N.02
2019 Marzo/Aprile

YouTube

L’onda lunga del web 2.0

YouTube è il più grande, ricco e frequentato sito di condivisione e fruizione di contenuti audiovisivi del mondo. Compare on line nel 2005, sfruttando l’onda lunga del web 2.0 e della relativa rivoluzione degli user generated cotent (contenuti prodotti dagli utenti). Il primo slogan è “Broadcast Yourself” (trasmettiti da solo). L’idea è di fornire una piattaforma che permetta a chiunque, in modo semplice, rapido e gratuito di condividere i propri video, contenuti audiovisivi autoprodotti, guadagnando attraverso la pubblicità (Google Adsense). Il sito si trasforma in fretta e arriva a essere in meno di dieci anni – dopo il rapido acquisto da parte di Google – una delle piattaforme per la visione di prodotti audiovisivi più grandi sul web, una delle più interconnesse ad altri network.

Fin dall’inizio, agli utenti privati si affiancano soggetti istituzionali, ai canali ordinari quelli di altri broadcasters (Vevo, CBS, BBC, ecc.), produttori e distributori cinematografici e televisivi (NFB, Warner, Sony, ecc.), in breve moltissime diverse istituzioni pubbliche e private aprono un proprio canale sfruttando la piattaforma come vetrina e finestra dislocata per aumentare e migliorare la propria presenza e visibilità in rete (non di rado però e sempre più spesso, alla pura funzione pubblicitaria si affianca quella di pubblicazione e presentazione di archivi audiovisivi o di messa a disposizione di eventi ripresi in diretta). Ai contenuti liberi, si aggiungono i video che, per i caratteri scabrosi, violenti, crudi, possono essere visionati solo dagli iscritti. Ogni iscritto è potenzialmente anche il gestore di un canale sul quale caricare video autoprodotti o raccolti da terzi e veicolati sul proprio profilo/canale.

 

Il Like

Uno dei meccanismi centrali di YouTube, principio che informa oramai l’intera rete e che deborda finanche nella sfera sociale e politica, è il conteggio delle visualizzazioni: più sei visto, più vali, e questo anche in termini direttamente economici, perché sopra certi numeri s’iniziano a ricevere “premi” in denaro in funzione della pubblicità veicolata attraverso le visualizzazioni generate dal proprio video.

Dunque uno dei principali criteri per valutare il successo e la rilevanza di un “contenuto” è il conteggio delle visualizzazioni che esso ha ottenuto; questo nonostante i video più visti siano spesso elementari, talvolta demenziali, in molti casi documenti casuali di eventi buffi, paradossali o particolarmente spettacolari, eventualmente anche in senso tragico e/o pruriginoso, crudo, truculento.

 

Etichette per capirci

Esiste ormai un catalogo vasto, vario e ramificato dei generi e sottogeneri secondo i quali è possibile classificare i video caricati su YouTube. Un primo possibile criterio generale per iniziare a distinguerli e suddividerli è riconoscerli secondo due etichette: una prima, molto comune, è quella dei video “guardami mentre guardo”, la più nota, riconoscibile e discussa invece è “guardami mentre mi mostro”.

Nel primo caso dentro il video non c’è direttamente l’autore dell’upload (l’operazione che “carica” un video sulla piattaforma) e le immagini non sono di solito state registrate/realizzate da lui. Il “gioco” in questi casi è il recupero e riutilizzo diretto o indiretto di immagini preesistenti più o meno riconducibili a un’esperienza nota e condivisa (una vecchia trasmissione televisiva, uno spot pubblicitario d’epoca, un frammento documentaristico di un evento storico, la scena di un film celebre, ecc.), riprese letteralmente (secondo le intenzioni e i significati che le hanno prodotte in origine) o reinterpretate (rimontate o comunque manipolate con aggiunta di didascalie, effetti, accompagnate da una colonna sonora nuova e diversa, ecc.). Il senso è riproporre dentro una cornice nuova – che spesso coincide con la semplice dimensione condivisa della visione – immagini già esistenti.

Al secondo macro insieme appartengono invece i video che costituiscono la dimensione più conosciuta della piattaforma. A essa si riferiscono i più diversi soggetti che si cimentano nelle prove e nei discorsi più disparati, dalla collezione di ricette eseguite in tempo reale, alle lezioni di lingue o di musica fino ai videodiari o a una lunga serie di performance diverse (la gamma è vasta e molto varia e va dalle prove fisiche alle acrobazie con biciclette, skateboard, o veicoli a motore, passando per i cimenti musicali).

Lo youtuber

Lo youtuber è chi, con risultati economici e professionali differenti – apre e alimenta uno o più canali producendo video in modo costante e assiduo assimilando il suo operato a quello di un professionista e riuscendo in alcuni casi a costruirsi una effettiva carriera professionalmente ed economicamente rilevante.

Esistono canali dedicati a diverse tipologie di tutorial (video d’impostazione informalmente didattica che spiegano come districarsi in una serie infinita di processi e operazioni, dal trucco e parrucco ai videogiochi, dall’informatica al fai da te), al racconto diaristico di un’esperienza esistenziale privata (un viaggio, una malattia, il cambio di uno stile di vita), alle inchieste di reporter amatoriali o di attori che trasformano con la propria lettura ad alta voce testi letterari in audiolibri.

Che lo si veda come ritorno sotto una forma nuova del vecchio archetipo del teatro di varietà o del circo, o che lo si consideri rete sociale che articola rapporti e interazioni attraverso la forma audiovisiva, YouTube è di fatto un enorme archivio di archivi dentro il più grande archivio di archivi che è già la rete in sé: una sconfinata collezione di materiali audiovisivi nuovi e vecchi, una enorme distesa di finestre virtuali dalle quali milioni di sguardi, di modi d’intendere e guardare  le cose si gettano nel mondo e chiedono di essere visti in cambio dell’offerta d’uno spettacolo.

 

 

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