N.05
Settembre/Ottobre 2023

Monster, tre punti di vista per cercare la verità

Hirokazu Kore'eda torna nel suo Giappone con una storia di amicizia e fake news, con la solita grazia e tenerezza

Un incendio divampa nella notte, i piani alti di un palazzo illuminano di fiamme la città, i pompieri accorrono per tentare di domare la situazione. È l’incipit di una storia che, capiremo poi, si snoda attraverso differenti linee narrative.

Orfano di padre, Minato (Soya Kurokawa) mostra comportamenti sempre più preoccupanti sia a scuola che a casa. La madre Saori (Sakura Ando) decide di parlarne con il personale docente: a quanto pare la causa di questi problemi è l’insegnante del ragazzo, Hori (Eita Nagayama). Ma è davvero così?

Di nuovo in gara a Cannes (già Palma d’Oro per Affari di famiglia e premio della giuria per Father and Son), il nipponico Hirokazu Kore’eda (Premio Bresson 2022 della Rivista del Cinematografo) non smette di stupire: con Monster – titolo programmatico che nasconde però una miriade di sottotesti – si concentra sul delicatissimo passaggio tra l’età infantile e quella adolescenziale, sulla scoperta di amicizie che il resto del mondo, quello degli adulti in primis, e quello della ferocia dei coetanei, farebbero fatica a comprendere.

Con la solita, riconoscibile grazia, lontana da qualsiasi stucchevole maniera, il regista di Moborosi e Broker torna in patria dopo le sortite francesi (Le verità) e coreane (Broker), mette in scena per la prima volta una sceneggiatura – premiata al Festival – non sua (la firma Yuji Sakamoto) e rinnova l’insegnamento di Kurosawa (Rashomon), sorprendendo quando, di nuovo, ci ritroviamo di fronte a quell’incendio che aveva dato il via alla vicenda.

Ecco allora che il racconto del film diviene multifocale, gli stessi eventi e lo stesso lasso di tempo vengono inquadrati attraverso tre punti di vista differenti (quello della madre, quello dell’insegnante, quello del bambino), per ricordarci quanto possa essere vera e al tempo stesso artificiosa qualsiasi tipo di narrazione. E come si faccia presto, ogni volta, ad etichettare il prossimo, basta una fake news, un mormorio, o più semplicemente essere un bambino differente dal resto della massa, come lo è l’amichetto di Minato, Eri (Hinata Hiiragi), una sorta di alieno “con il cervello di maiale trapiantato” e una vitalità mai compromessa dalla corruzione dello sguardo altrui.

Un film a suo modo straziante nella sua naturalissima complessità, puntellato dalle musiche struggenti del compianto Sakamoto, che trova nel terzo atto la sua espressione più libera e autentica. Con un finale di lacerante luminosità. Nelle sale italiane con Lucky Red.

 

 

 

Schermi paralleli: È uscito subito su Sky – Now (e in home-video) il dramma A Good Person, film del 2023 firmato Zach Braff: racconto dolente che esplora il trauma del lutto in famiglia, la dipendenza da farmaci, la vertigine del risentimento e l’orizzonte del perdono. Temi densi, gestiti con controllo e realismo. A imprimere intensità alla storia sono gli interpreti Morgan Freeman e Florence Pugh, che elevano e fanno volare il film. Un’opera non perfetta, ma di certo valida, da non perdere (di Sergio Perugini).