N.03
Maggio/Giugno 2016

Tanti volti, un solo cuore

L’eterno Padre: l’abbraccio della misericordia

Jacques-Joseph Tissot, detto James, Il ritorno del figliol prodigo,
olio su tela 115 x 205,7, 1862, Collezione privata

Testo biblico (Lc 15,11-32)
Gesù disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici.
Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

L’artista
James Jacques Tissot nasce a Nantes il 15 ottobre 1836 in una famiglia della media borghesia francese da Marcel Théodor figlio – commerciante di stoffe – e Marie Durand, modista e disegnatrice di cappelli. Dalla madre eredita certamente l’attenzione scrupolosa per i particolari, la cura per i dettagli dei vestiti, in cui raggiunge un alto livello tecnico e di qualità. All’inizio della sua attività artistica Tissot segue le tematiche della corrente pittorica del realismo francese che già dal 1840, con Courbet e altri, invita alla rappresentazione della realtà senza deformazioni o idealizzazioni. Le prime opere in cui si notano gli influssi della scuola olandese trattano temi di carattere storico che, ben presto, lasciano il posto alla riproduzione della vita parigina, dei suoi ambienti mondani e dei personaggi del mondo della moda in cui Tissot esprime in modo perfetto il fascino femminile. Ha successo, riceve i consensi, i salotti se lo contendono, ma allo stesso tempo suscita l’antipatia di molti critici oltre che degli impressionisti francesi, che lo considerano un modesto pittore che riproduce la realtà come in una fotografia.
Si arruola volontario nell’esercito francese e prende parte alla guerra franco-prussiana. Dopo la sconfitta (1870), in una situazione sociale confusa, accentuata anche da un senso di pericolo fisico personale dovuto a tutto ciò che accade a Parigi, si trasferisce in Inghilterra. A Londra, costretto da problemi economici, accetta lavori offerti da amici: apprende la tecnica dell’acquaforte, produce una gran quantità di incisioni, stampe, disegni; dipinge ritratti in cui fa prevalere la sua precisione realistica e l’abilità nell’uso dei colori ottenendo effetti cromatici particolari. Ben presto, raggiunta la tranquillità economica, ritrova l’ispirazione e i soggetti che a Parigi avevano fatto la sua fortuna. Nel 1876 l’incontro con Kathleen, giovane signora irlandese di straordinaria bellezza, cambia la vita di Tissot. Questa donna, appena tornata a Londra dall’India dopo il divorzio dal marito, ufficiale dell’esercito inglese, viene accolta con i suoi due figli nella casa di Tissot. È il periodo più felice della vita e dell’attività dell’artista. Kathleen è la sua musa, l’interprete nei sui dipinti dove, con la sua bellezza, è di volta in volta donna elegante, misteriosa, avvenente, dolce. È un momento importante per l’attività artistica di Tissot che non frequenta più il mondo della società londinese, abbandona le atmosfere ovattate dei salotti vittoriani e le sostituisce con quelle straordinariamente forti, reali, del lavoro sulle banchine del porto di Londra, tra il rumore dei battelli e il vociare dei portuali.
Questo periodo di felicità è destinato a durare poco, Kathleen si ammala e nel 1882, all’età di 28 anni, muore suicida. La vita di Tissot è di nuovo stravolta; torna a Parigi e riprende a dipingere quadri di genere. La morte di Kathleen ha lasciato in lui un vuoto che nessuno può colmare. In questo momento di malinconia, di turbamenti, di distacco dagli interessi terreni, ha una profonda crisi religiosa che lo porta, sulle tracce di un viaggio in Palestina, a riscoprire l’interesse per i dipinti di carattere religioso. Per dieci anni vive in Medio Oriente, dove è alla continua ricerca di sfondi della terra santa per i suoi quadri. In questi non c’è solo la descrizione del paesaggio, nei minimi particolari, l’estrema elaborazione formale; i dipinti che rappresentano fatti dell’Antico e Nuovo Testamento, soprattutto della vita di Gesù, hanno anche un intento di divulgazione, diventano un mezzo per accedere al messaggio religioso cristiano.
Queste opere, grazie alle riproduzioni, raggiungono un vasto pubblico dando a Tissot popolarità e un enorme successo, anche economico. Tornato a Parigi per continuare a dipingere episodi tratti dalla Bibbia, muore l’8 agosto del 1902.

