N.05
Settembre/Ottobre 2003

Aspetti pastorali: l’azione pastorale per le vocazioni

Data l’importanza della pastorale vocazionale per tutta la Chiesa italiana, i programmi della CEI non potevano non trattare con la dovuta ampiezza e rilevanza il problema. Non si tratta infatti di un ambito secondario, ma della vita stessa della Chiesa e della sua presenza nella storia. In tale contesto i documenti non si sono soffermati solo sulle carenze della prassi pastorale; ma si sono sforzati di cogliere i segnali positivi provenienti da tutte le comunità e da tutte le Chiese locali.

Nelle programmazioni decennali dei vescovi italiani, gli aspetti pastorali sono emersi alcune volte in modo diretto ed esplicito, il più delle volte tuttavia in modo indiretto e tacito, ma sempre in forma chiaramente percettibile.

Da rilevare inoltre che le opzioni e linee d’azione strettamente vocazionali sono maturate in sintonia con il cammino che tutta la Chiesa ha compiuto dopo il Concilio Vaticano Secondo. È stato un interscambio qualificato di contributi pastorali, dati e ricevuti[1].

 

Urgenza del rinnovamento pastorale

Gli orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000, sono delineati nel documento Comunicare il vangelo in un mondo che cambia. Tale documento può essere preso pienamente anche come guida del rinnovamento della pastorale vocazionale in Italia. Vi si parla del mondo attuale “che sta attraversando profondi mutamenti culturali” (n. 5); delle “potenzialità e degli ostacoli che s’incontrano oggi nelle nostre comunità” (n. 36); dello “sforzo di metterci in ascolto della cultura del nostro mondo” (n. 34); dell’esigenza “di un dinamismo nuovo e di nuove iniziative concrete” con la formulazione da parte di ogni diocesi di “veri e propri itinerari pastorali” (n. 9); di “compiti e priorità pastorali per i prossimi anni” (n. 34); del “discernimento” da parte delle comunità cristiane per riconoscere “l’oggi di Dio” (nn. 36 e 50); dell’ “attenzione particolare ai giovani e alla famiglia” (n. 51). Questi e altri elementi ivi sottolineati possono essere tenuti in considerazione dalla pastorale vocazionale del prossimo futuro.

Sia il Card. Camillo Ruini nella presentazione del documento, sia all’interno del testo (n. 46), viene adoperata un’espressione molto forte, molto più vigorosa del termine “rinnovamento”. Si parla di una “conversione pastorale”. Secondo i vescovi tale conversione è “richiesta dalla chiamata a servire nel modo più adeguato l’annuncio del vangelo oggi” e, si potrebbe aggiungere, per condurre la pastorale vocazionale nell’attuale cammino delle nostre comunità. Ciò viene sottolineato non solo “per gli strumenti vivi e vitali della traduzione degli orientamenti pastorali come i sacerdoti, i religiosi e gli operatori pastorali” ma anche per gli stessi vescovi (n. 44).

Ad onor del vero, la Chiesa italiana, attraverso il CNV, ha sempre avvertito la necessità del rinnovamento nell’ambito della pastorale delle vocazioni. Che senso avrebbero le periodiche verifiche effettuate in questi ultimi decenni, se non si avvertisse il bisogno di adeguare il servizio al cammino concreto delle nostre Chiese?

Si sa che ogni verifica è “uno stimolo che sollecita gli operatori pastorali a lavorare in armonia con gli orientamenti ricevuti, nel contesto della comunione ecclesiale, superando anguste visuali individualiste e particolariste; a lavorare insieme per progetti, evitando l’improvvisazione e la frammentarietà, proponendosi obiettivi importanti, considerando le risorse disponibili e le difficoltà, mettendo in atto dinamiche ed iniziative coerenti”[2].

Dando per scontati gli aspetti teologici riguardanti la vocazione e le proposte operative di pastorale, le verifiche si muovono prevalentemente nel promuovere le opzioni e le applicazioni concrete, frutto dell’esperienza delle Chiese particolari.

Determinate verifiche sono state incoraggiate da importanti eventi ecclesiali, come la celebrazione del secondo Congresso Internazionale per le Vocazioni (10-16 maggio 1981), che ha sostenuto il continuo rinnovamento della pastorale vocazionale[3].

