N.01
Gennaio/Febbraio 2017

Cantieri di carità e giustizia

A leggere le statistiche sulla ricchezza degli italiani, Padova è il paese di Bengodi. Al secondo posto tra le province del Veneto, con un reddito medio pro capite di 21.035 euro nel 2015 (media nazionale di 18.138), vanta un tasso di occupazione complessivo pari al 61,7 per cento. Oltre al distretto industriale della logistica, il territorio ospita i distretti produttivi del biomedicale, dei sistemi per l’illuminazione, del condizionamento e della refrigerazione industriale. Un’eccellenza del made in Italy che ha contribuito, dal secondo dopoguerra in poi, alla diffusione del benessere in tutta la provincia. Eppure, osservando con attenzione i dati, balzano agli occhi gli effetti della crisi economica. Se è vero che il tasso di disoccupazione del 9,4 per cento è più basso di circa due punti percentuali rispetto al dato nazionale, bisogna però considerare che si tratta del valore più alto da oltre vent’anni. Discorso analogo vale per gli occupati, nettamente superiori alla media del Paese, ma in costante flessione annuale: solo tra il 2014 e il 2015 sono andati perduti 11.500 posti di lavoro. Per non parlare della questione abitativa, con un incremento delle richieste legate alla casa del 133 per cento in poco meno di dieci anni.
La preoccupazione per la degenerazione della qualità di vita e l’impoverimento del tessuto sociale sono al centro dell’attenzione della Chiesa locale. Le tante ramificazioni territoriali di assistenza alle persone in stato di necessità, dalla Caritas alle parrocchie, hanno suonato un immediato campanello di allarme che non poteva restare inascoltato. D’altronde è lo stesso Papa Francesco a sollecitare una «Chiesa in uscita» che, scrive nella Evangelii gaudium, sappia «prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare». È, dunque, con l’obiettivo di stare accanto ai poveri insieme con la città che il vescovo Claudio Cipolla ha avviato il progetto “Cantieri di carità e giustizia”. Nel messaggio del 13 giugno 2016 domanda:
«Possiamo immaginare e desiderare, ancora una volta insieme, il modo di stare accanto ai poveri, costruendo percorsi di accompagnamento, di prevenzione dell’impoverimento progressivo, di soccorso per chi sta scivolando nella disperazione? Possiamo immaginare e desiderare una città che accompagna in modo personalizzato chiunque si trovi in stato di necessità? Che vede nello stesso povero delle risorse da valorizzare, energie da riattivare?».
«Certo, amare i poveri non è romantico, né comodo. Essi – sottolinea mons. Cipolla – non rispondono a un cliché che ci facciamo noi. Ma, come tutti, possono sempre sorprenderci. Quanta elasticità, fantasia, pazienza, ma anche gioia nel percorrere la strada della vita con i poveri!». «Fin dal mio arrivo a Padova», prosegue il vescovo, «ho avvertito nella città un desiderio latente, quasi una necessità, di ricostruire relazioni forti tra singoli, corpi sociali e istituzioni. Abbiamo una grande opportunità: prendersi a cuore gli ultimi, dando loro spazio e voce, è infatti quanto di più nobile e nobilitante ci sia per rimettersi insieme tra tanti soggetti diversi, senza polemiche e senza secondi fini».

