N.05
Settembre/Ottobre 2016

Dal buio alla luce

(Titolo originale: Marie Heurtin)

 

Regia: Jean-Pierre Améris
Sceneggiatura: Philippe Blasband, Jean-Pierre Améris
Interpreti: Isabelle Carré, Ariana Rivoire, Brigitte Catillon, Laure Duthilleul, Martine Gautier, Sonia Laroze, Patricia Legrand, Christophe Tourrette, Gilles Treton
Produzione: Escazal Films
Distribuzione: Mediterranea Productions
Durata: 95’
Origine: Francia, 2014

 

Marie Heurtin è l’ultima opera del regista francese Jean-Pierre Améris, che ha raggiunto il grande pubblico con altri due film: Emotivi anonimi (2011) e L’homme qui rit (2012). 

La vicenda
È ambientata in Francia sul finire del XIX secolo.
Marie Heurtin è una ragazza cieca e sorda di circa quattordici anni. Il padre la porta all’Istituto Larnay che si occupa dell’educazione di ragazze sordomute. Ma il caso di Marie, che è anche cieca, viene considerato impossibile e la ragazza viene rifiutata. Marguerite, una suora giovane e malata di polmoni, sente la vocazione di dedicarsi a tempo pieno all’educazione di questo essere dal comportamento animalesco e, ottenuto il permesso della Madre superiora, incomincia a prendersi cura di lei. Con grande impegno e determinazione, superando inevitabili momenti di scoraggiamento, riesce, poco alla volta, a recuperare Marie ad una vita pienamente umana. Dopo la sua morte, Marie si reca sulla tomba della sua amica benefattrice e le esprime tutta la propria gratitudine, impegnandosi ad imitarla nel recupero di altre ragazze bisognose. 

Il racconto
Possiede una struttura lineare e inizia con una didascalia che precisa: «Questa storia è ispirata a fatti realmente accaduti in Francia alla fine del XIX secolo».

Introduzione
Il rifiuto – La prima immagine rappresenta una mano protesa verso il cielo, in controluce. Quella mano appartiene a Marie, una ragazza che viene portata dal padre, su un carro, verso l’Istituto Larnay. La ragazza è legata con una corda. I rumori sono ovattati, pressoché inesistenti, per indicare lo stato di sordità della ragazza. Quando poi la si vede tastare il volto del padre con la mano, ci si rende conto che è anche cieca. Alcuni elementi narrativi diventano immediatamente tematici: la corda, che serve per non farla cadere dal carro, esprime lo stato di costrizione in cui si trova la ragazza; la mano protesa verso il cielo rappresenta il tentativo di sentire il calore del sole, ma esprime anche, simbolicamente, un desiderio di elevazione (come – si vedrà più avanti – il fatto di arrampicarsi sugli alberi). Subito dopo appare suor Marguerite, intenta a raccogliere i pomodori e ad ammirarne uno piccolino, particolarmente bello. Sono così già presentate le due protagoniste del film con le loro caratteristiche: lo stato di prigionia in cui si trova Marie e la sensibilità di Marguerite verso le cose belle (anche se piccole).
Marie viene affidata dal padre alle suore, ma la ragazza scappa e va a rifugiarsi su un albero. Suor Marguerite, con fatica, si arrampica per andare a prenderla. Con grande accortezza le si accosta, la guarda amorevolmente, la tocca con delicatezza e riesce a stabilire un primo contatto. Marie con una mano tocca la mano della suora e con l’altra le tocca il viso: è il suo modo di conoscere le cose e di rapportarsi con il mondo. Poi Marguerite cade dall’albero.
La Superiora non se la sente di farsi carico di una ragazza che è anche cieca e, seppur a malincuore, invita il padre a riportarsela a casa. 