Il Piano Pastorale CEI ha insistito per una verifica che sia in linea con i programmi seguiti nel periodo post-conciliare, che tenga quindi conto dei seguenti elementi: “del cammino della Chiesa italiana, dell’analisi della situazione del Paese, dei vari programmi pastorali della Conferenza Episcopale Italiana, che esigono di porre il Piano in sintonia con le prospettive della pastorale ordinaria e con le nuove attese degli uomini del nostro tempo”[4]. Si sarà notato che nel testo del Piano si parla esplicitamente di “pastorale ordinaria” nella quale la pastorale vocazionale deve integrarsi senza perdere la propria specificità. Lo stesso Piano afferma chiaramente: “Dopo il Concilio la Chiesa italiana ha maturato progressivamente un programma di rinnovamento, che la pone più concretamente nella situazione del Paese e che può offrire una risposta efficace alle domande stesse del mondo giovanile. Punti di riferimento di questo cammino sono: l’evangelizzazione, i sacramenti, la promozione umana, i ministeri, la comunione nelle comunità della Chiesa. All’interno di questo progetto di Chiesa vanno evidenziati il tema delle vocazioni consacrate e l’azione pastorale unitaria che lo riguarda”[5].

In riferimento al Documento finale della 46a Assemblea Generale dei Vescovi italiani, l’allora Segretario Mons. Ennio Antonelli ha sottolineato con forza tali aspetti: “La crescente attenzione al tema della vocazione portò alla celebrazione di un secondo Congresso Internazionale per le vocazioni che suscitò una forte eco in molte Chiese. Il documento conclusivo di quel Congresso può essere considerato il primo piano pastorale per le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata. Quello che – in esso – colpisce è la novità di impostazione generale e gli orientamenti pratici che aprono prospettive operative per molti aspetti nuove: il coinvolgimento di tutti attorno ad una questione che non può essere più considerata interesse di pochi; la dimensione vocazionale come costitutiva della pastorale ordinaria; la pedagogia vocazionale come fatto che appartiene non solo ai formatori ma a tutta la comunità ecclesiale”[6].

Per sostenere un valido tipo di rinnovamento, la rivista ‘Vocazioni’ del CNV[7] ha fatto propria la raccomandazione del Sommo Pontefice, cioè che occorra “promuovere un salto di qualità nella pastorale vocazionale delle Chiese”[8] poiché “le mutate condizioni storiche e culturali esigono che la pastorale delle vocazioni sia percepita come uno degli obiettivi primari dell’intera Comunità cristiana”; in altri termini si tratta di promuovere “una nuova cultura vocazionale nei giovani e nelle famiglie”[9].

 

Verso l’auspicato “salto di qualità” della pastorale vocazionale

Il Congresso Europeo, tenutosi a Roma, del 5-10 maggio 1997, è partito dalla “consapevolezza che la pastorale delle vocazioni si trova di fronte all’esigenza di un cambiamento radicale, di un ‘sussulto idoneo’, o di ‘un salto di qualità’, come il Papa ha raccomandato nel suo Messaggio al Congresso”[10]. Si vuole indicare, in sostanza, che la pastorale vocazionale è giunta a uno snodo storico, a un passaggio decisivo. “C’è stata una storia, con una preistoria e poi delle fasi che si sono lentamente succedute, lungo questi anni, come stagioni naturali, e che ora devono necessariamente procedere verso lo stato ‘adulto’ e maturo della pastorale vocazionale”[11].

Il Congresso indica anche alcuni punti doverosi del radicale cambiamento della pastorale delle vocazioni: a) che non sia motivata solo dalla congiuntura negativa e dalla crisi, ma che appaia “come espressione stabile e coerente della maternità della Chiesa, aperta al piano inarrestabile di Dio, che sempre in essa genera vita”; b) che “se un tempo si riferiva solo o soprattutto ad alcune vocazioni, ora dovrebbe tendere sempre più verso la promozione di tutte le vocazioni, poiché nella Chiesa del Signore o si cresce insieme o non cresce nessuno”; c) che non sia affidata ai soli animatori vocazionali, ma “divenga sempre più azione corale di tutta la comunità, religiosa o parrocchiale, di tutto l’istituto o di tutta la diocesi, di ogni presbitero o consacrato/a o credente, e per tutte le vocazioni in ogni fase della vita”; d) che “passi decisamente dalla ‘patologia della stanchezza’ e della rassegnazione, al coraggio di porsi gli interrogativi giusti, per capire gli eventuali errori e inadempienze, per arrivare a un nuovo slancio creativo fervido di testimonianza”[12].

