N.02
Marzo/Aprile 2005

L’Incarnazione, l’Eucaristia, il Sacerdozio ordinato e l’impegno per le vocazioni sacerdotali

 

Liturgia della parola

1 Gv 3,11-21; Gv 1,43-51

 

Il periodo natalizio – che stiamo vivendo e che già volge verso la fine – è quello in cui pieni di riconoscenza ricordiamo con particolare amore e gioia l’Incarnazione del Figlio di Dio, la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme; ricordiamo il grande amore che Dio ci ha dimostrato oltre duemila anni fa, la luce di speranza che ha gettato sulla nostra vita qui sulla terra e ancor di più sulla nostra vita nella dimensione eterna dell’esistenza.

 

Cristo incarnato presente in mezzo a noi nell’Eucaristia

Quest’anno il ricordo dell’Incarnazione – che del resto non è mai solo un ricordo in quanto tocca la vita di ciascuno di noi attualmente – cade nell’Anno dell’Eucaristia (che va dall’ottobre 2004 all’ottobre 2005). Di conseguenza, quest’anno anche nel periodo natalizio l’accento si sposta necessariamente dal ricordo alla consapevolezza che quel Gesù nato nella grotta di Betlemme è rimasto presente in mezzo a noi; è rimasto presente in modo del tutto particolare, in modo sostanziale, nell’Eucaristia. Ciò ha sottolineato vivacemente Giovanni Paolo II prima del Giubileo del 2000 nella Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente del 10 novembre 1994 (n. 55) e ripetuto in quella recente Mane nobiscum Domine (7 ottobre 2004), riguardante proprio il presente Anno dell’Eucaristia, scrivendo: “Nel sacramento dell’Eucaristia il Salvatore, incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa, continua ad offrirsi all’umanità come sorgente di vita divina” (n. 7).

Si tratta di Cristo – come leggiamo nella Mane nobiscum Domine, che segue al riguardo il Concilio Vaticano II – il quale “è al centro non solo della storia della Chiesa, ma anche della storia dell’umanità […] che è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia di ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. […] In Lui, Verbo fatto carne, è infatti rivelato non solo il mistero di Dio, ma il mistero stesso dell’uomo. In Lui l’uomo trova redenzione e pienezza” (n. 6b).

Siamo quindi invitati a vivere nell’attuale periodo natalizio più profondamente questa stupenda realtà della presenza di Gesù in mezzo a noi nell’Eucaristia, a vivere la gioia di questa presenza, ad arricchire il nostro cuore, la nostra vita, di questa presenza. Siamo invitati ad intensificare tale realtà in questo periodo – quando ricordiamo la nascita di Gesù e nello stesso tempo abbiamo gli occhi fissati all’Eucaristia – affinché ciò rimanga vivo e fruttifero in tutto l’Anno dell’Eucaristia, anzi in tutta la nostra vita.

 

L’Eucaristia centro della vita della Chiesa

La presenza del Verbo Incarnato in mezzo a noi in modo particolare nell’Eucaristia mette in evidenza la centralità dell’Eucaristia per la vita della Chiesa e per la vita di ciascuno di noi. “L’Eucaristia – come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica citando i testi del Concilio – è fonte e apice di tutta la vita cristiana. Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere ecclesiastiche di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati” (n. 1324).

I battezzati, quindi, “esprimono e affermano la loro identità soprattutto attraverso la celebrazione del Sacrificio eucaristico” (Enc. Ecclesia de Eucharistia, 32a). “Non è possibile – insegna il Concilio Vaticano II – che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della Sacra Eucaristia” (Presbyterorum Ordinis, 6; Enc. Ecclesia de Eucharistia, 33).

Non intendo però soffermarmi su questo perché in occasione dell’Anno dell’Eucaristia avete certamente meditato molto e ancora mediterete su questo mirabile Sacramento della presenza di Dio in mezzo a noi, e perché su questo argomento mi son trattenuto l’anno scorso (cfr. Vocazioni XXI [2004] n. 2, 110-113).

