N.01
Gennaio/Febbraio 2016

Gesù Cristo, volto della misericordia

«Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth». Con questa affermazione Papa Francesco introduce il fondamento dell’evento giubilare, che connota il cammino della Chiesa odierna e la sua missione nel mondo.
È nel “volto” di Gesù, nella sua esistenza concreta e visibile, narrata attraverso i Vangeli, che possiamo incontrare e sperimentare la dinamica della misericordia e la sua forza trasformante. Dopo aver delineato il vocabolario biblico della misericordia, proponiamo un percorso in due tappe: a) Gesù, “volto” della misericordia del Padre; b) Dai “volti” umani al “cuore” del Vangelo.1

1. Il vocabolario biblico della misericordia
Per esprimere il concetto di “misericordia”2 nella tradizione ebraica, si utilizzano due parole-chiave: rechem e hesed. In ebraico rahamîm (= viscere) indica l’amore intimo proprio della madre e del padre. Si tratta dell’amore viscerale, che lega le persone allo stesso sangue e permette di vivere sentimenti di appartenenza parentale.
Tale misericordia può essere interpretata, in base al secondo contesto, come “compassione” o “perdono” (cf Sal 106,43; Dn 9,9). Il secondo termine hesed (= amore benevolente) indica una deliberazione cosciente, un atto positivo di voler amare l’altro. Si tratta di un atteggiamento relazionale che supera la logica del dovere: vivere la  misericordia significa costruire relazioni di accoglienza e di gratuità.
Questo processo interiore implica un impegno personale verso l’altro e, di conseguenza, una responsabilità sociale. Esercitare misericordia significa decidere di amare con benevolenza e volere il bene di un’altra persona. La misericordia è quindi una condizione che vuole il bene dell’altro e, in quanto tale, essa è oblativa e liberante.
Il termine hesed è reso in greco con éleos, che indica la compassione verso il prossimo. Tale relazione ci fa comprendere la connessione tra misericordia e pietà. Vi sono ancora altri termini che definiscono la realtà della misericordia come la commiserazione (oiktirmós) e l’intimità (splánchna= la viscera; splanchnízein=amare visceralmente).
Il vocabolario della misericordia esprime il mondo dei sentimenti intimi, la dinamica della compassione, la forza dell’amore benevolente, la tenerezza e la simpatia di “colui che ama”. Tale linguaggio è applicato anzitutto a Dio e descrive la gamma delle espressioni e delle metafore con cui si presenta la figura di Dio “misericordioso” nella Bibbia.

2. Gesù Cristo, rivelatore della misericordia del Padre
La forza dirompente della misericordia (éleos) di Dio che perdona e salva si compie nella persona e nella missione di Gesù di Nazaret.
È soprattutto l’evangelista Luca a sottolineare la prospettiva della misericordia. In particolare alcuni racconti rivelano la natura della misericordia di Dio Padre verso gli uomini. La misericordia viene evocata nel Magnificat (Lc 1,50.54) e nel Benedictus (Lc 1,72.78). A Nazaret Gesù proclama il progetto della misericordia come segno del compimento messianico (Lc 4,16-30) e in seguito il Signore insegna il valore della misericordia e della solidarietà (Lc 6,36-38). In modo particolare il messaggio teologico sul tema culmina nelle tre “parabole della misericordia” (Lc 15,1-32).

2.1 La misericordia come “vocazione”
Rileggendo i tre Vangeli si può notare, sia nei racconti dei miracoli, sia nei suoi insegnamenti, come il Signore rivela la misericordia di Dio che agisce mediante la potente opera liberatrice e risanatrice dell’uomo. Prima di essere un’opera di guarigione, la misericordia si presenta come una “vocazione” (cf Mc 2,13-17; 5,19)3.
Lo sguardo misericordioso di Cristo si comprende all’interno della chiamata alla conversione e alla missione (Mc 2,17). Nei racconti di guarigioni, al grido d’aiuto «abbi misericordia», Gesù risponde con l’amore, la rassicurazione, il perdono e la guarigione fisica (cf Mt 9,27; 15,22; 17,15; Lc 17,13). Nel corso della sua missione il Signore ricorda agli scribi e ai farisei il monito profetico che deve diventare programma di vita: «Misericordia io voglio e non sacrifici» (Mt 9,13; 1Sam 15,22). Lo stile della misericordia si traduce in esperienza di compassione e di solidarietà nei riguardi delle folle stanche e sfinite (cf Mt 9,35; Mc 6,34; 8,2) e dei singoli personaggi che incrociano il suo cammino (cf Lc 7,13; 19,10; Gv 8,10-11). L’irruzione della misericordia destruttura la logica della “legge” farisaica a tal punto da diventare un capo si accusa contro Gesù: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro» (Lc 15,2). Se la misericordia diventa motivo di scandalo per i legalisti farisei, essa costituisce la strada nuova dell’incontro con Dio per quanti accolgono il Vangelo della salvezza. Guardando a Cristo crocifisso che perdona i suoi carnefici, i credenti scoprono la potenza trasformante del mondo (cf Lc 23,34). In Gesù si rivela il volto della misericordia del Padre e si realizza la fraternità universale (cf Mt 6,12; 18,12-35). 

