N.05
Settembre/Ottobre 2003

Documenti CEI e ‘Vocazioni’. Vent’anni di partecipazione attiva a scelte ed eventi attraverso il Periodico

È legittimo considerare una rivista al pari di un individuo? Con una sua vita, una sua crescita, una sua maggior età, maturità? Per brevità presumo di sì e, perché no, attendo di finire queste righe per darne prova, almeno per quanto qui ci occorre. Già l’editoriale di mons. Castellani ci ha fatto ripercorrere la vita della Rivista Vocazioni e potrebbe bastare a far da riscontro all’affermazione di partenza. Ma a me è forse affidato il compito di cogliere l’anima e… l’animo della Rivista. Di come essa ha per così dire “respirato” il soffio conciliare del rinnovamento nella pastorale; di come ha “reagito”, e con quale sensibilità, agli obiettivi che nel post-Concilio la Chiesa italiana, e non solo, si è data; di come attraverso la Rivista si sia contribuito a far circolare e respirare quest’aria nuova. Dagli inizi la Rivista vive accanto agli analoghi strumenti dei settori pastorali, missionario, familiare, sociale; con l’intento primario di rispondere ad una chiamata. E già, perché una rivista, intesa in senso soggettivo, individuale, non è strano che risponda ad un’attesa, un’elezione.

Vocazioni, come il CENTRO NAZIONALE VOCAZIONI di cui è portavoce, è uno “specifico strumento di servizio per l’animazione della pastorale delle vocazioni di speciale consacrazione” (Statuto CNV, approv. CEI 1979) e, come tale, ha avuto fin dall’inizio lo scopo di aiutare la Chiesa italiana a cogliere, nei suoi eventi come nei suoi orientamenti pastorali, promuovere e centrare la prospettiva vocazionale. Questa “vocazione” della Rivista rivela anche una reciprocità. Nello stesso modo in cui la missione della Chiesa e le vocazioni sono fra loro in una relazione di causa ed effetto, poiché la missione genera nuove vocazioni, queste sfociano in successiva missione ed essa a sua volta dilagando genera nuova vocazionalità, e così via; così, fra il cammino pastorale della Chiesa italiana e la Rivista si è stabilita la stessa reciprocità. L’uno e l’altra si offrono occasioni per essere se stessi. L’uno e l’altra si vivificano a vicenda. L’uno segna il percorso, l’altra ne approfondisce e motiva l’attuazione e facendolo crea nuovi spunti d’attenzione.

Dagli anni ‘70 ad oggi l’Episcopato italiano ha scandito con periodicità decennale il cammino dell’intera comunità, marcando ogni periodo con una scelta pastorale per unificare e orientare, insieme e singolarmente, gli ambiti della vita comunitaria; in una parola, un tema proponibile come volontà di Dio alle Chiese che sono in Italia, utile per caratterizzarne il cammino attraverso la lettura dei segni dei tempi. È il CNV che, come Ufficio CEI, con la sua pubblicazione si è posto a servizio di questo cammino e, come la CEI per ciascun decennio ha proposto degli Orientamenti, così la Rivista ne ha colto provocazioni e opportunità per proiettarle nella prospettiva degli operatori vocazionali.

 

I progetti decennali della CEI in cammino con la pastorale vocazionale

Lo schema del cammino della Chiesa italiana, distinto per decennio, si delinea così: anni ‘70, Evangelizzazione e ministeri; anni ‘80, Comunione e comunità; anni ‘90, Evangelizzazione e testimonianza della carità; primo decennio 2000, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Per ciascun decennio un Convegno Ecclesiale nazionale ha segnato la verifica per il cammino delle Chiese locali: 1975 Roma, 1985 Loreto, 1995 Palermo, attendiamo per il 2005 Bologna. Ora mi avventuro in una rapida scorsa, peraltro priva d’apparato critico, per non appesantire il testo di una gran quantità di citazioni che finirebbero per coincidere, in alcuni casi, con gli indici stessi delle annate. Rivisitare questi decenni di vita della Chiesa italiana, ci permetterà di descrivere in qualche modo anche l’evoluzione della Rivista, non nella grafica (sic!), ma nei temi e nel metodo.

