N.06
Novembre/Dicembre 2016

I Modà

Francesco Silvestre nasce a Milano il 17 febbraio 1978, ma cresce a Cassina de’ Pecchi (MI). Inizia a studiare pianoforte a 5 anni e termina i suoi studi di musica classica a 13 anni. Fin da adolescente scrive canzoni, arrangiandole con la collaborazione di Enrico Palmosi; ciò lo porta alla passione di creare e scrivere brani anche per altri artisti.
Nel 2002 fonda i Modà, con cui pubblicherà un EP, cinque album in studio e varie raccolte. Nel 2005 partecipa con il suo gruppo a “Sanremo Giovani 2005” con il brano Riesci a innamorarmi; mentre a “Sanremo Artisti 2011”, in coppia con la cantante Emma, si classifica secondo con la canzone Arriverà. A “Sanremo 2013”, nella categoria campioni, con le canzoni Come l’acqua dentro il mare e Se si potesse non morire, entrambe contenute nel quinto album dei Modà Gioia, il gruppo si aggiudica il terzo posto in classifica.
Il gruppo dei Modà vanta l’onore di essere considerato a tutti gli effetti come realtà musicale ereditaria di una storica band italiana, i Pooh. Un riconoscimento che arriva dopo numerosi anni di gavetta.
Buona parte del successo raggiunto dalla band è da considerarsi nel talento autoriale di Silvestre, capace, negli anni, di dar vita a brani a metà tra le classiche ballad pop e pezzi dalle sonorità pop-rock.
È stato soprattutto il web ad accorgersene quando, una volta esplosa la moda dei social network, in molti iniziavano a condividere le canzoni dei Modà, con tanto di citazioni romantiche estrapolate proprio dai testi firmati da Francesco Silvestre.
La dolcezza dei brani viene considerata come una vera chicca del repertorio del gruppo musicale.

Francesco è il quinto singolo estratto da Passione Maledetta, album recente dei Modà, presente ai piani alti delle charts ed entrato in rotazione radiofonica dopo l’annuncio sulla pagina Facebook ufficiale. È un brano tutto dedicato al rapporto tra genitori e figli; nel video di Francesco, diretto da Fabrizio De Matteis e Matteo Alberti, Kekko compie il suo percorso da solo, attraversando lunghi corridoi, fino ad arrivare a cantare con i suoi compagni.
Nel testo del brano, che meglio di ogni altra occasione spiega chi sia Francesco Silvestre, si ripercorrono tutti i tratti fondamentali della crescita di un figlio diventato genitore: «Prima di essere genitori, siamo stati tutti figli, ma è quando si diventa genitori che si capiscono le paure e i consigli di chi ci ha cresciuto. Questa canzone è per Gioia e anche per mio padre e mia madre (…). Francesco non dimenticare mai cosa è il rispetto: partirai in vantaggio…; non pensare a gareggiare col mondo: la sfida è con te stesso».
Sia nel testo sia nella musica, i Modà tengono in equilibrio la tenerezza e la severità, elementi importanti per aiutare a crescere, quotidianamente, futuri uomini e donne forti, ma, nello stesso tempo, attenti al mondo che li circonda.

 

…sul più alto ramo che con te raggiungemmo
Un figlio, un giovane e la sua vita, i sogni, le domande…
Un genitore, un educatore e i sui consigli, le raccomandazioni, gli avvertimenti…
La strada dell’educare fa stare sempre in movimento, protesi, estesi, diretti, ma anche accorti, prudenti, attenti in misure cercate, sbagliate, ridefinite.
Così, attimo dopo attimo, si cresce e si aiuta a crescere fino a raggiungere insieme il più alto dei rami.

…ti attraversa un raggio
A tutti gli adulti è capitato. Tra lo stress e la mancanza di tempo, succede di alzare la voce. Esasperati dai capricci tirannici di adolescenti e giovani perennemente contro, nel tentativo di farsi dare credito, si assumono comportamenti aggressivi ed impositivi che non generano risoluzione, ma solo frustrazione. L’educazione è una questione di organizzazione e di trasformazione. Occorre trasformarsi da adulto emotivo ad adulto educativo. L’adulto emotivo basa il proprio ruolo sulla verifica degli stati emotivi propri e del ragazzo che ha di fronte; agisce spontaneamente sulla base del momento, cerca la complicità, convinto che questa basti per costruire una relazione che abbia valore.
L’adulto educativo si fa delle domande. Osserva quello che accade e cerca di individuare qual è l’effettivo bisogno in gioco e qual è la strategia da seguire per camminare insieme. Le chiavi di volta sono l’esempio e la coesione: bisogna rendersi conto che per aiutare i ragazzi a diventare grandi, in questi nostri tempi così complessi e veloci, non è possibile affidarsi al caso o all’emozione del momento ma che bisogna prepararsi.
È necessario cambiare rotta: al centro l’imparare a pensare e l’insegnare a pensare. Ciascuno deve imparare a valutare, a decidere, ad assumersi le proprie responsabilità, a fare scelte, a elaborare strategie. E, ancora, ciascuno bisogna che impari a saper aspettare, a fare silenzio, ad avere senso critico. Ci si deve spronare ad avere pazienza, a prendersi il tempo necessario per trovare i passi giusti nella vita di ogni giorno.
È una lotta e una fatica, ma anche una ricerca, un piacere che fa sentire la bellezza di essere vivi con sé e con l’altro! L’ascolto è la disposizione, il tratto distintivo, addirittura l’abito di chi sta in relazione.
«Ascoltare significa essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune. Ascoltare non è mai facile. A volte è più comodo fingersi sordi. Nell’ascolto si consuma una sorta di martirio, un sacrificio di se stessi. Saper ascoltare è una grazia immensa, è un dono che bisogna invocare per poi esercitarsi a praticarlo» (Papa Francesco, Angelus, 24 gennaio 2016).
Allora i consigli troveranno accoglienza e porteranno frutto.

