N.01
Gennaio/Febbraio 2007

La tua vita per la sinfonia del Sì: variazioni e riflessioni sul tema.

E’ lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo (Ef 4,11-13).

 

Uno slogan da far vibrare con tutte le sue corde

Il Centro Nazionale Vocazioni (CNV) ha pensato di illuminare e, in un certo senso, sintetizzare l’annuncio vocazionale della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni (GMPV) di quest’anno con  il seguente slogan: La tua vita per la sinfonia del sì.Perché la scelta di questo slogan? Innanzitutto perché si vuole essere in piena sintonia con il Messaggio di Benedetto XVI per la 44aGMPV incentrato sul tema: Le vocazioni nella Chiesa comunione. Dopo averci sollecitati lo scorso anno a rivolgere l’attenzione sulla Chiesa-mistero, quest’anno il Papa ci chiede di riscoprire la dimensione comunionale di ogni vocazione all’interno delle nostre comunità cristiane. È vero: ogni vocazione “è la storia di un ineffabile dialogo tra Dio e l’uomo, tra l’amore di Dio che chiama e la libertà dell’uomo che nell’amore risponde a Dio” (Pastores dabo vobis 36). Ma è anche altrettanto vero che essa “non viene mai elargita fuori o indipendentemente dalla Chiesa, ma passa sempre nella Chiesa e mediante la Chiesa” (Pastores dabo vobis 35). Occorre, pertanto, tenere sempre presente questa essenziale dimensione ecclesiale della vocazione.

Soprattutto oggi, immersi, come siamo, in una cultura impregnata profondamente di individualismo e soggettivismo. Sempre più spesso ci si imbatte in giovani che pensano di poter giungere ad una scelta vocazionale, inerpicandosi su percorsi solitari, senza mai incrociare la vita delle comunità cristiane, e confidando unicamente sulla tecnica del “fai da te”. Non solo il cammino di discernimento, ma anche la scelta vocazionale non è mai un fatto “individuale”. È sempre una realtà ecclesiale e come tale deve essere vissuta.

Vi è un ulteriore aspetto che non va trascurato e che lo slogan di quest’anno vuol riaffermare. Le diverse vocazioni sono chiamate non solo a “convergere” nella comunità cristiana, ma anche ad arricchirla con la loro armonica presenza, fatta di accoglienza, di stima e corresponsabilità. È questo un aspetto che gli Orientamenti pastorali della CEI per questo decennio hanno richiamato con forza e che il CNV ha rilanciato nella pastorale vocazionale, attraverso i suoi Convegni e i temi annuali delle GMPV. La scelta dello slogan di quest’anno è motivata anche dalle forti provocazioni che vengono alla pastorale vocazionale dal cammino delle Chiese che sono in Italia, risuonate nel recente Convegno ecclesiale di Verona. Lì il teologo don Franco Giulio Brambilla nella sua relazione non ha avuto alcun timore ad affermare che “si profila al nostro orizzonte un tempo dove la Chiesa o sarà la comunità dei molti carismi, servizi e missioni, o non esisterà semplicemente. Dico questo non solo in riferimento al problema urgente e, in alcune regioni d’Italia, drammatico della scarsità del clero e dell’aumento della sua età media. Questa sarebbe ancora una visione funzionale dei carismi e del compito dei laici nella Chiesa e nel mondo. Non bisogna pensare alla testimonianza di tutti come il surrogato a buon prezzo della carenza di ministri del Vangelo. È il Vangelo stesso che esige un annuncio nella corale diversità e complementarità di carismi e missioni. Mi immagino la ricaduta pastorale di questa rinnovata coscienza comunionale della testimonianza”.

Fatte queste premesse, addentriamoci ora nella comprensione dello slogan della GMPV, cercando di cogliere tutta la ricchezza dell’annuncio vocazionale contenuta nel frammento di una breve frase.