Questi sono solo alcuni punti del cambiamento voluto dal Congresso Europeo. La 46a Assemblea Generale della CEI (Roma, 17-21 maggio 1999) ha fatto proprie le conclusioni del Congresso Europeo adattandole alla situazione della Chiesa italiana, ritenendo che “il documento finale di tale convegno (Nuove vocazioni per una nuova Europa, 1998) rappresenta per tutti noi un termine di confronto obbligato per una corretta e globale impostazione della pastorale vocazionale; a partire in particolare dal Piano pastorale per le vocazioni (1985) le Chiese italiane sono andate sviluppando in questi anni molteplici esperienze, in coesione di intenti e di progetti, per offrire risposte concrete alla crescente crisi vocazionale che affligge le nostre comunità”[13]. Insieme al piano programmatico CEI per il prossimo decennio “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, sarebbe quanto mai necessario tenere come guida il documento della 46a Assemblea generale della CEI, che “ha voluto rilanciare questo impegno comune nel campo della pastorale vocazionale, promettente e decisiva per il futuro delle nostre Chiese”[14]. Il salto di qualità, appena accennato, fa da sfondo a tutto il documento CEI. I vescovi dichiarano: “L’apprezzamento per il lavoro svolto non ci esime però dall’esprimere una viva preoccupazione riguardo al futuro delle nostre Chiese, per la sproporzione drammatica tra le attese delle nostre comunità e il numero insufficiente degli operai del Regno. Il problema vocazionale, il ‘caso serio’ di tutta la pastorale, sollecita a immaginare e a rendere possibile quel salto di qualità da molti vivamente desiderato, ma concretamente realizzabile solo con il generoso coinvolgimento di tutto il popolo di Dio e in particolare dei suoi pastori ed educatori. Se pensiamo a una certa ‘cultura della distrazione’ che spesso ci seduce e disorienta, comprendiamo quanta vigilanza e impegno richiede il dare corpo a quella ‘cultura della vocazione’, che fa da sfondo ai nostri problemi e a tutta la pastorale vocazionale delle nostre Chiese”[15].

Il documento, tipicamente pastorale, prende atto degli sviluppi dottrinali sulla vocazione e le vocazioni, anche se nella prima parte si afferma che i “motivi ispiratori della pastorale vocazionale” si fondano sulla teologia[16]. Nelle altre due parti i vescovi concentrano la loro attenzione su alcuni “percorsi vocazionali”, o su alcune “vie di pastorale vocazionale”[17]. I percorsi particolarmente sottolineati sono la preghiera, la testimonianza, l’evangelizzazione, la chiamata. Qui possiamo fare solo dei brevi riferimenti, rinviando allo studio del testo integrale da diffondere possibilmente su vasta scala per un efficace e vitale rinnovamento.

È interessante la sottolineatura del documento circa il contributo della preghiera nella realizzazione di una “cultura vocazionale”. “Nelle nostre comunità ecclesiali – affermano i vescovi italiani – la preghiera è esperienza diffusa. Maturando in questa esperienza, molti imparano a mettere al centro della loro preghiera le esigenze del Regno, chiedendo il dono di sante e numerose vocazioni. Nasce così un vero e proprio movimento di preghiera, che la creatività dello Spirito fa crescere in maniera sorprendente e fantasiosa: ne fanno parte giovani e ammalati, consacrati e laici, persone che vivono da sole e intere famiglie. Così la cultura della preghiera genera una ‘cultura vocazionale’[18].

Nell’ambito della testimonianza, il documento non manca di richiamare “gli spazi vitali nelle nostre comunità che si propongono come luoghi segno di vocazione per tutta la comunità cristiana”: dal presbiterio alle comunità di vita consacrata; dalla famiglia alla scuola e agli altri ambienti educativi[19]. Sul percorso dell’evangelizzazione i vescovi accentrano la loro attenzione sull’ “Evangelo della vocazione”, “punto di forza” del magistero del Sommo Pontefice. “Per questo vanno annunciate le vocazioni, – essi affermano – come risposta concreta a Dio, come stato di vita in cui portare a pienezza il proprio battesimo”[20]. Dovendo fare emergere il vangelo della vocazione nella “pastorale ordinaria”, il documento della CEI, vede, ovviamente, “la parrocchia, come luogo privilegiato della proposta”. “La parrocchia è il luogo per eccellenza in cui va proclamato l’annuncio del vangelo della vocazione e delle singole vocazioni, tanto da doversi pensare come comunità vocazionale, ministeriale e missionaria”[21]. Nello stesso ambito si parla anche degli itinerari di fede, quali la catechesi, i sacramenti, l’anno liturgico, e i luoghi pedagogici come i gruppi, i movimenti, le associazioni[22].

