N.03
Maggio/Giugno 2022

Ricordati! 

Un incoraggiamento di Abramo di Dashandad

Molti di noi avranno nel cuore l’ammonimento di Leone Magno, che leggiamo a Natale, quando ci esorta a ricordarci della nostra dignità di cristiani, del fatto che facendosi carne il Verbo ci ha strappato dalle tenebre, ci ha fatti sue membra. Considera! Ricorda! Sono esortazioni forti, che servono a non smarrire la nostra vera realtà di fronte a ciò che, invece, potrebbe condurci a non valorizzare a pieno quello che siamo.

Un’esortazione al ricordo la troviamo anche in questa lettera, dove Abramo di Dashandad, un professore di teologia in alcune delle più famose scuole siro-orientali del suo tempo (VIII sec.), divenuto poi alla fine della carriera monaco nel celebre monastero di Mor Gabriel, scrive a un certo Giovanni che desidera abbracciare la vita monastica. 

Trovo molto bello questo passaggio in cui Abramo “rinforza” spiritualmente il destinatario della sua lettera mediante un efficace metodo: quello di far crescere Giovanni nella consapevolezza perché trovi la sua forza in ciò che già egli è, ma che sono realtà le quali, essendo invisibili, possono non essere comprese nella loro completa potenza. 

In pratica, Abramo fa prendere coscienza a Giovanni di essere inserito pienamente nel corpo di Cristo e che nella sua condizione non può e non deve temere nulla. La figliolanza divina e la fraternità conseguente con Gesù Cristo permette a Giovanni di potersi dire compagno della stessa sorte degli Apostoli e di ciò che i martiri, con la loro testimonianza hanno fatto e ricevuto. Viene inserito nella “compagnia” dei giusti e dei profeti del passato, e notiamo che, proprio a chi si appresta a vivere una vita ascetica, il premio promesso ma già adesso prende le immagini di una festa “corporea”: commensale, eredità, talamo, delizie. In questo, il monaco entra in una famiglia ancora più ampia, quella di coloro che servono Dio direttamente al suo trono: serafini e cherubini, diviene compagno di servizio di questi Vigilanti (come è chiamato l’angelo in siriaco), dove ogni istante della sua esistenza è dedicato al servizio divino. E sarà sempre a casa: ospite del Verbo e abitante del Regno.

Perché è importante che Giovanni ricordi sempre tutto questo? In chiave di protezione dalle tentazioni di scoraggiamento di fronte alle difficoltà di ogni genere, che una vita che voglia essere completamente a disposizione di Dio porta sempre con sé, ma soprattutto non cadere vittima dei “servitoti dell’oscurità”, il cui unico intento è far cadere il monaco perché desista dalla sua impresa. Non deve, per far ciò, fare cose nuove: deve far memoria di tutto ciò che egli già è.

 

Ricordati che sei un figlio di Dio e un fratello del Diletto del Padre, partecipe alla sorte degli apostoli e alla porzione dei martiri, commensale dei confessori, che condividi l’eredità dei santi e il talamo dei profeti; che prendi parte alle delizie dei giusti, alle lodi degli angeli, alla frequentazione dei serafini, ai seggi dei cherubini e alla porzione di Gesù Cristo; che sei un ospite alle nozze dell’Unigenito, un compagno di servizio delle schiere celesti, e un abitante di Gerusalemme. Se poni la tua mente su queste cose, allora non cadrai vittima dei servitori dell’oscurità; starai fermo nel tuo pentimento e non sarai soffocato dai pensieri impuri. Comprendi la condizione a cui sei stato chiamato e non sarai agitato dalle idee vane.

 

(Abramo di Dashandad, Lettera al fratello Giovanni, cit. S. Brock, La spiritualità nella tradizione siriaca, Roma 2006, 220-221.)