N.04
Luglio/agosto 2017

Dalle rovine alla vita

Una struttura fatiscente, che però custodisce ancora la memoria di generazioni di studenti passate tra le proprie mura, torna a vivere ospitando un centro polifunzionale socio-assistenziale. È quanto avviene presso l’ex convitto vescovile di Castrovillari, nella diocesi di Cassano allo Ionio: «Tutta la mia storia di prete, è una storia di carità. Quando ero parroco – racconta il vescovo, mons. Francesco Savino –, mi sono occupato di malati terminali, persone affette da Aids, disoccupati, tossicodipendenti, sfrattati, donne vittime di tratta e costrette a prostituirsi. Ho coltivato il desiderio di realizzare un progetto per i senza speranza, partendo dagli scartati. Quelli che don Tonino Bello chiamava i drop out, i marginali, i senza voce. E finalmente ci siamo riusciti».

«I misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa» (EG).

Per avviare l’iniziativa di riqualificazione degli spazi in disuso, è stata fondata a fine 2015 la Fondazione di comunità “Casa della Misericordia”.
Un segno concreto del Giubileo straordinario della misericordia voluto da Papa Francesco, che mira a promuovere la libertà personale e sociale per il bene comune e si prefigge di sviluppare la coesione attraverso la sperimentazione di forme mature di dialogo e di partecipazione. La Fondazione di comunità, spiega mons. Savino, «è lo strumento giuridico che s’inserisce nel cosiddetto terzo settore, mondo non profit che si colloca tra lo Stato e il mercato per vivere cristianamente il Vangelo incarnato accanto a persone fragili».
La consegna del primo lotto alla ditta aggiudicataria di Cassano allo Ionio è stato il primo passo per riconoscere che «ognuno di noi è portatore di valore, ognuno di noi è una risorsa e non dobbiamo lasciarci imprigionare dai sospetti». Per cogliere le esigenze più urgenti a cui fare fronte, è stata realizzata un’analisi accurata del territorio.
«La grande sfida del magistero di Papa Francesco è il discernimento. Abbiamo condotto una lettura storico-salvifica della nostra realtà diocesana, più che esclusivamente sociologica, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione per capire i bisogni delle persone. E ci siamo resi conto che c’è un problema enorme che si chiama “disabilità”. La provvidenza, poi, ha voluto che a Castrovillari avessimo una struttura abbandonata. Abbiamo pensato di trasformarla in un centro polivalente della misericordia. Il lavoro per ultimare le prime due opere, che saranno inaugurate a settembre, è stato intenso».

«Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione» (EG).

Si parte con l’opera del “Dopo di noi” che porta il nome di Isacco, il figlio impossibile di Abramo e Sara, che incarna bene come la speranza sia figlia dell’impossibilità. Il progetto è rivolto a soggetti con disabilità grave e difficoltà connesse allo svolgimento dei fondamentali atti della vita quotidiana, rimasti privi dei familiari che ad essi provvedevano: «Ci sono tanti ragazzi e ragazze disabili i cui genitori vivono con angoscia l’idea della morte. Abbiamo pensato di realizzare alcuni appartamenti dove poter far vivere già le famiglie insieme agli operatori, per creare il senso di comunità. Quando poi i figli non avranno più i genitori, ce ne occuperemo direttamente noi. È una possibilità che ci è stata offerta anche dalla legge 112/2016, tra i risultati migliori di quella legislatura, che ci consente di dare risposte concrete a chi ha bisogno. La misericordia deve diventare una prassi di attenzione agli ultimi e vogliamo far sorridere quelle famiglie che avevano perso la serenità». Nei prossimi 18-24 mesi saranno realizzate le altre opere – centro diurno per disabili “Aurora I” e “Aurora II”, comunità alloggio per anziani “Simeone”, mini appartamenti che consentiranno di realizzare occasioni di vita autonoma per persone disabili, piscina riabilitativa – che completeranno la ristrutturazione dell’ex convitto, così finalmente sottratto all’incuria. In totale saranno sette le opere segno della misericordia:
«Ci occuperemo anche di disabilità mentale, che aumenta sempre di più, e di una fascia particolare di anziani: tanti, infatti, stanno perdendo il controllo della mente pur vivendo a lungo. Che fare dei malati di Alzheimer? Che fare dei dementi? È necessario organizzare la speranza. Se vogliamo che non sia un’illusione, dobbiamo costruirla. E sono convinto che nella storia della salvezza bisogna sempre partire dai poveri».

«Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica» (EG).

“Charitas Christi urget nos” è il motto episcopale di mons. Savino:
«È la cifra interpretativa della mia esistenza. La carità asimmetrica di Cristo mi abbraccia, ne faccio esperienza e dunque faccio della mia vita una vita di prossimità. Sono vescovo di una terra bellissima e martirizzata: subiamo un’alleanza drammatica tra la massoneria deviata e la ‘ndrangheta che ha schiavizzato questa terra e l’ha resa suddita, radicando l’idea che i diritti sono elemosine e la cultura vincente è quella degli amici degli amici. La misericordia non deve essere soltanto un’esperienza liturgica, ma una prassi pastorale. Il potere dei segni, non il segno del potere». Per il vescovo «non possiamo cedere alla tentazione di una eccedenza di mercato. Tutto è diventato merce e anche i poveri rischiano di diventare merce per fare business. Noi vogliamo testimoniare la misericordia che diventa stile di vita di una diocesi in uscita, di una comunità che è ospedale da campo, di una Chiesa estroversa e non autoreferenziale che fa degli scartati i protagonisti. Tutta l’esperienza cristiana nasce a Pasqua e uno scartato, Gesù, diventa pietra angolare: la nostra pastorale, dunque, deve mettere al centro i rifiutati perché diventino il motore dell’evangelizzazione. Chi mi ha più evangelizzato nella vita sono stati i poveri, gli ammalati, i rifiutati. Ecco perché Papa Francesco sostiene che la povertà non è una categoria sociologica, ma teologica».

«Le persone sentono il bisogno imperioso di preservare i loro spazi di autonomia, come se un compito di evangelizzazione fosse un veleno pericoloso invece che una gioiosa risposta all’amore di Dio che ci convoca alla missione e ci rende completi e fecondi (EG).

La Fondazione “Casa della Misericordia” è impegnata sul territorio per favorire processi di coesione e diffondere la cultura dell’accoglienza. È attiva, inoltre, nella formazione degli operatori che opereranno all’interno del centro polifunzionale: «Credo molto nella formazione spirituale, teologica e professionale. Bisogna fare bene il bene – spiega mons. Savino –, altrimenti corriamo il rischio di aggiungere dolore a dolore. Bisogna formare le competenze».
Presidente della Fondazione in questa prima fase è lo stesso vescovo, ma l’intenzione è quella di coinvolgere sempre più soggetti: «Se c’è un problema culturale in Calabria, è l’individualismo». L’idea di mons. Savino è quella di «una Chiesa aperta, che mette in campo il principio della sussidiarietà orizzontale e verticale. Vogliamo interagire con le istituzioni, nel rispetto delle competenze, per creare una comunità plurale. Purtroppo prevale sempre di più una logica dei gruppi, narcisistica e corporativa. Noi, invece, vogliamo essere un soggetto di comunità». Le problematiche del territorio sono tante e, aggiunge, «non è una realtà facile da affrontare»: «Per questo bisogna avere più audacia, coraggio e creatività. Ci vuole la fantasia della carità, che non è pressappochismo. È l’ora della corresponsabilità, ma anche di osare. In Calabria dobbiamo osare di più. La democrazia si basa sull’equilibrio dei rapporti tra diritti e doveri. È debole se sbilanciata esclusivamente su uno dei due poli». In diocesi, ad esempio, è stato avviato un progetto pastorale che mette a tema, nel primo anno, l’evangelizzazione di adulti e famiglie in rapporto alla costruzione di una comunità cristiana; nel secondo anno mira a ripensare tutta l’iniziazione cristiana; negli ultimi due anni, infine, si concentra sulla questione adolescenti-giovani. Durante il 2018, inoltre, la cattedrale diverrà “Cattedra del dialogo” in ottica lapiriana: «Sono persuaso – conclude il vescovo – che la crisi del nostro tempo è una crisi spirituale».