teologia narrativa” che si fa dolcezza e chiarezza insieme.

Così, anche questo racconto comincia con la celebre frase: «C’era una volta…». Ed effettivamente, c’era una volta una regina, molto brava, ma anche molto intrigante. Era stata posta sul trono per la sua bravura. Ma risultò un giorno un ostacolo al re, Assuero. La storia infatti  è posta all’interno della corte persiana ed è narrata nella Bibbia nel bellissimo e tanto amato libretto di Ester. Vasti, la regina intrigante, si rifiuta infatti un bel giorno di presentarsi dal suo re, ad una grande solenne festa pubblica. Tutti l’aspettano. Ma lei, per ragioni politiche, si rifiuta. E quel gesto viene colto come una gravissima offesa al re. Cosicché, subito dopo, viene ripudiata e cacciata dalla reggia. Se ne cerca un’altra, una regina che sia gradita e soprattutto molto bella. E tra queste viene scelta, per ragioni che solo un grande disegno d’amore può spiegare, la bella e giovane Ester. Ed è attorno a lei che il libro della Bibbia è capace di costruire con delicatezza un itinerario di speranza e di responsabilità. E di responsabilità parla oggi il nostro vocabolario sul Bene comune, nel dialogo con i giovani. Giovani, come Ester, appunto, che vive una straordinaria esperienza di essere custode e difesa del suo popolo. Perché tramite lei, proprio tramite questa bella ragazza, il popolo ebreo verrà salvato e custodito. Salvato dalla sicura minaccia di morte, come spesso avviene nella storia, da parte di nemici precisi, che già decidono la data della eliminazione del popolo ebreo. Il protagonista della vendetta contro gli Ebrei è Aman, simbolo di ogni realtà negativa di ieri e di oggi. Ma la forza di Ester nel dialogo con il suo Re è data dalla presenza di un suo Zio, Mardocheo, che l’aveva presa come figlia alla morte di suoi genitori. Mardocheo rappresenta il mondo degli adulti. E qui si incontra un Adulto vero, coraggioso e soprattutto coerente. Intuisce le mosse negative di quel megalomane che è Aman. Intuisce e rifiuta la sua voglia di essere il signore di tutto, venerato ed omaggiato ogni volta che esce in pubblico. Diremmo oggi, uno che vuole tutti i giorni “bucare lo schermo”, apparire, essere citato e fotografato. Una mania di grandezza che coglie anche i nostri politici e personaggi vanitori della cultura. Mardocheo invece si rifiuta. E mentre tutti gli altri al passaggio solenne di Aman, come primo ministro, si piegano e lo venerano, lui invece non si piega. Dritto come un palo, evidenzia con chiarezza la sua grande libertà interiore. Segno di una vita “alternativa”. Vera. Ma la sua libertà, che colpisce oggi soprattutto i giovani, quella libertà gli costa cara. Aman è deciso ad eliminarlo. E insieme a lui vuole uccidere tutti gli Ebrei, il popolo che Mardocheo rappresenta. Un popolo diverso, libero. Gente che non la pensa come tutti. Persone che non si piegano e non si adeguano.

La scena è perciò ben presentata nel libro. Che si fa specchio della nostra società. Per questo è un libro molto amato nella storia ebraica. Non solo davanti alla violenza di Hitler. Ma anche nella nostra realtà odierna. Pur con minor violenza, anche oggi, come ieri, essere protagonisti e custodi di Bene comune, di libertà vera, costa e lo si paga caro. Non quella libertà fatta capriccio. Ma quella libertà vera, pulita, eroica. Una libertà, cioè, che sa sempre intrecciarsi con la verità. Perché solo così la libertà è autentica. Perché intrecciata con la carità. In un trio di speranza forte: libertà, verità e carità. Così si costruisce il Bene comune. Eccone allora un ipotetico itinerario, che mi permetto di suggerire con delicatezza, ma anche con concretezza. È fatto di cinque tappe, intrecciate seppur distinte: il coraggio di Mardocheo; i talenti di Ester; le paure della Regina; i moniti severi di Mardocheo; la decisione di Ester di mettersi in gioco per il bene comune del suo popolo. Esaminiamole una per una. Il coraggio di Mardocheo, cioè l’importanza di avere una famiglia che ti forgia le scelte, nel suo eroico quotidiano, tramite adulti che si fanno testimoni. Mardocheo ha cresciuto Ester. L’ha adottata come figlia. E nel momento della possibilità di essere lei Regina, la lancia nella sua vocazione nuova ed inattesa. Ma le dà un esempio mirabile. Infatti, mentre tutti si piegano davanti al potente di turno, lui “resiste”. Cioè pone dei gesti alternativi: sta ritto, non si inginocchia, non si adegua. Ma questo gli è possibile farlo, perché è un uomo che vive fino in fondo la prova del suo popolo. Condivide il dramma del suo tempo, cresce un cuore solidale. Ed è la solidarietà del cuore che prepara in gesti della responsabilità per il Bene comune.