2.2 La misericordia come “beatitudine”
La ricchezza trasformante della misericordia, rivelata pienamente nella missione di Gesù, si traduce in “beatitudine”. «Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”» (Mt 5,1-3).
Sulla montagna, dichiarando “beati“gli uomini, il Signore inse gna a cercare in Dio misericordioso la felicità piena. In particolare l’evangelista Matteo riporta la quinta beatitudine: «Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Si riassume in modo essenziale il progetto di Dio per edificare una nuova umanità.
“Essere felici” e realizzare la propria vocazione secondo il Vangelo implica un cammino di fede che apre il cuore alla logica del perdono. Dio solo è sorgente di perdono, ha “viscere di misericordia” ed è in grado di soccorrere i miseri e di rimettere i peccati. Nondimeno la nostra beatitudine presenta la dinamica della misericordia come un processo generativo del credente, che porta alla felicità e all’interiorizzazione dell’amore di Dio. La misericordia del Padre è la condizione per vivere la profezia del perdono tra gli uomini (cf Mt 6,12). L’intera predicazione del Signore e la successiva riflessione ecclesiale evidenziano che non c’è una strada alternativa alla misericordia gratuita e liberante che proviene dal Padre, Dio «ricco di misericordia» (cf Ef 2,4; Gc 5,11). La beatitudine è ulteriormente spiegata nell’eloquente parabola del «servo spietato» (cf Mt 18,2335).
In essa si contrappone la logica utilitaristica di un servitore che utilizza la durezza della legge per ottenere risarcimento, alla logica della misericordia illimitata di Dio che previene e libera da ogni debito. L’esperienza della vita ci insegna come s’impara la misericordia dal perdono ricevuto (cf 1Tm 1,13.16).

3. Dai “volti” umani al “cuore” del Vangelo
Nel volto misericordioso di Cristo si rispecchiamo i “volti umani”  narrati nei Vangeli. Scopriamo i tratti della misericordia in sei personaggi: il paralitico guarito (Mc 2,1-12); la peccatrice perdonata (Lc 7,36-50); il padre misericordioso (Lc 15,11-32); Simon Pietro (Mt 18,21-22); il buon ladrone (Lc 23,39-43); la comunità degli apostoli (Gv  20,19-23). 

3.1 Il paralitico guarito (Mc 2,1-12)
Fin dai primi atti del suo ministero Gesù annuncia l’essenza del  Regno dei cieli nella linea giubilare della misericordia (cf Lc 4,1622). È soprattutto l’episodio del paralitico guarito nella casa di Cafarnao (Mc 2,1-12) a rivelare il motivo messianico del perdono dei peccati.
La scena marciana assume un valore programmatico per la rivelazione di Gesù e la novità del suo messaggio rispetto all’in segnamento farisaico. La guarigione del paralitico non indica solo un prodigio fisico, ma una trasformazione interiore. Di fronte ai farisei che lo giudicavano per l’autorità che egli esprimeva, Gesù afferma: «Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua» (Mc 2,10-11). Il potere di perdonare i peccati viene da Dio. Gesù è venuto sulla terra per chiamare i peccatori alla conversione (Mc 2,17; Lc 5,32) e per rinnovare l’uomo, a partire dal suo cuore malvagio (Mc 7,20-23). 