1a parte
La vocazione e la missione – Suor Marguerite resta colpita da quell’incontro e annota (il 10 maggio) nel suo diario: «Ho incontrato un’anima. Un’anima piccola, un’anima fragile, un’anima imprigionata di cui ho visto i bagliori splendere attraverso le sbarre della sua prigione. Prima di salire sull’albero avevo pensato che fosse una selvaggia, un animaletto. Ma, su quell’albero, lei mi stava aspettando. Come comunicare con quella piccola, confinata nella notte e nel silenzio? Come farla parlare? Ed ascoltare? Come sarà vivere nell’oscurità totale e nel silenzio assoluto?».
La prima cosa che fa suor Marguerite è quella di mettersi nei panni di Marie, mettendosi dei tappi nelle orecchie e facendosi bendare per capire che cosa si prova ad essere in quella condizione. Poi va dalla Madre superiora e la implora di potersi prendere cura di quella povera ragazza. Di fronte all’opposizione della Superiora, Marie prima afferma di aver avuto una rivelazione, poi si corregge: «Volevo dire: ho avuto un’idea, una semplice idea. Potrei sbagliare, certo. Ma se non mi sbagliassi, se la mia missione fosse quella di aiutare questa poveretta e offrirle la parola perché entri nel mondo degli uomini di Dio?». Riconosce di essere malata e fragile, ma desidera ardentemente dedicarsi a quella causa. La Superiora sembra irremovibile, ma poi, con un’ellissi temporale, vediamo Marguerite che si reca a casa di Marie: «Sto andando a prendere la piccola Marie. Sono emozionata quasi quanto il giorno in cui ho preso i voti».
È significativo che sia lei ad andarla a cercare e non aspetti che gliela portino. Cerca di stabilire un contatto con lei, ma ne nasce una lotta furiosa. Finalmente i genitori gliela affidano e le consegnano un coltello cui la ragazza è particolarmente affezionata. Ammettono di non essere mai riusciti a farle mettere le scarpe, né pettinarla, né vestirla. Il padre lega con una cinghia la mano di Marie con quella della suora: si tratta di un “legame” che non verrà più spezzato. Durante il viaggio verso l’Istituto, Marguerite fa di tutto per conoscere quell’essere ai suoi occhi misterioso. Durante una sosta in una stalla, Marie abbraccia una mucca e Marguerite cerca di farle capire di che cosa si tratta tentando di iniziarla alla lingua dei segni. Poi se la carica sulle spalle. Infine utilizza una carriola (con grande divertimento da parte di Marie) per trasportarla fino all’Istituto. Qui viene accolta con grande curiosità sia da parte delle suore che da parte delle ragazze ospiti. Marie passa in rassegna tutte le suore toccando loro il viso con la mano, l’unico strumento che possiede per conoscere la realtà. Ma le cose non sono certo facili. Nel dormitorio Marie viene quasi aggredita dalle altre ragazze; nel refettorio non vuole stare seduta a tavola e si ribella violentemente. È il lungo periodo della prova, delle difficoltà, delle paure. Marguerite annota nel suo diario:
– «26 giugno: Calvario, calvario, calvario. Per ora la mia vita con Marie è un calvario. Quale cammino percorrere?»;
– «20 settembre: Sono quattro mesi che mi occupo di Marie e il suo linguaggio non ha fatto alcun progresso. Il suo comportamento è decisamente quello di un animale selvatico»;
– «27 ottobre: Ancora nessun progresso. Marie è peggiorata da quando è qui. Il che è normale. L’ho portata via dai suoi genitori, dalla sua casa. L’ho portata via dalle poche cose che conosceva, l’ho strappata al suo mondo».
Dopo che Marie si è ferita ad una mano rompendo il vetro di una finestra, Marguerite va in crisi. Ha la sensazione di avere sbagliato tutto, di non essere in grado di gestire la situazione, di non essere una buona educatrice. Ma una sua consorella, suor Raphaelle, la incoraggia e le fa capire che, se anche ha sbagliato, può fare meglio: «Tu hai già fatto un passo. Puoi farne altri». Va notato a questo punto che l’immagine riprende spesso Marguerite accanto al crocifisso (a volte sfocato), proprio per evidenziarne l’aspetto cristologico. 