I vescovi propongono anche un tipo di animatore che darebbe un impulso determinante nell’ambito della parrocchia: “L’animatore vocazionale parrocchiale è un nuovo ministero che va configurandosi all’interno della comunità parrocchiale: a un laico (o un consacrato), membro del Consiglio pastorale parrocchiale, si affida il mandato dell’animazione vocazionale. Tale servizio è caratterizzato da una chiara coerenza di vita e testimonianza di fedeltà alla propria vocazione, e impegna a un’attenzione costante a tutte le iniziative pastorali parrocchiali ove far emergere la dimensione vocazionale”[23].

Se i primi tre percorsi proposti dall’Episcopato italiano, quelli del pregare, del testimoniare e dell’evangelizzare, entrano nella pastorale ordinaria, il quarto percorso, quello del chiamare, presenta gli aspetti specifici della pastorale vocazionale. I vescovi si pronunziano chiaramente per la chiamata esplicita. Non è sufficiente la sola proposta silenziosa o generica. “Un dato è ormai patrimonio acquisito nella pastorale delle vocazioni: una scelta vocazionale non matura in genere attraverso esperienze episodiche di fede, bensì lungo un paziente cammino spirituale. Le esperienze vocazionali che proponiamo – quasi sempre diversificate per ragazze e giovani – vanno accolte come veri e propri itinerari vocazionali specifici, suggeriti dallo Spirito e frutto della passione di tanti educatori”[24].

Pur affermando che nella comunità cristiana tutti sono corresponsabili e contribuiscono ad annunciare la diversità delle vocazioni nella Chiesa, ancora una volta i vescovi, oltre al servizio del Centro Diocesano Vocazioni, sottolineano il ruolo dei responsabili chiamati a “coltivare” direttamente ed esplicitamente le vocazioni: i presbiteri e i consacrati, i catechisti e gli educatori alla fede (animatori di gruppi, movimenti, associazioni), i seminaristi, novizi e novizie, e tutti i giovani incamminati verso il sacerdozio o la vita di speciale consacrazione. A questo punto viene messo in grande rilievo lo spazio proprio della pastorale giovanile: “È necessario progettare cammini progressivi di formazione, che alla fine non possono non diventare esplicitamente vocazionali”[25].

“Su questi percorsi educativi si innestano efficacemente quegli itinerari vocazionali specifici che lo Spirito ha suscitato nelle nostre Chiese in questi anni. Tali itinerari vengono proposti a ragazzi e giovani che sono pervenuti a una riflessione seria e personale sulla loro scelta di vita, avvertono che forse il Signore li chiama a una vocazione di speciale consacrazione e, a giudizio della guida spirituale, presentano segni vocazionali meritevoli, di uno specifico discernimento”[26]. Come forma privilegiata di discernimento e accompagnamento vocazionale è sottolineata la direzione spirituale: “Un siffatto accompagnamento vocazionale esige che si tenga presente la tipicità della vocazione al ministero presbiterale e diaconale o alla vita consacrata”[27].

 

Creare un promettente futuro vocazionale per la Chiesa italiana nel segno della speranza

Nei documenti dei vescovi italiani di questi decenni vengono riletti in sincronia gli sforzi faticosi del servizio vocazionale in atto, nel tentativo di far emergere i criteri per una riflessione e per una prassi adeguata alle esigenze di una rinnovata coscienza vocazionale. Emerge chiaramente la convinzione che di fronte alla “diffusa crisi di vocazioni” esistente in numerose diocesi, solo una rinnovata azione pastorale offrirà motivo valido di speranza. Sul piano dei contenuti, forse in modo ripetitivo, sono stati proposti nel loro insieme un po’ tutti gli aspetti che incidono maggiormente nell’ottenere un cambiamento di rotta rispetto al passato. Oltre agli aspetti biblici e teologici, in modo sintetico ed esemplificativo sono emersi i seguenti elementi: il primato del soprannaturale; il ruolo fondamentale della comunità cristiana; la parrocchia come luogo privilegiato; l’apporto fondamentale della famiglia; la dimensione vocazionale della pastorale giovanile e la valorizzazione degli ambienti educativi, come la scuola, l’oratorio e simili; la catechesi in tutte le sue forme; il rinnovamento della liturgia; la presenza dei movimenti e delle associazioni; le responsabilità dei pastori ad ogni livello; l’organizzazione e la programmazione sul piano nazionale, regionale e diocesano.

