N.05
Settembre/Ottobre 2001

Lo “spartiacque” che decide: tratto iniziale di un cammino di fede

Questa piccola testimonianza è una riflessione che facciamo a partire da ora, che viviamo la vita monastica dentro la Chiesa, e vuole essere una risonanza a due voci di una stessa esperienza che si è calata nelle nostre persone per diventare il tutto della vita.

 

Roberta

“Lo spartiacque corre tra una concezione del cristianesimo come impegno morale e sociale, un cristianesimo compreso essenzialmente come morale, e un cristianesimo in cui Cristo – e in Lui Dio – è il Centro” (J. Ratzinger, Avvenire, 11 Marzo 2001), è su questo punto che anche per me è stato ed è lo spartiacque per cui l’esperienza di Comunione e Liberazione non è rimasta solo un nome, una connotazione ecclesiale, ma si è impressa profondamente in me. Mi rendo conto adesso che, le circostanze

banali, apparentemente ordinarie, gratuite, nelle quali mi veniva offerta un’amicizia particolare, prima ancora che la proposta del movimento stesso, che quell’esperienza è stata proprio l’incontro più profondo con la fede, perché ho incontrato proprio Cristo, non altro, e tutta la sua pienezza. E dire di me significa parlare dell’esperienza più profonda di Cristo che ha attraversato la mia vita tramite il movimento. Il miracolo è che tutto questo è rimasto intatto.

Ritrovato adesso, più pienamente, in una nuova realtà che non annulla niente di quanto è stato, dove, vivendo per Dio solo, si comincia a sapere che tutto proviene da Dio, e ogni cosa è donata. È questo il silenzio più profondo che vivo. E ora qui, in questo spazio della preghiera, che si fa spazio di Misericordia, sento vere le parole di don Giussani che parlano di “un nulla, che non viene perduto”, rinascimentale a croce greca, tutto in pietra bianca, che si erge nel mezzo di un grandissimo prato verde. In quella parrocchia di S. Biagio, un giorno siamo state chiamate al catechismo per la prima Comunione. Che stupore e che gioia incontrare dei volti, trasparenza e tangibilità di un’amicizia vera che stava comprendendo proprio tutto di noi. Volti che non ci hanno mai più lasciate, o meglio, che, quale “trait d’union” col Mistero, ci hanno portato, accompagnato e in definitiva quindi poi lasciato, e offerto all’incontro vivo e diretto con quel “Qualcun Altro” della vita che è il Signore. Così quella storia è diventata una storia vera! La nostra vita si è dunque mossa semplicemente seguendo questa amicizia iniziale. Siamo capitate, per caso, ad una Messa del movimento di Comunione e Liberazione: di nuovo quella “Bellezza”. Il modo in cui rispondevano alla Messa, il modo di cantare e tutto testimoniava attenzione e ascolto di “Qualcosa”, di “Qualcuno”, di un Evento Presente, origine di quell’unità armonia e comunione che ora avevamo davanti agli occhi e che si trasformava, anche in noi, in rendimento di grazie. E poi, sempre, quei volti, a cui si aggiungevano altri volti, così familiari, sempre così vicini!

Seguire il movimento di C.L. da Montepulciano, durante il liceo, non ha significato per noi, quindi, seguire un’esperienza anonima, basata sull’organizzazione (meeting, esercizi spirituali, happening, vacanze), pur buona, ma è stata, principalmente che è la mia vita, che è la breve e limitata esperienza avvenuta.  Parlare adesso di quanto ha toccato la nostra vita con il movimento di Comunione e Liberazione significa parlare di un compimento che non spetta a me. C’è un “già e non ancora”: tutto è già dato, e tutto attende una completezza.

Ritrovo tutto questo in qualcosa di eterno, che la parola “Alleanza” esprime e rende più grande. Proprio come dice il libro di Geremia: “Verranno giorni quando Io concluderò una nuova alleanza con il popolo d’Israele e con il popolo di Giuda. Io metterò la mia legge dentro di loro e la scriverò nel loro Cuore” (Ger 31, 31. 33).   Al mattino le parole che, qui in monastero, aprono il silenzio alla lode “gloria a Te o Luce del mondo che la terra intera ti adori” portano dentro proprio tutto questo. Perciò sono soprattutto grata perché riconosco che quel “Tu”, incontrato attraverso volti amici, è la Vita.

