N.02
Marzo/Aprile 2015

Vocazione e santità

(1Gv 3,11-21; Gv 1,43-51)

Una pagina del Vangelo estremamente dinamica quella del Vangelo di oggi dinamica nella sequenza degli eventi – per lo più “incontri” tra persone – ma dinamica anche nel modo di essere e di fare dei protagonisti. A cominciare da Gesù che, come afferma in apertura Giovanni, «volle partire». «Volle partire» per condividere la ricchezza e la bellezza della sua vita di relazione con il Padre.
«Volle partire» per mettersi alla ricerca di uomini e donne disposti a condividere con lui la passione e la voglia di raccontare con la loro vita la bellezza e la sensatezza di una vita spesa per gli altri.
In questo quadro vanno inseriti l’incontro e la chiamata di Filippo; ed è in questo stesso quadro che vanno letti l’incontro e il dialogo di Gesù con Natanaele.
Vorrei proporre tre brevi riflessioni.
La prima, legata all’incontro di Gesù con i due personaggi che compaiono in questa pagina evangelica. Di Filippo si racconta la chiamata, per altro brevissima: «Seguimi».
Quella di Natanaele mi piace considerarla prima di tutto una vera e propria chiamata alla conversione; della conversione infatti presenta il significato, il dinamismo e la gradualità. Convertirsi, lo sappiamo, è vivere quello che ha vissuto Natanaele: è un voltarsi di fatto verso la luce e da questa luce lasciarsi inondare per dare un senso nuovo alla propria vita. Sì, perché ogni chiamata – anche esoprattutto la chiamata a seguire il Signore nella via del sacerdozio e della vita consacrata – è prima di tutto chiamata alla conversione. Può capitare – e capita – di sentirsi chiamati a tutto fuorché a voltarsi in maniera decisa verso la Luce. Può capitare di sentirsi chiamati a vestire in un certo modo, a parlare in un determinato modo; può capitare anche di sentirsi chiamati a ricoprire certi ruoli nella Chiesa, ma senza che questo derivi dall’aver voltato il proprio sguardo interiore verso la Luce: verso Gesù, come ha fatto Natanaele.
La conversione, quindi, come premessa alla risposta; la conversione prima di assumere un ministero.

La seconda riflessione vorrei legarla ancora alla chiamata di Natanaele.
Per incontrarlo, il Signore si serve di un mediatore, di Filippo, che, dopo aver raccontato la sua esperienza («Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto…»), rivolge a Natanaele l’invito: «Vieni e vedi».
Tutti noi siamo chiamati ad essere altrettanti “Filippo” per i tanti Natanaele che il Signore continua a chiamare all’incontro con Lui.
È lecito domandarsi “cosa vede?” chi – semmai dietro un mio invito – si mette in cammino, mettendo in gioco la propria vita ed i propri progetti? Filippo ha da far vedere il Messia. È questo che dà senso e forza al suo invito! Noi chi o cosa abbiamo da far vedere?
Quando Papa Francesco, con un linguaggio di grande immediatezza e a tratti anche scomodo, mostra i limiti e talvolta il non-senso di certi modi di essere preti e persone consacrate – in fondo cosa fa se non stimolare tutti noi a chiederci: cosa vede chi mi incontra, cosa vede chi mi sente parlare, cosa vede chi mi osserva agire? Ma davvero dai miei gesti e dalle mie scelte, anche da quelle più comuni (modo di vestire, di spendere il mio tempo e di impegnare il mio denaro) si percepisce la sensatezza e la bellezza di quello che dico?
Filippo ha da far vedere il Messia. Un Messia che presenta caratteri inattesi, sorprendenti e persino scandalosi rispetto alle attese del popolo di Israele, comprese quelle attese del pio Natanaele. Eppure questa diversità rispetto alle attese non costituisce impedimento. Natanaele – inizialmente scettico – viene conquistato dall’offerta di fraternità e di amicizia gratuita di Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto…». Offerta di amicizia e rispetto di quanto l’altro (Natanaele) fino a quel momento era riuscito a capire. Infatti la lettura delle Scritture aveva portato Natanaele, fino a quel momento, a concludere che da Nazaret «non può venire niente di buono». Il rispetto della posizione cui fino a quel momento era giunto conquistano Natanaele, gli fanno capire che di Gesù ci si può fidare.
Una straordinaria lezione ci viene consegnata da questo incontro e dal dialogo tra Gesù e Natanaele!
Gesù mostra di avere a cuore Natanaele e la sua storia; Gesù ci tiene a condividere con Natanaele la ricchezza e la bellezza di cui è portatore. Questo però non lo autorizza a mettere tra parentesi a lui.

Un’ultima breve riflessione.
Anche Natanaele ci viene proposto oggi come maestro: la sua è una storia fatta di ricerca e di disponibilità a fidarsi. Amore per la ricerca e fiducia come premesse per poter sperimentare percorsi di vita nuova e non sterilmente ripetitiva. Quanti spiriti sazi tra di noi. Quanta gente che ha sempre una risposta pronta da dare, un’idea da imporre senza un minimo di dubbio e un’iniziativa da esibire come decisiva per la… sorte dell’umanità!
Quando si parla di mancanza di vocazioni tra noi, io mi chiedo: quante delle chiamate che il Signore certamente continua a rivolgere trovano interlocutori capaci di rispettare, come ha fatto Gesù con Natanaele, la storia dei chiamati? Per fortuna è passato – almeno me lo auguro – il tempo delle statistiche, vere e proprie graduatorie tra procacciatori di vocazioni. Quanta gente è stata imbarcata in Seminari, postulandati e noviziati senza che intorno a quelle convocazioni ci fossero dei veri Filippo o che questi fossero degli autentici Natanaele?
Il prezzo che le nostre comunità pagano – quando al Sacerdozio o alla Professione perpetua si arriva in un quadro che ignora o lascia sullo sfondo gli insegnamenti che ci trasmette l’incontro di Gesù con Filippo e con Natanaele – è un prezzo amaro. Anche il titolo scelto per questo Convegno e mutuato dalla Evangelii Gaudium, può subire contraffazione. Sì, perché allora può capitare di confondere la Bellezza dalla quale dobbiamo lasciarci raggiungere e toccare con vuoti estetismi, fatti di apparenza inconcludente, di tradizioni che niente hanno a che fare con la vita vera della Chiesa e che sono portatrici solo di fisime a buon mercato; vuoti estetismi con i quali si pensa di coprire mancanza di equilibrio interiore e di ricchezza umana. Quella ricchezza di umanità che la Chiesa vuole aiutare a rimettere al centro e a coniugare nel prossimo Convegno ecclesiale di Firenze per il quale siamo invitati a lavorare e a pregare fin d’ora.