N.02
Marzo/Aprile 2015

World music e street video

Un altro percorso quello che ci viene incontro e ci immette nel mondo dei giovani. La world music, la musica che nasce dall’incrocio tra diverse culture, che diviene tessuto continuo di esperienze correlate e componibili e gli street video; video realizzati lungo le strade, senza strumenti sofisticati: libere e ingegnose associazioni di musica, parole e immagini.
È la proposta che Jovanotti fa con il suo singolo Terra degli uomini, unico dei brani inediti di Backup. Così YouTube si popola di video che annunciano e svelano volti e attese. Ne abbiamo scelto uno.

Jovanotti
Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, nasce il 27 settembre 1966 a Roma. La sua famiglia è originaria di Cortona, in provincia di Arezzo. La passione per la musica arriva quasi subito e, ancora adolescente, Lorenzo inizia a proporsi come DJ su diverse radio locali e nelle varie discoteche romane, ottenendo un discreto successo e proponendo musica dance e, tra i primi in Italia, l’allora neonato genere hip hop. A quel punto è Claudio Cecchetto, perennemente a caccia di talenti, a scoprirlo e ad invitarlo a lavorare con lui. A 19 anni, Lorenzo ha appena terminato il liceo e si trasferisce a Milano, dove inizia a trasmettere dai microfoni di Radio DeeJay con il nome di Jovanotti.
Dalla passione per la musica, per le discoteche, per il rap, nascono i suoi primi dischi. La critica lo stronca e Jovanotti diventa il simbolo del disimpegno giovanile più ostentato, tutto rap, locali notturni e bella vita.
Dal 1992, le sue canzoni consegnano al pubblico, e all’autore stesso, un nuovo Lorenzo, convinto dei propri testi, almeno quanto lo è sempre stato della musica. Finalmente gli strali della critica cessano per lasciare spazio all’interesse.
Lorenzo si presenta con la ricchezza di un percorso compiuto: parla dell’amore e dell’essere uomo, della globalizzazione e del terrorismo, per rimarcare, attraverso la forza del suono e l’autenticità del movimento, i valori dell’uguaglianza, del sentimento e della non violenza
Pacifista attivo, ha frequentemente collaborato con Emergency, Amnesty International, Lega Anti Vivisezione, Nigrizia e Data; ha contribuito alle manifestazioni in favore della cancellazione del debito negli anni novanta e, più recentemente, ai movimenti Niente scuse e Make Poverty History, partecipando al Live8.
Storia, riflessione, cammino, parole e musica… un fiume di musica pura, per ballare ed esaltare la vita.
«La musica mi ha salvato la vita, mi ha tenuto lontano dalla noia, la nemica peggiore che c’è nell’età in cui ci si forma. La musica mi ha dato una luce, un motivo per vivere, per svegliarmi al mattino, andare a scuola. La musica è stata proprio l’impalcatura della mia crescita. (…) La mia musica vuole essere un esempio di convivenza di mondi diversi. (…) A ogni giovane direi: la tua storia è unica al mondo, tu sei unico al mondo, non ti far fregare da chi, per comodità, ti ignora. Io vivo così, è la mia prima regola: credere fortemente in me stesso, avere una fiducia illimitata nel fatto che esiste una verità trascendente alle cose.

Musica, impegno, famiglia, non c’è una scala dei valori: tutti al numero uno» (da repubblica.it, Archivio).

Video proposto durante il concerto Backup Tour – Lorenzo negli Stadi 2013, il video è Symmetry di Radiolab:

Terra degli uomini
Terra degli uomini è un singolo partito in rotazione radiofonica dal 31 gennaio 2013.
Si legge sulla pagina ufficiale Facebook di Jovanotti: «Terra degli uomini è una ballata per chitarra, pianoforte, basso e voce. Un pezzo nudo registrato in una session che fotografa l’emozione strana di un attimo di vita, o di una vita intera, o forse della vita, quella che scorre, non lo so, non so mai cosa c’è dentro una canzone.
La canzone si ispira a un libro di Antoine de Saint-Exupéry, l’autore de Il piccolo principe, uno dei miei autori più amati; è un libro speciale dove l’autore racconta in prima persona i suoi giorni nell’epoca mitica dell’aviazione.
So che quando suoneremo questa canzone sarà un momento pazzesco e voglio che, la prima volta, sia sotto a un cielo di stelle, di fronte alla mia gente, a tutta la mia gente».
Saint-Exupéry ha scritto Terra degli uomini, suo terzo lavoro, nel 1939. Il romanzo vinse subito il Grand Prix du roman de l’Académie Française e, con il titolo Wind, Sand and Stars, il National Book Award.
Terra degli uomini è un diario di viaggio, un testo filosofico, un racconto di transvolate sopra il mare e il deserto che parla di amicizia, impegno, progresso.
Parla di rifiuto della guerra e di relazioni tra uomini, «abitatori di un pianeta errante». Con questa certezza: «Un solo lusso esiste, ed è quello dei rapporti umani. (…) Lavorando unicamente per i beni materiali ci costruiamo da soli la nostra prigione. Ci rinchiudiamo solitari, con la nostra moneta di cenere che non procura nulla di ciò che val la pena d’essere vissuto. (…) Legati ai nostri fratelli da un fine comune e situato fuori da noi, solo allora respiriamo, e l’esperienza ci mostra che amare non significa affatto guardarci l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione. (….) Essere uomo significa, appunto, essere responsabile. Significa provare vergogna in presenza d’una miseria che non sembra dipendere da noi. Esser fieri d’una vittoria conseguita dai compagni. Sentire che, posando la propria pietra, si contribuisce a costruire il mondo».
Terra degli uomini: un romanzo, una canzone e una prospettiva di vita. 