Per rendersi conto, basti dare uno sguardo rapido al piano CEI, “Vocazioni nella Chiesa italiana”[28], ai numeri dell’ultimo ventennio della rivista Vocazioni del CNV, agli atti dei vari convegni svoltisi in questi anni. Sono aspetti pastorali che troviamo in forma concisa negli ultimi documenti CEI più volte citati: il testo “Comunicare il vangelo in un mondo che cambia”, e il documento conclusivo della XLVI Assemblea generale “Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana”[29]. Più di qualche lettore potrà chiedersi: cosa c’è di nuovo che possa farci ottenere il desiderato salto di qualità? Le proposte e le opzioni pastorali riproposte dall’episcopato costituiscono delle novità o delle conferme?

Probabilmente i lettori non troveranno vere e proprie novità, ma solo conferme di quanto già contenuto nel Vaticano II e nel magistero successivo. Questo fatto non deve destare meraviglia. Sussistono riflessioni, criteri, convinzioni, direttive e orientamenti sempre richiamati, ma non ancora realizzati pienamente. Il riproporli fa comprendere da un lato l’importanza di attuarli concretamente, dall’altro lato da sostegno e stabilità a servizi individuati come indispensabili nella vita attuale della Chiesa, superando lo stato di provvisorietà e di fluidità diffuso nell’immediato post-Concilio. Il che non è poco in un tempo come il nostro, considerato tuttora come “periodo di transizione, caratterizzato perciò da atteggiamenti ambivalenti e contraddittori”, e tenendo conto nel contempo che “la pastorale delle vocazioni deve continuamente rinnovarsi”. Ciò premesso, possiamo affermare che i lettori attenti troveranno sicuramente non poche novità, manifestazioni delle vie che lo Spirito indica oggi per un lavoro più fruttuoso e utile. In tal modo ciascuno potrà confrontare e verificare il proprio servizio vocazionale con quanto viene realizzato altrove e attuare iniziative ed esperienze ben riuscite in altre comunità cristiane.

Quando si parla di rinnovamento della pastorale vocazionale, non bisogna attendersi necessariamente indicazioni e proposte atipiche e insolite. Ma costituiscono grandi novità anche le affermazioni e gli orientamenti pastorali noti che, se attuati, possono risolvere in radice il “problema fondamentale della Chiesa”, come lo ha definito Giovanni Paolo II[30]. Il vero problema della pastorale vocazionale di oggi non è quello di far passare nella realtà delle comunità le convinzioni maturate. Le varie verifiche che si fanno in campo pastorale non possono essere quantificazioni e bilanci dei risultati ottenuti, perché l’animazione spirituale non è misurabile con mezzi umani e la crescita soprannaturale delle anime non può essere rilevata con strumenti psicologici di indagine. È vero che è dato cogliere indizi di animazione e di crescita, ma la valutazione non può avvenire che con un metodo intuitivo e quindi personale. Alcuni effetti, poi, possono manifestarsi a scadenza imprevedibile: “altri seminano e altri raccolgono”[31].

All’origine dell’attuale bisogno di rinnovamento della pastorale delle vocazioni vi sono molteplici e complessi motivi, come possono essere quello ben constatabile della diminuzione effettiva del personale, l’invecchiamento progressivo e il mantenimento delle comunità e delle opere. Però l’incontro con le persone, i gruppi ecclesiali che lavorano per le vocazioni nella Chiesa, fa capire che i compiti di formazione e di promozione sono fondati su profonde convinzioni che stanno alla base di questo lavoro pastorale. In effetti la pastorale vocazionale viene compresa e realizzata da persone che credono nel futuro e vogliono creare un avvenire. La pastorale vocazionale allora intende preparare un nuovo futuro per la Chiesa. Ma in quale maniera? Quali sono queste prospettive per il futuro?

