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Una gioia stabile

“Per noi monaci la gioia non è un lusso, è un dovere, è la più grande prova che possiamo dare a Dio della nostra fede nel Suo Amore, nella consolazione della Sua Presenza.”

Riportiamo qui uno stralcio di un dialogo di un anonimo con un monaco, nel quale un monaco racconta cosa significhi per lui la vera gioia… e quale sia, in fondo, la gioia a cui è chiamato ogni battezzato.

 

 

Non è che ci manchino le lotte, le difficoltà, esteriori e interiori. Aldilà di tutto questo però siamo persone felici, profondamente felici. È ciò che maggiormente colpisce chi ci incontra. Ci chiedono: “Da dove vi viene tanta gioia?”

La risposta è molto semplice. È la risposta di Andrea, uno dei primi discepoli incontrati da Gesù: “Abbiamo trovato.”

Abbiamo trovato questo cuore infinito capace di colmare la nostra attesa infinita.

 

È una gioia che dura, nessuno ce la potrà mai togliere. È troppo profonda. È come il fondo dell’oceano. Anche se in superficie c’è burrasca, il fondo del mare è sempre in una perfetta quiete.

È la gioia della Risurrezione. Per noi cristiani il tempo non è più il tempo, l’eternità è già cominciata. Con la sua risurrezione dai morti, per tutti quelli che credono in Lui, Gesù ha inaugurato l’alba di un nuovo giorno, un giorno che non avrà mai fine, un giorno di gioia. Ha vinto la morte, ha annientato ogni tristezza. Ha messo il Suo Amore, la Sua Presenza nel più profondo delle nostre amarezze.

Per noi monaci la gioia non è un lusso, è un dovere, è la più grande prova che possiamo dare a Dio della nostra fede nel Suo Amore, nella consolazione della Sua Presenza.

È per questo che facciamo voto di stabilità nel monastero. È il voto della gioia. Perché ancora girare il mondo quando abbiamo trovato quel che cercavamo?

[…]

Questa gioia è troppo grande perché la parola umana possa comunicarla. Non è che non sentiamo il desiderio che tanti altri trovino ciò che abbiamo trovato. Ma come fare per spiegar loro ciò che ci sta accadendo? Non siamo neanche capaci di spiegarlo a noi stessi.

 

Questo grande silenzio che avvolge il mistero di Dio ci impedisce di parlare. Il monaco non parla, non perché non ha niente da dire, ma perché ha troppo da dire.

La parola che vorremmo dire agli uomini è talmente immensa che solo il silenzio di una vita offerta può formularla. Non abbiamo che questo linguaggio silenzioso per annunciare al mondo la buona novella.

 

Non si può spiegare a un altro cos’è l’amore, cos’è la gioia che proviene dall’amore. L’amore non è un concetto, è un’esperienza. È come un immenso oceano in cui si cela una vita profonda, nascosta. Non la si può conoscere restando sulla riva.

Ai primi discepoli che gli chiedevano: ” Maestro, dove abiti? “, Gesù rispose: ” Venite e vedrete.”

È la sola risposta che il monaco può dare ai suoi fratelli, a tutti coloro che gli domandano il segreto della sua gioia.

“Vivi, lasciati incontrare dal Signore, aprigli la porta, là dove tu sei, nella tua vita di ogni giorno. Lascia libero questo piccolo monaco che porti nel più profondo del tuo cuore. Allora capirai il segreto della nostra gioia. Lo capirai ne vivrai.”

 

(Anonimo, Dialogo con un monaco, pp. 16-18)