Non solo condivide e segue, ma soprattutto prega. E tanto, poiché sa bene che la forza solo Dio la concede. Quella forza di essere  “martire”, cioè nuovo, diverso, alternativo. Ed accompagna il suo cuore in preghiera con un cuore che sa anche digiunare. Un corpo allenato, per avere un cuore pronto. Quel sacrificio, che ti fa privare di cose, per scegliere oltre le cose. Cioè l’essere come prioritario dell’Avere. La persona, infatti, vale non per quello che ha, ma per quello che “è”. L’essere più dell’avere. La qualità prima della quantità, perché solo chi possiede qualità, avrà anche quantità. Ed è con questi criteri che si riesce a scegliere un cammino di Etica. Poiché è l’etica che pone la scala dei valori, su cui sono costruite la cultura, la politica e quindi anche l’economia. Ripropongo infatti, qui, il disegno che mi piace scrivere sulla lavagna, per indicare come sia fatta la “Casa sociale”. Al primo piano c’è la spiritualità (preghiera, digiuno, Parola di Dio, confessione). Al secondo, l’etica, cioè la coerenza; anche quando tutti si piegano, tu resisti. Al terzo piano poniamo la cultura, cioè il saper progettare, guardare lontano, prepararsi nella formazione. Solo al quarto collochiamo la politica, cioè la forza che è destinata a “realizzare” il progetto. A rendere segni veri i nostri “sogni”. E se la politica sarà veramente fondata sulla spiritualità, sull’etica che la verifica e su una base culturale che ne progetta i passi, allora ogni scelta politica diverrà vera, non temerà corruzione e sarà a vero servizio del Bene comune. Al quinto piano pongo l’economia, come la dimensione che opera e costruisce la vita nel quotidiano. Con relazioni di servizio, partendo dal cibo, dalla casa, dal territorio, dalla condivisione. Mardocheo si fa così simbolo di una famiglia dove il giovane impara ad essere testimone, poiché vede reali figure di coraggio e di eroismo.