3.2 La peccatrice perdonata (Lc 7,36-50)
Possiamo affermare che la missione di Cristo è segnata dalla “strada del perdono”. In questa strada s’incrociano le figure più diverse, poveri e ricchi, uomini e donne, ebrei e pagani, giovani ed anziani. Tutti trovano in Cristo accoglienza e misericordia. Tra i vari episodi, il racconto lucano della peccatrice perdonata (Lc 7,3650) è particolarmente significativo. Invitato da Simone il fariseo, Gesù sta consumando il pasto insieme ai commensali, mentre una peccatrice di quella città lo raggiunge e, stando dietro, rannicchiata e umiliata dagli sguardi della gente, compie un gesto di profonda tenerezza.
L’evangelista annota: «Stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo» (Lc 7,38). Lo stupore invade gli astanti, mentre Simone giudica nel suo cuore il Maestro, perché si lascia toccare da una donna peccatrice (Lc 7,39).
La scena è dominata dalla figura autorevole del Signore, che cerca di far riflettere Simone sul rapporto tra giustizia e misericordia (vv.40-43). Con il suo gesto estremo la donna anonima ha voluto significare il desiderio di conversione e di rinnovamento del suo cuore.
Non per mezzo della legge, ma attraverso la strada dell’ascolto e del pentimento sincero si può ottenere la remissione delle proprie colpe. Due visioni si contrappongono: il fariseo resta nel suo pregiudizio legalistico, sentendosi giusto davanti agli altri, mentre Gesù proclama il perdono dei peccati che è conseguenza della fede e dell’amore di Dio. Perciò può dire alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace» (Lc 7,50).
Il cuore della Legge è l’amore misericordioso di Dio, pienamente rivelato nel volto del Figlio. 

3.3 Il padre misericordioso (Lc 15,11-32)
Nella sezione lucana delle parabole della misericordia (cf Lc 15), la storia del “Padre misericordioso” assume un rilievo particolare e progettuale per il nostro tema. Gesù narra la parabola al cospetto dei pubblicani, mentre i farisei e gli scribi mormoravano contro di lui e la sua consuetudine di stare con i peccatori (cf Lc 15,1-2). È Dio che desidera la conversione dei peccatori e che va in cerca di coloro che si sono perduti (cf le due parabole in Lc 15,3-7; 8-10). Chi è Dio? Dio è “padre” e vive la paternità nella continua cura per i suoi figli. Chi siamo noi? Noi siamo ora il figlio minore che “rompe” le relazioni con il Padre e si allontana dalla sua casa, perdendosi; oppure siamo il “figlio maggiore” che giudica il padre stando nella sua casa e pretendendo di escludere gli altri per avere potere su ogni bene. La logica del “perdono di Dio” si cala nelle due prospettive e le supera, rivelando la novità del messaggio evangelico.
Nella parabola si impone l’immagine autorevole e dinamica del padre “che esce” per andare incontro ai due figli (vv. 19.28) e che trasforma il fallimento in festa, il peccato in amicizia, la lontananza in prossimità.
Il perdono è un “tornare a vivere” nell’affetto del padre, nella sicurezza della casa che accoglie. Il perdono s’interpreta solo nel progetto salvifico della Pasqua di Cristo, evocata dal messaggio straordinario che fuoriesce dalle labbra del Padre: «Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (Lc 15,24.32). 

3.4 Simon Pietro (Mt 18,21-22)
È la comunità dei credenti che raccoglie la sfida del perdono ed  è chiamata a viverla nella quotidianità. Segno di questa fatica è il “discorso ecclesiale» di Matteo (Mt 18,1-35), che insiste sul motivo del “perdono” come dono di Dio e, conseguentemente, impegno ecclesiale (cf l’uso insistente del “voi”). Nel discorso della montagna Gesù aveva annunciato il tema del perdono, insegnando la preghiera del Padre Nostro e la logica della remissione dei debiti (Mt 6,12).
Così concludeva il brano: «Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6,14-15). Proponendo il primato del perdono, Gesù chiede ai discepoli di farsi “piccoli” per entrare nel Regno e di costruire relazioni di comunione per edificare la Chiesa. La domanda rivolta da Simon Pietro al Signore diventa un’occasione per puntualizzare la prassi del perdono: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino  a settanta volte sette» (Mt 18,21-22). La misura prevista per il perdono del fratello era di tre volte secondo la prassi rabbinica. Simone vuole proporre a Gesù una misura maggiore, più tollerante: perdonare «fino a sette volte».
La risposta del Signore è ancora una volta imprevedibile e liberante: come il perdono di Dioè senza misura, così la comunità deve tendere a vivere il perdono nella pienezza (il numero “7”) e verso tutti, senza distinzioni (il numero “70”). Solo una comunità fondata sulla prassi del perdono e della cura verso l’altro potrà avere futuro nel cammino verso il Regno. 

