N.05
Settembre/Ottobre 2023

La memoria di chi resta

Di chi non si sa nulla, non c’è niente da dire. Di chi non si sa nulla, nulla più importa. In quel luogo […] scoprì d’aver imparato un’altra cosa importante, ovvero che un uomo bastava tacerlo per eliminarlo per sempre. Per questo serviva ricordare le storie, parlare con le persone, parlare delle persone”. 

Laura Imai Messina, Quel che affidiamo al vento, Piemme

 

La morte di chi amiamo ci coglie sempre impreparati. Che sia inaspettata o accompagnata negli anni, che derivi da una tragedia o da una lunga malattia, in ciascuno resta il cruccio, il pensiero, di quel che non siamo riusciti a dire, di quello che non abbiamo trovato il tempo di ascoltare, di quello che avremmo voluto far sapere. Quanto di non detto abita il nostro cuore? Quanto resta forte il legame con chi non è più accanto a noi? In Giappone, sul fianco scosceso di Kujira-yama, la Montagna della Balena, c’è un immenso giardino chiamato Bell Gardia. In mezzo, è installata una cabina al cui interno riposa un telefono non collegato. Ogni anno, da tutto il Paese, migliaia di persone arrivano fin là e alzano la cornetta per parlare con i cari perduti. Da questa notizia vera, Laura Imai Messina prende le mosse per raccontarci la storia di Yui, una giovane donna che ha perso madre e figlia nello tsunami del 2011. E mentre si dipana il racconto della ricerca del senso del dolore della protagonista, si intrecciano le storie di altri uomini e donne (e bambini) che salgono fino alla cabina telefonica per affidare al vento il groviglio della propria anima. Chi alza la cornetta ha compreso che per affrontare il lutto è necessario poter dare voce alla sofferenza. Il balsamo per lenire le ferite è fatto di ascolto, di perdono, di coraggio. Nel ricominciare, un passo alla volta, serve il miracolo di comprendere che è l’amore che ci tiene stretti. E che, come diceva già il Foscolo, è “l’eredità di affetti” che non permette l’oblio: né di dimenticare né di essere dimenticati.