Se il giovane nel Sud (ma ora anche a Milano!?!) saprà dire di NO alla mafia, è perché ha imparato in casa a scegliere con coerenza, ad agire con coraggio, a non piegarsi all’andazzo del comodo. Non cede alla mafiosità. E perciò può combattere la mafia! I talenti di Ester. Ester è una ragazza, una giovane bellissima. Dio le ha dato questa sua corporeità particolare, per renderla così strumento di speranza per tutti. Ed è proprio nel momento in cui si manifesta il grande pericolo per il popolo poiché Aman, il nemico, vuole distruggere il popolo ebreo, in quel momento Ester, regina, viene investita da parte di Mardocheo della missione di presentarsi al Re, per chiedere di “mutare le sorti”. Da negative a positive. Da sorti di morte a sorti di vita. Ma Ester si fa prendere dalla paura. Teme per la sua vita. E fa sapere a Mardocheo che ci penserà, rifletterà su questa proposta. È una ragazza bellissima, ma chiusa nei suoi progetti. Sa di valere. Ma non ha ancora compreso che solo donandoli, quei talenti diverranno fecondi, si moltiplicheranno. Ha la stessa paura del servo che sotterra il suo bel talento, per paura. Non rischia, non crede, tiene il pugno chiuso. Il credere al proprio valore, avere una giusta considerazione del proprio valore, è il primo passaggio per la costruzione del Bene comune. Il “noi”, infatti, nasce sempre da una forte consapevolezza dell’“Io”, che sgorga dal dialogo con un “Tu”. Ma solo nel “Noi” maturano entrambi. Lo narrano bene questo progressivo cammino gli Orientamenti Pastorali della Chiesa italiana, ai numeri 9, 10 e 11. Sono un capolavoro di consapevolezza maturante. Sulla scia del discorso del Papa a Noi, Vescovi, nel maggio 2010, così parlano gli Orientamenti del decennio: «Una radice essenziale consiste in un falso concetto di autonomia dell’uomo: l’uomo dovrebbe svilupparsi solo da se stesso, senza imposizioni da parte di altri, i quali potrebbero assistere il suo auto sviluppo, ma non entrare in questo sviluppo. In realtà, è essenziale per la persona umana il fatto che egli diventa se stesso solo dall’altro. L’Io diventa se stesso solo da “Tu” e dal “Noi”. È creato per il dialogo, per la comunione, sincronica e diacronica. È solo l’incontro con il “TU” e con il “Noi” apre l’“IO” a se stesso. Perciò la cosiddetta educazione antiautoritaria non è educazione, ma rinuncia all’educazione; così non viene dato quanto noi siamo debitori di dare agli altri cioè questo “Tu” e “Noi”, nel quale si apre l’“Io” a se stesso!». Si cresce solo insieme. Non trattenendo, ma aprendosi all’altro. Un grande psicologo affermava che la «felicità è una porta che si apre solo aprendola verso gli altri. Più la tiri verso di te, egoisticamente, più resti nella tristezza». È il rischio che correva Ester. Ed è il rischio che tutti noi, anche preti e consacrati, viviamo. La paura del dono ci rende tristi. Come quel giovane cui il Signore aveva chiesto di vendere i suoi tanti beni. Perfetto, bello e bravo, ma pauroso. E perciò triste. Il bene comune è custodito solo da giovani coraggiosi e aperti, cioè felici e sereni. Le paure di Ester. Davanti alle responsabilità, ognuno di noi tende a tirarsi indietro. Ha paura. Naturale e legittima. Ma insidiosa e rischiosa. Anche oggi, i nostri giovani, se non ben accompagnati, rischiano di sotterrare il loro talento, sotto terra. Del resto, la società non li aiuta, non li sprona.

Pretende da loro, ma non li segue veramente. Specie nel campo del lavoro. Per questo vanno ben esaminate le paure che oggi oscurano il volto dei giovani. Spesso li si pretende perfetti. Altre volte, si dipinge l’impegno per il bene della società con colori di corruzione. È vero che la politica non sta dando buon esempio. Ma è anche vero che i “media” accentuano questa ondata di “fango gettato su chi amministra”. Non mancano le mele marce. Ma da buon contadino della Val di Non ho imparato che non si getta via l’intera cassetta di mele se ci sono alcune mele molto marce. Le si tolgono subito, ma poi si pone la cassetta in un luogo asciutto e bello. L’impegno, nella politica, è di certo rischioso. Ma sempre più prezioso. Beato chi sa coltivare questa sua Vocazione. Senza vanità, ma anche senza paure. Con quel coraggio che il Vangelo ci ha indicato.

Scriveva don Milani, nella sua celebre Lettera ad una professoressa: «Il fine giusto è dedicarsi al prossimo! Ed in questo secolo, come vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola? Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte. Contro i classisti che siete voi, contro la fame, l’analfabetismo, il razzismo, le guerre coloniali» (p. 94).

Certo, i ragazzi vanno tanto ascoltati, capiti, accompagnati. È il decennio dell’educare. Qui tutti siamo attesi, Operativi. Va decodificato il loro timore, la loro paura. Soprattutto, credo, dalla mia esperienza nella Locride ed ora nel Molise (regioni diverse, ma segnate entrambe da tanta precarietà!) ho imparato che la cooperazione è la forma più bella di itinerario al Bene comune. La cooperativa, infatti, sviluppa nel giovane tre grandi potenzialità, spirituali, culturali e sociali. Per farsi poi palestra di politica innovativa e di economia alternativa.

Nella cooperativa, infatti, “una testa, un voto”. Non si vota per censo. Non si hanno più “azioni”, perché hai più soldi. Vali per un solo voto; il tuo, di Persona. L’essere conta più dell’avere!