 

Mariacarla

Non è certo una frase fatta dire che tutta la vita è legata ad un “inizio”, e che in quell’inizio c’è già tutto.  Ripercorrendo i passi della mia vocazione non posso che constatare questo: una “Bellezza” ha segnato la nostra vita, da subito. Di fatto tutto ha avuto inizio in una parrocchia di un paese della provincia di Siena, Montepulciano. Un tempio rinascimentale a croce greca, tutto in pietra bianca, che si erge nel mezzo di un grandissimo prato verde. In quella parrocchia di S. Biagio, un giorno siamo state chiamate al catechismo per la prima Comunione. Che stupore e che gioia incontrare dei volti, trasparenza e tangibilità di un’amicizia vera che stava comprendendo proprio tutto di noi. Volti che non ci hanno mai più lasciate, o meglio, che, quale “trait d’union” col Mistero, ci hanno portato, accompagnato e in definitiva quindi poi lasciato, e offerto all’incontro vivo e diretto con quel “Qualcun Altro” della vita che è il Signore. Così quella storia è diventata una storia vera! La nostra vita si è dunque mossa semplicemente seguendo questa amicizia iniziale. Siamo capitate, per caso, ad una Messa del movimento di Comunione e Liberazione: di nuovo quella “Bellezza”. Il modo in cui rispondevano alla Messa, il modo di cantare e tutto testimoniava attenzione e ascolto di “Qualcosa”, di “Qualcuno”, di un Evento Presente, origine di quell’unità armonia e comunione che ora avevamo davanti agli occhi e che si trasformava, anche in noi, in rendimento di grazie. E poi, sempre, quei volti, a cui si aggiungevano altri volti, così familiari, sempre così vicini!

Seguire il movimento di C.L. da Montepulciano, durante il liceo, non ha significato per noi, quindi, seguire un’esperienza anonima, basata sull’organizzazione (meeting, esercizi spirituali, happening, vacanze), pur buona, ma è stata, principalmente  l’esperienza di un “Volto” che si è fatto compagnia e dimora della nostra quotidianità. Accorgersi che la vita è abbracciata da una amicizia, aiuto e guida nel cammino verso il Bello e il Buono, il Vero, il Giusto, verso il Destino. Tutto questo riguardava il mio cuore, tutto quello che ero e che sono. Mi coglieva dal di dentro e costituiva per me un’attrattiva irresistibile. Allora seguire il movimento, per noi, significava seguire, dentro questa amicizia, delle semplici, concrete indicazioni: la fedeltà alla preghiera quotidiana in primo luogo, poi la disponibilità ad un lavoro in parrocchia e a dare del tempo per fare la “caritativa” all’orfanotrofio; si trattava di mettersi in ascolto con un’attenzione nuova a tutto ciò che accadeva intorno a noi, e viverne la relazione con una tensione al bene, a Cristo. Questo faceva nascere in noi un “gusto nuovo” dentro tutto quello che facevamo, e ci educava a riconoscere sempre, in tutto, quella “Bellezza” intravista nello stupore iniziale. Come risuonano vere, ora più che mai, le parole di S. Agostino: “noi non amiamo se non ciò che è bello” (Confessioni, 4, 13, 19), e quelle di un altro grande Padre del monachesimo, S. Basilio: “Proprio per natura noi possediamo l’ardente desiderio del bello e tutto aspira a Dio!” (Regulae fusius tractatae).

 

Roberta

Una fede nell’Incontro, così la Chiesa ci ha accolto attraverso il movimento: è Cristo il Volto che mi si fa incontro, Cristo è il centro, il nesso e il punto d’incontro con tutta la realtà, e in Lui Dio è l’esperienza. Così anche gli anni di università hanno segnato delle tracce nella nostra vita: un’amicizia così gratuita! E c’era dentro il gusto di una bellezza che ci faceva essere attenti, ci educava alla preghiera, la recita dei salmi insieme, con un filo di voce, che si faceva silenzio e ascolto, si fondeva in un’unica preghiera ogni mattina “alle Lodi”.

Questa amicizia, cosi stupita di esserci incontrati, ci ha fatto raccogliere la commozione più profonda del movimento che è il “canto”. E per alcuni di noi questa indicazione divenne obbedienza ad una bellezza riconosciuta, ed un gusto vero e lieto per un lavoro che ci riempiva di gioia e di entusiasmo. Questo orizzonte e lo scopo degli studi, con le difficoltà e le crisi della giovinezza, creava un qualcosa di “più” che chiamava oltre, alcuni disagi, poi, stavano ponendo una domanda inevitabile. È così vero che “al fondo dell’inquietudine dell’uomo c’è Dio” (Giovanni Paolo II, Discorso al capitolo generale degli Agostiniani, 7/09/2001), che ora si trattava di una domanda di vita colma di una ragione più grande, anche se non immediatamente comprensibile, il fatto, cioè, che Cristo è venuto a portare la Salvezza. Quello che è dato, ora, è di percorrere questa strada fino all’orizzonte ultimo e totale, sapendo che non c’è amore più grande che dare la vita per gli amici.