N.02
Marzo/Aprile 2005

La celebrazione dell’Eucaristia è la più grande “scuola vocazionale”

 

Liturgia della parola

1 Gv 3,7-10; Gv 1,35-42

 

 

Il brano evangelico che abbiamo ascoltato è un Vangelo tipicamente e squisitamente vocazionale. Già il compito del Precursore, del Battista, assume in questo testo una chiara coloritura vocazionale. Giovanni, infatti, indicando in Gesù l’agnello di Dio, crea le condizioni per le prime vocazioni. Poi il dialogo tra Gesù e i due discepoli, nel quale Gesù dice: “Venite e vedete ”.

Qui, come si vede, non è difficile trovare il cuore della esperienza vocazionale, che, vogliamo sottolinearlo con forza, consiste nel fare esperienza del Signore Gesù, esperienza del suo mistero, del suo amore, della sua salvezza per esserne conquistati e mettersi con lui e vivere per lui. Poi abbiamo Andrea che chiama suo fratello Simone perché possa incontrare, a sua volta, Gesù, possa seguire Gesù: è chiaramente un apostolato vocazionale in nuce. Andrea si fa infatti tramite perché la chiamata del Signore giunga a suo fratello Pietro e, fin dall’inizio, in questa scena vocazionale c’è addirittura l’annuncio di Gesù – che in fondo è una promessa – il quale di quell’uomo, Simone, farà la pietra su cui costruirà la sua Chiesa.

Il tema scelto per questo Convegno dal nostro Centro Nazionale Vocazioni, e cioè “Il dinamismo vocazionale dell’Eucaristia, particolarmente nel giorno del Signore”, credo che trovi proprio in questo brano evangelico la miglior introduzione: molto semplice ma anche molto concreta e profonda, perché noi sappiamo bene – per quanto il mistero ce lo consente – che cosa è e cosa significa l’Eucaristia. Lo sappiamo noi sacerdoti, per i quali l’Eucaristia è il centro della vita e di ogni giornata – come ha detto il Papa nel suo 50° di sacerdozio nell’esperienza della nostra vita. Ma lo sanno bene anche le religiose, i religiosi e i laici, consacrati o meno, che sono qui. Tutti siamo infatti sostenuti dal pane della vita nel cammino della vita.

La recente enciclica del Papa Ecclesia de Eucharistia ha ancor meglio evidenziato quello che noi già conosciamo per esperienza e viviamo ogni giorno: l’Eucaristia è il grande “mistero della presenza”. Mistero della presenza dell’intero Triduo Pasquale, ovvero del mistero stesso della nostra salvezza, dalla Passione alla Croce fino alla Resurrezione. Mistero reso presente nel Sacramento e reso presente per noi. È davvero fondamentale questa dimensione: Cristo è per noi, è il pane dato per noi, è il sangue versato per noi. Proprio quando ci rendiamo conto fino in fondo che il Signore si dona a noi concretamente nella sua vita, nella sua croce, nella sua resurrezione, e, in concreto tutto questo è reso presente per noi nell’Eucaristia, allora siamo spinti anzitutto a confidare in lui, ad essere sicuri del suo amore, e poi a rispondere con la nostra dedizione.

Così il Signore, che si dà per noi nell’Eucaristia è inseparabilmente il Signore che chiama, che chiama anzitutto a stare con lui, come è detto nei primi capitoli del Vangelo di Marco (cfr. 3,13-15). E, solo di conseguenza, ad andare e ad andare essenzialmente nel suo nome. La cosa indispensabile, fondamentale perché l’Eucaristia sprigioni il suo dinamismo missionario è che essa sia da noi realmente vissuta, celebrata e vissuta. Penso in questo senso che per tutti noi la messa sia stata davvero, in concreto, la grande scuola vocazionale.

Se ripenso alla mia giovinezza non posso non constatare che quando ho capito un po’ di più cosa significava partecipare all’Eucaristia, quando ho cominciato a partecipare con maggiore regolarità anche nei giorni feriali, allora la mia vocazione ha preso forza e consistenza. Credo sia stato così un po’ per tutti noi: i sacerdoti, certamente, ma anche i consacrati e comunque tutti coloro che si dedicano in modo particolare al Signore.

Ecco perché appare molto importante anche oggi, nella nostra opera vocazionale, insistere sulla Eucaristia proprio come esperienza dell’incontro con il Signore, dello stare con lui, del partecipare della sua vita, partecipare del suo corpo e del suo sangue dati per noi. Essere nutriti dal corpo e dal sangue di Cristo e così partecipare alla sua vita divina, entrare nella sfera della vita di Dio, entrare nel mistero di Dio.