 

1971-1980

Per gli anni ‘70, che sono gli anni della Ratio fundamentalis (1970), dell’istituzione del CNV (1970) e del suo statuto definitivo (1979), dell’istituzione dei vari CDV, del Congresso internazionale di vescovi delegati su I piani pastorali per le vocazioni (1973), del primo Piano pastorale delle Vocazioni in Italia (1973), il contributo della pubblicazione è stato utile soprattutto alla individuazione dell’oggetto della pastorale vocazionale.

Evangelizzazione e ministeri (1977) pone il raccordo tra ministerialità e vocazionalità; per la Chiesa italiana diventa l’opportunità per una sorta d’allargamento nella considerazione della vocazionalità stessa, alla luce della teologia dei ministeri. Al n. 92 si dice espressamente che “alcuni ministeri sono necessari, per la volontà di Cristo, per l’essere stesso della Chiesa, altri invece sono complementari e per il suo benessere”. Questo modello di “Chiesa tutta ministeriale”, conosce in quegli anni un favorevole accoglimento. Il CNV, attraverso lo strumento dei convegni annuali e della Rivista, contribuisce a distinguere all’interno della pastorale generale l’importanza e la necessità di un’attenzione pastorale specifica per alcune vocazioni. Dalle pagine della Rivista traspare la contrapposizione tra l’apertura vocazionale, che scaturisce dal più ampio concetto di ministerialità, e l’esigenza propriamente istituzionale di fissare o restringere l’orizzonte vocazionale alla categoria della speciale consacrazione; ma alla fine, permanendo la possibilità che lo Spirito susciti sempre nuovi ministeri e nuove forme di vita consacrata, e che di conseguenza si delineino nuovi spazi di pastorale vocazionale, si sostiene, e non solo in senso terminologico, che la pastorale vocazionale debba occuparsi in modo primario delle c.d. “vocazioni di speciale consacrazione”.

 

1981-1990

Gli anni ‘80 sono gli anni di Comunione e comunità, del Documento conclusivo del Congresso internazionale dei vescovi sulla cura pastorale delle vocazioni (1982), di Vocazioni nella Chiesa italiana (1985). Vocazionalmente parlando, sono gli anni in cui si giunge ad una considerazione unitaria della pastorale vocazionale. Solo una comunità unita nel suo essere e nel suo operare può raccogliere frutti vocazionali. Se si pensa al vecchio metodo dell’accaparramento vocazionale, delle vocazioni guadagnate o strappate fra cleri o istituti diversi… l’essere giunti o essersi aperti all’unitarietà nella pastorale è stato almeno provvidenziale. La Rivista contribuisce a distinguere unitaria la pastorale, nel duplice senso di unità dell’azione pastorale a favore di alcune vocazioni (le c.d. vocazioni di speciale consacrazione) e di unità a partire propriamente dall’unica radice fontale, la vita di unità, di comunione, che è “propria” alla comunità ecclesiale.

La Rivista nei suoi articoli e nei suoi studi ha, in questo senso, accompagnato la lenta maturazione della specificazione di questo tema, soprattutto in riferimento al Piano pastorale CEI del 1985. Si parla lì di uno sforzo armonicamente coordinato, di tutte le componenti della comunità ecclesiale impegnata a favorire, secondo le diverse responsabilità, tutte le vocazioni consacrate. Non scontata dunque, anzi complessa, l’unitarietà delle vocazioni consacrate. E se oggi ci troviamo concordi nel linguaggio e nell’operare, è proprio grazie agli strumenti della ricerca e della comunicazione. La stessa Rivista a più riprese ha dato il suo contributo sottolineando contenuti e mezzi propri della pastorale delle vocazioni (preghiera, catechesi, liturgia e carità) e rivolgendosi ai vari responsabili di tale azione pastorale (vescovi, presbiteri, diaconi permanenti, religiosi e religiose, membri di istituti secolari, missionari, laici, famiglie, gruppi, movimenti, associazioni, comunità ecclesiali di base, scuola cattolica), rendendo sempre più sicuro il suo servizio, attraverso una redazione composita e qualificata dal punto di vista delle categorie vocazionali.

