N.01
Gennaio/Febbraio 2001

Testimoni dell’amore

È con immutata gioia che assolvo, ancora una volta, al compito di presentare il volume che raccoglie gli Atti del Convegno che il Centro Nazionale Vocazioni celebra ormai da molti anni ai primi di Gennaio. Dallo scorso anno il Centro ha deciso di utilizzare, per la pubblicazione dei lavori del Convegno, uno strumento interno al suo normale lavoro, destinando a tale scopo il n. 1 della rivista Vocazioni. A me è stato chiesto pertanto di trasformare quella che normalmente si chiama “presentazione” in un vero e proprio “editoriale” della rivista. Ovvero una vera e propria testimonianza sul Convegno a cui ho potuto partecipare presiedendo la celebrazione dell’Eucaristia della sera di mercoledì 3 gennaio.

Mi è apparso subito evidente che il tema messo a fuoco nel Convegno è assai sentito dagli operatori pastorali del settore: non ricordo, infatti, un numero altrettanto alto di partecipanti a questa assise ed un clima di così intenso raccoglimento come ho potuto notare in questa occasione. Non credo di essere molto lontano dal vero se affermo che una parte non indifferente l’ha avuta, in tal senso, l’immensa ricchezza di un intero anno giubilare che ormai si sarebbe concluso di lì a poco.

Mi conforta in questa sensazione il fatto che anche il Santo Padre, nei giorni immediatamente successivi (per l’esattezza il 6 gennaio), abbia voluto riservare al tema un accenno non di poco conto nella lettera apostolica Novo Millennio Ineunte firmata in piazza san Pietro al termine della celebrazione di chiusura della Porta Santa.

In essa, al n. 46 il Papa afferma: Questa prospettiva di comunione è strettamente legata alla capacità della comunità cristiana di fare spazio a tutti i doni dello Spirito. L’unità della Chiesa non è uniformità, ma integrazione organica delle legittime diversità. È la realtà di molte membra congiunte in un corpo solo, l’unico Corpo di Cristo (cfr. 1 Cor 12,12). È necessario perciò che la Chiesa del terzo millennio stimoli tutti i battezzati e cresimati a prendere coscienza della propria attiva responsabilità nella vita ecclesiale. Accanto al ministero ordinato, altri ministeri, istituiti o semplicemente riconosciuti, possono fiorire a vantaggio di tutta la comunità, sostenendola nei suoi molteplici bisogni: dalla catechesi all’animazione liturgica, dall’educazione dei giovani alle più varie espressioni della carità. Certamente un impegno generoso va posto – soprattutto con la preghiera insistente al padrone della messe (cfr. Mt 9,38) – per la promozione delle vocazioni al sacerdozio e di quelle di speciale consacrazione. E questo un problema di grande rilevanza per la vita della Chiesa in ogni parte del mondo. In certi Paesi di antica evangelizzazione, poi, esso si è fatto addirittura drammatico a motivo del mutato contesto sociale e dell’inaridimento religioso indotto dal consumismo e dal secolarismo. È necessario ed urgente impostare una vasta e capillare pastorale delle vocazioni, che raggiunga le parrocchie, i centri educativi, le famiglie, suscitando una più attenta riflessione sui valori essenziali della vita, che trovano la loro sintesi risolutiva nella risposta che ciascuno è invitato a dare alla chiamata di Dio, specialmente quando questa sollecita la donazione totale di sé e delle proprie energie alla causa del Regno.

Sembra proprio che gli animatori vocazionali abbiano avuto una spinta straordinaria dalle celebrazioni giubilari. Certamente essi sono tra i primi a rendersi conto che soltanto un radicale ritorno a concepire e vivere la vita come risposta alla chiamata divina sta alla base di un’esistenza autenticamente e pienamente umana. Per realizzare tale vocazione all’amore ogni creatura umana viene alla vita e su tale vocazione all’amore alla sera della vita – come ci ricorda san Giovanni della Croce – tutti saremo giudicati. Lo abbiamo sentito ripetere tante volte dal Santo Padre in questo anno giubilare. Gli animatori vocazionali ne hanno fatto tesoro.

Quello che mi è sembrato particolarmente stimolante – rispetto alla pur sempre assai positiva esperienza degli altri anni – è l’attenzione che il Centro ha voluto riservare ai “come” dell’azione di pastorale vocazionale delle nostre comunità. Gli obiettivi, infatti, sembrano ormai chiari; anche i soggetti, le responsabilità e le iniziative sembrano di consolidata esperienza. Ma come raggiungere concretamente il cuore di ogni giovane, dei nostri ragazzi e bambini e magari di ogni famiglia? Come far sì che ogni comunità cristiana – con i suoi presbiteri, diaconi, consacrati, catechisti, educatori, animatori e ogni tipo di responsabilità personali o comunitarie – faccia davvero e fino infondo la sua parte per diventare “grembo materno” di ogni vocazione all’amore, specialmente la vocazione all’amore che prende la via della verginità per il regno? Questo è ancora largamente da studiare, sperimentare, confrontare. Forse una risposta definitiva non ci sarà mai ma una risposta che diventi pensiero comune e azione comune – per questo nostro tempo – va cercata.

Il Convegno non ci ha deluso. Le relazioni mi sono sembrate coerenti e puntuali.  Coinvolgente il lavoro dei gruppi; utili le testimonianze e i contributi vari. Ma il lavoro vero riprende adesso nella vita concreta delle nostre comunità cristiane. Ora il materiale è nelle mani di tutti. Lo affidiamo con trepidazione e fiducia agli animatori vocazionali e agli operatori pastorali perché ciascuno sappia e possa fare la sua parte in un impegno comune che ci interpella in termini di urgenza e di primaria necessità.