 

Una sinfonia “in sì Maggiore”

Quella che tutti siamo chiamati a suonare – e non solo ad ascoltare -, arricchendola con il “timbro” particolare della propria specifica vocazione, è una Sinfonia “in sì Maggiore”. Parliamo di sì Maggiore, perché si vuole mettere subito in evidenza che il sì dell’uomo a Dio è preceduto e sostenuto dal sì di Dio all’uomo. È, dunque, “una sinfonia divina”: è, infatti, Dio il suo grande compositore. Il tema dominante di questa sinfonia, che potremmo immaginare scritto sullo spartito riprodotto sul poster, lo si può ritrovare espresso chiaramente nella Lettera di san Paolo agli Efesini; lì dove l’Apostolo, dando voce a tutta la gratitudine e lo stupore che abita nel cuore di ogni credente, esclama: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,3-10). Su questo spartito è trascritto il canto d’amore di Dio per ogni uomo. Che musica! È una musica che ci accompagna fin dal primo istante di vita e che gusteremo in pienezza solo nell’eternità.

Infatti, il primo contatto tra il Creatore e le creature avviene nel suono, nell’armonia, nella tonalità della voce divina (“Dio disse”), che come un “imprinting ancestrale” rimane nell’intimo dell’essere umano quale anelito e vocazione alla sinfonia del creato. La celebre badessa di Rupertsberg, Ildegarda di Bingen († 1098), amava ripetere “anima hominis symphoniam in se habet et symphonizans est”, l’anima dell’uomo ha in sé una sinfonia e partecipa a ogni sinfonia. Tutte le cose portano con sé il suono di quella voce creatrice e ogni creatura possiede un suono proprio che si inserisce nella sinfonia della Verità. L’uomo è dunque chiamato a partecipare all’armonia e alla sinfonia del Creatore. “L’uomo è come un’armonia musicale, un inno, meravigliosamente composto, all’onnipotenza creatrice” (San Gregorio di Nissa, In Ps., 3; PG 44, 441).

È quanto ha affermato Benedetto XVI, in occasione del concerto del “Philarmonia Quartett Berlin” in suo onore, offerto dal Presidente della Repubblica Federale di Germania, Horst Köhler: “La storia del mondo è una meravigliosa sinfonia. Anche se a noi la partitura a volte sembra molto complessa e difficile, Egli la conosce dalla prima fino all’ultima nota. Noi non siamo chiamati a prendere in mano la bacchetta del direttore, e ancora meno a cambiare le melodie secondo il nostro gusto, ma, ciascuno al suo posto e con le proprie capacità, a collaborare con il grande Maestro nell’eseguire il suo stupendo capolavoro. Nel corso dell’esecuzione ci sarà poi anche dato di comprendere man mano il grandioso disegno della partitura divina. Fedeli ai suoi comandamenti e rispettosi del suo piano salvifico, possiamo insieme costruire un mondo nel quale risuoni la melodia consolante di una trascendente sinfonia d’amore. Sarà anzi lo stesso Spirito divino a renderci tutti strumenti ben armonizzati e collaboratori responsabili di una mirabile esecuzione in cui si esprime lungo i secoli il piano della salvezza universale”.

 

Dal Compositore allo spartito

Ci si aspetterebbe che l’uomo da sempre e per sempre si sia lasciato affascinare e, in un certo senso, condurre per mano al suono di questa musica divina. E invece non è andato proprio così. L’uomo, nel suo orgoglio, ha provato “a strimpellare” qualcosa; ha prodotto solo una grande “stonatura”: il peccato. Al “sì” di Dio, fonte della pienezza della vita, l’uomo ha opposto il suo “no” motivato da orgogliosa autosufficienza, foriera di morte (cf Rm 5,19). È un no che l’uomo, lungo la storia continua a pronunciare. Ma Dio, in una sorta di contrappunto, di fronte al no dell’uomo trova sempre vie nuove per manifestare una inedita dimensione del suo amore. “La fantasia di Dio, la forza creatrice del suo amore è più grande del “no” umano. Non solo: l’amore di Dio anziché affievolirsi si allarga e si estende al mondo intero. Così il Vangelo, attraverso questo percorso di crocifissione sempre nuovo, diventa universale, afferra il tutto. Dio trova sempre una via nuova, più grande, per realizzare il suo sì all’uomo, alla sua storia e alla creazione” (Benedetto XVI, Ai Vescovi Svizzeri in visita ad Limina, 8 novembre 2006). Sconvolgente! Come non restare ammirati e stupiti dinanzi all’agire di Dio? Solo il silenzio adorante può dire tutto il nostro grazie. È proprio vero: “dove la parola manca, là comincia la musica; dove le parole si arrestano, là l’uomo non può che cantare” (Léos Janácek).