L’opera
È davvero sorprendente constatare come spesso l’arte aiuti a interpretare e comprendere le Scritture e questa opera ne è un esempio, un modello. Non abbiamo riscontro di rappresentazioni pittoriche della parabola del figliol prodigo in cui sono raffigurati più di quattro personaggi; in questo dipinto se ne contano ventotto.
In questa corale rappresentazione tutto è risolto in modo diverso dal solito, l’artista dà particolare rilievo alla descrizione degli stati d’animo, forse per far meglio comprendere il carattere psicologico dei personaggi. Il padre che accoglie tra le sue braccia un figlio solo, indifeso nella sua nudità, con questo gesto trasforma in amore ogni ingiustizia subita; i volti della madre, del figlio, dei servi, stupiti per quello che accade.
Con questo quadro inizia il ciclo pittorico della parabola del figliol prodigo che va dal 1862 al 1880.
È un tema caro all’artista che sente proprio il senso dell’abbandono, del distacco. Certamente avvenimenti e situazioni dolorose hanno alimentato questo stato d’animo e segnato la sua vita: la morte di Kathleen, la fuga da Parigi, il rifugio a Londra, i viaggi in Palestina per sanare le proprie inquietudini, forse Tissot in queste circostanze si riconosce nel giovane figliol prodigo.
Per l’ambientazione della parabola Tissot ha scelto una corte dell’Olanda dell’ottocento. La scena si svolge nel cortile di una casa, notiamo la qualità formale e la cura per i dettagli: i tetti, la casa rivestita di legno, la scala in legno, le pietre, i mattoni, i particolari che ci mostrano la profonda conoscenza che ha Tissot dell’architettura olandese.

Il padre
Il padre è il cuore, il centro di questo quadro. È anziano, la sua particolare posa dà impressione di movimento e con le braccia allargate va verso il figlio, scende dalle scale e si china come se volesse raggiungere il livello più basso, quasi toccare il fondo della vita toccato da suo figlio. Questo padre non ha paura di perdere la propria dignità, l’onore, la rispettabilità, è incurante del giudizio delle persone che sono nella corte della sua grande casa; il padre ha occhi e cuore solo per suo figlio. Chissà per quanto tempo è stato sulla soglia della casa ad aspettare il suo ritorno; ora è arrivato il momento ed è quasi incredulo, lo vede e si prepara ad abbracciarlo. Sembra che solo lui stia provando un sentimento di misericordia verso suo figlio, solo lui è il protagonista, tutti gli altri sono spettatori indifferenti che non lasciano trasparire i sentimenti del cuore.

La madre
Sul secondo gradino della scalinata una donna indossa un velo bianco, è la madre. Dopo il padre è l’unica che compie un gesto di tenerezza e amore, saluta il figlio con la mano destra ed è protesa verso di lui; non ha paura di sbilanciarsi. James Tissot sembra non obbedire al Vangelo di Luca: lì si parla solo di un padre (forse perché Dio è padre e madre insieme) qui Tissot si concede la libertà di raffigurare anche una madre… fa piacere vederla partecipe, commossa, piena di tenerezza verso suo figlio.

