N.02
Marzo/Aprile 2015

Nel silenzio e nel sogno di Giuseppe: la chiamata di Dio

Georges de La Tour, Il sogno di San Giuseppe, (1630-1635), olio su tela, Musée des Beaux Arts di Nantes (Francia)

Testo biblico (Mt 1,18-24)
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù. 

L’artista
Il pittore Georges de La Tour (1593-1652) dipinge Il sogno di San Giuseppe con l’apparizione dell’angelo tra il 1630 e il 1635. L’opera attualmente si trova nel Museo des Beaux Arts di Nantes.
Figlio di fornai, dopo un matrimonio fortunato che lo introduce nella nobiltà francese, diventa pittore della corte di Re Luigi XIII di Francia. Tuttavia non vive solo dei proventi dell’attività di pittore, con lavori commissionatigli soprattutto dai Lorena, ma anche grazie a rendite da possidente.
Dotato di un forte temperamento, di un carattere sanguigno, a tratti collerico, de La Tour non gode della simpatia dei suoi concittadini ed è spesso implicato in procedimenti giudiziari a causa della sua arroganza e violenza.
Per comprendere la sua arte però non bisogna prendere in considerazione la sua vita privata, tanto lontana dall’atmosfera dei suoi dipinti. Ricostruire la storia dell’uomo e dell’artista quando non se ne conosce il pensiero è operazione ardua e difficile. Certamente il periodo storico in cui visse, che degenerò in un atroce conflitto (la guerra dei trent’anni), può aver influenzato la sua arte. Non sappiamo poi quale influenza possono aver avuto le idee dei predicatori e dei mistici spagnoli sulla sua visione artistica, nella ricerca di Dio, sulla sua religiosità. La sua produzione artistica è però in stretto rapporto con la storia sociale, religiosa e culturale dell’epoca. De La Tour mostra interesse per la realtà quotidiana, tenta di comprendere e spiegare le leggi della natura; sorprendente la sua tecnica di luci e ombre per cui è considerato da molti prosecutore della scuola di Caravaggio. Non si hanno notizie di suoi viaggi in Italia, ma è molto probabile che la sua impronta “caravaggesca” possa provenire dalla frequentazione di pittori olandesi, di ritorno da Roma, influenzati dall’ambiente artistico romano e soprattutto dalle opere di Caravaggio. 

L’opera
Il dipinto di de La Tour ripropone un episodio del Vangelo, Il sogno di San Giuseppe con l’apparizione dell’angelo. L’impressione, a prima vista, è di trovarsi di fronte ad un quadro semplice, di facile lettura, che rappresenta una scena di vita quotidiana: un tavolo sullo sfondo, due soli personaggi, un vecchio e un giovane, in una stanza alla luce di una candela. Alcuni particolari: un candeliere di rame con una candela accesa appoggiato sopra al tavolo, un paio di forbici. Lo spazio compositivo è quasi interamente occupato da Giuseppe e dall’angelo, in uno stile senza ornamenti, sobrio, lontano dalle visioni di angeli con ali tra le nuvole e santi con aureole. Un’essenzialità che si riscontra anche nell’uso dei colori: nero, marrone e ocra.
La sua pittura, basata sullo studio della luce, vive di luce. Nei sui quadri la luce – e questa è una sua caratteristica – non proviene dall’esterno, ma da una semplice candela, spesso nascosta, che illumina l’ambiente interno. Questa tecnica, nata in Italia nei primi anni del XVII secolo, si diffonde presto in Europa, ma pochi riescono, come lui, a rendere le suggestioni, le emozioni che suscita la luce di una candela.
Con questa tecnica la luce ha la funzione di animare la scena, una scena che non ha spazi profondi, non è popolata di personaggi, ma è a piano unico e porta i protagonisti in primo piano, mentre la scarsa luce attenua i toni dei colori in una successione e in una gradazione di neri, marroni, con tocchi di rosso e giallo.
L’arte di de La Tour ignora ogni elemento decorativo inutile ed eccessivo e punta all’essenziale. In questo suo mondo di chiaroscuri e di ombre profonde, ogni gesto, ogni sguardo è capace di richiamare e coinvolgere l’osservatore, al di là della semplice funzione narrativa e rappresentativa. La sua pittura “al lume di candela”, di cui è il più illustre rappresentante, si distingue da quella dei suoi contemporanei per l’atmosfera quasi magica, che incanta, affascina e che, tra luce e ombra, non determina la forma ma l’anima.
De La Tour è riuscito a portare sulla tela il silenzio. Forse anche lui, che a causa del suo carattere turbolento ha avuto una vita privata tempestosa, in questo silenzio è riuscito a trovare la pace. 

Giuseppe
Nell’iconografia classica Giuseppe viene rappresentato vecchio per escludere la paternità reale di Gesù. All’epoca infatti era usanza che le ragazze andassero in sposa attorno ai dodici anni e i ragazzi tra i sedici e i diciotto anni. La tarda età serve quindi per rappresentarlo come testimone di un’antica tradizione, una tradizione invecchiata, superata, bisognosa di novità e di vita. Giuseppe, ci appare così: addormentato, il gomito sul tavolo, la testa appoggiata sulla mano, il libro aperto sulle ginocchia, il corpo quasi abbandonato, stanco dopo aver cercato nei testi sacri una risposta ai dubbi sul suo destino e su quello della sua sposa. 

