N.03
Maggio/Giugno 2021

La rete dei sensi

In queste nostre note esplorative sulla comunicazione, lo abbiamo scritto, ci riferiamo ad essa non tanto come alla facoltà o al processo del comunicare, quanto piuttosto come all’insieme di concetti, pratiche ed esperienze che caratterizzano – da un certo momento della Storia dell’essere umano in poi – l’orizzonte nel quale si sente, si pensa, si vive.  

L’età della comunicazione inizia intorno agli anni Sessanta, più o meno in coincidenza con l’industrializzazione e la diffusione di massa della pornografia. In questa coincidenza – forse non casuale – può ritrovarsi un doppio movimento solo apparentemente paradossale che, da una parte, sembra liberare e liberalizzare i sensi e la sessualità, liberando il desiderio, mentre dall’altra, punta dritto in direzione di un radicale inaridimento non solo delle dinamiche di relazione, ma proprio della vastità dei sensi e della ricchezza della sfera sessuale.  

La comunicazione porta in sé una sempre crescente dominante pseudo-emotiva e sensuale, un ininterrotto sostrato che allude e rimanda alla soddisfazione dei sensi, alla loro – solo ufficiale – glorificazione, mentre in realtà ne copre e anestetizza l’originaria dirompente vitalità, prevenendone e addomesticandone i desideri.  

 

Impressione e pseudo-emozione

Sin troppo facile pensare alla pubblicità – al centro della comunicazione nel mondo moderno – nella quale si cerca di produrre più di tutto, prima ancora che lo stupore o l’attenzione dello spettatore, un’esperienza scioccante e al contempo lusinghiera, attraente per i suoi sensi. E se agli albori della comunicazione pubblicitaria le componenti informative, ludico-ricreative, simboliche e narrative avevano ancora una parte importante, oggi che l’istanza pubblicitaria e promozionale si è insinuata in tutti gli ambiti e in tutti i canali della comunicazione, il prodotto della pubblicità si è radicalmente trasformato, abbandonando molti dei suoi elementi costruttivi, ampliando e inspessendo la dimensione sensuale divenuta nel frattempo la sua forza portante e il suo centro ideologico: l’oggetto da presentare e promuovere, da rendere desiderabile e adatto all’acquisto prima di ogni altra cosa viene tradotto in una impressione che possa colpire i sensi in modo che essa si traduca poi immediatamente in pseudo-emozione.  

La comunicazione politica – che tradizionalmente si occupa di produrre e raccogliere consenso attraverso una gamma di mezzi che vedono tra l’altro anche quelli più classici della propaganda – mai come in questo tempo gioca a irretire il potenziale elettore – già qualche passo più in là dello story telling – attraverso costrutti sensoriali-emotivi che non ne catturino l’attenzione intellettuale né la “ragione alimentare”, ma ne fidelizzino il desiderio di appagamento sensoriale, che ne allettino e seducano non il bisogno di senso, ma l’appetito emotivo dei sensi.  

 

Inibizione della mente e della coscienza

Nel grande flusso che scorre attraverso la rete, i social media si fondano proprio sul paradosso di rispondere a una necessità dei singoli utenti – bisogno di riempire un vuoto attraverso la soddisfazione palliativa di una saturazione sensoriale – con un’offerta che non la risolve, ma al contrario la approfondisce, la amplifica – ampliando quel vuoto con una ulteriore inibizione della mente e della coscienza. Per qualsiasi “contenuto” – che più si presenta come prodotto ad accesso immediato, più si costruisce come punto di forza centripeta, più si propone come esperienza invece che come testo, più si presta a invitare risposte emotive prevedibili e orientabili in modo schematico e più esso si trova promosso e diffuso – si tende a costruire una cornice, uno sfondo che non serve a inquadrare concettualmente, a fornire riferimenti culturali utili all’interpretazione, ma a fondare una implicita condizione psico-percettiva; una cornice nella quale al contempo, nella maggior parte dei casi, si ritrova celato il centro teorico e ideologico della comunicazione che l’ha costruita.  

 

Incantamento e accecamento

Così il video, la foto, l’immagine d’arte o il testo informativo scritto non valgono tanto in sé come discorsi autonomi, né come parti di un discorso più ampio, ma quasi più come materiale culturale generico che serve a sostenere l’intorno, la struttura reticolare d’insieme che tende ad avviluppare e avvolgere l’utente individuale in un ambiente non discorsivo né speculativo,, alimentato proprio dalla paradossale continua tensione tra l’incantamento dei sensi e il loro accecamento.  

La comunicazione implica dunque quasi sempre – anche quando a produrla e agirla non sono istituzioni o gruppi, ma singoli – l’obbligo o il bisogno – non di rado vissuto inconsapevolmente – di immaginare un desiderio nell’altro e di predisporsi ad assecondarlo; l’obbligo o il bisogno a ripianificare se stessi e il proprio messaggio come oggetti di questo desiderio, scioccanti, attraenti, sensualmente efficienti. In una rincorsa nella quale sembra inevitabile ritrovarsi costantemente degradati/declinati da soggetti a oggetti.  

 

 

Opportunità e sfide

Nonostante tutto, l’orizzonte appena presentato offre opportunità e sfide non trascurabili, soprattutto per quanti possano e vogliano scegliere di non sottostare supinamente alle regole implicite del gioco; ma accettino di sfruttarle e affrontarle, costringendosi per esempio a una considerazione più approfondita e attenta di forme del pensiero e dell’espressione che sfruttano le capacità e le disposizioni dell’umano oltre i codici della tradizione, in uno scenario pieno di rischi, ma anche rivelatore di nuove inesplorate frontiere.  

Se nella fase audiovisiva della comunicazione – “nuova” ma oramai già arrivata al suo apice e pronta ad essere superata da una evoluzione ulteriore – percezione ed emozione erano posti al centro ed esplorati nelle loro più raffinate articolazioni, la fase successiva che si prepara a prenderne il posto – qualunque essa sia – non potrà che partire dalle ambiguità e dai paradossi appena descritti, auspicabilmente trovandone una soluzione nella direzione di una più organica relazione tra le parti.  

 

 

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