Negli anni ‘80 un altro traguardo: la congiunzione e il riconoscimento della complementarietà e reciprocità, tra pastorale vocazionale e pastorale giovanile. Un raccordo oggi necessario e pacifico, ma anch’esso frutto di cammino e riflessione. Se inizialmente i giovani e la gioventù erano importanti dal punto di vista vocazionale (Piano Vocazioni, 1973), poi si è parlato di complementarietà fra le due cure pastorali (Documento conclusivo, 1982), dalla fine degli anni ‘80 è ormai definito il principio che la pastorale giovanile è tale soltanto se la s’intende in senso esplicitamente vocazionale. Decisivo, in questo senso, il lavoro che il CNV ha prodotto in quegli anni attraverso i Convegni e la Rivista.

È frutto pure del lavoro degli anni ‘80 la considerazione che una scelta vocazionale non matura attraverso esperienze episodiche di fede, ma attraverso un paziente cammino spirituale. Risuona ancora nelle orecchie dei partecipanti ai Convegni e ai Seminari di studio di quegli anni e successivi, come nella memoria dei lettori di Vocazioni, che ogni vocazione e la sua graduale maturazione passa per questi momenti: annuncio, proposta, accompagnamento vocazionale.

 

1991-2000

Negli anni ‘90, la Rivista opta per la collaborazione tra i centri della pastorale vocazionale e alcuni uffici direttivi della pastorale. L’occasione è data dal piano pastorale decennale della CEI, che mette in relazione “Evangelizzazione e testimonianza della carità” quasi a indicare, dopo il cammino dei decenni precedenti, la necessità della circolarità nelle attenzioni pastorali e il bisogno di un’impostazione d’insieme delle stesse. Vocazioni, in occasione del decennale del Piano Pastorale per le Vocazioni (1985) imposta una ricognizione sul cammino compiuto in tale periodo nell’ambito della pastorale vocazionale. Nello sforzo di capire il presente per progettare il futuro, si cerca di verificare come e quanto il Piano Pastorale per le Vocazioni fosse stato recepito dalle diocesi italiane e dagli istituti di vita consacrata. Il Consiglio del CNV e la redazione di Vocazioni, avviano a metà degli anni ‘90, uno studio-ricerca prima di tutto di natura storica, per individuare e indirizzare le diverse fasi del cammino della P.V.; poi, di natura teologica, per mettere a fuoco la teologia che sta dietro alla prassi vocazionale; infine, una ricerca sugli interventi del Magistero Episcopale nel settore vocazionale, per individuare come i pastori sentono il problema vocazionale. L’insieme di quest’ingente materiale, ancora oggi valido, fa rilevare che il problema vocazionale era sì unanimemente avvertito, ma non si riusciva di fatto a passare all’impegno. Anche in questo la Rivista ha offerto il suo servizio, soprattutto cercando d’individuare le cause di tale situazione. In conclusione si evidenziavano due costanti: che la “frammentazione” e le “autonomie” dei settori pastorali, di fatto impediscono che un prete sia totalmente e stabilmente dedicato alla causa delle vocazioni e la difficoltà nell’accoglierlo come colui che trova la sua vocazione nel servire la vocazione degli altri, anche nella vita religiosa, anche negli altri settori pastorali. Se ne conclude che il fai-da-te persiste come formula di base nella P.V. e di conseguenza risulta quasi impossibile raccogliere tutte le forze vocazionali in un’unica opera vocazionale.

Nello stesso tempo la Rivista si fa promotrice della riflessione sulla nuova cultura della vocazione, dal singolare messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale per le Vocazioni del 1993. Non uno slogan, per correre dietro alle mode, ma, in direzioni diverse, una riflessione teologica sulla vocazionalità in quanto tale; soprattutto nella linea della teologia biblica, dell’antropologia fondamentale, della sociologia. Il desiderio di fondo è giungere al riconoscimento del significato della vocazione come principio di esercizio della libertà da parte della coscienza di ogni cristiano, anzi di ogni uomo. Gli ultimi anni ‘90, per effetto di due documenti CEI emersi dalle rispettive Assemblee generali dei vescovi italiani (45a e 46a): Educare i giovani alla fede (novembre 1998) e Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana (maggio 1999) vedono ulteriori occasioni di riflessione e slancio nella pastorale vocazionale. Si deve peraltro tener conto che intanto il clima di preparazione alla celebrazione del grande giubileo dell’anno 2000 si va rivelando altrettanto fecondo per studi e approfondimenti.