Non basta ripetere continuamente il noto sul piano teorico, quanto di passare alla concretezza. Non basta aver elaborato in questi anni un ricco patrimonio di contenuti, di itinerari, di esperienze, di programmazioni, se poi restano nei libri, nelle riviste, nei documenti. Giustamente è stata sottolineata l’urgenza che la pastorale vocazionale passi ad essere sempre più “da interesse di pochi una preoccupazione ed un’occupazione di tutti”[32].

La Magna Carta della moderna pastorale vocazionale ha tracciato con forza la vera impostazione nell’ambito della pastorale ordinaria della Chiesa: “La pastorale d’insieme ha il compito di creare nel Popolo di Dio un clima in cui le vocazioni possano crescere. I credenti devono prendere coscienza che le vocazioni ai ministeri ordinati sono un dono per la Chiesa, per ogni diocesi e parrocchia, per ogni famiglia e comunità. La comprensione dei consigli evangelici e di una consacrazione che dura tutta la vita deve essere risvegliata tra i genitori e i giovani. La pastorale d’insieme deve, per così dire, tessere una rete sempre più fitta di contatti personali e istituzionali, in cui le vocazioni possano essere scoperte, incoraggiate, coltivate. La vocazione e le vocazioni devono diventare tema fondamentale nella predicazione, nella preghiera, nella catechesi. E non basta che il tema sia trattato in forma diretta: esso deve essere presente, come annuncio indiretto, anche in altri momenti di predicazione, preghiera, catechesi”[33].

Purtroppo tra la teoria e la pratica c’è un abisso. Alte, troppo alte, le percentuali delle comunità che non vivono in questo clima. La giustificazione è sempre la stessa: occorre tempo per cambiare mentalità. In sostanza c’è ancora un grande salto culturale da compiere, visto che l’informazione passa tranquillamente in secondo piano di fronte a quelli che i pastoralisti definiscono “problemi strutturali”. Sarà vero, ma occorre muoversi e non solo lamentarsi dei ritardi che riscontriamo. Le proposte pastorali dei vescovi italiani, nel corso degli ultimi trent’anni, hanno rimarcato con vigore la centralità dell’educazione alla fede e della sua comunicazione. A partire dal Concilio, alcune scelte significative sono state compiute ad esempio con il progetto catechistico e l’impegno per il rinnovamento liturgico, quindi con la sottolineatura della comunità quale soggetto dell’evangelizzazione e, infine, evidenziando il segno della carità come qualificante la missione cristiana.

Tuttavia i vescovi affermano di non “ritenersi soddisfatti” e si chiedono in maniera decisa: “la comunicazione delle proposte che abbiamo formulato, anche attraverso convegni e documenti, è stata comprensibile per la gente e ha saputo toccare il suo cuore? Coloro che sono gli strumenti vivi e vitali della traduzione degli orientamenti pastorali – sacerdoti, religiosi, operatori pastorali – si sono coinvolti in maniera corresponsabile e intelligente nel cammino delle loro Chiese locali? E i singoli credenti stanno affrontando il loro cammino cristiano non individualisticamente, bensì nel contesto della comunità dei discepoli di Cristo, che è la Chiesa? E noi vescovi abbiamo saputo dare gli impulsi necessari perché i nostri stessi orientamenti pastorali non restassero lettera morta?”[34].

Sappiamo tutti che in questo campo non vi sono ricette miracolose. In un clima di fede non possiamo cedere al pessimismo, all’indifferenza, al disinteresse. Il programma del prossimo decennio proposto dai vescovi Italiani di “comunicare il vangelo in un mondo che cambia” comporta anche l’urgenza di comunicare il “vangelo della vocazione”. “Quanto a noi, oggi, – aggiungono i vescovi – consapevoli che ogni vocazione viene da Dio, avvertiamo l’urgenza di dover annunciare questo vangelo della vocazione, farlo emergere continuamente nel nostro ministero ordinario[35].