Non dimenticare mai cos’è il rispetto e partirai in vantaggio
Il rispetto: parola cruciale che sembra confinata a un pallido ruolo e che così faticosamente si ritrova praticata. Il rispetto verso ogni uomo, verso la libertà delle idee, verso le istituzioni, verso le parole altrui e verso la verità dei fatti. Il rispetto verso i più deboli, verso chi cresce. Verso la storia, ma anche verso le generazioni future.
Verso i diritti e verso i doveri. Verso il pianeta e il creato intero.
Verso noi stessi.
Il significato etimologico della parola rispetto è molto interessante: re- (di nuovo) spicere (guardare). Guardare ancora, guardare un’altra volta, riconoscere!
Come diceva Cicerone: «Non nobis solum nati sumus» («Non siamo nati soltanto per noi», De Officiis, I,22). Il valore del rispetto ce lo ricorda, perché ci impone di guardare di nuovo, di ri-guardare, come se ci dovessimo sforzare per vedere che attorno a noi c’è altro!
Rispettare, dunque, significa agire sapendo che non si è soli, in attenzione a ciò che è il vero e il bene. Si potrebbe dire che ri-guardando se stessi e ri-guardandosi intorno, si riesce a cogliere la verità e il bene che è in noi e che è fuori da noi. Ed è davvero partire in vantaggio!

La sfida è con te stesso
La relazione con l’altro parte e passa dalla relazione con se stessi.
C’è in gioco una sfida alta: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» (Mc 12,31). Per amarsi bisogna che ci si stimi e avere stima di sé tocca gli aspetti più profondi e intimi della persona; significa credere nel proprio valore, percepirsi come competenti, capaci cioè di affrontare la vita, di imparare, scegliere e prendere decisioni adeguate; significa percepirsi come degni di essere amati, meritevoli, all’altezza.
Credere in sé aiuta a rispondere adeguatamente a sfide e opportunità, a esperienze e relazioni; agisce come una sorta di sistema immunitario dello spirito. Consente di affrontare in modo efficace quanto la vita propone e di attingere a capacità di ripresa quando giunge il confronto con gli inevitabili insuccessi.

Tu non fermare mai il tuo cuore…
…se dentro senti che stai bruciando…
Guardarsi dentro è l’occasione per scoprire in noi un’abitazione abitata! Lì c’è la possibilità di un Incontro, lì ci sono dei materiali da costruzione, c’è l’opportunità di definire progetti e di attivarsi per la loro realizzazione. È un cantiere che ferve e brucia di energia!
La vita spirituale è sapere che c’è un’impresa che ci è assegnata e che consiste nella gioiosa fatica di liberare, di snidare la luce e la bellezza sepolte in noi, luce per camminare e scegliere, luce da gustare; bellezza di cui godere, a cui fare riferimento per realizzare quel bene che dentro avanza, cresce, evolve.
Abitare dentro di sé è davvero la più grande delle ricchezze: è avere fede e vivere nella gioia di una Compagnia stabile che regala il sapore della bellezza di vivere, amare, abbracciare, dare alla luce, esplorare, lavorare, seminare, ripartire.
Dà senso e verso alla vita: il senso del buono, il verso dell’eternità.

Il Figlio
(dai Versi del Capitano di Pablo Neruda)
Sai da dove vieni?
…vicino all’acqua d’inverno
io e lei sollevammo un rosso fuoco
consumandoci le labbra
baciandoci l’anima,
gettando al fuoco tutto,
bruciandoci la vita.
Così venisti al mondo.
Ma lei per vedermi
e per vederti un giorno
attraversò i mari
ed io per abbracciare
il suo fianco sottile
tutta la terra percorsi,
con guerre e montagne,
con arene e spine.
Così venisti al mondo.
Da tanti luoghi vieni,
dall’acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall’amore che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo.
Come una gran tempesta
noi scuotemmo
l’albero della vita
fino alle più occulte
fibre delle radici
ed ora appari
cantando nel fogliame,
sul più alto ramo
che con te raggiungemmo.