Il volto
Nella penombra la luce della fiamma rischiara  il volto di Giuseppe: vediamo le rughe della fronte, del collo, e la barba folta; il suo volto è sereno, nella tranquillità del sonno, e prima ancora che l’angelo riveli la volontà di Dio, lui sembra già averla accolta e accettata. Il volto non è ripiegato su sé stesso, ma rivolto verso l’alto come per attendere una risposta. Si è addormentato con il dubbio che lo tormenta e vorrebbe risolvere tutto questo razionalmente, con la sua testa, ma Dio lo consiglia attraverso il sogno.

Il libro
Giuseppe dorme, eppure nel sonno i suoi gesti sembrano avere ancora dinamicità: la sua mano sinistra pare sfogliare il libro, una pagina è aperta e in trasparenza si nota la scrittura.

Il candeliere
La fiamma della candela non è visibile, è nascosta dal braccio dell’angelo, ma è presente e illumina la stanza e i volti. La fiamma che non si vede rappresenta Dio che apparentemente non c’è ma dà luce alle persone e alle cose. La luce è la vera protagonista del dipinto, esalta in modo differente le forme, ci fa scoprire alcuni particolari, lasciandone altri nell’ombra. È la luce che guida il movimento e mette in evidenza il tutto.

L’angelo
Il viso dell’angelo è la parte più luminosa del quadro. La luce della fiamma che si riverbera ne svela la fisionomia, il suo volto di bimba. L’angelo si rivolge a Giuseppe nel sonno e a noi che guardiamo il dipinto sembra di udire la sua voce. Sussurra parole di conforto, lo rassicura e lo incoraggia a non avere timore di prendere Maria in sposa.

Le mani
Il messaggero di Dio, con una lunga veste, un nastro al collo e una cintura ai fianchi, si protende verso Giuseppe, ma non lo tocca. La mano sinistra verso il cielo, come per esprimere che il suo annuncio, viene dall’alto, da Dio. Il braccio destro teso nasconde la fiamma, simbolo della luce divina che non si può direttamente vedere. Le mani dell’angelo tese verso l’alto e verso Giuseppe sembrano rappresentare la mediazione tra Dio e l’uomo e allo stesso tempo sono un modo di accogliere, accettare un dono. 

Riflessione e approccio vocazionale
Il fascino del silenzio
Accade a Giuseppe ciò che già è accaduto a Maria. Anche lui riceve l’annuncio e la chiamata. Giuseppe è visto spesso come una figura marginale; a noi, invece, piace vederlo protagonista, con un ruolo importante, fondamentale nella storia della salvezza, che esprime pienamente la paternità andando oltre una paternità biologica.
Allora, se è importante il sì di Maria, lo è anche quello di Giuseppe, che si affida liberamente al mistero perché è in grado di seguire quella voce che risuona nel suo cuore e nei suoi sogni.
Nei Vangeli non è riportata parola detta da Giuseppe. Giuseppe non parla, è uomo concreto, di azione, che mette in pratica la Parola.
Questo quadro ci dà l’occasione per riflettere sul valore del silenzio nell’esperienza vocazionale, per cercare uno spazio dove far “risuonare” la Parola e sciogliere dubbi e paure che inevitabilmente si pongono nella scelta della propria vocazione. È in questo spazio vuoto che Giuseppe trova la Parola. Giuseppe, di cui conosciamo l’obbedienza, i gesti d’amore compiuti…
Nel silenzio e nella solitudine che circondano questo “giovane” che vede svanire il futuro, il suo progetto di vita, riconosciamo l’agire di Dio. E ora Giuseppe agisce: quanto è importante il silenzio per il chiamato! Giuseppe si addormenta: il libro sulle ginocchia, alla ricerca della risposta, la volontà di Dio che non si fa attendere!
Può accadere che quando un giovane percepisce la chiamata da Dio si senta solo, incompreso, intimorito e anche un po’ abbandonato a sé stesso. Ma è necessario sperimentare solitudine e silenzio interiori che poi lasciano lo spazio alle risposte. E qui Giuseppe ci viene in aiuto perché trova nella Parola di Dio la forza e il coraggio di compiere la scelta, abbandonandosi fiducioso tra le braccia del Padre. Padre che in questo quadro è rappresentato in modo straordinario dall’angelo e dalla luce della candela che squarcia le tenebre.
Allora l’unica strada da percorrere è il silenzio interiore attraverso il quale riusciamo a fare scelte, a vivere in modo autentico, perché il silenzio, che è dialogo con sé stessi, ci permette di cogliere la nostra vera identità e di aprirci all’accoglienza della volontà del Signore e delle persone che vivono accanto a noi.
Perché fare silenzio? Per lasciare che il silenzio parli, perché il silenzio è ascoltare la Parola. Non è semplice assenza di parole, è ascoltare ciò che abita in profondità, è stupore per quello che avverrà.

 

Preghiera

Signore, solo tu conosci
i drammi dell’uomo giusto,
le sue notti insonni,
le domande senza risposta
e l’infinita distesa di silenzio.
Come Giuseppe,
l’uomo innamorato,
aiutaci, Signore,
ad accogliere la tua chiamata,
anche quando rovescia
i nostri progetti già decisi,
e a custodirla nel silenzio della vita.
Solo in questo modo
nessun sospetto
attraverserà più il nostro cuore.

 

NOTE

1 Per una completa comprensione dei dipinti analizzati in questa rubrica, consigliamo di visitare il sito www.chiesacattolica.it/vocazioni e visionare gli schemi proposti.

Georges de La Tour
Il sogno di San Giuseppe
(1630-1635), olio su tela, Musée des Beaux Arts di Nantes (Francia)