Inoltre, il tuo benessere dipende dal benessere intrecciato dell’altro. Non sei solo. Ma a rete, in una catena dove lo spezzarsi dell’anello più debole rischia di far precipitare tutti. Come quando in montagna si cammina sulle rocce “in cordata”.

Ed infine, la cooperazione chiede nel cuore un’immensa dose di gratuità. Anche se lavori di più, prendi come tutti. Non viene cancellato il merito. NO! Ma viene “superato”. Nella logica del Vangelo,

per cui il sole e la pioggia non sono donati secondo i meriti, ma in base al cuore stesso di Dio, che ci è Padre perfetto, perché questi doni, sole e pioggia, vita e valori, ce li dona gratis. Tutti.

Chi cresce con questi concetti nel cuore e li sperimenta in piccole cooperative del suo paese, chi crede in questi valori e li vive, anche se sembra spesso di “perdere”, in realtà vince e costruisce realmente il Bene comune.

 

  1. I moniti severi di Mardocheo, che educano la giovane regina Ester e la lanciano nel rischio della vita. È molto pregnante la forza educativa che Mardocheo opera nei confronti della giovane regina, impaurita davanti alle sue responsabilità. Vi è così delineata una pagina di formazione alla vita politica e sociale dei nostri ragazzi, oggi. Una vocazione maturata ed accompagnata. In primo luogo, Mardocheo ricorda ad Ester la sua infanzia sofferta, di solitudine per la perdita dei genitori. Cioè un passato che si fa memoria. Ricordo di coraggio. Tutto sta, infatti, nel modo in cui noi sappiamo “ricordare” il nostro passato. Due sono le scelte che possiamo compiere: o la nostalgia e la rabbia. Oppure, la benedizione. La nostalgia è suadente. Il passato si fa spazio di compiacimento personale, di memoria distruttiva. La nostalgia, infatti, ha le radici profonde, ben radicate nella storia di ciascuno. Ma produce frutti acerbi. Il giovane che vive di nostalgia non saprà mai costruirsi un futuro. Né chi vive di rabbia; distrugge! Solo chi trasforma la nostalgia in benedizione è in grado di aprirsi al Bene degli altri. L’ho vissuto nella mia vita al momento del trasferimento, improvviso, da vescovo di Locri a vescovo di Campobasso. Nel cuore mio rischiavo di restare attaccato, nostalgicamente, al mio passato. E ne avevo valide ragioni, sul piano psicologico. Ma sarei risultato solo patetico, inconsistente. Vuoto. Dio invece mi ha dato la forza di “trasformare la nostalgia in benedizione”. Cioè di avere sì radici salde nel passato, ma con un cuore aperto al futuro. In benedizione. Ed i frutti sono stati dolci. Per me e per la mia nuova comunità. Il passato di fatica, di dolore, di lotta non va mai dimenticato. Ma va trasformato e fatto ricchezza per il presente. In un mirabile intreccio tra trama ed ordito. «Ricordati dei giorni della tua povertà!» (Est 4,8).

Poi, Mardocheo responsabilizza questa giovane regina e le lancia un preciso monito che è il cuore delle nostre pagine di riflessione:

  1. «Non pensare di salvare solo te stessa”!» (Est 4,13).

Cioè non scegliere le scialuppe perché ti sembra che la nave stia affondando. Non cercare soluzioni solo per te. Come facilmente si sta purtroppo facendo in questo tempo di crisi. E se l’azienda con cui lavoro sta in crisi, ne cerco un’altra, che mi dia sicurezza maggiore. E non mi importa se danneggio tantissime altre piccole aziende con la mia scelta egoistica. Penso solo a me! È questo l’effetto tragico della coperta corta. Penso di salvarmi, con la scialuppa, non comprendendo – come dicevo in questi giorni ad un bravo imprenditore! – che se nella fuga anche la grande nave precipita, nel suo tonfo travolgerà tutti. Anche te, che cerchi di salvarti da solo. Non c’è salvezza da soli! Ci si salva insieme. Solo insieme. Intrecciati. Solidali. A rete. Come ci dice la Croce. Morto per tutti. Sangue versato per tutti.