Per attuare questo programma nel futuro, bisogna fare uno sforzo per risvegliare la coscienza delle comunità, evitando ogni forma di fatalismo. Sembrano quanto mai preziose le indicazioni di Mons. Antonelli: “Le riflessioni e i progetti ci sono. Il ritardo deriva dalla lentezza con cui si attivano i soggetti pastorali. Ancora, infatti, questa sensibilità e questa attenzione sembrano troppo spesso circoscritte a pochi addetti ai lavori. Alla luce di questo cammino appare di grande rilevanza il fatto che l’assemblea dei vescovi abbia affrontato questo tema. Certamente i vescovi da soli non risolvono il problema, ma senza di loro non è possibile svolgere un lavoro proficuo. L’assunzione da parte delle nostre Chiese delle nuove prospettive di impegno non può non passare, primariamente, attraverso il cuore e l’opera dei vescovi. L’attenzione al tema esige di tradursi in comportamenti coerenti.Chiese particolari, comunità parrocchiali, aggregazioni ecclesiali, famiglie di consacrati, con responsabilità diversificate e convergenti, sono chiamate a fare la loro parte”[36].

 

 

 

Note

[1] Oltre agli Atti del CONCILIO VATICANO SECONDO, i documenti più citati di GIOVANNI PAOLO II sono: Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 7: AAS 71 (1979), 269; Lett. enc. Dominum et vivificantem (18 maggio 1986), 54: AAS 78 (1986), 875; Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 18: AAS 81 (1989), 421; Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 28: AAS 83; Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 43-59: AAS 84 (1992), 731-762, certamente il documento più citato; Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 38: AAS 87 (1995), 30; Esort. ap. post-sinodale Vita Consecrata (25 marzo 1996), 8: AAS 88 (1996), 383; Lett. ap. Novo Millennio Ineunte, OR, 8-9 gennaio 2001. Grande rilievo hanno avuto anche i seguenti documenti: Secondo Congresso Internazionale di vescovi e altri responsabili delle vocazioni ecclesiastiche, Sviluppi della cura pastorale delle vocazioni nelle chiese particolari, Documento conclusivo, a cura delle Congregazioni per le Chiese Orientali, per i Religiosi e gli Istituti Secolari, per l’Evangelizzazione dei Popoli, per l’Educazione Cattolica, Roma 1981; CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Secondo Congresso Internazionale di vescovi e altri responsabili delle vocazioni ecclesiastiche, Sviluppi della cura pastorale delle vocazioni nelle Chiese particolari, Documento di lavoro, Roma 1981; PONTIFICIA OPERA DELLE VOCAZIONI, Sviluppi della pastorale delle vocazioni nelle Chiese particolari, (6.1.1992); CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA – PONTIFICIA OPERA PER LE VOCAZIONI ECCLESIASTICHE, Messaggi Pontifici per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, Roma 1993; PONTIFICIA OPERA DELLE VOCAZIONI, Nuove vocazioni per una nuova Europa, Documento finale del Congresso sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in Europa, Roma 1997; PONTIFICIA OPERA DELLE VOCAZIONI, La pastorale delle vocazioni nelle chiese particolari d’Europa, Documento di lavoro del Congresso sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in Europa, Roma 1997; PONTIFICIA OPERA DELLE VOCAZIONI – CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in Europa, Atti del Congresso Europeo, Rogate-Roma 1998.

[2] CEI, Segreteria Generale, Verifica degli orientamenti pastorali per gli anni ‘90 Evangelizzazione e testimonianza della carità, 31 maggio 1998, n. 7.

[3] Il Documento Conclusivo del Congresso, al n. 5, afferma testualmente: “La pastorale delle vocazioni deve continuamente rinnovarsi, accogliendo le ispirazioni che nascono dalla fede e i ‘segni’ che vengono dall’uomo, per prestare un servizio fedele di mediazione tra Dio che chiama e coloro che sono chiamati”. Il piano pastorale CEI, Vocazioni nella Chiesa italiana, n. 2, fa esplicito riferimento al Congresso quando parla della necessità di una verifica per “un’analisi di esperienze e una serie di linee pastorali che la Chiesa italiana ha contribuito a realizzare e ha fatto pienamente sue”.

[4] CEI, Vocazioni nella Chiesa italiana, Piano Pastorale 1985, n. 2. 

[5] Ivi, n. 21.