2a parte
Dai sensi all’intelletto – Superata la crisi, Marguerite riprende pazientemente la sua azione educativa. Il 15 novembre si prepara a sistemare i capelli a Marie, ma ne nasce una conflitto terribile. Le due donne lottano corpo a corpo, ma poi, quando Marie si trova a letto in posizione fetale, la suora le si avvicina lentamente e, con grande delicatezza, riesce finalmente a spazzolarglieli. È l’inizio di una nuova fase, in cui i progressi diventano continui ed evidenti.
Dopo i capelli, il bagno. Marguerite resta stupita nel vedere che Marie cerca di lavarsi da sola e la incoraggia. Poi il vestito. Con le braccia alzate Marie si lascia vestire, e poi infilare le calze, e poi mettere le scarpe. Il suo aspetto esteriore ora è completamente trasformato: sembra un’altra ragazza. La musica extradiegetica sottolinea questo importante traguardo e Marie può uscire nel cortile e “assaporare” la neve che sta cadendo, con espressione felice. Marguerite la guarda con grande gioia, soddisfatta. Nasce anche un nuovo tipo di rapporto. Marie, che ora dorme in camera con Marguerite, si avvicina alla suora e l’abbraccia, a testimonianza di un sentimento nuovo che sta nascendo in quell’anima imprigionata.
Un episodio importante è quello dell’altalena. Marguerite spinge Marie sull’altalena, ma quando arrivano due bambine che vogliono salire al suo posto, la suora vorrebbe farla scendere. Marie si ribella e non vuole cedere il posto. Poi, visto che nessuno la spinge più, poco alla volta capisce come la cosa funziona e riesce, da sola, a dondolarsi sempre più in alto. «Ha capito! Brava!», esclama con gioia suor Marguerite.
A tavola, improvvisamente, Marie tira fuori il suo coltello e se ne serve per tagliare le verdure. Marguerite allora ne approfitta per cercare di farle capire come si dice “coltello” con la lingua dei segni. La ragazza, però, non ne vuole sapere. Ma la suora non demorde: ripetutamente, a più riprese, cerca di farglielo capire. Tutto sembra inutile, ma quando ormai sembra che non ci sia più niente da fare, Marie, con le dita, fa il segno del coltello. È scattata in lei la scintilla dell’intelletto, la capacità di collegare l’esperienza sensoriale con l’elaborazione concettuale che si esprime poi nel segno.
Marie è colma di gioia e corre ad avvertire la Superiora: «Sta funzionando, madre, sta funzionando». Marie vuole imparare anche altri segni: forchetta, pane, carota, mela, uva, foglia. È il 15 giugno e Marguerite esprime tutta la sua gioia: «È meraviglioso, un’esplosione di linguaggio. La difficoltà è stata tutta nell’imparare la prima parola. L’apprendimento delle parole successive è stato di una semplicità quasi miracolosa. Marie vuole dare un nome a tutto, conoscere tutto. Prima le parole semplici, poi verranno gli aggettivi, poi le frasi, poi la grammatica, poi le parole astratte. Spero di essere ancora viva per assistere a tutto questo». Ciò dimostra che la sua intelligenza non si è spenta, come temeva la Superiora e come pensavano altre suore nel vedere le difficoltà che si manifestavano.
È giunto il momento di dirlo ai genitori. Marie li aspetta con ansia, davanti all’Istituto, in compagnia di Marguerite. L’incontro è commovente. I genitori restano meravigliati di fronte a quel cambiamento così radicale. Poi Marie fa vedere loro che è capace di scrivere il suo nome con i caratteri mobili; dice che ha imparato l’alfabeto e anche l’ortografia delle parole; esprime la sua felicità e il suo amore. I tre si abbracciano e si baciano. Ma proprio in questo momento Marguerite si allontana da loro perché si sente male.