In fondo il vero apostolo del Signore, la persona chiamata, è chiamata anzitutto a entrare in questo mistero, a vivere di questo mistero, a partecipare di questo mistero. Solo così può diventare, infatti, strumento di salvezza, docile strumento di salvezza nelle mani del Signore. Solo così trova quella pienezza di senso della vita, che è indispensabile per tutti e senza la quale la vocazione fatica a durare.

È difficile poter conservare fedelmente la vocazione, potere vivere la vocazione, potere incrementarla giorno per giorno, approfondire la nostra vocazione, se non abbiamo la certezza quotidiana, sempre rinnovata, di essere amati dal Signore; se non abbiamo l ’esperienza della sua presenza, della unione sua con noi e, per conseguenza, nostra con lui.

Ecco perché l’Eucaristia non sta soltanto all’origine della nostra vocazione, ma è davvero il pane di vita che ci fa percorrere il sentiero, il cammino della vita. Don Luca, il nostro Direttore nazionale – che mi sia consentito ringraziare per le sue parole d’augurio – ha voluto ricordare il 50° della mia ordinazione sacerdotale. Ho avuto molte occasioni per ricordarlo: a Roma, a Reggio Emilia, a Sassuolo, dove ho detto la prima messa. Vorrei soltanto ricordare due piccole cose che ho sottolineato anche in quelle circostanze. Una è che – per me almeno – la chiamata del Signore è stata qualcosa di inatteso, che certamente, però, è passato – come dicevo – attraverso la partecipazione all’Eucaristia.

La seconda cosa è che questo ha fatto davvero la gioia della mia vita. Penso che tantissimi sacerdoti, religiosi, persone consacrate possono dire con sincerità la stessa cosa: la vocazione è stata la gioia della mia vita, il senso, la direzione di marcia della mia vita. E questa è una grande forza vocazionale, la più grande – umanamente parlando – la più grande forza per poter essere, a nostra volta, capaci di invitare ad accogliere pienamente la chiamata del Signore: ad accoglierla con fiducia, sapendo che questa chiamata è veramente chiamata che salva, per la persona chiamata e anche per i fratelli, nell’armonia dello scambio dell’economia di salvezza, per cui ogni dono fatto a qualcuno è fatto per tutti. Vogliamo allora chiedere al Signore, anche in questo nostro Convegno Nazionale, che sia approfondito questo aspetto più segreto ma anche più decisivo della vocazione, che è appunto lo stare con il Signore che si dà per noi per andare, a nostra volta, nel suo nome.

Vorrei terminare esprimendo la gratitudine di tutti i Vescovi italiani per voi, per il lavoro che voi fate: sia al Centro Nazionale, sia nelle varie Regioni e nei Centri diocesani. Lavoro che sappiamo non essere facile, lavoro che va condotto con perseveranza e con fiducia. Cresce in me qualche timore sull’andamento vocazionale in Italia, perché vedo che il mondo interiore di coloro che potrebbero essere chiamati, sempre di più tende a diventare un mondo per tanti aspetti lontano dal mondo del cristianesimo, dal mondo della fede. E quindi il passo per entrare nella dinamica della vocazione può sembrare un passo che diventa sempre più lungo e, di conseguenza, anche l’accompagnamento vocazionale: perché questo passo avvenga sembra diventare più impegnativo e più faticoso. Questo impone all’intero corpo della Chiesa – voi rappresentate qui l’intero corpo della Chiesa – una crescita nella responsabilità vocazionale di generare tra i suoi figli, dei figli e delle figlie che si facciano carico in particolare di continuare la missione di Cristo, di salvezza per il mondo intero.

Sentitevi sempre così, come coloro che operano a nome della Chiesa, che operano nella Chiesa, che operano con il sostegno e la fiducia della Chiesa. E cerchiamo prima di ogni altra cosa di far crescere la preghiera vocazionale come preghiera abituale, quotidiana, di ogni domenica, come preghiera comune della comunità cristiana proprio perché è interesse comune ed essenziale della comunità cristiana avere dei santi sacerdoti, avere persone consacrate che veramente rendono testimonianza al regno di Dio in questo mondo.

Per questo anche oggi ci rivolgiamo al Signore con piena fiducia e gli chiediamo di dare al suo popolo tutte le vocazioni di cui ha bisogno e anche di operare attraverso il suo Spirito dentro ai nostri cuori perché queste vocazioni siano accolte e fioriscano e portino i frutti per i quali il Signore le  dona.