N.04
Luglio/Agosto 2022

Il mistero è nella quotidianità [1]

Stuoie

 

Sono un dono dei vicini di casa.

Quando non si ha tutto è più facile chiedere, cercare, salutarsi.

Ognuno di noi manca di qualcosa… anche se spesso non vorremmo.

La provvidenza ci ha fatto mancanti per darci degli amici, per farci conoscere i vicini, per suonare ad uno sconosciuto.

Le stuoie ricoprono il luogo in cui facciamo silenzio, soli o insieme ad altri, davanti al Signore, dove adoriamo la sua Presenza e ci lasciamo parlare dalla sua Parola.

Pur essendo una piccola stanza, le pareti non ci separano dal mondo. A tratti siamo avvolte dal profumo intenso dell’incenso della liturgia degli amici ortodossi che celebrano poco a fianco, in altri ci raggiunge il vociare dei bambini che vanno a scuola o dei muratori che lavorano di fronte.

È il luogo speciale per ognuno di noi, adatto anche se non si ha più niente da dire, anche se si hanno solo domande o se la fatica ci schiaccia.

Spazio dove si coltiva la fiducia, si lascia che le cose siano come sono e ci si ricorda dei volti sofferenti che ci hanno lasciato le loro preoccupazioni perché ne continuassimo a fare memoria a Dio.

Le stuoie ci permettono di pregare a terra, per chiedere a Dio “non ali per volare, ma un peso che ci trascini verso le profondità della terra” 2, per essere nel mondo un po’ “come alberi con radici che affondano” 3.

 

Porta

 

È la parte più nostra di una casa che non possediamo, ma che abbiamo ricevuto come dono solo provvisorio.

L’instabilità e l’insicurezza dell’abitazione, così come la mancanza di strutture e progetti consolidati alle spalle, ci stabiliscono nell’affidamento a Dio che ci sostiene nell’insicurezza dell’oggi e nell’incertezza del domani, sapendo che precarietà e preghiera hanno la stessa radice.

La porta che si apre lascia entrare molta luce.

Oggi suona Pietro, che finalmente ha trovato lavoro come camionista. Viene a raccontarci la strada che ha fatto questa settimana. Poi Luigi che vorrebbe un panino con la mortadella e ancor di più ha bisogno di nutrirsi di un abbraccio per affrontare l’instabilità della sua vita. Passa Mohamed perché deve caricare il telefono; Antonio ci porta una camicia bianca da stirare: pur abitando nel parco, oggi vorrebbe sentirsi elegante. Anna suona per condividere la preghiera e le afflizioni del suo cuore. Infine Rachid: gli serve la biancheria per cambiarsi… e, quasi sottovoce, aggiunge: “Non so a chi chiedere… la mamma è lontana”. Mentre gli sorridiamo, ci viene in mente fratel Charles e con lui pensiamo: com’è bello che inizino a riconoscerci sorelle e a chiamare questa casa “fraternità” 4.

Riceviamo e contempliamo il miracolo frequente di volti sconosciuti che pian piano diventano fratelli attesi.

Ascoltiamo il mandato di andare verso ciò che capita.

Spesso le circostanze della vita ci conducono in luoghi dove non si invoca Dio. Lavorando fianco a fianco con cercatori di Dio che non lo conoscono, siamo chiamate semplicemente ad alzare lo sguardo e ad invocarlo sussurrando nel nostro cuore il suo Nome.

Quando apriamo la porta, sappiamo che accettiamo di “vivere allo sbaraglio, sferzati da tutti i venti del mondo” 5 e plasmati dagli incontri che faremo; sappiamo anche che riceveremo la rivelazione lenta e progressiva di quello che deve essere la nostra vita.

 

Agenda

 

Ci inchiniamo con stupore davanti alla giornata che riceviamo.

Facciamo esercizio di fiducia e di meraviglia, proprio perché la riceviamo come un mistero nascosto.

Sappiamo che conterrà la nostra preghiera più vera, quella impastata dalla nostra quotidianità spicciola fatta di fallimenti, incoerenza e gioie inattese.

Nella pagina dell’agenda, segniamo i nomi di chi incontreremo, alcune promesse di cura, i turni di lavoro con cui dovremo alternarci con i nostri colleghi per tenere viva la vita. Il lavoro ci dona con generosità la fatica banale e regolare delle stesse cose da fare e degli stessi difetti da correggere, ma anche la gioia di condividere la vita di Gesù a Nazareth, offrendoci un accesso privilegiato in un ambiente lontano da lui. Durante il lavoro, ascoltiamo come una preghiera il lamento di chi fatica con noi, il grido di chi soffre solitudine e malattia, le piccole sorprese gioiose di sorrisi gratuiti.

Ma nell’agenda trovano facilmente posto anche cancellature, imprevisti, cambiamenti… ci è chiesta disponibilità a cambiare il programma, ad inserire una novità che si è fatta strada, a cancellare un incontro che desideravamo.

Da lì impariamo che Dio scommette su di noi. Scommette che ci troveremo a fine giornata con il cuore dilatato dai molteplici incontri che non avevamo previsto e dalle attese divenute opportunità e consapevolezza della Sua presenza.

 

 

 

1  Il titolo è tratto ispirandosi a un’espressione del fotografo L. GHIRRI (Reggio Emilia, 1943-1992).

2  M. DELBRÊL, Noi delle strade, Gribaudi, Milano 1988, 117.

3  M. DELBRÊL, La gioia di credere, Gribaudi, Milano 1988, 222.

4  C. DE FOUCAULD, Lettere a M.me de Bondy, AVE, Roma 1968, Lettera del 7 gennaio 1902.

5  M. DELBRÊL, Comunità secondo il Vangelo, Gribaudi, Milano 1996, 22.