N.06
Novembre/Dicembre 2023

Col corpo capisco

Per lungo tempo ho pensato che la mia malattia fosse incompatibile con la tua, che i nostri corpi malati non potessero convivere e, soprattutto, che non potessero parlarsi. Invece ogni comunicazione continua a passare attraverso il corpo, anche se malato. Anzi, oso dire in virtù del suo essere malato”. 

Ada d’Adamo, Come d’aria, Elliot

 

Un libro necessario, un memoir commovente e forte che con intelligenza e coraggio racconta quanto amore possa nascere dal dolore, che la misericordia è un balsamo necessario per sé e per gli altri, che la vita reclama il suo spazio nonostante tutto. Ada è una ballerina, ha lavorato con il corpo e sulla sua perfezione da sempre. Sua figlia Daria è nata con una disabilità gravissima, totalizzante, sfidante: “Proprio io, abituata a tenere sotto controllo la posizione di un mignolo, mi trovavo alle prese con un corpo fuori controllo”. In questa situazione già di per sé fragile, Ada si scopre malata di cancro, un carcinoma particolarmente aggressivo (che non le lascerà scampo) che la debilita e la ostacola nell’assistere la figlia: “E io, che sul mio corpo allenato da tanti anni di pratica avevo puntato tutto perché mi fosse alleato nella cura di te, non ero preparata ad assistere alla sua lenta, progressiva degenerazione”. Uno choc che la mette in discussione e la costringe a ripensare tutte le sue convinzioni, a combattere con la fuga altrui e con gli sguardi di accusa o di compassione. “Spesso la malattia separa, allontana, distrugge. Qualche volta invece genera, allaccia, moltiplica l’amore” scrive, dando voce a tutte quelle famiglie in cui con l’irruzione della malattia, della disabilità, dell’infermità che ribalta la vita, si sceglie di tenere, di resistere, di abbracciare il dolore. Eppure, allo stesso tempo, con delicatezza e rispetto, parla anche di coloro compiono scelte diverse, che non se la sentono, rinunciano, cedono. E non ha una risposta definitiva, solo domande: “Se potessi scegliere, sceglierei di non farti nascere?”. Quando la malattia ghermisce anche lei e la rende vulnerabile, comprende che non si smette mai di danzare, anche quando dobbiamo imparare passi nuovi e diversi da quelli che avevamo immaginato.