Il figlio
Nessun pittore ha raffigurato il figlio così giovane. È un adolescente, può avere all’incirca 11-12 anni. Tissot riesce a rappresentare in questo giovane l’età più critica, quella più trasgressiva che rivendica l’autonomia dai legami, l’indipendenza. L’adolescenza da sempre è l’età del limite, dell’inquietudine e questo ragazzo la incarna, porta con sé tutte le contraddizioni di quell’età. Il suo corpo semi-nudo dimostra la giovane età. Significativa è la posizione delle braccia, le mani sul volto, è incredulo: può rivedere il padre. Chissà quante volte, nella sua solitudine e nelle notti fredde e insonni, avrà cercato di ricordare il suo volto, di non smarrire, almeno nei suoi ricordi, i tratti, la voce, i passi. Ora lo vede e tutto ciò che pensa è solo un ricordo del passato. Il suo sguardo cerca il volto del padre, sono vicini, quasi si toccano. Quella breve distanza ormai è colmata dall’amore. Meravigliato, stupito, con sé non ha nulla, ha raggiunto una nudità interiore oltre che esteriore. A terra c’è un bastone, vicino a lui una bisaccia vuota, una mela, forse la mela delle origini (Adamo ed Eva), la mela simbolo del male, della rivendicazione della propria libertà… ormai non interessa più, ci sono ben altre cose a cui pensare: riabbracciare il proprio padre. Non è facile ri-tornare a casa, ripercorrere i propri passi, sapere che tutti hanno gli occhi puntati su di te; occhi che giudicano, spiano, biasimano, occhi che condannano. Nessuno gioisce per questo ritorno, solo un vecchio padre e una madre.

Il fratello maggiore
È facile individuarlo, è la persona più in alto di tutti i personaggi del quadro.
Forse è più in alto per dire la distanza fisica dal fratello, una distanza difficile da colmare; è incapace di provare emozioni, di lasciarsi andare, è spettatore, ma molto distaccato e fermo sulla sua posizione, incapace di far battere il cuore. Giudica con gli occhi, ha uno sguardo superbo e altezzoso, è vestito elegantemente e stride con ciò che è suo fratello. Sono così distanti, così diversi; lui non si è mai allontanato da casa e ora fa fatica a uscire, è rimasto sotto il portico e non vuole coinvolgersi.
Forse sta giudicando il padre; è tutto così inopportuno, imbarazzante a dir poco sconveniente, impone a sé stesso di non lasciarsi andare, chissà che cosa sta rimuginando…

I gruppi di persone
1. Angolo destro
Due uomini e una donna, sicuramente la servitù: un taglialegna, impassibile, tutto d’un pezzo, sguardo distaccato, sta attendendo una reazione; l’altro con le braccia indietro sbilanciato in avanti, con lo sguardo sembra che disapprovi e forse sta commiserando il padre. La donna ha un’enorme pagnotta sotto il braccio, quel pane che i servi hanno in abbondanza.

2. Patio
Il ritorno del figlio ha richiamato molte persone e quelli che erano all’interno della casa ora sono sulla soglia. Cercano di farsi spazio per osservare il figlio del padrone, si allungano, si piegano, si abbassano, ognuno di loro lo guarda dall’alto. Un distinto signore è appoggiato con tutto il corpo sul parapetto di legno per vederlo meglio.

3.  Al centro del cortile
Del gruppo di persone che sono al centro del cortile colpisce l’uomo con le braccia conserte, il cappello tra le mani. Il suo volto nasconde un sorriso malizioso, sembra deridere il figlio del padrone; per lui è una situazione ridicola, inaudita. Altri alzano le braccia, forse in segno di resa, altri ancora sembrano esclamare: ma che cosa sta avvenendo? 

4. L’edicola e il crocifisso
In questo cortile c’è un’edicola alla parete affrescata, un crocifisso con due angeli, uno alla destra e uno alla sinistra. Come interpretare questo simbolo? Il volto della misericordia è il crocifisso che non è facile da individuare perché è nella scura parete che sembra nasconderlo: noi conosciamo il cuore del Padre se contempliamo il crocifisso.

5. I cani
Anche i cani, che sono gli animali più fedeli all’uomo, che scodinzolano quando ti riconoscono, qui ringhiano, attaccano, sembra di sentire il loro abbaiare furioso: non riconoscono il padroncino che giocava con loro. Questi due cani ci dicono che c’è un vuoto da colmare, c’è una confidenza da recuperare.

