N.06
Novembre/Dicembre 2003

Comprendere, discernere, per vivere i segni dei tempi nuovi

La grazia di questa celebrazione ci porti questo dono, che raccolgo dal versetto dal canto dell’Alleluia, così come il Messale lo riporta: “Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo illumini gli occhi del nostro cuore perché possiamo comprendere i segni dei tempi nuovi”. È una grazia grande questa: comprendere i segni dei tempi nuovi. Comprendere i segni dei tempi nuovi è anche lo spirito, la finalità di questo nostro Forum sull’impegno della Vita Consacrata a favore di una nuova cultura vocazionale. E sì, fa parte proprio della finalità e dello spirito di questo incontro, comprendere i segni dei tempi nuovi, come Chiesa, imparare insieme a comprendere questi segni.

Per noi che abbiamo vissuto l’immediato dopo-Concilio, anche proprio nel linguaggio, i “segni dei tempi” faceva parte del nostro linguaggio quotidiano. Io credo che, al di là del linguaggio, vada liberato nel cuore. Ecco perché stamani impetriamo insieme questa grazia: comprendere i segni dei tempi nuovi.

L’interpretazione, la ricerca permanente nella preghiera personale ed ecclesiale di questo dono: comprendere, discernere, per vivere i segni dei tempi nuovi. Per non sentirci rivolto, personalmente ed ecclesialmente (come persone, come comunità, come Chiesa) il duro rimprovero di Gesù che abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Ipocriti”. Io non so con quale tono Gesù l’abbia detto tutto questo (fra l’altro, ci salviamo un po’ perché il testo ci dice che lo rivolge alle folle… se fosse stato rivolto agli Apostoli, sarebbe stato più personale); però è personale questo duro rimprovero: “Ipocriti, sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?, come mai questo tempo non sapete leggerlo alla luce della mia Parola?, come mai questo tempo non sapete amarlo?”.

Questo tempo. Noi sappiamo che è tempo di salvezza. Non possiamo non leggerlo come tempo di salvezza. E il territorio – abbiamo detto – non è solo uno spazio geografico, è uno spazio temporale, è uno spazio culturale, è uno spazio di vita. E allora, questo tempo di salvezza incentrato anche sul tema “territorio” (inteso come detto) , io credo vada letto e amato a tre livelli: quello personale, quello ecclesiale e quello sociale-culturale (l’umanità).

In questa comprensione allora dei segni dei tempi nuovi non saltiamo il livello che riguarda la nostra persona. Afferma san Paolo: “Io so che in me c’è il bene, c’è lo Spirito Santo, c’è l’amore di Dio”. Eppure san Paolo ha fatto una diagnosi molto precisa di se stesso, che corrisponde alla nostra esperienza personale della lotta quotidiana tra il bene e il male che porta Paolo a testimoniare: “Sono uno sventurato”. A questo riconoscimento quotidiano deve seguire da parte nostra, sull’esempio di Paolo, il rendimento di grazie. Il primo grande segno che ci lega è proprio che siamo sventurati, ma spesso non sappiamo leggerlo, riconoscerlo, amarlo in noi per il dono quotidiano della salvezza sacramentale. Se ridotta a un rito, se ridotta all’abitudine, quest’accettazione, …allora sì, sono uno sventurato… Però san Paolo subito riconosce questo segno di Dio, che è vivo nella sua vita, e dice: “Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore che mi ha liberato – ‘mi’ è personale: mi ha liberato e mi libera – da questo corpo votato alla morte”. Ecco questo riconoscimento del grande segno dell’amore di Dio nella sua esperienza quotidiana, una santità personale. E ieri sera si è parlato, giustamente, di una santità di comunione: con me si salva la mia comunità, la mia comunità diocesana, la mia comunità parrocchiale, la mia comunità religiosa. Altrimenti sono ancora nella logica del “…sono forse io custode di mio fratello?”. Quindi questa riflessione che è venuta fuori ieri sera davvero è un segno dei tempi nuovi che ci interpella. Oh se tornassimo a casa e sentissimo così le nostre comunità, se vivessimo così la vita delle nostre comunità! Tempo di salvezza!

A livello personale: mi ha liberato e mi libera, ci ha ricordato san Paolo. Tempo di salvezza ecclesiale. Sono tante le angolature e il riconoscimento dei segni dei tempi nuovi nella Chiesa. Venendo qua pensavo: la fragilità e la fortezza del Santo Padre. Non si può leggere come cronaca. Nella mia diocesi il vescovo che mi ha preceduto a Faenza, è stato quattro anni in carrozzella, prima che arrivassi, ed è stato il tempo più proficuo per la nascita delle vocazioni in quella diocesi. Se andate a contare nei sei anni che ci sono stato io, che sono stato più o meno fisicamente bene, quei risultati non ci sono stati, eppure abbiamo fatto più pastorale vocazionale e più pastorale giovanile di prima. Quindi, i segni dei tempi, la fragilità e la fortezza del Santo Padre… per dire: impariamo a leggere le contraddizioni e le speranze che vivono nelle nostre Chiese locali. Contraddizioni e speranze nelle vostre Chiese locali, nei vostri istituti religiosi, come le leggiamo? Come cronaca, da pagani?, o lette alla luce della Parola di Dio, per leggere meglio, per cogliere e amare questo tempo di salvezza. Per amare le fatiche della pastorale vocazionale e vedere poi, alla fin fine, sorgere dei figli di Abramo, dei figli di Dio, vocazioni a servizio dell’uomo, laddove meno ce lo aspettavamo, più autentiche. Il nostro stesso Forum, la comunione dei consacrati nella Chiesa italiana a favore di una nuova cultura vocazionale, non è cronaca, non è organizzare un Forum, ma: come leggerlo, come viverlo, come amarlo.

Ecco non vado oltre, ma, visto che la Chiesa italiana va verso l’Assemblea dei Vescovi nel prossimo novembre, quando si parlerà della parrocchia: è la parrocchia che ci invita ad amarla, ma con un salto di qualità: da stazione di servizi sacramentali a comunità missionaria, con tutto quello che questo comporterà di conversione personale e pastorale. Tempo di salvezza ecclesiale. Sono alcuni cenni, ovviamente lascio a ciascuno di continuare questa riflessione, questa lettura, questo impegno ad amare questi tempi e segni nuovi.

Infine tempo di salvezza per l’umanità, quest’umanità di questi tempi, da amare con gioia e speranza. La Chiesa in questi tempi è luce delle genti .

Allora siamo ferventi, preoccupati di salvare non solo la propria anima, ma consapevoli che da sempre, come figli dello stesso Padre, siamo chiamati a salvarci insieme ai fratelli di tutta l’umanità. O ci si salva insieme – e non è uno slogan – o non ci si salva. Ecco quanti temi da leggere come segni dei tempi, con speranza, senza sentirci travolti: una globalizzazione solidale; l’attenzione tra globale e locale, come risposta a quel senso di giustizia che c’è nel cuore dell’uomo, perché c’è nel cuore del Vangelo; una pace da conquistare ogni giorno come bene irrinunciabile, prioritario, per la promozione della vita; pace e vita, un’equazione inscindibile; ancora, pensare e vivere da europei, consapevoli della ricchezza delle radici cristiane. E infine – concludo – i semi del Verbo di Dio da riconoscere e armonizzare nell’arte e nelle culture e religioni, per accoglierle con autenticità.