Storie di carità
«Come la Chiesa è missionaria per natura, così sgorga inevitabilmente da tale natura la carità effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove» (EG).
L’iniziativa è strutturata come un percorso in tre tappe sul tema della povertà, che si propone di individuare possibilità ancora inedite, opportunità e azioni concrete di emancipazione. Nella prima fase del progetto, che si è conclusa a dicembre 2016, tutte le istituzioni cittadine sono state chiamate a compiere uno sforzo di memoria. La storia di Padova, infatti, annovera una lunga tradizione solidale che affonda le radici già prima dell’anno Mille e celebra in Sant’Antonio un modello da seguire: è lui, che nella città resta appena un anno, a mobilitare l’intera società grazie alla predicazione che, tra l’altro, induce il Comune a modificare gli statuti a favore degli insolventi.
Il progetto, coordinato dalla Diocesi e dalla Fondazione “Emanuela Zancan”, vuole dunque riannodare i fili di una memoria di generazioni di persone, di fede e di carità, per valorizzarla e condividerla in modi positivi. «Vogliamo provare a cambiare le cose», spiega Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione: «Nella lotta alla povertà tutti hanno la soluzione in tasca, che alla fine si riduce nell’inventare un nuovo trasferimento monetario all’abbisogna.
Convinti tutti, e mi dispiace che questo accada anche tra i credenti, che con i soldi ci salveremo». Contrastare la povertà, invece, è una questione seria: «Quando Gesù soccorreva le persone in difficoltà, chiedeva loro di aiutarlo e di aiutare. È quello che faremo anche noi con i Cantieri».
Tante le storie emerse durante la fase di rassegna di quanto già si fa o si è fatto in città. È il caso delle Suore Francescane dei Poveri, che ormai da vent’anni sono impegnate nell’assistenza e accoglienza alle donne vittime di tratta. Nel tempo il progetto “Miriam” ha coinvolto tanti volontari e si è aperto anche alle donne in gravidanza, mamme con bimbi piccoli e ragazze straniere in situazione di particolare disagio, favorendo il contatto con una realtà complessa e la promozione di iniziative di sensibilizzazione su tematiche riguardanti l’immigrazione e la prostituzione. Nella casa viene data la possibilità di vivere un percorso di protezione e integrazione sociale in un luogo sicuro, dove sentirsi sostenute nel cammino tortuoso verso l’autonomia. Centinaia le giovani immigrate che hanno trovato ospitalità. Attivato nel 2009 per fornire un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà a causa della perdita o della precarietà del lavoro e prive di ammortizzatori sociali, il “Fondo straordinario di solidarietà per il lavoro” è invece un’iniziativa promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Provincia di Padova e Provincia di Rovigo, Diocesi di Padova, Diocesi di Adria–Rovigo, Diocesi di Chioggia e C.C.I.A.A. di Padova. Il Fondo mira a favorire la riqualificazione professionale di persone disoccupate o inoccupate attraverso interventi formativi o inserimenti lavorativi tramite stage, tirocini e voucher, con particolare attenzione ad attività di tutoraggio per le fasce più deboli. Compiti specifici della Caritas diocesana sono la sensibilizzazione e il coinvolgimento diretto delle comunità cristiane e civili. Oltre mille le persone che nel 2015 sono state avviate al lavoro grazie al Fondo, con la partecipazione della Diocesi e del Comune, che hanno stanziato 150mila euro, della Camera di Commercio di Padova con 100mila euro e della Provincia di Padova che ha messo a disposizione i propri servizi.
Anche le Suore Francescane Elisabettine hanno avviato un’iniziativa interessante all’interno della loro struttura scolastica. Una sezione primavera dell’Istituto E. Vendramini, che si pone come un ponte tra asilo nido e scuola dell’infanzia accogliendo i bambini tra i 2 e i 3 anni, offre un servizio per le famiglie con difficoltà economiche che non hanno possibilità di pagare la retta. I figli vengono accolti a scuola e i genitori corrispondono in base alle disponibilità. Chi non avesse nulla da dare può anche scegliere di mettere a disposizione il proprio talento o la propria professionalità per contribuire all’attività scolastica quotidiana.

Non per carità ma per giustizia
«Nessuno dovrebbe dire che si mantiene lontano dai poveri perché le sue scelte di vita comportano di prestare più attenzione ad altre incombenze» (EG).
La seconda fase del progetto consiste nella realizzazione di una “mappa delle capacità” pubbliche e private, ecclesiali e civili di Padova. «Insieme sono realtà e potenzialità, per fare la differenza tra un presente molto difficile e un futuro da accendere con la speranza – spiegano gli organizzatori –, valorizzando il prendersi cura dei bisogni umani fondamentali, anche in una società inquinata dai pregiudizi e dalle paure. Per questa ragione è meno in grado di affrontare questa sfida con la forza necessaria per vincerla». La mappa consentirà anche di evidenziare i vuoti da colmare e le collaborazioni da migliorare, per non sprecare le possibilità a disposizione. Sarà strumento a disposizione di tutti, per riflettere, capire, orientarsi, intuire, investire nei “Cantieri di carità e giustizia”. Sarà inoltre utile e necessaria per verificare i frutti sociali conseguiti, per valutare i risultati dei cantieri e i benefici conseguiti a vantaggio dei più deboli. Ma soprattutto sarà uno strumento necessario per organizzarli e costruire beni comuni, con pratiche di lotta alla povertà “con i poveri”. «Dobbiamo disintossicarci da un approccio tradizionale di tipo prestazionistico, che fornisce le cose ma non incontra le persone».
Il primo passo è capire che, nella storia di Padova, la carità ha costruito la città e i modi di essere. Sant’Antonio, per dirla con una battuta, sta ancora mantenendo una parte considerevole dei padovani», spiega Vecchiato. L’idea che guida il progetto è semplice: non dare per carità quello che deve essere dato per giustizia. «Da sempre la giustizia è la carità che si è cristallizzata in qualcosa di più stabile – ribadisce il direttore della Fondazione E. Zancan –, e se la carità non continua a fare questo non avremo una giustizia più equa». Infine, il momento culminante dei “Cantieri di carità e giustizia” sarà l’attuazione di pratiche a vantaggio della collettività: «Quello che ricevi non è soltanto per te, ma per aiutarti e per aiutare». È questo, infatti, il modo scelto dalla Chiesa di Padova affinché la lotta alla povertà sia condotta “con i poveri”. Il problema principale non è cosa dare, ma cosa chiedere e proporre, in modo che le capacità dei poveri vengano valorizzate, diventando risorse per la comunità.
«La crisi ha colpito tutta l’Italia. Padova ha tenuto botta perché è una società vecchia – conclude Vecchiato –, e gli anziani ricevono le pensioni con le quali sostengono la famiglia. Ma il sistema non va bene, la gente è chiusa, non vuole gli immigrati e giudica negativamente la diversità. Scegliere di realizzare un progetto così difficile in un momento tanto duro è un bene, perché se le soluzioni individuate in simili circostanze saranno efficaci allora vorrà dire che saremo stati utili».