Approccio vocazionale
L’immagine del Padre nel volto del Figlio in una chiamata che si rinnova
L’intento di Gesù nel narrare questa parabola è quello di far riscoprire l’identità del Padre – chi è Dio – e che relazione ha con gli uomini. Se Dio è Padre abbandoniamo subito l’immagine di un Dio trascendente, lontano, chiuso nei cieli, inaccessibile, che non si coinvolge nella vita degli uomini. James Tissot riporta sulla tela in modo eloquente il versetto del Vangelo: «Suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro».
Qui vediamo un padre che, malgrado la sua anzianità, si muove a compassione per il figlio. Queste braccia allargate hanno una grande forza, non solo espressiva; commuove questo abbraccio che colma la breve distanza tra il figlio e il padre. L’iniziativa è del padre, viene dal suo cuore misericordioso; «la misericordia è la capacità che Dio ha di anticiparci prima che noi decidiamo di andargli incontro» (E. Ronchi, in «Messaggero», aprile 2016). Nel quadro è lui che va verso il figlio… qui veramente vediamo rappresentata tutta la nostalgia di Dio-Padre nei confronti del figlio.
È l’occasione per approfondire e definire chi è Dio, perché è il punto di partenza per un’esperienza di fede, soprattutto in quella vocazionale. È importante aiutare un giovane a chiarire a sé stesso che immagine ha di Dio perché si può convivere anche con un’immagine di Dio distorta, che non risponde alla realtà, che può essere frutto delle nostre esperienze negative e del meccanismo delle nostre proiezioni. Per rispondere pienamente alla chiamata di Dio è necessario scoprire la sua vera identità.
E allora, come aiutare un giovane a scoprire la vera immagine di Dio? Con l’approfondimento e l’assiduità al Vangelo e lì soprattutto osservare come Gesù nella sua storia narra Dio, come Dio si rende presente nell’umanità di Gesù.
È significativo, Dio è Padre in un tempo, quello di Gesù, in cui non si poteva nemmeno nominare il nome di Dio (Jahvè). Gli gli ebrei avevano infatti inventato un altro nome, “Adonai”, per nominarlo. Quando i discepoli gli pongono la domanda: «Signore, insegnaci a pregare», Gesù risponde: «Quando pregate dite Padre». Così rivoluziona tutto il modo di relazionarsi con Dio e relativamente con la sua immagine. Il significato è ancor più profondo se accogliamo la parola padre in ebraico: «Abbà». In questo modo i bambini ebrei chiamavano il proprio papà, significava papino, babbino; questa parola dice tutta la confidenza, l’intimità, la prossimità, la familiarità con cui dobbiamo relazionarci con Dio.
È interessante seguire Gesù per le strade della Palestina e osservare come incontra le persone: quando vede uno zoppo lo fa camminare, a un cieco dona la vista, guarisce un lebbroso, perdona un peccatore, risuscita un morto. Quante volte abbiamo pensato a Dio come causa dei nostri mali, delle nostre sofferenze, delle nostre morti.
Necessita ancor di più questa rettifica dell’immagine di Dio, pena la nostra infelicità; possiamo sbagliarci su Dio, credere che imponga castighi, che sia un giudice spietato, che faccia soffrire e neghi la vita. Dio che si presenta a noi nell’umanità di Gesù, invece, ci fa scoprire una vita piena. Solo Dio, che è Padre, riempie la vita e solo a Dio che è Padre di misericordia, possiamo rispondere con una vocazione piena di amore.

Preghiera
Padre, devo guardare verso di te,
contemplare il tuo volto
per rassomigliare a te nell’amore,
perché io esca continuamente
da me stesso e compiere un esodo.

Padre dalle grandi braccia,
Tu vieni verso di me
e io mi lascio stringere da te,
per sentire più da vicino
i battiti del tuo cuore.

Jacques-Joseph Tissot, detto James
Il ritorno del figliol prodigo
olio su tela 115 x 205,7, 1862, Collezione privata