3a parte
Dall’intelletto al senso della vita – La salute di Marguerite peggiora sempre più. La Superiora le ordina riposo e aria di montagna: «Non diremo a Marie che partite. Le farebbe troppo male».
Dopo la partenza di Marguerite, Marie la cerca dappertutto con un verso che sembra un lamento disperato. Suor Raphaelle si prende cura di lei, ma Marie non l’accetta. Rifiuta il cibo e ingaggia con la suora una lotta, come aveva fatto all’inizio. Allora suor Raphaelle si decide a scrivere a Marguerite.
Quando Marguerite riceve la lettera decide, contro il parere del medico, di far ritorno: «Vorrei portare a termine il mio compito prima di morire». E durante il viaggio, con gioia, esclama: «Torno da Marie. Lei è la mia gioia, la figlia della mia anima, la luce della mia vita».
Quando Marguerite entra in camera, si avvicina a Marie e si fa riconoscere. La ragazza la picchia per averla abbandonata; poi l’abbraccia con affetto. Tutto sembra riprendere come prima e Marie si diverte a toccare i tasti del pianoforte, quasi per “sentire” la musica.
Improvvisamente muore una suora. Marguerite allora cerca di dare un ultimo insegnamento alla sua diletta. Le fa toccare il cadavere della defunta e le spiega che cos’è la vita e che cos’è la morte. Poi le annuncia che presto anche lei dovrà morire. Marie si ribella: «Non ti permetto di morire». Marguerite allora le fa capire che non dipende da lei, ma da Dio. E di fronte alla domanda della ragazza: «Chi è Dio? Dov’è? Non posso toccarlo», risponde semplicemente: «Lui è dappertutto. Là, là e là. E anche qui (indicando il petto della ragazza)». È un momento di grande intensità: le due donne sono unite in un abbraccio d’amore davanti alla croce del cimitero.
Il 20 aprile Marguerite scrive: «Mi ha regalato così tanto. Mi ha fatto scoprire un altro mondo che io ignoravo completamente. Un mondo che si tocca, un mondo dove tutto ciò che è vivo pulsa sotto le dita». Ma le sue condizioni peggiorano velocemente. Ora è Marie che si prende cura di lei: le porta da mangiare a letto e l’assiste. Ma quando la cosa diventa veramente grave, Marguerite non vuole più vederla.
Inutilmente Marie tenta di entrare nella camera. Respinta, fugge e si rifugia su un albero. Questa volta è la Superiora che la va a prendere. Poi si reca da Marguerite e cerca di convincerla: «Figlia mia, perché non volete parlare alla piccola un’ultima volta?». La suora risponde: «Non sono pronta». La Superiora conclude: «Non avete più tempo per essere pronta. La vostra piccola, lei è pronta. Avete fatto un buon lavoro. Lei sa che la lascerete, l’ha accettato. Ma voi no; non volete accettare di lasciarla».
Finalmente le due donne si ricongiungono. È il momento del commiato, dell’addio. Marguerite chiede alla ragazza: «Continuerai ad imparare? Non sarò più io ad aiutarti»; Marie risponde: «Se ne occuperanno le altre sorelle». Ora è Marguerite che con la mano tocca il viso di Marie. L’immagine, con angolazione dall’alto, riprende le due donne strette in un abbraccio d’amore. Fa seguito una lunga dissolvenza.

Epilogo
La riconoscenza e l’imitazione – Marie si reca sulla tomba di Marguerite a portare un mazzolino di fiori. Davanti alla croce si rivolge alla sua “amica”: «Sorella Marguerite, ti penso spesso, ti penso tutto il giorno. Quando imparo cose nuove penso a te. Fino ad oggi ho imparato molte cose. Ma tu mi vedi dal cielo: spero che tu sia fiera di me. Oggi è arrivata una bambina. È come me, sorda e cieca. Ma è diversa da me quando sono arrivata qui. Lei non urla, non si muove. Profuma di buono, profuma di pane. Lei aspetta. Cosa aspetta? Aspetta la parola. Le sorelle le insegneranno come tu hai insegnato a me. Le aiuterò. Spero che diventeremo amiche. Tu ed io eravamo più che amiche». Una zoomata all’indietro con angolazione dall’alto, quasi ad imitare il punto di vista di Marguerite, si conclude con una dissolvenza in chiusura e con la musica che suggella questo importante punto d’arrivo.
Due didascalie concludono il film: «Marie Heurtin ha vissuto tutta la sua vita all’Istituto Notre Dame di Larnay fino alla sua morte il 22 luglio 1921, all’età di 36 anni»; «Grande lettrice, imbattibile a domino, non ha mai smesso di studiare ed è stata una guida per tutte le ragazze sordo-cieche che dopo di lei furono accettate a Larnay».

Significazione
Nasce da due elementi strutturali che sono presenti in tutto il film: da un lato, la condizione di Marie, una ragazza selvaggia che viene considerata irrecuperabile a causa della sua menomazione; dall’altra, la vocazione e la missione educativa di suor Marguerite che riesce, non senza difficoltà, a ottenere risultati sorprendenti. La sua dedizione e il suo amore non solo portano Marie ad una piena umanizzazione e a un sentimento di riconoscenza, ma sono “contagiosi”, in quanto producono nella ragazza il desiderio di seguire il luminoso esempio della suora, mettendosi al servizio dei più bisognosi.

Idea centrale
Anche di fronte ai casi più difficili e apparentemente impossibili, un’autentica e profonda vocazione educativa riesce a ottenere risultati insperati. Con la forza dell’amore e con la dedizione della propria vita si può creare vera umanizzazione, fatta di sentimenti, idee, capacità di comunicare e di amare.