Vorrei soltanto notare che il Santo Padre, nella menzionata Lettera Apostolica Mane nobiscum Domine per l’inizio dell’Anno dell’Eucaristia, si rivolge di nuovo con insistenza a tutti i fedeli perché riscoprano “il dono dell’Eucaristia come luce e forza per la [loro] vita quotidiana nel mondo, nell’esercizio delle rispettive professioni e a contatto con le più diverse situazioni” (n. 30f).

Specialmente poi in vista della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà a Colonia dal 16 al 21 agosto prossimo, scrive: “L’Eucaristia è il centro vitale intorno a cui desidero che i giovani si raccolgano per alimentare la loro fede e il loro entusiasmo” (n. 4); ed esorta i giovani: “Portate all’incontro con Gesù nascosto sotto i veli eucaristici tutto l’entusiasmo della vostra età, della vostra speranza, della vostra capacità di amare” (n. 30g).

 

L’importanza e la necessità del sacerdozio ministeriale

La centralità dell’Eucaristia per la vita della Chiesa mette in luce l’importanza e l’insostituibilità del sacerdozio ministeriale. Infatti – come ci ricorda l’Enciclica Ecclesia de Eucharistia del 17 aprile 2003 – è soltanto il sacerdote ministeriale che “compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo” (n. 28b; cfr. anche 29-30, 32a). In altre parole, il ministero del sacerdote ordinato è insostituibile (cfr. n. 29a); “l’assemblea che si riunisce per la celebrazione dell’Eucaristia necessita assolutamente di un sacerdote ordinato che la presiede per poter essere veramente assemblea eucaristica” (n. 29b; cfr. anche 32a). Anzi, Giovanni Paolo II ribadisce che l’Eucaristia “è la principale e centrale ragion d’essere del Sacramento del sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell’istituzione dell’Eucaristia e insieme con essa” (n. 31a).

Anche nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, circa la formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali (25 marzo 1992), che al presente è il documento più importante in materia, il Santo Padre all’inizio sottolinea proprio la necessità del sacerdozio ministeriale: “Senza sacerdoti la Chiesa non potrebbe vivere quella fondamentale obbedienza che è al cuore stesso della sua esistenza e della sua missione nella storia: l’obbedienza al comando di Gesù «Andate dunque e ammaestrate tutte le genti» (Mt 28,29) e «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19; cfr. 1Cor 11,24), ossia il comando di annunciare il Vangelo e di rinnovare ogni giorno il sacrificio del suo corpo dato e del suo sangue versato per la vita del mondo” (n. 1d). E quindi, rivolgendosi ai sacerdoti, insieme con i Padri sinodali rileva: “La vostra opera nella Chiesa è veramente necessaria e insostituibile” (n. 4c).

Si tratta dell’opera necessaria e di estrema importanza per la vita e crescita della Chiesa, in quanto “la vita e il ministero del sacerdote sono continuazione della vita e dell’azione dello stesso Cristo” (n. 18e), Capo e Pastore (cfr. nn. 3g, 13-15). Dall’esercizio del loro ministero dipende, senza alcun dubbio, in grandissima parte la vitalità e la crescita della Chiesa.

 

L’impegno per le vocazioni sacerdotali

a) Dalla centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa e dall’assoluta necessità del mistero del sacerdozio ordinato per avere l’Eucaristia deriva anche la centralità dell’impegno a favore delle vocazioni sacerdotali (cfr. Enc. Ecclesia de Eucharistia, 31c).

Comunque, la Chiesa considera la vocazione sacerdotale come “un dono di Dio, che costituisce certamente un grande bene per colui che ne è il primo destinatario. Ma è anche un dono per l’intera Chiesa, un bene per la sua vita e per la sua missione. La Chiesa, dunque, è chiamata a custodire questo dono, a stimarlo e ad amarlo” (Esort. Apost. Pastores dabo vobis, 41a).