[6] CNV, Rivista Vocazioni, anno 2000, n.1, La Chiesa italiana oggi e le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata di Mons. Ennio Antonelli, Segretario Generale della CEI, pp. 3-5. Il tema fondamentale del citato n. 1 della rivista è stato il seguente: “Nuove vocazioni per un nuovo millennio”, con riferimento esplicito al n. 46 della Lett. Ap. di GIOVANNI PAOLO II, Novo Millennio Ineunte, OR, 8-9 gennaio 2001, ove si afferma: “Questa prospettiva di comunione è strettamente legata alla capacità della comunità cristiana di fare spazio a tutti i doni dello Spirito. L’unità della Chiesa non è uniformità, ma integrazione organica delle legittime diversità. È la realtà di molte membra congiunte in un corpo solo, l’unico Corpo di Cristo (cfr. 1 Cor 12,12). È necessario perciò che la Chiesa del terzo millennio stimoli tutti i battezzati e cresimati a prendere coscienza della propria attiva responsabilità nella vita ecclesiale. Accanto al ministero ordinato, altri ministeri, istituiti o semplicemente riconosciuti, possono fiorire a vantaggio di tutta la comunità, sostenendola nei suoi molteplici bisogni: dalla catechesi all’animazione liturgica, dall’educazione dei giovani alle più varie espressioni della carità”.

[7Cfr. ad esempio CNV, Rivista Vocazioni, anno 1998, n. 2, pp. 13-22; n.1 anno 2000, pp. 79-90.

[8] GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Congresso sulle vocazioni in Europa, in “L’Osservatore Romano” 11/V/1997, 4.

[9] SINODO DEI VESCOVI – SECONDA ASSEMBLEA SPECIALE PER L’EUROPA, Instrumentum laboris, 81; cfr. PONTIFICIA OPERA DELLE VOCAZIONI – CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in Europa, Atti del Congresso Europeo, Rogate-Roma 1998.

[10] PONTIFICIA OPERA DELLE VOCAZIONI, Nuove vocazioni per una nuova Europa, Documento finale del Congresso sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in Europa, Roma 1997, n. 13/c.

[11] Ivi.

[12] Ivi.

[13] “Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana”, Orientamenti emersi dai lavori della XLVI Assemblea generale della CEI, in CNV, Rivista Vocazioni, anno 2000, n. I, p 114.

[14] Ivi, p. 115. 

[15] Ivi, p. 115.

[16] Ivi, p. 116.

[17] Ivi, pp. 119-128.

[18] “Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana”, Orientamenti emersi dai lavori della XLVI Assemblea generale della CEI, in CNV, Rivista Vocazioni, anno 2000, n. 1, a.11. Sul piano esperienziale i vescovi ricordano come esempi concreti: la Giornata Mondiale di Preghiera Vocazionale, i giovedì vocazionali, il monastero invisibile.

[19] “Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata…” cit. nn. 12-16. Sul piano esperienziale i vescovi ricordano come esempi concreti: esperienze di fraternità sacerdotale e di formazione permanente dei presbiteri; celebrazione di ordinazioni, professioni e anniversari e memoria di figure esemplari; accoglienza nelle comunità monastiche.

[20Ivi, 17.

[21] Ivi, 18.

[22] Ivi, 19-20. Sul percorso dell’evangelizzare, pur in modo sintetico, ricordano alcune delle iniziative che hanno reso più “belle” le nostre Chiese e hanno rafforzato l’annuncio del vangelo della vocazione in vista di una sempre più condivisa coscienza vocazionale. Vengono indicate espressamente: la “scuola della Parola” o Lectio divina, la settimana vocazionale parrocchiale, il volontariato, gli itinerari per cresimandi e cresimati, i gruppi dei ministranti (Ivi 28).

[23] Ivi, 28.

[24] Ivi, 20-21.

[25] Ivi, 23.

[26] Ivi.

[27] Ivi, 24.

[28] Piano Pastorale 1985.

[29] Orientamenti emersi dai lavori della XLVI Assemblea generale della CEI, in CNV, Rivista Vocazioni, anno 2000, n. 1, pp. 114-128.

[30] GIOVANNI PAOLO II, Omelia, 10 maggio 1981.

[31] Cfr. Piano Pastorale per le vocazioni in Italia, 1973, n. 69.

[32] La Chiesa italiana oggi e le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata di Mons. Ennio Antonelli, Segretario Generale della CEI, ‘Vocazioni’, 2000, 1, p. 3.

[33] Secondo Congresso Internazionale per le Vocazioni, Documento Conclusivo, n. 18. 

[34] CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 44.

[35] “Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana”, Orientamenti emersi dai lavori della XLVI Assemblea generale della CEI, in CNV, Rivista Vocazioni, anno 2000, n.1, p. 17.

[36] La Chiesa italiana oggi e le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata di Mons. Ennio Antonelli, Segretario Generale della CEI, ‘Vocazioni’, 2000, 1, pp. 4-5.