N.01
Gennaio/Febbraio 2001

Non un nuovo convegno, ma un convegno nuovo

Questo Convegno si presenta non come un altro Convegno, che va ad aggiungersi a quelli già organizzati dal CNV in questi anni, ma come un Convegno nuovo.

 

Nuovo nei suoi destinatari

Non rivolto a tutti indistintamente, ma pensato soprattutto per i membri dei CRV, dei CDV e dei responsabili dell’animazione vocazionale degli Istituti di Vita consacrata e dei seminaristi di teologia.

 

Nuovo nei suoi obiettivi

Non più, come negli anni passati un Convegno soltanto di studio, ma un Convegno che ha come finalità aprire strade nuove per far camminare la PV nella nostra Chiesa italiana e nelle nostre diocesi.

 

Nuovo nella sua struttura

Non un Convegno circoscritto ai soli tre giorni, ma un Convegno aperto, con tre momenti tra loro intimamente collegati: un primo momento di coinvolgimento dei CRV e dei CDV, attraverso un questionario; questi tre giorni del Convegno; e un terzo momento, quello immediatamente seguente a queste tre giornate, quando torneremo nelle nostre Chiese con un’indicazione pastorale ben precisa che non solo ci vedrà camminare insieme, ma anche puntare decisamente verso la realizzazione di un unico obiettivo pastorale, frutto delle riflessioni fatte in questi giorni. Riflessioni che dovranno certamente proseguire nella Regione e nella Diocesi valorizzando la ricchezza donataci dai Relatori, la bibliografia specifica, che avete trovato in cartella, preparata a tale scopo dalla competenza e passione del nostro carissimo don Gianola, e alcune esperienze positive in atto in alcuni CDV che vi presenterò in seguito.

 

Come si è giunti a questa diversa impostazione del convegno?

Fin dagli inizi degli anni ‘90 il CNV ha avviato una riflessione, che riteneva di capitale importanza, sulla pastorale vocazionale in Italia tra teologia e prassi. Dall’8 al 10 febbraio 1996 si è svolto a Roma un Seminario di studio su: La pastorale delle vocazioni tra prassi e teologia. Tale Seminario, a cui hanno partecipato i membri del Consiglio e dell’Ufficio del CNV insieme ai Vescovi incaricati della PV, è servito per preparare il pre-Simposio.

Dal 20-21 giugno 1997 sempre sullo stesso tema si è svolto a Roma il pre-Simposio al quale hanno preso parte i Vescovi delle commissioni della Vita consacrata e Clero, i Vescovi incaricati delle Conferenze episcopali, alcuni Rettori e alcuni Presidi delle facoltà pontificie. Si è cercato di vedere come poter realizzare quell’equilibrio, sempre un po’ instabile, tra una teologia che non sempre si è capaci di tradurre in cammini educativi e pastorali, e una prassi che, per rispondere continuamente alle emergenze, finisce per perdere il necessario punto di riferimento nella teologia della vocazione, scivolando inevitabilmente nel puro e semplice attivismo.

Non va dimenticato che in questi ultimi vent’anni si è avuto una ricchezza di documenti, che, oseremmo dire, costituisce realmente una summa della teologia della vocazione dopo il Concilio Vaticano II. Mi limito solo a citarne i titoli in ordine di tempo: il Documento conclusivo del II Congresso mondiale sulle Vocazioni del 1982; il Piano pastorale delle Vocazioni in Italia del 1985; i documenti pontifici Christifideles laici del 1988, Redemptoris missio del 1990, Pastores dabo vobis del 1992, Vita Consecrata del 1996; Il Documento conclusivo del Congresso europeo sulle Vocazioni, Nuove Vocazioni per una Nuova Europa del 1998; i due documenti CEI, emersi dalle rispettive Assemblee generali dell’Episcopato italiano (45 a e 46 a): Educare i giovani alla fede, del novembre del 1998 e Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana del maggio del 1999

Nelle riunioni del Consiglio che il CNV ha fatto in questi ultimi anni emergeva con sempre maggiore chiarezza una domanda: come mai a fronte di tanta ricchezza di Documenti, si deve ancora constatare che la PV nella nostra Chiesa italiana non decolla del tutto, ma sembra, a volte, come impantanarsi nelle piccole pastoie delle iniziative senza poter raggiungere né la vita delle comunità né tanto meno i giovani? Il Convegno dello scorso anno ha segnato, come ricorderete, uno spartiacque: si è voluto, infatti, fare il punto della situazione della Pastorale vocazionale in Italia e soprattutto far emergere nuove prospettive di lavoro: da tutti, soprattutto nei lavori di gruppi, è stato chiesto al CNV di prestare una maggiore attenzione alla vita e al lavoro dei CRV e dei CDV e sono stati individuati alcuni nodi problematici della PV che si riteneva dovessero essere oggetto di una più attenta riflessione.

In seguito l’Ufficio del CNV e poi il Consiglio, facendo tesoro delle indicazioni emerse durante il Convegno, hanno pensato di dare un volto nuovo a questo Convegno di gennaio: non dedicarlo più allo studio sui grandi temi vocazionali, ma riflettere, piuttosto, sul come annunciarli e proporli. E si è individuato, tra alcuni nodi vitali della PV, quello dell’Annuncio della vocazione all’amore verginale, come il cuore della PV.