La liturgia ci aiuta a contemplare estasiati questo “sì” tenace di Dio all’uomo, mettendo sulle nostre labbra queste parole: “molte volte gli uomini hanno infranto la tua alleanza e tu invece di abbandonarli hai stretto con loro un vincolo nuovo, per mezzo di Gesù, tuo Figlio e nostro redentore; un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare” (Prefazio I della Riconciliazione). È sulla Croce che si rivela in tutto il suo splendore “l’amore folle” di Dio per l’uomo: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).

Per questo nel poster la Croce fa da sfondo, irradiando luce e senso a tutto ciò che la circonda. Sull’albero della Croce, infatti, in una sorta di toccata e fuga, si incontrano e si intrecciano il sì di Dio all’uomo e il sì che, in Cristo, l’umanità innalza al Padre. La Croce ha ormai abbattuto il muro di separazione che divideva gli uomini da Dio e tra di loro. “Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito” (Ef 2,13-18). Contemplando la Croce, con la Liturgia possiamo cantare: “nell’albero della croce tu hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorgesse la vita, e chi dall’albero traeva vittoria, dall’albero venisse sconfitto” (Prefazio della festa dell’esaltazione della Croce).

Al sì dell’uomo, incontrando il sì di Cristo, viene offerto “il miracolo del cambiamento”, frutto del Mistero della Grazia ricevuto in dono. “Il Figlio di Dio, Gesù Cristo non fu “sì” e “no”, ma in Lui c’è stato il “sì”. E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute “sì”. Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria” (2Cor 1,19-20). Infatti, Gesù non ci ha solo rivelato il sì definitivo di Dio verso di noi, ma con il battesimo Egli ci associa al suo sì che diventa il sì che noi diciamo in risposta a Dio. Questo sì pronunciato durante il nostro battesimo è poi concretizzato in tutte le scelte piccole o grandi che facciamo per vivere la nostra fede. In questo senso si può dire che l’esistenza cristiana – e in particolare la risposta alla nostra vocazione personale – nel suo insieme è una concretizzazione del sì del nostro battesimo.

Partecipando all’Eucaristia, inoltre, siamo coinvolti con tutta la nostra vita nella Sinfonia d’amore della SS. Trinità, “la dolce sinfonia di paradiso” (Dante, Paradiso, XXI, 59). Nell’Eucaristia, infatti, risuona permanentemente il sì al Padre di Cristo che si consegna alla morte, il sì al Figlio da parte del Padre che dona la Resurrezione dalla morte, il sì che è lo Spirito Santo, Bacio eterno e nuovo del Padre e del Figlio. In questa storia d’amore infinito è stata inserita in pieno la famiglia umana: nell’Eucaristia si celebra e riaccade il sì dello Sposo, Cristo, alla Sua Sposa, che è la Chiesa, e il sì della Chiesa al suo Sposo e all’umanità, anche la più lontana, già ‘amata’ da Dio e chiamata al convito eucaristico. Lasciamoci affascinare e travolgere da questa musica divina. “Il Padre canta: Io sono una fonte straripante che nessuno può esaurire… Il Figlio canta: Io sono un tesoro che torna al suo Autore e di cui nessuno può fermare il corso, perché tutta la tenerezza che è dispersa… non torna a Dio se non per il Figlio. Lo Spirito Santo canta: Io sono una forza invisibile di verità che si trova nell’uomo fedele a Dio… La Trinità Santa, infine, canta: Sono così forte nella mia indivisibilità che nessuno può separarmi né dividermi in tutta la mia eternità” (S. Matilde, Rivel. V, 26). Gustiamo la bellezza e la singolarità di questo canto che viene a noi dal Cielo. “Dalla Trinità, impariamo tre note della sinfonia divina dell’amore: gratuità, gratitudine, comunione: il Padre è l’eterna Sorgente dell’amore, il principio senza fine della carità, la gratuità senza fine… Il Figlio è l’eterno Amato, Colui che da sempre si è lasciato amare. Il Figlio ci fa capire che non è divino solo l’amare: è divino anche il lasciarsi amare, il ricevere l’amore. Non è divina solo la gratuità: è divina anche la gratitudine. Dio sa dire grazie!” (B. Forte).