  1. «Perché se in questo momento taci tu, aiuto e liberazione sorgeranno per i Giudei da un altro luogo!» (Est 4,14).

È il cuore della mia riflessione. Se il giovane non saprà prendere le sue responsabilità, la salvezza verrà da un’altra parte. Da un altro luogo. Con altre forze. Cioè tu non puoi tirarti indietro. Non puoi fuggire. Devi assumere le tue responsabilità. La vita non è un gelato da succhiare. Ma un dono da compiere. Ricevuto in gratuità, viene restituito in responsabilità. Aggiunge, infatti, Mardocheo un riferimento preciso al disegno di Dio: «Chi sa che tu non sia stata elevata a Regina, proprio in previsione di una circostanza come questa!» (Est 4,14). Bellissimo! Non c’è il destino, ma in ogni evento, in ogni cuore c’è sempre un progetto di Dio su di te. Se sei qui, se abiti in questa terra, se sei davanti a queste situazioni, è di certo per una vocazione. Scoprila. E mettila a frutto. Fanne tesoro per te e per gli altri.

Allora ogni giovane sentirà che l’impegno nella vita sociale e politica è solo una risposta coraggiosa ma fedele a quanto Dio ha donato a lui. Niente facile e illusorio volontarismo, ma restituzione onesta e fattiva!

  1. Ester prende posizione: è la bellissima conclusione di questo mio lungo itinerario di fede, che vi è narrato sulle pagine bibliche. Ma prima di presentarsi al Re, rischiando anche la sua vita, compie tre cose: prega, digiuna e coinvolge in questo suo gesto tutta la sua comunità. È una preghiera corale. Bella, appassionata. Che la Chiesa fa sua in precise realtà di oppressione. Una preghiera accompagnata dal digiuno e dalla carità attraversa sempre le nubi e giunge fino a Dio. Sempre. È la forza dell’’adorazione eucaristica. È l’esempio dei santi. Il digiuno allena il cuore e ci rende capaci di ascoltare il grido di chi è nella precarietà, di chi perde il lavoro, di chi non lo riesce a trovare! È la forma più autentica di condivisione. Un digiuno non per la linea. Ma per capire gli altri. Non per far più belli se stessi, ma per servire. E risuona terribile il monito di don Milani: «Chi ama le creature che stanno bene, resta apolitico. Non vuole cambiare nulla».

Così va impostata la pastorale giovanile. Per poter concludere, sempre con le parole di don Lorenzo: «Conoscere i ragazzi dei poveri e amare la politica è tutt’uno. Non si può amare creature segnate da leggi ingiuste e non volere leggi migliori!». Le sorti, gettate dal nemico Aman che voleva la distruzione del popolo ebreo, sono ora rovesciate. Al pranzo, cui Ester invita sia il Re Assuero che il suo primo ministro Aman, le cose si ribaltano. Viene smascherato il nemico, svergognato e fatto impiccare sullo stesso palo che Aman aveva preparato per Mardocheo. Le sorti rovesciate, appunto! Da morte a vita. Da precarietà a risorsa! Da paura a coraggio. Da disimpegno a scelta! Ora il cammino compiuto ci permette di dire grazie alla Bibbia. Ha sempre pagine illuminanti. Perché anche noi oggi abbiamo bisogno di adulti coraggiosi ed indomiti come Mardocheo. Non arroganti, ma convinti! Testimoni. Capaci però di capire il cuore dei nostri giovani. Ragazzi fieri dei propri carismi, forti di un Io costruito con un TU, per divenire un “Noi” solidale e costruttivo. Naturali sono le paure dei nostri ragazzi. Specie per la precarietà lavorativa, definita dal card. Bagnasco con cinque tragici colori: «Fragilità sociale, malattia dell’anima, fatalismo diffuso, futuro spezzato, sperpero antropologico». Di fronte a questa realtà, l’impegno nella politica diventa necessario. Superando paure ed egoismi. La Chiesa sia capace di accompagnare, di esortare di formare! La preghiera e il digiuno saranno le nostre armi. Sarà un vero anno di FEDE, perché genera vocazioni di reale servizio, per il Bene comune. La nostra gioia sarà “piena”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Uscire dal tempio:

una nuova PASSIONE