N.02
Marzo/Aprile 2001

Noi qui, a parlare di pastorale vocazionale che sia una pastorale di comunione

È con emozione e riconoscenza che desidero porgere un cordiale saluto ai partecipanti a questo Forum. I rappresentanti di Istituti religiosi femminili e maschili e di Istituti Secolari per la prima volta fanno esperienza del convenire per guardare al futuro delle nostre Chiese particolari e dei nostri Istituti sotto il profilo vocazionale. E questo mi dà emozione. Ma sono anche riconoscente, a nome della Conferenza Italiana degli Istituti Secolari, per il servizio fraterno e professionale che molti di voi offrite in modi e forme diverse. 

Tra i compiti di CISM, USMI e CIIS emergono quelli relativi alla promozione della comunione ecclesiale, sia incrementando la conoscenza e la stima tra le diverse componenti della realtà ecclesiale per una risposta più forte alla vocazione ed alla missione di ciascuno e della Chiesa intera, sia favorendo e stimolando la collaborazione con i vari Organismi ecclesiali. Proprio in questa linea CISM, USMI e CIIS hanno accettato volentieri e, per quanto riguarda la CIIS con gratitudine, la proposta del CNV per una comune riflessione sul tema: “La vita consacrata nella Chiesa particolare: come realizzare una pastorale vocazionale di comunione”. In questi giorni, vivremo un’occasione importante di incontro. Abbiamo l’opportunità di vivere un’esperienza di comunione ecclesiale e di collaborazione, che si esprimerà con la ricerca e il confronto, nell’ambito della comune attenzione al tema della pastorale vocazionale.

Vivremo questa esperienza provvidenzialmente al termine della celebrazione dell’anno giubilare, inoltre abbiamo l’opportunità di comunicare le fatiche e le speranze del nostro lavoro, di tentare di capire la complessità della realtà in cui operiamo e di riconfermare, me lo auguro, la validità del servizio che stiamo offrendo. Da parte mia, desidero dare voce ad alcune convinzioni che sono nel mio cuore e che sono il frutto di scambi di vedute con alcuni membri di diversi Istituti Secolari.

 

1) Noi qui…

Ho l’impressione che dentro il nostro lavoro ci sia un sogno che appartiene alla Chiesa tutta. Tutta la Chiesa, infatti, desidera che ogni persona abbia un suo posto particolare, secondo la sua personale vocazione, desidera che ognuno conosca il volto del Padre, riconosca la presenza del Signore Gesù, senta in Lui l’azione dello Spirito, desidera che riconosca il suo volto. È attorno a questo sogno che ci sarà la comunione. Penso infatti che sia possibile lavorare, lavorare bene e meglio, con passione, solo se guardiamo con forza a questo sogno e, nello stesso tempo, cerchiamo di tradurre il tutto in esperienze concrete e possibili, piuttosto che fermarci a misurare le nostre differenze. Il tema del Forum ci porta a riflettere ed a dialogare su uno degli aspetti più delicati del disegno di Dio sull’uomo: della libertà e gratuità di Dio e della libertà e responsabilità dell’uomo.

2) …a parlare di pastorale vocazionale…

Parlare di pastorale vocazionale comporta un approccio al mistero di Dio che chiama e al segreto del cuore della persona che, interpellata dalla voce di Cristo, risponde decidendo di se stessa e, per riflesso, di tante altre, per tutta la vita. Le riflessioni e il dibattito di questi giorni si collocano perciò all’interno di un clima di fede e di amore.

Ma non si può fare un discorso su questo tema se non si fa anche una scelta di speranza. E la speranza è la capacità di guardare i giovani oltre il dato sociologico per andare al cuore del problema, per andare là dove emerge il bisogno di un progetto, dove si esprimono tante piccole domande. La pastorale non è perciò una strategia, non è un insieme di iniziative o di tecniche per poter avere dei risultati, per aumentare il numero delle persone che entrano nei nostri Istituti. Il problema vocazionale è un problema di Chiesa: ogni vocazione nasce e cresce dentro la storia di una comunità cristiana. La pastorale vocazionale trova così il suo riferimento originale ed irrinunciabile proprio all’interno della comunità cristiana, là dove vivono ed operano la religiosa, il religioso, il laico consacrato, insieme al sacerdote ed ai genitori. Tutto questo ci riporta all’esperienza delle nostre parrocchie, alla pastorale dei ragazzi e degli adolescenti, alla pastorale giovanile, al rinnovamento associativo e dei gruppi, alla coscienza di essere e di vivere in una Chiesa tutta ministeriale. Parlare di pastorale vocazionale significa pensare alla via della testimonianza, significa vivere con passione la nostra vocazione facendoci compagni di viaggio dei nostri fratelli nella condivisione della loro ricerca, dei loro dubbi, dei loro desideri, delle loro stanchezze, significa anche offrire un contributo di presenza e di riflessione perché ad ogni persona sia offerta l’opportunità di riconoscere la volontà del Padre e di rispondervi in modo tale. Lo spirito che ci anima, di servizio alla Chiesa universale ed italiana in particolare, ci spinge ad essere attenti alle indicazioni del Magistero, per tradurre in modo comprensibile alla gente, ai giovani in particolare, alle indicazioni di cammino offerte dai Pastori, e ci spinge pure a trasmettere loro le attese, le ansie, le inquietudini, le domande della gente stessa. Qui anche noi secolari consacrati, ritroviamo una collocazione nella pastorale vocazionale, perché recuperiamo il senso della nostra vocazione: la passione per l’uomo e per la storia, il voler bene al nostro tempo ed alle persone con cui si intreccia la nostra storia.