 

2000-2010

L’ingresso nel nuovo millennio e la riflessione maturata sulle pagine della Rivista, come l’insieme di studi e contributi raccolti in occasione dei Convegni e Seminari annuali, conducono l’Ufficio e il Consiglio del CNV a dedicarsi a questo punto, non tanto allo studio di grandi temi vocazionali, ma a riflettere piuttosto sul come annunciarli. Si presenta in questo momento una provvidenziale convergenza tra il lavoro del CNV in quegli anni e le indicazioni dei vescovi italiani, risultando che il tema dell’annuncio e della comunicazione è in cima alle preoccupazioni dei membri della CEI, come nelle conclusioni dell’ Ufficio della stessa CEI. Scorrendo le pagine di Vocazioni, nelle prime annate del 2000, si avverte subito questo taglio che tende ad aiutare, sia il lettore occasionale sia l’animatore vocazionale esperto, ad assimilare il senso ultimo degli Orientamenti dell’Episcopato italiano per il presente decennio Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2001). In più, il tema della comunicazione è preparato e affiancato dall’insegnamento del Santo Padre che, nella Novo Millennio Ineunte, vede la Chiesa come casa e scuola di comunione.

Comunicare, annunciare, ciò che si vive in stile di comunione nella comunità eucaristica. Il vocabolario si rinnova, ma anche la riflessione si arricchisce. Gli aspetti della vita cristiana nei suoi differenti stati e responsabilità diventano il centro d’interesse del CNV e della sua pubblicazione. Dall’amore verginale alle realtà ultime; dalla vita consacrata ai movimenti ecclesiali; dall’educazione alla fede alla scuola cattolica; dalla spiritualità di comunione alla famiglia, al coordinamento pastorale, sono solo alcuni dei terreni sui quali Vocazioni ha voluto avventurarsi, in questi anni del “cambiamento”. L’intento dichiarato è quello di sempre: rispondere all’appello dei vescovi, inteso e accolto come volontà di Dio, per mettere in moto, per la sua parte, l’attuazione di quanto l’Episcopato offre e, nello stesso tempo, si attende dalle Chiese locali. Questa volontà è soprattutto manifesta nei numeri 2-4-5 dell’annata 2002, numeri in cui il periodico propone una sorta di Forum fra articolisti e membri della redazione da una parte e esperti sugli stessi temi dall’altra, in merito ad alcuni nodi problematici riferiti ai cambiamenti circa la vocazione, allo scopo di “schiodare” gli animatori vocazionali dalla ripetitività che li spinge a fare sempre le stesse cose allo stesso modo come se nulla di nuovo accadesse intorno a loro. Se il Forum si può dire riuscito è soprattutto perché il criterio di lavoro è stato quello di mettersi “in ascolto della cultura del nostro mondo, per lasciarsi interpellare” (cfr. CVMC, 34), “nella fedeltà irrinunciabile alla trascendenza del vangelo” (cfr. CVMC, 35).

 

Conclusioni

E ora, torniamo al ventennale… A chi legge: non sembra più facile ora contare sulla soggettività e sul temperamento della Rivista, di quando abbiamo cominciato a riflettervi? Non appare a sufficienza la fedeltà di questo strumento discreto alla sua vocazione originaria? Non si riconosce nello stile di lavoro della redazione un amore alla Chiesa, di cui è allo stesso tempo fiduciaria e artefice? Una vera e propria diaconia questa, ed è già vocazione! Certamente ci sarà un modo migliore ed esauriente per dar risposta alla domanda iniziale, ma quanto detto può bastare a riconoscere l’anima e… l’animo di Vocazioni e ad essergliene grati? La risposta è la parte che completa veramente questo pressato lavoro.