Dentro la linea che separa
Il video è costruito sulla presentazione di alcuni aspetti della realtà che ne richiamano altri: l’opposto, il simile, l’estraneo, il vicino, il complementare, l’antagonista, il gemello, il rivale…
È costruito sull’interessante individuazione delle simmetrie, delle consonanze che spesso avvicinano gli opposti: il vuoto e il pieno, il bello e il brutto, il feroce e il veloce, il pianto e il riso, l’amore e il dolore, la vita e la morte…
Questa è la storia! Questo è l’uomo nella storia! È dentro una continua esperienza della diversità e lì impara a tessere, ad avvicinare, a prendere contatto. Perché, sempre e comunque, ciò che è altro accende l’attenzione e questa è la condizione che mette movimento nella vita.
Si tratta di imparare, con l’esercizio, per tentativi ed errori, ad entrare dentro la linea che separa, senza aver paura di ciò che non è uguale… È un cammino di libertà: anzitutto dalla triste difesa delle nostre categorie che consideriamo così perfette. Perché è così che pensiamo e agiamo molto spesso: per categorie, quelle che, a volte con tanta fatica, abbiamo conquistato e cristallizzato e che determinano il nostro andare, oltre il quale non sappiamo vedere altro.
Avere il coraggio di contaminarsi e di abitare i crocicchi e i confini dove regna la diversità significa smontare le nostre discriminazioni, amare d’essere in transizione, desiderando di includere, di integrare l’altro, lasciandolo altro: mistero non assimilabile che, spesso, fa capaci solo di silenzio e ascolto e benedizione.
Quella benedizione che è un’energia di vita che scende da Dio, dall’alto, che entra nell’anima, che fa crescere, dilata, intensifica l’esistenza, la moltiplica. «Crescete e moltiplicatevi»: crescete dentro e abbiate un cuore plurale! 

Un sogno si popola: il lusso dei rapporti umani
Sotto un sole che c’è sempre ed è capace di sorprenderci, la vita è celebrazione di incontri, di rapporti, di moltitudini che divengono popoli. Il sogno si fa segno. La profezia si fa realtà perché c’è chi ha il coraggio di credere nel sogno forte, pungolante, appassionante, portatore di un nuovo che dona l’audacia di non arrendersi.
Un passo, il primo: guardare, vedere, ascoltare, conoscere l’altro, la gente. E, sempre, avere la chiarezza che la conoscenza stenta a diventare consapevolezza quotidiana del dono che è chi ci sta accanto, perché assistiamo, certo attoniti, perplessi, ma anche nell’indifferenza generata dall’abitudine, ad esibizioni di ostilità, volgari e violente, da cui non sono esenti neppure gli ambienti che ostentano la libertà da certi condizionamenti.
E non ci muoviamo, rimaniamo bloccati, guardinghi, timorosi di compiere quel gesto, di dire quella parola che potrebbero scardinare le chiusure e disarcionare le resistenze. Ci è chiesto l’ardire di fare spazio, di lasciare che l’altro nella nostra casa abbia un poco di casa, il coraggio di trovare uno spazio a chi ci sorride da un angolo.
Al primo segue il passo del sempre, l’habitus che vogliamo sia nostro: il modo d’essere, la disposizione d’animo, lo stile di vita, l’opzione fondamentale, ossia tutto ciò che noi siamo soliti avere con noi continuamente e che ci determina: la nostra vocazione fino all’ultimo attimo di vita! Per vocazione, dunque, aperti, meticci, mescolati, integrati, inclusi, interessati.
Dov’è il tuo fratello? (Gen 4,9) Eccolo, Signore, è qui. Lo conosco. Condivido con lui. Mi è presente il suo dolore. Godo della sua gioia. Abita il mio pensiero. Sono arricchito dalla sua presenza… Davanti a te, Signore, non sono mai solo.
È la nostra pagina di Vangelo! La direzione, l’obiettivo, il tesoro da scoprire che energizza ogni nostra alba. 

Ma quando è l’alba?
Un racconto talmudico riporta, a questo proposito, una discussione tra il Rabbi e i discepoli; discussione non oziosa perché le prime luci dell’alba sono il momento in cui deve essere recitato lo Shemà Israel.
Un discepolo propone: «È l’alba quando riesco a scorgere la sagoma del monte».
Un altro propone: «Forse è l’alba quando distinguo le foglie del bosco».
Un altro: «Meglio, è l’alba quando vedo correre la lepre».
Ma il Rabbi corregge: «No, figli miei, è l’alba quando riconosco il volto di un uomo».

In attesa dell’alba, stiamo certi della promessa: «Geremia cosa vedi? Vedo un ramo di mandorlo. Vedi bene, perché io vigilo come un mandorlo sulla mia parola, per compierla» (Ger 1,11-12).
Scrutare l’orizzonte, trafiggere di sguardi la storia finché ne spuntano i germogli e amare il fiore del mandorlo che vigila e annuncia la primavera, sono l’attività non invadente di chi opera, senza pensare di potersi sostituire a Dio, finché sorga la stella del mattino.