 

Dallo spartito all’orchestra

Avere tra le mani uno spartito musicale, come quello composto dal grande Musicista divino, non assicura di per sé l’ascolto di una buona musica. È indispensabile che l’orchestra, nella varietà dei suoi strumenti, dia vita allo spartito e permetta di gustare la bellezza della composizione musicale. L’ascolto dunque di una buona sinfonia dipende non solo dallo spartito musicale, ma anche dall’accordo degli strumenti e dalla bravura dell’orchestra.

Il grande Compositore consegna lo spartito del suo progetto d’amore alla Chiesa, perché nell’accordo e nell’armonia dei diversi doni Essa faccia continuamente risuonare nel mondo la Sinfonia del sì. Ecco perché nel poster sono stati inseriti alcuni strumenti musicali. Ogni battezzato è chiamato a diventare un provetto musicista, arricchendo con la sua presenza e il timbro del suo “strumento” l’intera orchestra. “Il disegno di Dio si personalizza per ogni cristiano. Tutti sono amati e sono chiamati ad amare, ma le attuazioni concrete della carità variano da persona a persona, secondo i doni e gli appelli di Dio nelle diverse situazioni. Lo Spirito alimenta la vita e la missione della Chiesa con doni diversi e complementari, con una grande varietà di vocazioni, che però si raccolgono in tre forme generali di vita: quella dei laici, caratterizzata dall’impegno secolare; quella dei ministri ordinati, caratterizzata dalla rappresentanza di Cristo pastore; quella dei consacrati, caratterizzata dalla testimonianza alla vita del mondo che verrà” (CEI, Le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata nella comunità cristiana 8).

È un’orchestra tutta speciale, quella chiamata ad eseguire questa composizione divina: la comunità cristiana. Ce lo ricorda S. Paolo in un passaggio della Lettera agli Efesini, scelto, come brano biblico di riferimento per questa GMPV: “È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (4,11-13). Ogni battezzato è, dunque, uno stupendo strumento che, grazie alla santità della sua vita, dà vita a questo meraviglioso spartito, come afferma, a questo riguardo, sant’Agostino: “Voi, santi, siete la tromba, il salterio, la cetra, il timpano, il coro, le corde e l’organo, e i cembali del giubilo che emettono bei suoni, che cioè suonano armoniosamente. Voi siete tutte queste cose” (Esposizioni sui Salmi, IV, Roma 1977, pp. 934-935). La musica più alta, dunque, è quella che sale dai nostri cuori. E proprio questa armonia Dio attende di ascoltare nelle nostre comunità cristiane. È l’accorato appello che rivolge Sant’Ignazio d’Antiochia ai cristiani di Efeso: “E ciascuno diventi un coro, affinché nell’armonia del vostro accordo prendendo nell’unità il tono di Dio, cantiate ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca, per le buone opere, che siete le membra di Gesù Cristo. È necessario per voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio” (Ad Ephesios, lV). Solo dei buoni musicisti rendono bella e coinvolgente la musica e sola una buona orchestra è capace di valorizzare al meglio ogni singolo strumento.

