N.05
Settembre/Ottobre 2023

La bellezza e la “tutta bella”

Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore (Ct 2, 4)

Lodi. 7 ottobre 1447.

In una strada, in contrada Lomellini, viene sgomberata l’osteria del Galletto nota per essere frequentata da forestieri e prostitute. Intorno a un muro di quella strada si avvicendano gruppi di persone per ammirare quello che sembra essere un prodigio: da una edicola trecentesca, un affresco di Maria incoronata con il figlio Gesù, bambino, cominciano a sgorgare lacrime e, davanti a questa immagine, cominciano ad avvenire dei fatti miracolosi.

Nel giro di un anno viene posata la prima pietra di quello che sarà il Tempio Civico della Beata Vergine Incoronata, qui – sull’altare – verrà ricollocata quell’immagine miracolosa. Santuario che viene messo nelle mani del comune, per questo la denominazione di Tempio civico; nel corso della storia sarà affidato a una confraternita, una Schola, che pochi anni dopo darà vita alla prima biblioteca cittadina.

Il primo progetto viene realizzato da un architetto allievo del Bramante, Giovanni Battaglio, al quale succede nei lavori il Dolcebuono.

Incastonata nei palazzi lodigiani, il turista invitato a farsi pellegrino che visita questa chiesa, si trova immerso in una dimensione nuova. In uno spazio a pianta centrale, fa una esperienza immersiva di Cielo, in quello che è uno dei capolavori manieristici arricchito da un elegante barocco che caratterizza il continuo desiderio di partecipazione alla vita di questo edificio nel tempo, da parte dei lodigiani.

Dietro la miracolosa immagine che dà il via alla storia di questo luogo, è conservato il dipinto de “L’incoronazione di Maria Vergine tra Angeli”, dei fratelli Alberto Piazza che, col fratello Martino, all’inizio del XVI sec., fondano una bottega di famiglia che sarà attiva per qualche generazione.

Si tratta di un’opera pregiatissima, un olio su tela di seta.

L’opera rappresenta l’evento successivo all’assunzione, secondo una tradizione patristica fatta risalire alla voce di San Gerolamo, quando Maria viene accolta in Cielo e incoronata regina del Cielo. Qui è rappresentata in primo piano la Vergine, in ginocchio, davanti al figlio Gesù nell’atto di essere incoronata, in un coro di angeli, mentre due angeli sollevano un drappo che cinge la scena. Il tutto su uno sfondo di angeli in un cielo dorato.

Questo è un soggetto comune per la devozione popolare, si sviluppa in particolar modo dal Trecento, è una scena che si inserisce nei cicli mariani e riconosce la Theotokos (madre di Dio), che non può non essere incoronate Regina a fianco del Signore. Come dice S. Giovanni Damasceno: “Bisognava che la Sposa che il Padre si era scelta, abitasse nella stanza nuziale del Cielo” (Omelia II sulla Dormizione, 14, PG 96, 742)

Secondo le parole del Cantico dei Cantici “il suo vessillo su di me è amore” (Ct. 2,4), così il manto della Vergine è lo stesso drappo retto dagli angeli, due angeli divisi dal cielo e dietro una tenda, come gli angeli sul propiziatorio (il coperchio dell’Arca dell’Alleanza), nel santo dei Santi dietro il velo del tempio di Gerusalemme. Ora quel velo continua a coprire Maria, Lei nuova Arca dell’Alleanza che ha custodito Gesù come tabernacolo e permesso che quel velo ora sveli al mondo il Cielo. È infatti per Maria, figura anche della Chiesa, che le tavole della legge custodite dall’Arca ora rinnovano l’alleanza della promessa di Dio di essere con il suo popolo: Maria “ha accolto in sé la Parola vivente, tutto il contenuto della volontà di Dio, della verità di Dio; ha accolto in sé Colui che è la nuova ed eterna alleanza, culminata con l’offerta del suo corpo e del suo sangue: corpo e sangue ricevuti da Maria” (Benedetto XVI, Omelia, 15 agosto 2011). Proprio come davanti all’Arca dell’Alleanza, in mezzo allo spazio vuoto tra i due angeli, quando il sommo sacerdote pronunciava il nome di Dio e il tempio si riempiva della Sua presenza, così l’iconografia elaborata in questa scena mostra che è guardando a Gesù, grazie al sì di Maria, che la sua presenza ora ci è garantita.

Dietro la scena dell’incoronazione stanno gli angeli musicanti, perché Maria è tornata alla sua dimora e la gioia della musica e della danza del cielo è quella gioia sperimentata dal re Davide nel riportare a casa l’Arca dell’Alleanza.

Inoltre, questa opera, essendo nel retro dell’altare, ha davanti a sé l’affresco dell’emiciclo dell’abside, realizzato dal Legnanino, nel 1700, che raffigura l’Incoronazione di Ester. Questo affresco sembra entrare in dialogo con la tela del Piazza; infatti, l’incoronazione di Ester è in qualche modo ulteriore chiave di lettura e prefigurazione dell’incoronazione di Maria.

Il racconto dell’antico Testamento, la Meghillà (il rotolo) di Ester, vede la vicenda di questa fanciulla ebrea che conquista il Re Assuero per la sua bellezza e per questo viene incorona sua regina, posizione che le permetterà di intercedere presso il re per il suo popolo. Ciò ci fa evidenziare due questioni. La bellezza richiama la bellezza di Maria, la “tutta bella”, che recupera la bellezza persa da Eva con il peccato originale, e fa di Maria la “nuova Eva”. L’opera di salvezza compiuta da Ester – celebrata ancora oggi con la festa di Purim (parola ebraica per indicare “le sorti”), nel senso che si fa memoria di come, grazie ad Ester, Dio ribalta le sorti del Suo popolo – grazie alla sua incoronazione iniziale, fa vedere l’incoronazione di Maria, al termine del suo cammino di amore, permette di riconoscere in Maria colei che con il suo sì ha reso possibile la redenzione di tutti gli uomini.