3.5 Il buon ladrone (Lc 23,39-43)
L’ultimo atto di Gesù sulla croce fu l’accoglienza e il perdono  verso il buon ladrone. È in questa immagine finale della passione di Cristo che si racchiude tutto il messaggio evangelico del perdono.
Si tratta del dialogo struggente di Cristo appeso alla croce tra i due ladroni. Solo l’evangelista Luca racconta l’episodio del perdono finale. Il primo malfattore malediceva Dio e insultava Gesù (Lc 23,39) che stava perdonando ai suoi crocifissori (Lc 23,34), mentre il secondo implorava la misericordia celeste dopo aver riconosciuto la giustizia della sua punizione. Si tratta di un episodio che conferma la prospettiva del perdono evangelico. Nessun uomo può ergersi a giudice dell’altro, ma tutti possono aprirsi alla misericordia divina e ricevere il perdono. Anche se le nostre colpe fossero tanto gravi, non vi sarà mai peccato che ostacoli l’intervento misericordioso di Dio, perché Dio è più grande del nostro cuore e conosce il nostro intimo.
Nell’immagine dell’ultimo malfattore possiamo riconoscerci tutti: gli errori della vita, i progetti sbagliati, le conseguenze della nostra solitudine, la giustizia umana e l’emarginazione. Salire sulla croce e vivere l’ultimo atto della nostra vicenda terrena potrebbe sembrare l’inevitabile strada senza uscita! Ma è proprio su quella cessare di cercare e di scoprire. In quest’ultimo dialogo avviene il miracolo del perdono, che ogni giorno si rinnova per l’amore crocifisso di Dio: «“Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”» (Lc 23,42-43).

3.6 La comunità degli apostoli (Gv 20,19-23)
Affidando la responsabilità della comunità dei credenti a Simon Pietro, il Signore conferma l’autorità di legare e di sciogliere (cf Mt 16,19-20). Nella tradizione rabbinica si tratta dell’autorità di liberare i credenti dai vincoli della Legge. In questa prospettiva l’autorità affidata alla Chiesa e ai suoi ministri consiste nel rendere presente l’azione misericordiosa di Dio nei riguardi dei peccatori che implorano per se stessi e per le loro famiglie il perdono e la remissione dei peccati. Tale autorevole mandato si conferma nel discorso ecclesiale (Mt 18,18) e nell’apparizione del Risorto agli apostoli nel cenacolo: «“Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”» (Gv 20,21-23). Accogliendo questo mandato, la Chiesa fin dall’inizio ha esercitato il ministero della misericordia mediante il sacramento della Riconciliazione. In esso si rivela il volto del Padre misericordioso, sempre pronto a perdonare e ad accogliere i suoi figli.

4. Le due “vette” della misericordia evangelica
Il percorso evangelico ha fatto emergere i tratti indicativi del  “volto misericordioso” di Dio, rivelati nella persona e nella missione di Gesù Cristo. Possiamo visualizzare il cammino della misericordia come un sentiero che porta a due “vette”: il monte delle Beatitudini e quello del Golgota. Nella prima vetta, Gesù chiama i credenti a vivere lo stile misericordioso del discepolo. Nella seconda vetta, il crocifisso “perdona” i suoi carnefici (Lc 23,39) e accoglie nel regno il ladrone convertito. La scoperta del volto misericordioso di Gesù non può rimanere un ricordo astratto, ma deve tradursi in un’esperienza viva e vocazionale, riassumibile nell’invito che Papa Francesco rivolge a tutti i credenti: «È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli.
Il perdono è una forza che risuscita a vita Nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza»4.

NOTE
1  Francesco, Misericodiae Vultus. Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, Città del Vaticano, 16.04.2015, n. 1.
2  Cf B.M. Ferry, «Misericordia», in Dizionario Enciclopedico della Bibbia, Città Nuova, Roma 1995, pp. 875-876; R. rodriguez da silva, «Misericordia», in Temi teologici della Bibbia (Dizionari San Paolo), a cura di r. Penna, g. Perego, g. ravasi, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2010, pp. 857-863; C. rocchetta, «Tenerezza», ivi, pp. 1371-1376; K. romaniuk, Il  grembo di Dio. La misericordia nella Bibbia, Ancora, Milano 1999; C. rocchetta, Teologia della  tenerezza. Un “Vangelo” da riscoprire, Dehoniane, Bologna 2002; C. rocchetta – r. manes La tenerezza grembo di Dio Amore. Saggio di teologia biblica, Dehoniane, Bologna 2015.
3   Cf Francesco, Misericodiae Vultus, n. 8.
4   Francesco, Misericodiae Vultus, n. 10.