“Il rapporto vocazione – comunione ci deve rendere chiaro e sempre presente il fatto che ciascuno di noi è chiamato dal Signore per tutti e per tutto; ma anche che tutto e tutti sono chiamati da Lui per ciascuno di noi. Non solo Egli piega la sua misericordia su ogni creatura, ma chiede a tutte le creature di esistere a favore anche di una sola. È questo il senso più ampio della cattolicità. Esistiamo gli uni per gli altri ed ogni esistenza è essenziale. Una comunità parrocchiale è, quindi, necessariamente aperta al territorio, e al mondo. Ma questo esige che essa sappia riconoscere e vivere al suo interno la comunione anche di tutti i doni che lo Spirito ha disseminato: nessuno ne è privo, nessuno li ha tutti. Diversità “sinfonica”: perché la Comunità ha bisogno dell’esercizio effettivo e continuato dei doni di ciascuno” (Paolo VI, Incontro di quaresima con il clero romano, Lunedì 15 marzo 1976).

Per ottenere una fusione armonica è indispensabile, come afferma San Clemente di Alessandria, che si superi ogni “disaccordo”: “L’unione di molte voci, quando la loro dissonanza e la loro dispersione sono state sottomesse ad una armonia divina, costituisce finalmente una sola sinfonia; e il coro – obbediente al Logos, suo corego e maestro – trova il suo riposo soltanto nella verità, quando può dire: Abbà, Padre! Allora questa voce del tutto conforme alla verità, Dio la accoglie con sollecitudine, come la prima gioia che gli procurano i suoi figli” (Prot., 9, 88, 3). A volte si rende necessario addirittura “rinnovare” gli stessi strumenti. Questo è indispensabile quando “uno strumento musicale ha qualche corda rotta. Rifare questo strumento, conoscere le lacerazioni, le distruzioni, le negligenze, quanto è trascurato, e cercare che questo strumento sia perfetto, sia completo perché serva a ciò per cui è creato dal Signore. E così questo imperativo può essere anche un invito all’esame di coscienza regolare, per vedere come sta questo mio strumento, fino a quale punto è trascurato, non funziona più, per cercare di ritornare alla sua integrità. È anche un invito al Sacramento della Riconciliazione, nel quale Dio stesso rifà questo strumento e ci dà di nuovo la completezza, la perfezione, la funzionalità, affinché in quest’anima possa risuonare la lode di Dio” (Benedetto XVI).

Oggi, più che mai, è necessario far risuonare nella nostra società la sinfonia del grande sì – come ha detto Benedetto XVI a Verona; e questo è possibile solo attraverso un’orchestra ben armonizzata nei suoi diversi elementi e ben diretta. “Per parte mia vorrei sottolineare come, attraverso questa multiforme testimonianza, debba emergere soprattutto quel grande “sì” che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita, all’amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo” (Benedetto XVI, Discorso al Convegno ecclesiale di Verona).

 

Dall’orchestra ai solisti

Un grande compositore, pur componendo una sinfonia per tutta l’orchestra, è sempre attento a mettere in risalto la bellezza e la specificità di ogni singolo strumento. È, pertanto, necessario che all’interno delle nostre comunità cristiane le differenze vocazionali non si scompongano e autoisolino in rovinosi particolarismi, ma si saldino in una reciprocità d’amore che guarda sempre al bene più grande, cioè la verità piena, totale e armonica. “L’unità, come la verità, è sinfonica” (Giovanni Paolo II, Angelus Domenica, 13 ottobre 1985). Non ci devono mai spaventare i contrasti, che a volte possono sorgere all’interno delle comunità cristiane, perché possono diventare delle preziose occasioni per crescere nella comunione. “Sinfonia non è affatto sinonimo di armonia sdolcinata, priva di forza. La grande musica è sempre drammatica, crea continuamente delle tensioni e le risolve a un livello più alto. La dissonanza però non è cacofonia” (H. U. Von Balthasar, La verità è sinfonica, Milano 1991, p. 12.).