Di fronte alla crisi delle vocazioni sacerdotali in alcune parti del mondo, l’Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, esprime la piena fiducia nella promessa del Signore “Vi darò pastori secondo il mio cuore” (Ger 3,15) e nelle parole di Cristo “Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt 28,20), e quindi dichiara la intima fede “che non mancheranno mai completamente nella Chiesa i sacri ministri”, che “l’azione del Padre, che suscita le vocazioni [sacerdotali], non cesserà mai nella Chiesa” (n. 1f). Siccome però il dono di Dio non annulla la libertà dell’uomo, e quindi possiamo non restare fedeli alla grazia della vocazione sacerdotale, l’Esortazione sottolinea la “grave responsabilità di cooperare all’azione di Dio che chiama, di contribuire a creare e a mantenere le condizioni nelle quali il buon seme, seminato da Dio, possa mettere radici e dare frutti abbondanti” (n. 2b).

Riguardo a questa grave responsabilità, il documento in parola nota: “È quanto mai urgente, oggi soprattutto, che si diffonda e si radichi la convinzione che tutti i membri della Chiesa, nessuno escluso, hanno la grazia e la responsabilità della cura delle vocazioni [sacerdotali]” (n. 41b). L’Esortazione poi descrive questa responsabilità da parte dei Vescovi, dei sacerdoti, delle famiglie cristiane, dei fedeli laici (e in particolare dei catechisti, degli insegnanti, degli educatori, degli animatori della pastorale giovanile), dei gruppi vocazionali, degli altri numerosi gruppi, movimenti e associazioni. Ciascuno è chiamato a dare un valido contributo, ovviamente con le risorse e modalità proprie (n. 41c-i).

 

b) È quindi anche una grave responsabilità del Centro Nazionale Vocazioni che ha organizzato questo Convegno e dei vostri Convegni. Importante è lo sforzo di renderli fruttuosi (anche qui, penso, valgono le parole di Gesù: “Dai loro frutti li potrete riconoscere”, Mt 7,20; Lc 6,44); si deve fare di tutto affinché essi non siano sterili manifestazioni, ma che spronino una operosità appropriata, vigorosa ed efficiente; è importante non omettere, anzi affrontare coraggiosamente, con rigore teologico e realismo pastorale, soprattutto le questioni essenziali.

Anche alla luce di quanto ho delineato sopra, penso che un certo indebolimento della nostra azione e un certo equivoco si crea quando la promozione delle vocazioni sacerdotali viene allargata in modo uguale a tante altre categorie di persone, prescindendo dalla specificità della vocazione sacerdotale, dalla diversa dimensione della realizzazione della vocazione di tutti i fedeli ancorata nel battesimo e la vocazione realizzata con l’esercizio dell’ordine sacro, che si pone non accanto, ma al servizio di tutte le vocazioni laicali. Parlando della grave responsabilità di tutti i fedeli per le vocazioni sacerdotali, ciascuno di noi qui presente è chiamato a rendersi consapevole della propria responsabilità in questo settore e attuarla realmente nella propria vita.

 

c) Vorrei aggiungere ciò che riguardo al nostro Continente contiene l’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Europa (del 28 giugno 2003): “Dato che l’impegno dei ministri ordinati e consacrati è determinante, non si può tacere la carenza inquietante di seminaristi e di aspiranti alla vita religiosa, soprattutto nell’Europa occidentale. Questa situazione richiede l’impegno di tutti per un’adeguata pastorale delle vocazioni. […] La cura delle vocazioni è, quindi, un problema vitale per il futuro della fede cristiana in Europa e, di riflesso, per il progresso spirituale degli stessi popoli che l’abitano; è passaggio obbligato per una Chiesa che voglia annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza” (n. 39).

 

Conclusione

Proprio la celebrazione o partecipazione all’Eucaristia – centro della vita della Chiesa, che “richiede la presenza di un presbitero, al quale soltanto compete di offrire l’Eucaristia in persona Christi” (Enc. Ecclesia de Eucharistia, 32a) – è un momento propizio in cui ciascuno di noi deve assumersi la responsabilità di una personale azione in favore delle vocazioni sacerdotali, deve fare un esame di coscienza al riguardo, deve parlare di ciò con il Signore, deve cercare la luce e la forza per non venir meno alla propria responsabilità.