N.01
Gennaio/Febbraio 2002

La risposta d’amore alla chiamata del Signore

Oggi il Vangelo (Gv 1, 35-42) ha descritto l’impressionante scena della chiamata dei primi discepoli: di Andrea e di Giovanni Evangelista nonché di Simon Pietro. Ogni chiamata è soprattutto l’azione del Signore. Infatti, Gesù ha detto chiaramente: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto” (Gv 15,16). Ma l’odierno brano del Vangelo ci illustra piuttosto come si presenta la questione da parte della persona chiamata, ossia vengono messi in risalto principalmente questi due elementi: la risposta personale alla chiamata divina. La generosità della risposta dei menzionati discepoli viene poi abbondantemente presentata in tutto il Nuovo Testamento; il ruolo promozionale di altre persone nel riconoscere, accettare e realizzare la chiamata divina. Nel nostro caso è Giovanni il Battista che indica ai suoi due discepoli Gesù, dicendo “Ecco l’agnello di Dio”, e questi, “sentendolo parlare così”, si sono messi a seguire il Divino Maestro. Poi uno di questi discepoli, Andrea, condusse da Gesù suo fratello, Simon Pietro.

Vorrei nella mia breve riflessione soffermarmi su questi due elementi.

 

La risposta d’amore

La risposta alla chiamata di Dio, la vorrei collocare nel contesto più ampio che ci suggerisce il presente periodo natalizio. Nel ricordare la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme contempliamo soprattutto il grande mistero dell’amore divino; il mistero che si può riassumere in queste parole di San Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Guardando con gli occhi della fede al Bambino giacente nel presepio, colpisce proprio questo altissimo amore di Dio verso di noi. Egli, infatti, è nato per amore, per salvarci, per darci la vita, per prendere la croce per noi, per aprirci il cielo. È nato duemila anni fa, ma è nato per te, per me, per tutti noi. Con il suo grande amore ha abbracciato tutti gli uomini di tutti i tempi.

Riflettendo su questo amore, che nel periodo natalizio si presenta in modo tanto espressivo, nasce in noi una grande gioia, perché Gesù nella mangiatoia è un segno forte che siamo amati da Colui che è il nostro Creatore, che è potente, che ha fatto il cielo e la terra. E Lui è con noi (è chiamato “Emmanuele, che significa Dio con noi”: Mt 1, 23). Lui ci ama. Ci può essere per una creatura una gioia più grande che di essere amato dal suo Creatore?

Riflettendo su questo amore di Dio, nasce in noi anche una nuova speranza: nelle difficoltà e fatiche di ogni giorno non siamo dimenticati da Dio e non siamo destinati allo sterminio, alla morte, ma alla vita eterna che Lui ci ha guadagnato e ci aiuta costantemente a conquistare. Ecco il mistero dell’amore divino che crea nel cuore del credente gioia e speranza. Questo magnifico amore di Dio verso di noi richiede da parte nostra una risposta.Quando Gesù è nato nella grotta di Betlemme ha trovato diversi atteggiamenti verso di sé, ossia in diverso modo gli uomini hanno risposto al suo amore. Erode lo voleva uccidere. Molti lo hanno disprezzato o non hanno dato importanza a lui. Alcuni, come i pastori, sono venuti a lui con semplicità e gioia. Maria e Giuseppe lo hanno accolto con tutto il cuore. Altri ancora, come i Magi, lo hanno cercato e dopo molti giorni lo hanno trovato.

Oggi è lo stesso. Ci sono quelli che vogliono uccidere Cristo, cancellare la sua esistenza: non sentiamo forse le loro voci, più o meno mascherate, nella radio, nella televisione, negli interventi politici o sociali? Vogliono uccidere Gesù, perché lui è scomodo nella realizzazione lei loro piani. Altri disprezzano Gesù, organizzano la propria vita senza di lui, come se lui non esistesse. Ci sono ancora i più crudeli, quelli cioè che vogliono portare il nome di cristiani, ma Cristo non conta nulla nella loro vita (talvolta strumentalizzano le proprie affermazioni di appartenenza alla Chiesa per ottenere i vantaggi che non hanno niente in comune con Cristo): questi causano molti danni al cristianesimo.

Ci sono, però, anche quelli che cercano Cristo, come i Magi d’oriente: essi sicuramente lo troveranno con gioia. Altri, come i pastori, vengono a Cristo con fede, aprono davanti a lui il cuore e lo accolgono con amore. Non mancano anche quelli che, sull’esempio di Maria e Giuseppe, all’amore di Dio rispondono con tutto il cuore, disposti ad ogni sacrificio per l’amore verso il Signore. L’autentica risposta d’amore crea una specifica gioia e forza dello spirito. Se questa risposta è generosa e completa crea una gioia e una forza che nulla può spegnere, né dolore, né persecuzione e neanche la morte.

Tale fu ad esempio la gioia di Santa Teresa del Bambino Gesù; una gioia che ha riempito tutta la sua vita, quasi esplodeva nel suo cuore e l’ha resa capace di ogni sacrificio per il Signore. Tale fu la gioia e forza di San Ignazio d’Antiochia, vescovo, che durante la persecuzione dei primi cristiani, condotto a Roma per essere gettato alle fiere nel circo, ha chiesto ai suoi amici romani di non ostacolare il suo martirio: “Lasciate che io sia pasto delle belve – scrisse – , per mezzo delle quali mi sia dato di raggiungere Dio. Sono frumento di Dio, e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore” (cfr. Liturgia delle Ore, IV, p. 1384). Che forza! 