Nella pastorale vocazionale, è bella la strada della testimonianza, ma altrettanto bella è la via della proposta. Una proposta fatta all’interno della comunità cristiana ma, soprattutto per noi secolari consacrati, fatta anche nel mondo dove viviamo, nell’ambito del lavoro, della scuola, della politica, del sindacato, dell’economia. Una proposta che ha le caratteristiche della quotidianità e della continuità, nel rispetto del cammino del giovane, dei ritmi e delle tappe di questo cammino.

La comunità cristiana (e noi in essa, e noi insieme), prende coscienza di essere chiamata, ma anche deve continuamente chiamare. È un dovere, un’esigenza, un’urgenza. Oggi dobbiamo riconquistare la forza ed il coraggio di chiamare, lo dobbiamo fare tutti, senza lasciare il compito ai pochi, e ai soliti addetti ai lavori.

Il ministero della chiamata ci appartiene non solo per passione personale, ma per vocazione: la proposta vocazionale appartiene alla missione di chi è chiamato. Su questa via della testimonianza e della proposta ogni realtà ci deve veder presenti, perché ogni realtà chiede di scoprire il senso del proprio vivere. Ed a chi può lanciare questa richiesta, se non ad ognuno di noi? Come laici consacrati ci impegniamo in questo senso, cercando, nelle situazioni, dove siamo, di gettare il seme della speranza, un seme fatto talvolta di sola presenza o di una semplice parola ma, sempre di fattiva condivisione.

3) …che sia una pastorale di comunione

La pastorale vocazionale deve avere la caratteristica della comunione, il punto nodale della vita della Chiesa, di ogni Chiesa particolare. All’interno di essa ogni consacrato deve operare, con fede e con speranza a favore della comunione; siamo infatti tutti convinti che il Signore cammina con l’uomo sulla strada della convergenza, della complementarietà, della solidarietà. Siamo convinti che la Chiesa è una realtà di comunione eppure spesso pur facendo molte cose siamo disuniti ed in questo modo oltre a sprecare risorse ed energie, viene meno la forza di urto della nostra proposta. Anche la riflessione sulla pastorale vocazionale non può non essere segno e non essere frutto della comunione in Cristo e nella Chiesa. I carismi infatti, sono suscitati per l’utilità comune e tali sono riconosciuti dalla Chiesa, perciò tali dovranno essere nella proposta, nel discernimento e nell’accompagnamento. Camminare insieme si può, ma bisogna volerlo. Dà gioia, ma comporta anche fatica e richiede tempo e pazienza. Utopia? Sì, perché sappiamo che l’obiettivo perfetto non sarà mai alla nostra portata, ma ciò non toglie che il nostro impegno debba essere portato fino in fondo, con la diversità dei nostri carismi.

4) Per concludere…

Non possiamo lasciar mancare alla Chiesa il canto della nostra vita, la gioia della nostra vocazione, l’entusiasmo della nostra proposta perché nasce in ogni fratello il desiderio di scoprire il proprio volto. Tutto ciò (la nostra vita, la nostra vocazione, la nostra proposta) può non fare notizia, ma fa certamente storia, perché costruisce per noi e per gli altri, quando è posto nel nome del Signore Gesù. Grazie perciò a tutti e a ciascuno per aver accolto l’invito a partecipare. Sono sicura che la preghiera, la riflessione, lo scambio di esperienze aiuteranno il cammino della Chiesa e in essa il cammino di ognuno di noi e dei nostri Istituti. Auguro che davvero questa esperienza ci segni in profondità, renda più trasparente, gioiosa e gratuita la nostra sequela del Signore Gesù e più fresca e rinnovata la passione per la pastorale vocazionale. Affidiamo i nostri lavori a Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa. Ci sostenga l’intercessione dei patroni delle nostre Chiese particolari e dei “fondatori/trici” dei nostri Istituti. A loro affidiamo i nostri impegni e i nostri sogni. John Lennon disse: “È vero, sono un sognatore, ma spero di non essere l’unico”. Che sappiamo sognare insieme!