N.01
Gennaio/Febbraio 2024

Il coraggio che accende la speranza

Film di apertura della 18a Festa del Cinema di Roma, "C’è ancora domani" di Paola Cortellesi offre un’istantanea acuta e coinvolgente sull’Italia di ieri e di oggi

Suggestioni neorealiste, lampi da commedia brillante e incursioni musicali. È il registro dell’opera prima di Paola Cortellesi C’è ancora domani, film di apertura della 18a Festa del Cinema di Roma, dove ha ottenuto tre riconoscimenti tra cui il premio speciale della giuria e quello del pubblico. Prodotto da Wildside, Vision Distribution con Sky e Netflix, C’è ancora domani è scritto dalla stessa Cortellesi con Giulia Calenda e Furio Andreotti, un racconto che ci porta nell’immediato Secondo dopoguerra, tra macerie urbane e umane, e al contempo che lancia importanti esortazioni al nostro oggi.

Roma, maggio 1946. Delia (Cortellesi) è sposata con Ivano (Valerio Mastandrea), un reduce delle due Guerre che ogni giorno le fa scontare il suo cattivo umore. Insieme hanno tre figli: Marcella (Romana Maggiora Vergano), una giovane donna, e due preadolescenti. Delia fa numerosi sacrifici e lavori per non far mancare nulla in casa, ma riceve indietro solo ingratitudine e percosse. L’unica che si accorge dei suoi sforzi silenziosi è la figlia. In casa c’è fermento per il fidanzamento ufficiale di Marcella con un borghese che potrebbe attivare finalmente l’ascensore sociale…

Quasi come un Ladri di biciclette virato al femminile, in uno splendido bianco e nero, C’è ancora domani ci squaderna la vicenda di Delia, di sua figlia, di tante donne: lavoratrici instancabili e silenziose, in casa e fuori, il più delle volte schiacciate da un machismo gretto e imperante. La regista compone un quadro sociale che vira da note drammatiche al tragicomico, stemperando la brutalità di violenze e soprusi. Con il personaggio di Delia la Cortellesi sembra recuperare quello di Antonietta interpretata da Sophia Loren in Una giornata particolare (1977): una donna condizionata da un marito, da una famiglia, abituati a sottometterla, a trattarla come irrilevante o invisibile. La Delia di C’è ancora domani fa di tutto per garantire a se stessa e alla figlia Marcella – simbolo delle nuove generazioni – un orizzonte di possibilità e di libertà. Una battaglia culturale, civile ma anche politica, sottolineando il valore del voto, cardine dell’esercizio della democrazia.

C’è ancora domani è un esordio riuscito, splendido e commovente. Un’opera dolente illuminata dalla leggerezza della risata. La Cortellesi rimane fedele ai suoi codici interpretativi di matrice sociale, al suo desiderio di raccontare figure di donne che rompono barriere e tabù. Consigliabile, problematico, per dibattiti (www.cnvf.it).

 

 

Schermi paralleli. Un’altra opera prima, un altro attore italiano di matrice comica. È L’ultima volta che siamo stati bambini di Claudio Bisio, dal romanzo di Fabio Bartolomei. Una storia di amicizia durante il rastrellamento del Ghetto di Roma nell’ottobre del 1943. Un film sulla custodia della memoria, il ricordo della Shoah, ricorrendo a sguardi puntellati di umorismo gentile sul binario di titoli come La vita è bella e Jojo RabbitConsigliabile, problematico, per dibattiti.