Il solista, per ben armonizzarsi con l’intera orchestra, non deve essere affetto da sete di protagonismo, ma essere umile e attento agli altri. “Il suonare da solisti richiede dal singolo non solo l’impegno di tutte le sue capacità tecniche e musicali nell’esecuzione della propria parte, ma al contempo sempre anche il sapersi ritirare nell’ascolto attento degli altri. Solo se questo riesce, se cioè ciascuno non pone al centro se stesso, ma, in spirito di servizio, si inserisce nell’insieme e, per così dire, si mette a disposizione come ‘strumento’, affinché il pensiero del compositore possa diventare suono e raggiungere così il cuore degli ascoltatori, solo allora si ha un’interpretazione veramente grande. Questa immagine si adatta bene anche per noi che, nell’ambito della Chiesa, ci impegniamo ad essere ‘strumenti’ per comunicare agli uomini il pensiero del grande ‘Compositore’, la cui opera è l’armonia dell’universo” (Benedetto XVI, Ai quattro solisti della Philarmonia Quartett Berlin”).

Vediamo, allora, come ogni “strumento” può contribuire, con il suo timbro particolare, a rendere bella e coinvolgente la sinfonia del sì nella Chiesa.

I laici: “La missionarietà della parrocchia esige che gli spazi della pastorale si aprano anche a nuove figure ministeriali, riconoscendo compiti di responsabilità a tutte le forme di vita cristiana e a tutti i carismi che lo Spirito suscita. Figure nuove al servizio della parrocchia missionaria stanno nascendo e dovranno diffondersi: nell’ambito catechistico e in quello liturgico, nell’animazione caritativa e nella pastorale familiare, ecc. Non si tratta di fare supplenza ai ministeri ordinati, ma di promuovere la molteplicità dei doni che il Signore offre e la varietà dei servizi di cui la Chiesa ha bisogno. Una comunità con pochi ministeri non può essere attenta a situazioni tanto diverse e complesse. Solo con un laicato corresponsabile, la comunità può diventare effettivamente missionaria” (CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia 12).

I consacrati: “Una parrocchia che valorizza i doni del Signore per l’evangelizzazione, non può dimenticare la vita consacrata e il suo ruolo nella testimonianza del Vangelo. Non si tratta di chiedere ai consacrati cose da fare, ma piuttosto che essi siano ciò che il carisma di ciascun istituto rappresenta per la Chiesa, con il richiamo alla radice della carità e alla destinazione escatologica, espresso mediante i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Questa forma di vita non si chiude in se stessa, ma si apre alla comunicazione con i fratelli. Ogni parrocchia dia spazio alle varie forme di vita consacrata, accogliendo in particolare il dono di cammini di preghiera e di servizio. Ne valorizzi le diverse forme, riconosca la dedizione di tante donne consacrate, che nella catechesi o nella carità hanno costruito un tessuto di relazioni che continua a fare della parrocchia una comunità” (CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia 12).

Il presbitero: “I sacerdoti dovranno vedersi sempre più all’interno di un presbiterio e dentro una sinfonia di ministeri e di iniziative: nella parrocchia, nella diocesi e nelle sue articolazioni. Il parroco sarà meno l’uomo del fare e dell’intervento diretto e più l’uomo della comunione; e perciò avrà cura di promuovere vocazioni, ministeri e carismi. La sua passione sarà far passare i carismi dalla collaborazione alla corresponsabilità, da figure che danno una mano a presenze che pensano insieme e camminano dentro un comune progetto pastorale. Il suo specifico ministero di guida della comunità parrocchiale va esercitato tessendo la trama delle missioni e dei servizi: non è possibile essere parrocchia missionaria da soli” (CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia 12).