Tale forza e gioia, più grandi della morte, ha dimostrato San Massimiliano Kolbe – per citare anche un esempio più recente – che, di salute precaria, svolse una attività intensa, quasi incredibile. Cominciò, tra l’altro, a pubblicare la rivista Rycerz Niepokalanej (Il Cavaliere dell’Immacolata), che in breve raggiunse la più alta tiratura di copie fra tutte le riviste in Polonia. Fondò perfino una città, il Niepokalanów (Città dell’Immacolata), tutta impostata per divulgare il regno di Dio e il ruolo di Maria nella storia della salvezza. Niente lo ha potuto scoraggiare. Partì per il Giappone, senza una adeguata preparazione, senza una sufficiente conoscenza della lingua, senza mezzi, e circa un mese dopo pubblicò già il primo numero della sua rivista “Il Cavaliere dell’Immacolata” in lingua giapponese, ed anche là fondò la Città dell’Immacolata (Mugenzai non Sono). Ma non basta. Voleva andare anche in Cina, in India… Voleva conquistare tutti a Cristo, sotto la bandiera dell’Immacolata. E conosciamo poi bene l’episodio nel campo di concentramento di Auschwitz, dove San Massimiliano Kolbe offrì spontaneamente la sua vita per uno sconosciuto padre di famiglia, ed accettò volontariamente la crudele morte nel bunker della fame. In detto bunker della fame, da cui prima si sentivano soltanto orribili lamenti e in cui la gente si mordeva dalla fame crudele, egli perfino cantò inni di lode a Dio e alla Madonna. Sì, cantò inni di lode!

Chi offre a Dio l’amore, Dio lo riempie con forza e gioia. Chi offre l’amore generoso, tutto di sé, tutte le sue facoltà, Dio gli può dare la gioia più grande di ogni crudeltà, la forza più grande della morte.

Proprio nella delineata prospettiva della risposta d’amore all’immenso amore di Dio si pone la risposta alla vocazione sacerdotale o alla vita consacrata, pur distinguendosi con la propria specificità ed importanza.

La vocazione sacerdotale o alla vita consacrata è, infatti, un particolare dono, una singolare espressione dell’amore di Dio verso l’umanità. Questo dono richiede una risposta specifica. Comunque, all’amore di Dio si può rispondere soltanto con l’amore.

Ma la chiamata di Dio può incontrare diverse risposte: il rifiuto, la trascuratezza, la passività, l’accettazione tiepida o superficiale, in qualche paese talvolta perfino l’accettazione strumentalizzata per una personale promozione sociale; ma ci può essere anche una autentica risposta d’amore, più o meno impegnativa, anzi questa è l’unica risposta adeguata. Dalla generosità di tale risposta d’amore dipenderà poi la fruttuosità del sacerdozio o della vita consacrata; dipenderà la gioia del cuore e la forza d’animo, che – come ho notato – possono essere talmente grandi da superare ogni ostacolo e perfino la morte. Infatti, gli esempi che ho citato sopra, li ho scelti appositamente tra quelli che riguardano le persone che hanno abbracciato la vita sacerdotale e consacrata.

 

Promotori delle vocazioni

L’accettazione della chiamata del Signore e la qualità della risposta dipende anche da quanti sono impegnati nella promozione e nell’accompagnamento delle vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata. Un signore, che ha fatto grande carriera nella vita, mi ha recentemente confessato che quando era giovane voleva diventare sacerdote, ma nessuno lo ha incoraggiato né aiutato, e questo pensiero lo turba ancora.

Un mio conoscente, padre di sei piccoli figli, morendo prematuramente, con un certo rimprovero ha ricordato ai suoi genitori; “Volevo diventare sacerdote”. Quante vocazioni sono state sprecate, non realizzate o realizzate male, a causa del mancato o del non adeguato accompagnamento, a causa del mancato o del non sufficiente aiuto! Organizzando convegni, come questo, certamente vi domandate che cosa fare per essere efficaci nella promozione delle vocazioni. Vorrei dire una cosa: nessuno può dare quello che non ha.

Siccome il seguire la chiamata al sacerdozio o alla vita consacrata deve essere essenzialmente una risposta d’amore alla voce specifica ed impegnativa del Signore, difficilmente può essere efficace nella promozione e nell’accompagnamento sacerdotale o alla vita consacrata chi non considera la propria vita come risposta d’amore all’immenso amore di Dio verso di noi.

Si può dare diverse risposte all’amore divino, che risplende davanti a noi. Si può chiudere il cuore davanti a Dio, ma si può aprirlo e permettere a Dio di agire nel nostro cuore, si può aprirlo più o meno largamente. Per essere efficaci, ognuno di noi deve domandarsi: quale è la mia risposta all’amore di Dio? Quanto io ho permesso a Dio di entrare ed agire nel mio cuore? Colui, che ci ama, aspetta la risposta di ciascuno di noi, la aspetta ogni giorno, perché Egli ci ama ogni giorno.