Ed eccoci giunti al tema di questo Convegno: Come annunciare la vocazione all’amore verginale nella pastorale vocazionale. Non vogliamo fare un’edizione corretta e riveduta del Convegno di studio del 1996 che aveva come tema Verginità per il regno: vocazione all’amore. È opportuno, pertanto, che si vada a rileggere gli Atti di quel Convegno e il n. 6 della nostra rivista Vocazioni, tutto dedicato al tema di quel Convegno. In questa sede si vuole focalizzare l’attenzione sulle modalità dell’annuncio della vocazione all’amore verginale.

 

In sintonia con la riflessione in atto nella società e nella Chiesa italiana

Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione

Assistiamo a rapidi e radicali cambiamenti, per es. nel mondo della informazione. La parabola dei computer oramai volge al termine, scriveva Carlo De Benedetti su La Repubblica di martedì 21 novembre scorso, perché una nuova era è venuta alla luce. È l’era di Internet, delle grandi reti in fibra ottica, delle autostrade dell’informazione. In un’unica parola, l’era della comunicazione. Comunicare per l’umanità è assai più importante che calcolare. “I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”, diceva Wittgenstein quasi un secolo fa. Attraverso le autostrade planetarie in fibra ottica un’infinità di fotoni sfreccia alla velocità di 300 mila chilometri al secondo. E a cavallo dei fotoni, bit di informazione si lanciano attraverso gli oceani. Fanno viaggiare testi, parole, immagini. Superano i confini tra gli Stati, si irradiano in ogni direzione e raggiungono le città più lontane. L’ultimo tragitto per raggiungere le nostre case è spesso più accidentato. Ma senza quelle grandi dorsali intercontinentali in fibra ottica Internet non sarebbe possibile. Nello spessore di un capello umano, infatti, la fibra ottica può trasmettere mille volte più informazioni che tutte le tecnologie cellulari messe insieme. Con la disponibilità di banda che raddoppia ogni 3 o 4 mesi, sta emergendo davvero una nuova economia.

Questa non è la svolta di un settore economico o di una tecnologia. È la svolta di un modello di società. Non dunque accumulare, elaborare, calcolare informazioni, ma far “navigare” in rete queste informazioni sembra essere la strada che si apre ad altissima velocità nel campo della tecnologia.

 

Il cammino della Chiesa italiana

Anche la Chiesa italiana, riflettendo sugli Orientamenti pastorali per il prossimo decennio, sembra che vada puntando decisamente sul problema della comunicazione. Sta di fronte a noi – così si esprimeva Mons. Chiarinelli nella relazione che ha tenuto alla 47a Assemblea generale della CEI del maggio scorso – il compito della comunicazione viva della fede. Si tratta di trasmettere, avendo particolare cura delle nuove generazioni, la “conoscenza” stessa di Cristo e del suo significato salvifico per ogni uomo e donna e per l’intera storia umana. È ovvio che qui “comunicazione” e “conoscenza” non sono assunti in un’accezione puramente intellettuale… Ciò implica – proseguiva – una riflessione sulle modalità con cui esprimere la testimonianza della fede, l’offerta del primo annuncio, la proposta di cammini di iniziazione o re-iniziazione… Un impegno di comunicazione richiede anche di farsi carico della molteplicità dei linguaggi con cui l’uomo oggi traduce la sua esperienza e della pluralità di situazioni umane che mettono sempre più in contatto culture e persone, aprendo scenari di immediatezza e di globalità inediti.

 

L’attenzione del COP sulla comunicazione

In questa stessa direzione si stanno muovendo coloro che hanno a cuore la riflessione sulla pastorale, come per es. il COP che nei giorni 26-29 dello scorso giugno ad Anagni si è ritrovato per una Settimana di aggiornamento pastorale che aveva come tema: Comunicare la fede. La missione per il nuovo millennio. S.E. Mons. Francesco Lambiasi alla domanda di Giovanna Pasqualin Traversa: “Quali sono secondo lei, le caratteristiche della vera comunicazione?”, così rispondeva: “Porrei al primo posto il rispetto del destinatario, non in senso diplomatico, per avere a tutti i costi il suo consenso… si tratta piuttosto di ‘intercettare’ il destinatario nella sua verità ultima e questo può richiedere anche il coraggio di dire una verità scomoda, amara. La comunicazione, inoltre, richiede pazienza, umiltà, capacità di attesa, di accoglienza: è l’arte di sintonizzarsi con le persone per andare al loro cuore. E poi il rispetto del messaggio”[1] .

 

È un’esigenza di tutti noi

A camminare in questa direzione siamo stati sollecitati anche da ciò che è affermato dal Documento NVNE al n. 29: Il Congresso europeo si è proposto un obiettivo, tra gli altri: portare la pastorale vocazionale nel vivo delle comunità cristiane parrocchiali, là dove la gente vive e dove i giovani in particolare sono coinvolti più o meno significativamente in un’esperienza di fede.

Avvertiamo, inoltre, con sempre più chiarezza che è questo il compito del CNV: sostenere e accompagnare la fatica e l’impegno dei CRV e dei CDV nel servire la Chiesa in questo settore così vitale e così urgente. Potremmo dire che il CNV non brilla di luce propria (qualificandosi essenzialmente come servizio, non ha una sua vita autonoma da dover gestire e curare), ma di luce riflessa, quella cioè che rimbalza dalla vita dei CRV e dei CDV. In altre parole, non se ne può stare tranquillo se le iniziative che organizza direttamente (Il Convegno, il Seminario, la GMPV con tutti i sussidi) vanno bene, tirano come si suol dire, mentre i CDV arrancano.

 

 

 

Note

[1] In Orientamenti Pastorali, 5/2000, pp. 36-37.