 

Giovane, la tua vita per la sinfonia del sì

È molto più semplice e certamente meno impegnativo limitarsi ad ascoltare la musica piuttosto che provare ad eseguirla. Si può essere tentati di essere anche dei bravissimi critici musicali, senza mai tentare di suonare uno strumento. Nell’annuncio e nella proposta vocazionale non ci si può fermare alla presentazione delle diverse vocazioni, è sempre più necessario suscitare in ogni adolescente e giovane l’interrogativo: “che cosa vuole il Signore che io faccia della mia vita?”. La stessa educazione dei giovani alla fede non può ignorare la dimensione vocazionale e non può non aiutare il giovane ad interrogarsi seriamente e cristianamente sul proprio futuro. La GMPV può diventare un’ottima occasione per sollecitare il giovane a porsi seriamente questa domanda di vita. Una musica quando è bella coinvolge tutta la sua persona, a tal punto che a volte si sente il bisogno di mettersi a danzare e di lasciarsi “trascinare” dalla musica. È quanto chiedeva al Signore Madeleine Delbrêl in una sua bellissima preghiera e che ogni giovane in ricerca vocazionale -tentato a volte di lasciarsi ingabbiare ne “la musica dell’anima inquieta / che non si decide” (E. Montale) -, dovrebbe far propria. “Se noi fossimo contenti di te, Signore, non potremmo resistere a questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo, e indovineremmo facilmente quale danza ti piace farci danzare sposando i passi che la tua Provvidenza ha segnato. Spetta a noi ora di lasciarci inventare per essere gente allegra che danza la propria vita con te. Per essere un buon danzatore, con te come con tutti, non occorre sapere dove la danza conduce. Basta seguire, essere gioioso, essere leggero, e soprattutto non essere rigido. Non occorre chiederti spiegazioni sui passi che ti piace fare. Bisogna essere come un prolungamento, vivo ed agile, di te. E ricevere da te la trasmissione del ritmo che l’orchestra scandisce. Non bisogna volere avanzare a tutti i costi, ma accettare di girarsi, di andare di fianco. Bisogna sapersi fermare e sapere scivolare invece di camminare. Ma non sarebbero che passi senza senso se la musica non ne facesse un’armonia. Ma noi dimentichiamo la musica del tuo Spirito, e facciamo della nostra vita un esercizio di ginnastica; dimentichiamo che fra le tue braccia la vita è danza, che la tua Santa Volontà è di una inconcepibile fantasia, e che non c’è monotonia e noia se non per le anime vecchie, che fanno tappezzeria nel ballo gioioso del tuo amore. Signore, vieni a invitarci. Rivelaci la grande orchestra dei tuoi disegni; in essa quel che tu permetti dà suoni strani nella serenità di quel che tu vuoi. Facci vivere la nostra vita, non come un gioco di scacchi dove tutto è calcolato, non come una match dove tutto è difficile, non come un teorema rompicapo, ma come una festa senza fine in cui l’incontro con te si rinnova, come un ballo, come una danza, fra le braccia della tua grazia, nella musica universale dell’amore. Signore, vieni a invitarci”.

La GMPV ritorna ogni anno per risvegliare nelle comunità cristiane, soprattutto negli educatori e accompagnatori spirituali, la responsabilità di aiutare ogni giovane a scoprire e vivere con gioia il dono particolare, la vocazione specifica, che Dio gli dona. “C’è soprattutto da affrontare, da parte di un accompagnatore spirituale, una questione cruciale. Egli non è assolutamente chiamato ad essere una specie di istruttore tecnico su cose che riguardano il ministero presbiterale o la vita consacrata. Ha invece il compito ben più arduo e bello di essere un interprete penetrante di uno spartito musicale del quale capire il tema e il suo sviluppo, l’ispirazione profonda e la forza poetica, le incertezze e ciò che resta incompiuto, le dissonanze e i passaggi più difficili, la melodia e l’impasto dei molti strumenti dell’orchestra. Quello spartito è il cuore dell’uomo. é questo che va capito. Per usare un termine antico, si potrebbe parlare di cardiognosi, e cioè di capacità di conoscere il cuore” (Renato Corti).

La GMPV di quest’anno aiuti le nostre comunità cristiane a diventare “il bel paese dove il sì suona” (Dante).